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Autore: La Signora in Rosso    11/03/2011    11 recensioni
"...senza quel dannato pomeriggio non sarebbe incominciato nulla."
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte! ^^
Sono non contenta, ma di più di più di più di più di tutte le recensioni che ho ricevuto! ^^
Vi ringrazio dalla prima all’ultima con tutto il cuore! E ringrazio anche tutti quelli che leggono queste miei piccole prove di scrittura.
Un abbraccio!
PS. Questo capitolo forse è troppo lungo, me ne rendo conto. E chiedo umilmente perdono a tutte coloro che mi hanno detto che preferiscono le fanfic corte, ma è una scena troppo importante per la storia, non le avrei reso giustizia se l’avessi tagliata. ^^
PPS. Se invece trovate che sia poco convincente o che sia spiegato in maniera poco dettagliata, se via ha deluse ecc, vi prego di dirmelo. Così lo cancello e lo ripubblico nuovo! ^^
Quindi, clemenza costante, mie care ^^
Buona lettura! ^^








Frank era in macchina.
Era partito tutto trafelato, senza curarsi di niente se non di ingranare la marcia e dare gas al motore.
Non si era curato nemmeno della macchina che stava passando in quel momento, e del fatto che se l’altro conducente non avesse frenato di colpo probabilmente lo avrebbe preso in pieno.
Non si era curato di scusarsi, non si era curato di vedere chi fosse al volante.
Nulla.
Non aveva nemmeno tentato di frenare.
Semplicemente era uscito dal vialetto, una meta precisa in testa e il coraggio preso a piene mani.

In realtà non era sicuro che ciò che stava per fare fosse il modo giusto per farlo.

“Ma ci devi provare Frank… niente è giusto a questo mondo. È verde, dai… accelera e raggiungi quel fottotussimo pub.”

E lo raggiunse.
Gerard dietro di lui era sbalordito.

Aveva cercato di mantenere le distanze, per non farsi scoprire in quel gesto così distante dal suo modo abituale di fare.
Frank avrebbe frainteso. Avrebbe pensato male di lui.
Ma Gerard era seriamente preoccupato: voleva solamente controllare che quel ragazzo stesse bene e non facesse cazzate.
Il che era probabile, vista l’espressione sconvolta dipinta sul suo volto.

Nel frattempo l’auto di Frank aveva lasciato le strade battute della città e si era avventurata per un vicolo squallido e male illuminato.
Non c’erano macchine oltre alle loro due, che illuminavano debolmente le due sponde di un fosso ai margini della strada.
Gerard era terribilmente nervoso: come faceva a non accorgersi di lui?
Ma ormai non poteva lasciar perdere tutto.
Sapeva, poi, dove portava quella strada; ormai sapeva quale fosse la meta di Frank.
Era stato anche lui un paio di volte lì.
Ma l’atmosfera che regnava in quel luogo non gli era piaciuta affatto, e aveva smesso di andarci.

Probabilmente entrambi erano stati mossi dallo stesso motivo: la ricerca di un qualcosa che li aiutasse a mettere a fuoco la situazione.

Parcheggiarono uno lontano dall’altro: Gerard non voleva correre rischi.
Aspettò in macchina che l’altro uscisse.
Un tempo interminabile.
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Frank era ancora seduto in macchina.
Era terrorizzato.
Abbassò il volto e lo nascose nelle mani.

- Devo veramente entrare là dentro per averne la prova? Non sono gay… oggi a scuola non è successo nulla, dopotutto… è solo lui… è solo lui che mi manda fuori di testa. Forse dovevo andare parlargli invece di venire in questo posto di merda pieno di checche del cazzo. –

Ecco, stava già cambiando idea.

“ E se fossi pure tu una di quelle checche del cazzo?? Non ci pensi a questo?? Alza il culo ed entra… ti bevi una birra, ti sciogli un attimo e ti levi quella faccia da adolescente ferita che ti ritrovi. “

Frank era duro con sé stesso.
Ma sapeva che in fondo per lui non faceva nessuna differenza.
Aveva solo bisogno di un punto fermo, di una sicurezza, che in quel momento invece era lontana da lui anni luce.

Si voltò a osservare l’insegna luminosa del locale: un cowboy con la camicia sbottonata che lo invitava ad entrare con la mano.
Non poteva sbagliarsi, il posto era quello.
La sua meta… un locale gay.

Per un attimo ripensò alle prese in giro con i suoi compagni, quando erano più giovani: lo vedevano come un luogo strano, sbagliato quasi.

“ - Non ti sei fatto nessuna stasera? Ma che, sei andato a trovare Il Cowboy? - ”

Non capivano che di sbagliato non c’era proprio nulla.
Ma all’epoca erano dei ragazzetti idioti che si credevano dei grandi casanova e invece non avevano il coraggio di parlare con una ragazza nemmeno per invitarla la ballo.
Molti di loro lo erano ancora. Ragazzetti idioti.

Lui lo era?

Prese le chiavi, si passò una mano tra i capelli e si incamminò verso l’entrata.
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Dallo specchietto retrovisore Gerard vide Frank scendere dalla macchina, darsi una sistemata ed entrare nel locale.
Cosa doveva fare?
Non poteva aspettare fuori o tornarsene a casa.
Nemmeno se lo avesse visto uscire con qualche altro ragazzo.

E in quel momento alzò lo sguardo e guardò sé stesso nello specchietto.
Si guardò negli occhi e li vide accessi di un sentimento non provato da tempo, da così tanto tempo che sembrava addirittura nuovo.
E gli infiammava l’anima.
Era gelosia quella che si nascondeva in quel verde liquido dei suoi occhi.
Non conosceva Frank, ma quel sorriso era bastato.
Era bastato per fargli cambiare idea sul suo colore preferito.
Era bastato per farlo diventare geloso di qualsiasi altra persona potesse da quel momento portarlo via da lui.

E così aprì la portiera ed entrò a sua volta nel pub. -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Le luci lo accecavano: blu, verde, rosa, rosse… erano un turbinio di colori.
Il locale era già affollato di ragazzi: alcuni vestiti bene, in giacca e cravatta, altri semplici in jeans e maglietta… e altri….
Frank era spaventato dagli altri.
Indossavano pantaloni strappati e canottierine aderenti, occhiali da sole per non farsi riconoscere, e ballavano in maniera sensuale con altri ragazzi, anche loro semivestiti.
Imbarazzato, distolse lo sguardo dalla pista. Non lo avrebbe rivoltò mai più là in mezzo.

Si avvicinò al bancone e ordinò una birra.
Osservò il barista con sguardo critico: era carino, biondo con gli occhi azzurri, un sorriso bianchissimo alle luci stroboscopiche.
Questi alzò lo sguardo: il pivellino seduto di fronte a lui non era male, seppur avesse troppi tatuaggi per i suoi gusti.
Chissà se si estendevano pure sotto i vestiti…

Frank si accorse dello sguardo interessato e tremante prese la sua birra.
La scolò quasi in un sorso solo: non si era accorto di essere così assetato.
O forse il suo era solo un modo per nascondere il rossore che ormai dilagava sulle sue guance.
E ordinò un’altra bionda, il barista ben contento di servirgliela.
Forse sarebbe riuscito a farlo ubriacare a tal punto da poterselo portare a casa.

Forse.
Il destino è sempre in agguato, e sebbene Frank non si fosse accorto della presenza di Gerard, questi lo osservava da lontano.
Lo osservò per tutta la sera scolarsi le sue tre, quattro, cinque, dieci birre.
E lo osservò pure quando traballante si diresse verso il bagno.
Dietro di lui c’era il tipo del bancone, forse preoccupato della condizione del giovane.
Forse. 
Fu quel forse che, seppur troppo tardi, mosse Gerard dalla sua poltroncina in ombra e gli fece raggiungere il bagno.
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Frank non era cosciente di nulla in quel momento.
Non era cosciente né del fatto che il barista lo aveva raggiunto né che ora quello stesso ragazzo gli stesse ficcando la lingua in bocca senza troppi complimenti.
E neppure che le sue mani stavano cercando di privarlo degli abiti, soffermandosi a strofinare sulla patta del più giovane.
Ma Frank non rispondeva a quelle sollecitazioni.
La sua lingua rimaneva inerme, le sue mani rimanevano inermi, appoggiate alla parete per potersi reggere in piedi.
Anche il resto del suo corpo rimaneva inerme.

In un attimo fugace di lucidità si ritrovò disgustato da ciò che stava facendo.
E pregò con tutto il cuore che finisse presto.
Non aveva la forza di togliersi di dosso l’altro.

Le sue preghiere chiamarono Gerard.
Che entrò nello spazio angusto e vide ciò che stava accadendo.
In quel momento il suo cuore si inceppò, smise di funzionare.
Sentiva un fuoco scorrergli nelle vene e che avido divorava ogni parte del suo esile corpo.
Sentiva un veleno amaro in bocca, sotto la lingua. Strinse i pugni e uscì.
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Frank credeva di avere le allucinazioni: com’era possibile che Gerard fosse apparso come un angelo proprio lì, dove lui stava vivendo il suo inferno personale?
Era la sbornia? Eppure sembrava così reale.
E poi lo vide andare via, le mani che tremavano e che a stento riuscivano a tenere la maniglia per chiudere la porta.

Le persone ubriache a volte dicono cose senza senso. Non hanno freni, inibizioni.
A volte, invece, riescono a dire ciò che detta loro il cuore perché la loro mente è anestetizzata dall’alcool.

Frank liberò la sua bocca da quella dell’altro e chiamo Gerard.
Gerard stava ancora chiudendo la porta e forse sentì biascicare il suo nome.
Quel forse bastò per fargli spalancare nuovamente la porta e buttare a terra il barista, che preso com’era non si era accorto dell’incursione.
Poi prese Frank sotto la sua ala protettrice e lo portò fuori da quell’inferno.






Spero ardentemente di non avervi deluse.

un abbraccio

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