Capitolo
Sette
u
Pov
Elena
Per tutta la notte non
avevo fatto altro che muovermi visto che non riuscivo a dormire, ma mi ero
tenuta sempre stretta al petto di Damon. Sapevo che un’occasione del genere non
sarebbe ricapitata presto, dovevo godermi ogni singolo momento di pace che solo
la sua presenza era capace di darmi.
Riuscii poi finalmente ad
addormentarmi e quando il sole mattiniero entrò dalla finestra della camera del
motel mi svegliai, ma non aprii subito gli occhi.
Volevo essere certa che
Damon fosse ancora lì, che non fosse fuggito come più di una settimana prima
aveva fatto, che fosse lì per me, lì a bearsi come me di quel nostro contatto.
Le mie mani erano
appoggiate al suo petto e così anche la mia testa, chiaro segno che fosse
ancora lì.
Ebbi la sensazione che
qualcuno mi stesse fissando e quando mi decisi ad aprire gli occhi mi resi
conto che non mi ero sbagliata.
Due pozze color del
ghiaccio mi stavano fissando intensamente.
“Buongiorno”.
Le mie parole sembrarono
farlo tornare nel mondo normale e non potei fare a meno che farmi sfuggire un
sorriso che lui stesso ricambiò con enfasi.
Era così bello quando
sorrideva.
Alzai leggermente la testa
per riuscire a guardarlo negli occhi e vidi i suoi fissarmi intensamente. Non
mi ero mai resa conto dell’intensità di quel suo sguardo, non fino a quel
momento almeno.
E mai come in
quell’istante desiderai che quelle labbra così perfette si posassero sulle mie.
Era già capitato in passato, ma ero certa che oggi sarebbe stato diverso.
Ricordavo perfettamente
quel momento, il giorno in cui Katherine era tornata a Mystic Falls dopo essere
scomparsa per 150 anni.
Inizio Flashback
Uscii dal bagno e quasi sussultai per la paura. Damon era seduto
sul mio letto.
“Mi hai spaventata” gli dissi seria..
“Sto solo facendo la mia parte nella vigilanza di quartiere”.
“Grazie…per la tua premura verso di noi, verso di me”.
“Sono io la tua fidata guardia del corpo. Calmo davanti a una crisi…”
“Hai bevuto?” lo interruppi.
Lui fece un gesto con la mano come ad indicare “un pochetto”.
“E sei sconvolto. Non è una buona combinazione” continuai.
“No, non sono sconvolto. Per essere sconvolto bisogna che ti
importi qualcosa”.
“Avanti, Damon. È una bugia. A te importa”.
Lui cambiò totalmente argomento.
“Sei sorpresa che abbia pensato che ricambieresti un mio bacio? Non
riesci neanche ad immaginare che io potrei credere che vorresti ricambiare?”
“Damon”.
“Che quello che abbiamo fatto significhi qualcosa? Sei tu la
bugiarda, Elena. Tra noi due c’è qualcosa e lo sai. E stai mentendo a me, stai
mentendo a Stefan e soprattutto stai mentendo a te stessa”.
Nel frattempo si era alzato e si era avvicinato pericolosamente a
me.
“Posso dimostrartelo”.
“No”.
Fu un secondo e le sue labbra toccarono le mie in un bacio del tutto
violento, mentre io mi sforzai per cercare di respingerlo.
“Damon, no. Qual è il tuo problema?” gli dissi quando finalmente
riuscii a farlo allontanare anche se di poco.
“Non mentire”.
“Fermati. Sei migliore di così, dai”.
“È qui che ti sbagli”.
“No, no, no, Damon!”
Si avvicinò e mi baciò ancora, ma riuscii ad allontanarlo quel
tanto che bastava per riuscire a parlargli.
“Ti voglio bene. Ascoltami, ti voglio bene. Davvero, ma…amo Stefan.
Sarà sempre Stefan”.
Lui mi guardò ferito, un’espressione che non gli avevo mai visto
fare da quando lo conoscevo.
Fine Flashback
Ricordavo perfettamente
quell’episodio, ricordavo come lui senza pietà avesse rotto il collo di Jeremy
facendolo accasciare a terra morto, ricordavo come mi ero sentita morire al
solo pensiero di aver perso mio fratello per sempre, ricordavo la gioia
nell’avergli visto l’anello al dito, ricordavo l’odio che avevo provato nei
confronti di Damon, ricordavo la promessa che avevo fatta a me stessa di non
voler avere più nulla a che fare con lui. E ricordavo anche l’assenza di
emozioni che avevo provato quando mi aveva baciata.
Eppure adesso era diverso, adesso che
il suo volto era a pochi centimetri dal mio la voglia di toccare le sue labbra
era qualcosa di assoluto, non sapevo spiegarlo.
Damon era cambiato, ma ero cambiata
anche io e soprattutto erano cambiati i miei sentimenti.
Potevo mentire a chiunque, ma non a me
stessa.
Era Damon l’uomo che amavo davvero,
per Stefan, ormai, provavo solo del grande e puro affetto fraterno.
Spinta non so da cosa, forse da quella
nuova consapevolezza che era nata in me, mi avvicinai a lui accorciando le
distanze e in un battito di ciglia le mie labbra furono sulle sue.
Dapprima lui parve impreparato a quel
contatto, poi si lasciò subito andare e ricambiò il bacio e fu allora che mi
resi conto davvero di cosa si provava a baciare l’uomo che si amava davvero.
Era tutto completamente nuovo per me,
non avevo mai provato tutte quelle emozioni in una volta sola. Le farfalle
nello stomaco avevano preso a svolazzare come impazzite, l’elettricità sembrava
percorrere il mio corpo come se fosse un campo magnetico e il mio cuore sembrò
uscirmi dal petto.
Era tutto meraviglioso, magico quasi.
Damon mi attirò di più a sé e mi baciò
con più passione, ma allo stesso tempo con più amore, mentre io lo strinsi a me
posando una mano sul suo petto e l’altra tra i capelli.
Dio da quanto tempo desideravo giocare
con quella massa informe, ma setosa che erano i suoi capelli, forse da sempre,
solo che non me ne ero mai resa conto.
Quando ci staccammo dal bacio per
riprendere fiato, soprattutto io che in quanto umana ne avevo davvero bisogno,
sentii le sue labbra spostarsi sul mio orecchio per poi passare al collo e mi
sembrò di essere finalmente andata in Paradiso. Stavo assaporando la felicità,
quella felicità che avevo da sempre cercato, ma che non riuscivo mai a trovare.
Eccola adesso, proprio lì davanti a
me, nelle sembianze di un vampiro sexy e maledettamente irresistibile.
Mi stavo beando al massimo di quel
Paradiso quando all’improvviso mi ritrovai nel letto da sola. Spaesata mi
guardai attorno. Damon era vicino alla parete di fronte e mi dava le spalle.
Cosa diavolo gli era preso?
“Damon” provai a chiamarlo.
Lui rimase fermo nella sua posizione,
ma ad un certo punto tirò un pugno alla parete. Riuscii a contenere la forza
altrimenti avrebbe lasciato un buco.
Mi alzai dal letto e mi avvicinai a
lui. Gli toccai una spalle e lui si voltò a guardarmi.
“Mi dispiace. Non avrei dovuto” furono
le sue uniche parole.
“Si infatti non avresti dovuto” gli
risposi riferendomi al fatto che si fosse staccato.
Lui mi guardò sorpreso dalle mie
parole e io continuai.
“Perché?” chiesi alla fine.
“Perché cosa?”
“Hai capito”.
“È stato meglio così”
“Per te o per me?” domandai
leggermente stizzita da quella sua affermazione.
“Se ci fossimo spinti oltre non saremo
più potuti tornare indietro. Cambierebbe tutto”.
“Damon, ma che diavolo dici? È già
cambiato tutto. Non possiamo più tornare indietro, non dopo quello che è
successo. Lo sappiamo entrambi”.
Lui non mi rispose, si limitò solo a
guardarmi negli occhi con sguardo quasi assente, così io continuai.
“Non so tu, ma io non posso farlo, non
posso fare finta che non sia successo nulla, non adesso che ho finalmente
capito cosa o meglio chi c’è nel mio cuore. Non posso e non voglio”.
Lui si avvicinò, i nostri visi a pochi
centimetri l’uno dall’altro. Mi sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio
e poi prese a parlare con gli occhi che sembravano tanto lucidi che per una
frazione di secondo ebbi paura che potesse piangere.
“No, non hai capito nulla, Elena. Sei
solo spaventata per tutto quello che sta succedendo, non sei lucida. Quando
tutto questo finirà, quando tu sarai finalmente al sicuro ripenserai ad oggi e
sorriderai. C’è Stefan nel tuo cuore, sarà sempre lui, l’hai detto tu stessa,
ricordi? Non puoi buttare il tuo amore così, non posso permetterlo”.
Aveva faticato a dire quelle parole,
glielo leggevo negli occhi, ma lo stava facendo per me, ne ero certa. Solo che
io ero lucidissima, io sapevo benissimo cosa volevo, adesso lo sapevo
finalmente e volevo lui.
“L’ho detto è vero, ma sono cambiate
tante cose da allora, i miei sentimenti sono cambiati”.
“Sei solo spaventata” mi ripeté lui.
“Smettila. Non ci credi nemmeno tu a
quello che stai dicendo. Io so cosa voglio”.
“Ah si? Credi davvero di saperlo? Non
sai niente Elena, non sai niente”.
“Si che lo so. Finalmente l’ho capito.
Io ti…” provai a dire, ma lui mi mise l’indice in bocca per non farmi
continuare a parlare.
“Shh, non dirlo, non farlo ti prego”
mi disse con sguardo sofferente come se avesse bisogno di sentire quelle
parole, ma allo stesso tempo non avesse il coraggio di sentirle “non è reale
quello che provi”.
“E quello che provi tu, invece, anche
quello non è reale?”
“Io non provo nulla, non provo nulla
da troppo tempo ormai”.
A sentire quelle parole sembrò come se
qualcuno mi avesse infilzato il cuore, ma nei suoi occhi non riuscivo a vederci
la verità in quelle parole. Era vero che non avevo la certezza che lui mi
amasse, ma una parte di me era convinta che lui questa conferma me la stesse
dando adesso con questo suo atteggiamento.
Voleva il mio bene, la mia felicità proprio perché mi amava. Se non fosse stato
così non si sarebbe comportato in questo modo.
“Non ci credo. Io non ti credo” dissi
convinta e con un movimento impercettibile mi avvicinai a lui.
In qualche secondo le mie labbra
furono di nuovo sulle sue. Rispose subito al bacio, questa volta, sembrava
quasi che lo attendesse, sembrava quasi che non aspettasse altro.
Il bacio da casto diventò qualcosa di
decisamente passionale. Misi le mie mani dietro il suo collo e inizia a
giocherellare con i suoi capelli, mentre lui si godeva quel bacio che ero certa
aspettasse da tanto tempo. Quando ci staccammo i suoi occhi puntarono dritti i
miei e guardando quel cielo infinito non potei fare a meno che pensare che
finalmente tutto mi era chiaro.
Se dovevo morire per mano di Katherine
o per mano di chiunque, se semplicemente la mia vita non era destinata a durare
a lungo mi andava bene così, perché almeno potevo morire in pace, potevo morire
con la sensazione di appagamento di anima e di corpo, potevo morire con la
consapevolezza di aver fatto capire a Damon che il mio cuore batteva per lui.
Non gli avevo detto “ti amo”, ma in
quel momento ero certa che quelle due paroline fossero solo un’ulteriore
conferma a qualcosa che già lui stesso aveva percepito.
Mi strinse a sé con maggiore enfasi e
in breve tempo le sue labbra furono sul mio collo, lasciava baci infuocati
proprio nelle parti che più mi eccitavano, come se lui conoscesse ogni minimo
segreto del mio corpo, come se lui fosse stato lì a studiarmi in attesa
soltanto di un mio piccolo e, forse, insignificante gesto.
Non sapevo come, né quando, ma ben
presto mi ritrovai sdraiata a letto con lui addosso, mentre le sue labbra
perfetta mi baciavano il collo prima di disegnare il profilo delle mie labbra
per poi baciarle ancora.
Le sue labbra, quelle meravigliose,
perfette e sexy labbra bruciavano sulle mie, bruciavano come mai altre labbra
avevano fatto e la certezza che lo amassi davvero, che non fosse tutto frutto
di un’immaginazione un po’ contorta fu talmente reale, talmente tangibile da
fare male.
Potevo sentire, percepire in lui tutto
il desiderio di avermi finalmente sua e il cuore sembrò perdere un battito non
appena mi resi conto di quanto inconsapevolmente e senza volerlo io lo avessi
fatto soffrire.
Gli avevo provocato dolore, ma non
tanto per non averlo ricambiato, quanto per avergli sempre in passato sbattuto
in faccia che persona lui fosse e l’odio che provavo in qualche modo verso di
lui.
Eppure avrei dovuto saperlo.
Miranda, mia madre, amava raccontare a
me e Jeremy di come lei e papà si fossero incontrati, odiati e poi amati fino
alla fine. Ci ripeteva sempre: “L’odio è
solo l’inizio di una storia d’amore”.
Allora quelle parole mi sembravano
senza significato, adesso, invece, assumevano delle sfumature nuove. Non si
capisce mai qualcosa fintanto che non la si sente sulla la propria pelle.
Scacciai via ogni pensiero e mi
concentrai solo sul Paradiso che stavo vivendo in quel momento. Strinsi più
forte a me Damon e vidi lui sorridere prima di tornare a baciarmi con vigore e
quando entrambi sembravamo pronti a scoprire il corpo dell’altro qualcosa ruppe
la magia: lo squillare di un telefono, del mio telefono.
Damon con uno scatto fulmineo si
staccò da me e tornò alla finestra guardando il paesaggio fuori, mentre io
ancora immobile dove lui mi aveva lasciata mi avvicinai alla borsa estraendo il
cellulare e controllando il mittente.
“È Stefan” riuscii a dire solamente.
“Vado a pagare la camera e ti aspetto
in macchina”.
Queste furono le sue uniche parole,
parole pronunciate con uno sguardo distante, uno sguardo che riconoscevo
perfettamente. Era lo sguardo che indossava quando indossava la maschera per farsi
vedere duro e impenetrabile come solo lui sapeva essere.
A malincuore premetti il tasto verde e
accettai la chiamata, ma me ne pentii all’istante in quanto il tornado Stefan
prese a parlare rimproverandomi del fatto che non lo avessi più chiamato da quando
ero partita, rimproverandomi del fatto che lo avessi fatto stare in pena.
“Credevo che tra tutti e due ci fosse un solo irresponsabile” si lamentò alla fine.
“Ti ho detto che mi dispiace, ma…”
“Ma cosa? Hai idea di quanto io fossi preoccupato?”
“Ero con Damon, cosa credi che mi
potesse succedere?” urlai esasperata.
Possibile che dovesse sempre
comportarsi da fidanzato iperprotettivo? Cavolo non ero una bambina e
sinceramente non mi andava di dover chiamare ogni dieci minuti il mio fidanzato
solo perché questo in caso contrario usciva fuori di senno.
“Ok, scusa, hai ragione. Sto esagerando. È solo che è successo
tutto così in fretta. Katherine, l’incantesimo, non ero preparato”.
“Si è fatta vedere?”
“Non qui. Jeremy dice che si è presentata a scuola facendo finta di
essere te e ha creato un po’ di scompiglio, ma nulla di grave visto che
Caroline l’ha convinta ad andare via. Stamattina, inoltre, è stato trovato un
cadavere dissanguato nel bosco. Dicono sia stato un animale, ma posso dire con
certezza che è stata lei. Il suo modo per dirci che ha aperto i giochi”.
“Tienila lontana da Jeremy, dalla
scuola e da chiunque. Non voglio che qualcuno si faccia male per colpa mia”.
Se era me che voleva, era me che
avrebbe avuto. Gli altri non c’entravano nulla. Dovevamo tenere tutti fuori da
questa storia.
“Come è andata con Lucy? Damon mi ha detto che l’avete trovata”.
“Non bene, ma è una lunga storia. Ne
parliamo quando torno. Entro qualche ora dovremmo essere di ritorno”.
“Ok, a dopo, allora. Ti amo Elena, devi di non scordarlo”.
Chiusi il telefono senza aggiungere
nulla e senza riflettere sul significato di quelle ultime parole “vedi di non
scordartelo”. In quel momento non volevo pensare al perché le avesse dette.
Non potevo dirgli che lo amavo anche
io, non adesso che ero certa di non amarlo, ma non potevo neppure continuare a
stargli accanto, ad essere la sua ragazza quando nel mio cuore c’era un altro.
Con ogni probabilità sarebbe stato
tutto inutile, Katherine mi avrebbe uccisa in men che non si dica, ma per quello
che mi restava da vivere non potevo permettere di comportarmi come lei, di far
soffrire entrambi.
Adesso che ciò che volevo era chiaro
avrei dovuto affrontare tutto a testa alta e con profondo coraggio.
Mi diedi una sistemata veloce e poi mi
chiusi la porta del motel alle spalle e mi diressi in macchina dove mi
aspettava già un Damon più serio che mai.
Salii e lui mise in moto partendo
senza dire nulla.
Restammo in silenzio per una manciata
di minuti, alla fine sembrai scoppiare.
“Per quanto ancora dobbiamo giocare al
gioco del silenzio?” domandai.
“Non ho nulla da dire”.
“Io si, invece”.
“Allora fallo. Proverò ad ascoltarti,
se ci riesco”.
“Credi che facendo così cambierai le
cose? Non attacca più questo genere di comportamento con me”.
Lui rimase in silenzio senza dire
nulla, così io ripresi.
“Fare finta che non sia successo nulla
non aiuterà nessuno dei due”.
“E invece faremo esattamente finta che
non sia successo nulla. È stato un errore”.
“Tutte e due le volte?” chiesi
ironica.
“Non è il momento di fare sarcasmo”.
“Per te è sempre il momento di fare
sarcasmo, perché non dovrebbe essere lo stesso per me?”.
“Possibile che tu davvero non ci
arrivi?” sbottò alla fine fermando la macchina e voltandosi a guardarmi.
“A cosa?”
“Io non ti merito, non merito nulla di
te, ma Stefan si, lui è perfetto. Voi siete perfetti. Io sono solo un amico e
tale resterò”.
Guardai i suoi occhi e vidi quanto gli
costasse pronunciare quelle parole, ma se lui non voleva essere sincero in quel
momento lo sarei stata io.
“Non so più vederti solo come un
amico, non ci riesco più da tanto tempo. E vorrei che non fosse così, ma lo è.
Credi che non ci abbia riflettuto? Che non abbia pensato alle conseguenze? Se
ho aspettato è proprio perché avevo paura, paura che cambiando il nostro rapporto
non saremmo stati felici come lo siamo ora”.
“Elena…”.
“No Damon, fammi finire. Avevo paura e
c’è l’ho ancora, ma non voglio averla perché so che possiamo cambiare le cose,
che possiamo essere molto più felici di così, basta solo che noi lo vogliamo”.
“Non è così semplice”.
“Si che lo è. Un giorno tu mi hai
detto che per cambiare le cose basta avere solo un po’ di coraggio in più e io
voglio averlo questo coraggio perché voglio essere felice”.
“Non potrai mai essere felice così. Io
sono il cattivo, ricordi? Credi che io sia cambiato, ma non è vero. Sono sempre
il cinico, doppiogiochista, presuntuoso e crudele vampiro di sempre. Io non ti
merito, lo capisci? Ma mio fratello si ed è per questo che questa conversazione
deve finire qui”.
“Sono le scelte che facciamo che
dimostrano chi siamo veramente, molto più delle nostre capacità. Non ti
ostinare a dire che sei cattivo, perché lo sappiamo tutti che in fondo non lo
sei”.
“Non posso essere egoista con te”.
“Quindi mi stai dicendo che dovremmo
rinunciare ad un ipotetico noi”.
“Non esiste un noi, Elena, e non
esisterà mai. Un demone e un angelo non potranno mai andare d’accordo. Discorso
chiuso. Oggi non è successo nulla”.
Una lacrima con forza spinse per
uscire fuori e nonostante con il dito la scacciai via subito percepii la mia
guancia bagnata.
Non potevo farmi vedere piangere, non
da lui, non per le sue parole.
“Bene” dissi cercando di essere
convincente.
“Bene” mi rispose lui rimettendosi in
marcia.
Alzai il volume della radio e poi mi
voltai a guardare il paesaggio fuori dal finestrino, ma quando iniziai a
sentire gli occhi pensanti di lacrime presi gli occhiali da sole che avevo in
borsa e li misi agli occhi.
Dalla posizione in cui ero messa,
Damon non avrebbe mai potuto vedermi piangere ed evitai di fare qualunque
rumore in modo che non attirasse il suo udito vampiresco.
Facemmo tutto il ritorno senza dire
una parole. Ogni tanto lui diceva qualcosa, ma prontamente incontrava il mio
muro di silenzio e smetteva subito di parlare, per poi aggiungere qualcos’altro
mezz’ora dopo.
Mi veniva da prenderlo a pugni. Io non
facevo altro che lottare con me stessa per non piangere e lui, invece, era
tanto tranquillo da far sembrare come se davvero non fosse successo nulla.
Durante quel viaggio rischiavo lo
scleramento, se non fosse stato per il mio cervello che non faceva altro che
ripetere quattro parole, le uniche quattro parole che potevano calmare i miei
nervi: stiamo parlando di Damon.
Ed era appunto perché stavamo parlando
di lui che potevo in qualche modo sperare che il suo comportamento non fosse
altro che una maschera, non potevo che sperare che mi avesse detto quelle cose
solo perché non si sentiva alla mia altezza, non si sentiva in grado di poter
stare con me visto il suo modo di essere.
Speravo davvero che il motivo per cui
mi avesse allontanata fosse che lui credeva di non meritarmi, perché non avrei
retto il peso di sapere che lui non mi amava. Eppure adesso iniziavo anche a
pensare che fosse così, in fondo lui non lo aveva mai detto. Il fatto che non lo
avesse mai negato non significava che lo fosse.
Dopo qualche ora la mia attenzione
venne colpita da un grande cartello: “Welcome
to Mystic Falls”. Eravamo arrivati.
Mi resi conto subito che Damon si
stava dirigendo verso villa Salvatore.
“Casa mia è da quelle parte se te ne
fossi scordato”.
Le mie prime parole da quando avevo
smesso di litigare e avevo usato un tono che non usavo da parecchio tempo con
lui.
Sembravamo essere tornati indietro nel
il tempo.
“Wow, la signorina ha ripreso a
parlare. Pensavo avessi perso la lingua”.
“Non sto scherzando. Voglio andare a
casa”.
“Ti ci sto portando”.
“A casa mia intendo” alzai leggermente
il tono di voce.
“Ti porterò nella mia, invece. E
resterai lì fino a quando questa storia non sarà finita. È troppo pericoloso andare
da te”.
“Damon metti subito una dannata
freccia e svolta verso casa perché è l’unico posto dove andremo. Sono stanca e
ho bisogno di una doccia che farò nel mio bagno” urlai enfatizzando la parola
“mio”.
“Fiato sprecato”.
“Non vorrai costringermi a scendere
dall’auto mentre ancora la macchina è in marcia, vero?”
Vidi lui alzare gli occhi al cielo,
consapevole che avrei vinto io.
“Detesto quando apri la bocca. Era
meglio se continuavi con lo sciopero della parola” rispose sbuffando e
svoltando per dirigersi a casa mia.
Restai in silenzio fino a quando non
raggiungemmo la meta, poi scesi dalla macchina e senza nemmeno dargli il tempo
di aggiungere nulla entrai in casa, ma non considerai la sua velocità
sovrumana, il che implicava che me lo ritrovai ai piedi delle scale.
“Non ti ho chiesto di entrare” furono
le mie parole prima di scansarlo e salire le scale che mi avrebbero condotto al
piano superiore.
“Spiacente, l’hai già fatto in
passato. Un suggerimento per il futuro, invece. Fai attenzione a chi inviti ad
entrare in casa tua”.
Le sue parole mi arrivarono forte e
chiaro nonostante io fossi già arrivata al piano di sopra. Sentii poi la porta
dell’ingresso sbattere, segno che probabilmente fosse andato via.
Corsi nel mio bagno in camera e mi
buttai sotto il getto dell’acqua ringraziando che non ci fossero né Jenna né
Jeremy in casa. Quando l’acqua colpii il mio corpo mi lasciai cadere ad un
pianto liberatorio e tutti i singhiozzi che ero stata costretta a trattenere
per non farmi sentire da lui li liberai.
Restai sotto il flusso dell’acqua non
so per quanto tempo e l’unica cosa che fui in grado di fare fu pensare a me e
Damon, ad alcuni tra i tanti momenti che avevamo condiviso insieme, quei
momenti in cui non avrei mai pensato di potermi innamorare di lui.
La prima volta che lo avevo visto, ad
esempio.
Inizio Flashback
Ero andata a casa di Stefan. Bussai, ma nessuno venne ad aprire. Mi
resi conto che la porta era aperta così entrai.
“Stefan” provai a chiamare.
Nessuna risposta.
Mi guardai attorno rendendomi conto che quella non era una casa
normale, ma una sorta di reggia antica. Sembrava quasi un castello principesco.
Ad un tratto sentii un cigolio di porta, mi avvicinai alla
direzione dalla quale avevo sentito provenire il rumore e vidi una finestra aperta
dalla quale entrò furiosamente un corvo. Sussultai per la paura e mi voltai
subito ritrovandomi a pochi centimetri dal viso di un ragazzo mai visto prima.
Era di una bellezza decisamente eterea, ma qualcosa mi incuteva
timore nel suo sguardo, anche se non sapevo dire esattamente cosa.
“Scusa se sono entra così, ma la porta era aperta”.
Il ragazzo continuò a fissarmi per un po’, poi sorrise
impercettibilmente e parlò.
“Tu devi essere Elena. Io sono Damon, il fratello di Stefan”.
“Non mi aveva detto di avere un fratello”.
“Stefan non è uno che se la tira” mi rispose e non mi fu difficile
capire che era un complimento che rivolgeva a se stesso più che al fratello
“prego accomodati. Stefan arriverà a momenti” mi disse poi facendomi strada nel
salotto.
“Wow, questo è il vostro soggiorno?” dissi ridendo guardandomi
attorno.
“Soggiorno, salotto, buono per un’asta. È un po’ troppo chic per i
miei gusti”.
Sembrava sincero, fino a quando non prese a parlare di Katherine
per insinuare su di me dubbi su dubbi.
Fine Flashback
Solo dopo mi resi conto che tra i due
non scorreva buon sangue, ma avevo creduto davvero alle parole di Damon e
dovevo ammettere che quel giorno, anche se per una frazione di secondo la mia
preferenza era ricaduta su Damon.
Si era mostrato scherzoso, gagliardo,
mentre Stefan non faceva altro che mostrarsi in qualche modo tormentato da
qualcosa.
Non potevo sapere nulla allora, ma per
un attimo l’avevo pensato davvero.
Chi avrebbe potuto dirlo che alla fine
quell’attimo che in passato mi era sembrato un istante di pura follia alla fine
si fosse mostrato reale. Alla fine era Damon che preferivo, era su di lui che
avrei riposto la mia felicità se solo lui mi avesse concesso di farlo.
Cercai di scacciare via quei pensieri,
di scacciare via il suo sorriso, i suoi occhi, ma più cercavo di farlo più il
suo volto mi appariva chiaramente e un altro ricordo si impossessò della mia
mente: il ballo per l’incoronazione della Reginetta di Mystic Falls.
Inizio Flashback
Quella doveva essere una giornata speciale. Mamma, quando era
ancora in vita, aveva insistito tanto perché vi partecipassi.
“La nostra è una delle famiglie fondatrici e devi partecipare
all’evento, ne hai diritto” continuava a ripetermi.
Alla fine mi aveva convita e mi ero iscritta, ma dopo l’incidente
mi ero perfino dimenticata di averlo fatto, invece, oggi mi ritrovavo a dovermi
vestire e acconciare pronta per partecipare ad un evento che sentivo, ormai,
tanto lontano da me da non riuscire neppure a ricordarmi il motivo vero che mi
avesse spinto a inserire il mio nome sulla lista.
Per di più Damon mi aveva appena confessato le attività
“extracurriculari”, come le aveva definite lui stesso, di Stefan e il mio
ragazzo non aveva fatto altro che ammettere quanto stava succedendo.
Il sangue umano lo stava trasformando in qualcosa di orribile e io
non sapevo cosa fare per cambiare le cose.
Mi vestii cercando di mantenere la calma, poi uscii in corridoio
aspettando che venisse chiamato il mio nome. Mi ritrovai da sola con Caroline
mentre mi sporgevo dalla balconata per cercare il mio ragazzo.
“Vedi Stefan là sotto?” domandai alla mia amica.
Lei mi raggiunse e controllò.
“No. Solo il mio noioso accompagnatore di ripiego”.
“Cos’è successo a Matt?”
“Al lavoro non gli hanno fatto prendere un permesso per venire” mi
spiegò “hey, cos’è successo a Stefan?” continuò poi.
“Non lo so. È sparito da qualche parte. Non lo so”.
Non appena pronunciai quelle parole mi resi conto di quanto fosse
assurda la mia presenza lì. Dovevo correre a cercare Stefan, non restare lì in
attesa che mi chiamassero per fare uno stupido ballo. Non ero più quel genere
di persona.
Caroline, però, mi fece ragionare ricordandomi che se ero lì lo
stavo facendo per mia madre e per nessun altro. Dovevo farlo, punto, glielo
dovevo.
Chiamarono il suo nome e lei scese le scale.
“Elena, tu sei la prossima, andiamo” mi sussurrò la mamma di Tyler
invitandomi ad avvicinarmi alle scale.
Acconsentii e mi preparai ad essere chiamata.
“La signorina Elena Gilbert accompagnata dal signor Stefan
Salvatore”.
A quelle parole feci un bel respiro e iniziai a scendere le scale,
ma di Stefan nessuna traccia. Avrei fatto la più brutta figura di tutta la mia
vita.
Poi qualcosa cambiò. Ai piedi delle scale comparve Damon, nel suo
magnifico completo nero e con la sua tipica espressione da bello e dannato che
gli si addiceva alla perfezione.
E fu in quel momento che capii: Stefan non sarebbe apparso e Damon
aveva preso il suo posto. Era lì ad attendermi, era lì a risparmiarmi una
cattiva figura, era lì che mi permetteva di realizzare il sogno di mia madre di
vedermi gareggiare per il titolo di reginetta di Mystic Falls.
Quando mi porse la mano e io gli diedi la mia avrei voluto dirgli
“grazie”, grazie per essere stato lì per me nonostante io mi fossi sempre
comportata in modo non troppo gentile con lui, nonostante io non mi fossi mai
risparmiata di urlargli in faccia quanto lo odiassi, ma le parole che mi
uscirono fuori furono altre.
“Dov’è Stefan?”
“Non lo so”.
Mano nella mano ci dirigemmo fuori e lì non potei fare a meno di
sentire il commento di Jenna rivolto ad Alaric.
“Cosa ci fa con Damon?”
“Non ne ho idea” le rispose lui.
La musica riempii l’aria e noi iniziammo a ballare.
“Cosa faremo?” gli domandai.
“Al momento dobbiamo arrivare fino in fondo a questa cosa”.
C’era decisamente un forte imbarazzo iniziale, ma all’improvviso
più andavamo avanti più mi veniva naturale ballare con lui.
L’imbarazzo ben presto lasciò il posto alla naturalezza, alla
sincronia e quando il distacco venne colmato e mi ritrovai a ballare tra le sue
braccia sentii una strana sensazione. Sembrava come se ci fossimo
solo io e lui, come se tutto il mondo fosse scomparso per lasciare il posto a
quell’unione che si era creata, un’unione di anime che si sfioravano, senza
riuscire a prendersi davvero.
Mi sciolsi come non credevo di poter fare e sorrisi, sorrisi in
modo sincero seguita a ruota da lui. Mi dimenticai perfino di Stefan in quel
momento.
Eravamo due esseri che si stavano in qualche modo fondendo in
qualcosa di unico. Non avrei mai saputo spiegare quella sensazione che provai
in quel momento e quando ci staccammo di nuovo sembrò come se la magia fosse
svanita, come se il filo che ci aveva appena avvolto si fosse spezzato e
stranamente mi dispiacqui di questo.
Quei pochi minuti insieme a lui, stretta tra le sua braccia mi
avevano fatto sentire meravigliosamente bene e non sapevo spiegarmi il motivo
di tutto quello.
Fine Flashback
Adesso che ripensavo a quel momento
era tutto chiaro. Era stato quello il momento in cui qualcosa dentro di me era cambiata,
era stato quello il momento in cui avevo iniziato ad innamorarmi di Damon, ma
non avevo mai voluto ammetterlo a me stessa, perché ammetterlo avrebbe fatto
soffrire troppe persone, in primis me stessa.
Scacciai via quei pensieri, non potevo
permettermi di continuare a pensare a lui, a lui che non mi aveva neppure
permesso di rivelargli i miei reali sentimenti, a lui che aveva scelto per
entrambi facendomi tacere una verità che finalmente avevo trovato il coraggio
di urlare a gran voce.
Perché? Mi domandavo solo questo.
Forse il motivo era molto più semplice
di quello che credevo. Forse Damon credeva davvero di non meritarmi, o forse
semplicemente quella era una scusa campata in aria tanto per non farmi
soffrire, ammesso che lui davvero avesse capito che ciò che cercavo di dirgli
da quella mattina era appunto che lo amassi.
Uscii dalla doccia con una
consapevolezza nuova: io e Damon non saremmo mai potuti stare insieme,
viaggiavamo su due binari opposti, o almeno questo era quello che lui mi aveva
fatto capire.
Ero pronto ad arrendermi? No, in
realtà non lo ero.
Se lo amavo davvero, se davvero il mio
amore era tanto forte come credevo avrei dovuto lottare per questo, i miei
genitori me lo ripetevano sempre.
Io amavo Damon e avrei fatto di tutto
per farlo capire a lui, l’avrei anche fatto innamorare di me se fosse stato
necessario e se lui non lo fosse stato ancora.
Dovevo farlo per la mia felicità,
anche se a dire il vero con ogni probabilità mi restava davvero poco da vivere,
ma a maggior ragione dovevo farlo per questo. Se ero destinata a morire così
giovane dovevo prima coronare il mio sogno d’amore e per farlo avrei prima
dovuto fare una cosa, qualcosa che avrebbe fatto capire a Damon che ero certa
delle mie idee, dei miei sentimenti, una cosa che dovevo fare per me stessa e
soprattutto per Stefan perché io non ero Katherine e l’ultima cosa che volevo
era giocare con i sentimenti di uno dei due o con quelli di entrambi.
Avrei dovuto parlare con Stefan,
dirgli la verità e sperare che lui capisse le mie ragioni. Glielo dovevo.
Mi vestii in fretta e mi asciugai i
capelli lasciandoli stranamente mossi, non avevo voglia di allisciarli. Quando
fui pronta mi diressi in camera, non avevo nessuna voglia di andare a casa
Salvatore e al diavolo se Katherine fosse venuta a cercami in casa mia. Prima o
poi mi avrebbe trovata lo stesso e quando lo avrebbe fatto poteva uccidermi in
ogni momento lei avesse voluto.
L’incantesimo gli permetteva di fare
tutto ciò che voleva con me senza che gli altri avrebbero potuto tentare di
ucciderla.
“Mi sembra il momento sbagliato per un
cambio di look, non trovi?”
Sobbalzai a sentire quella voce, ma in
fondo dovevo aspettarmelo. Conoscendolo dovevo immaginare che non mi avrebbe
lasciata in casa da sola, non con Katherine in giro.
Sapevo che si riferisse ai capelli. Di
solito erano proprio questi che mi distinguevano dalla vampira, i miei lisci e
i suoi mossi, ma non avevo voglia di discutere, non in quel momento.
Era comodamente seduto sul mio letto con il mio peluche preferito posizionato sulla sua pancia, come sempre ogni volta che mi sorprendeva facendosi trovare in camera mia. Aveva messo su l’espressione tipica di
quando tirava le sue solite battutine e nonostante fossi arrabbiata con lui non
potevo evitare di pensare a quanto fosse dannatamente sexy.
“Cosa diavolo ci fai in camera mia?”
“Mi accerto solamente che mi seguirai
a casa mia”.
“Ti avevo detto che sarei venuta”.
“Spiacente, ma non mi fido. So che non
lo avresti fatto”.
“Grazie, ah” mi lamentai pur sapendo
che aveva ragione.
“Dico solo la verità, ti conosco”.
“Quale verità?”
“Quella in cui cerchi di elaborare
folli missioni suicide”.
“Ok” alzai le mani in segno di resa
“andiamo”.
Presi la borsa e lo seguii cercando di
non guardarlo. Il sorrisino straffottente che aveva messo su mi dava proprio
sui nervi.
Era come se non fosse successo nulla
tra noi e questo oltre che infastidirmi parecchio mi faceva male, davvero
tanto.
Quando arrivammo a destinazione, dopo
che per tutto il viaggio non avevo aperto bocca limitandomi ad ascoltare le
stupide battutine di Damon, sbottai.
“Hai intenzione di fingere che vada
tutto bene?” domandai.
“Non va tutto bene, non fin quando
Katherine è in vita”.
“Non mi riferisco a lei e lo sai”.
“Ne abbiamo già parlato, discorso
chiuso. Non è successo nulla”.
“Non sono certa che Stefan la penserà
allo stesso modo quando lo saprà”.
“Stefan non lo saprà” mi disse serio
voltandosi a guardarmi.
“Si, invece e sarò proprio io a
dirglielo”.
“Elena non costringermi a usare il
trucchetto degli occhi ammalianti” disse riferendosi alla possibilità di
soggiogarmi.
“Non lo faresti”.
“No fino a quando non mi costringerei
a farlo”.
“Mi fido di te”.
“E fai male”.
Non gli diedi ascolto e uscii
dall’auto dirigendomi verso l’ingresso di casa, ma lui fu più veloce e mi
precedette bloccandomi il passaggio.
Si avvicinò a me pericolosamente e
quando fu a qualche centimetri dal mio viso prese a parlare addolcendo
decisamente il suo sguardo.
“Elena, ti prego. Non hai idea di
quello che dici. Sei confusa. Non rovinare tutto quello che hai costruito solo
per qualcosa di passeggero” mi disse dolcemente.
“Tu non sei passeggero”.
Anche io ammorbidì il mio tono.
“Promettimelo”.
“Non credo di poterlo fare”.
“Allora promettimi che almeno ci
penserai bene”.
“Questo posso farlo” risposi
sinceramente.
“Bene”.
“Bene”.
Dopo un’ultima occhiata entrammo
dentro. Non sapevo quanto avrei potuto reggere lo sguardo di Stefan, non adesso
che sapevo, non adesso che gli nascondevo qualcosa.
Amavo Damon, lo amavo troppo per far
finta di nulla e nonostante le parole di Damon, nonostante la promessa che gli
avevo fatto, non potevo fare finta di nulla.
Avrei dovuto parlare con quello che
nella mia testa consideravo, ormai, il mio ex fidanzato.
Robsten23
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Un bacione e grazie ancora.
Prossimo aggiornamento: Martedì 15
Marzo