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Autore: Sophie Hatter    12/03/2011    3 recensioni
Devo ammettere che un po’ è strano, comportarci in modo cordiale.
Implica una rivoluzione dei nostri rapporti interpersonali su scala mondiale.
Un po’ di tempo fa io ero quella con cui litigava, ora sono quella con cui trascorre diversi minuti del suo tempo libero a parlare di bagni intasati, di Pix a piede libero, di quadri che si rifiutano di fare il loro dovere, di insegnanti che non hanno mai tempo per ascoltare le nostre esigenze e di Silente che, tutte le volte che ci vede, ci offre da bere una bibita al caramello.
Insomma, chi se l’aspettava?

*
“Sai, in certi momenti riesci perfino a farmi dimenticare quanto tu riesca ad essere insopportabile”, mi dice, nel momento in cui io ho appena finito di imbottirmi dappertutto. All’inizio rimango a fissarla sbalordito, poi ritorno in me e scrollo la testa, esasperato.
“Suppongo che questi momenti in genere corrispondano alle mie pause di silenzio”, borbotto, e sento che lei scoppia a ridere di gusto. Ispiro proprio ilarità, non c’è che dire.
“Oh, no, per una volta ti giuro che non volevo essere cattiva …”
Io sbarro gli occhi senza ritegno, stupefatto. Non riesco a credere alle mie orecchie, è impossibile che abbia davvero detto una cosa del genere. Una frase simile non può realmente essere uscita dalla sua bocca.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is... (the only weapon which I got to fight)' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo 2 – Coda di paglia




Provare passione ed essere sincero mi piace, ma mi piace anche fare il cretino.

(Kurt Cobain, Diari)




19 maggio 1977

“Allora... che stavi dicendo prima?” chiedo a Sirius in un soffio, scivolandogli accanto con indifferenza mentre mi alzo per andare a prendere i Grinzafichi dall’armadio.
“Prima quando?” risponde lui e io scuoto la testa, mentre raggiungo i rifornimenti. Getto una rapida occhiata in tralice a Slughorn, che osserva la classe da dietro la cattedra con l’aria di un cane da guardia, mentre nell’aula riecheggiano solo occasionali rumori di coltelli uniti al rimescolare dei calderoni.
“Svegliati, Sirius”, bofonchio, in tono lievemente insofferente. La curiosità mi sta corrodendo e avrei di gran lunga preferito farmi togliere un’altra decina di punti per il ritardo, piuttosto che venire interrotto sul più bello.
“Non prendertela con me”, ribatte lui. “È stata colpa della tua amata se non ti ho potuto illustrare fino in fondo il mio piano geniale”.
Non faccio granché caso al suo tono caustico. Gettare fango sulla gente è spesso il passatempo preferito di Sirius.
“Già, penso anch'io che dovrei scegliermi meglio le persone che frequento”, insinuo, con implicito riferimento a lui. Padfoot inarca un sopracciglio, esibendo un sorriso storto. Non sono pochi quelli che ci ritengono una delle più bizzarre coppie di amici di tutta la scuola: all’inizio, sembrava davvero che non avessimo nulla in comune, a parte l’insano desiderio di trasformare Hogwarts in una specie di campo minato. Ma questi inutili sentimentalismi mi stanno facendo sbucciare il Grinzafico fin troppo a fondo e per riprendere il controllo della pressione sul coltello è necessario che io la smetta di immergermi in simili riflessioni.
“Comunque, non posso parlare ora. Potrebbe sentirci chiunque”, mi sussurra, in un soffio. Io storco la bocca, dandomi un paio di occhiate intorno. Slughorn tiene lo sguardo fisso su un compito che sta correggendo, con una larga ruga sulla fronte; i maledetti Serpeverde sogghignano tra loro, si suggeriscono qualche trucco per preparare la pozione o si fanno semplicemente i fatti propri; Dave Abbott e Wilelmina Stern di Tassorosso sono concentrati sui loro calderoni là nell’angolo; la Evans, alle mie spalle, ha già praticamente terminato la pozione e ovviamente non ho la più pallida idea di come ciò sia possibile. Voglio dire, io sono bravo in Pozioni, me la sono sempre cavata con buoni voti, e anche Sirius. Ma Lily è qualcosa di semplicemente formidabile; potrebbe preparare una Felix Felicis ad occhi chiusi, probabilmente. Credo che per lei sia naturale, come lo è per me volare su una scopa.
Come al solito non ho la prontezza necessaria per distogliere subito gli occhi da lei, e un attimo dopo i nostri sguardi si incrociano. Io le lancio un mezzo sorriso e fingo di tornare a concentrarmi sul mio intruglio verdastro. In un certo senso sono fiero di me. Nessuna mano mi sale a spettinarmi i capelli, nessuna bambinesca esaltazione mi rende sovreccitato per una cosa assolutamente priva di importanza. Ho acquistato una padronanza di me stesso che non può fare a meno di rendermi orgoglioso. Il cuore mi salta sempre un paio di battiti quando si tratta di lei e l'agitazione mi blocca il respiro quando la sento nominare, ma queste sono controindicazioni che ho imparato ad arginare. Non lascio più trasparire l’emozione esternamente, in ogni caso: anzi, riesco ad apparire calmo e controllato. È stato un duro lavoro, devo ammetterlo; è come se fossi cresciuto di colpo, anziché gradualmente, e la responsabilità, almeno in gran parte, è di Lily. Sentirmi dire in faccia cosa pensava realmente di me, quel giorno dei G.U.F.O. dopo l’esame di Difesa, non è stato solo umiliante, inatteso e sconvolgente. Mi ha, semplicemente, distrutto ogni convinzione e cioè che, comportandomi in quella maniera, avessi qualche speranza in più di risultare speciale ai suoi occhi, quel tanto che bastava da farla cadere fra le mie braccia. Insomma, il fallimento di cinque anni di corte serrata deprimerebbe chiunque. Però poi sono andato avanti, l’ho superata e se non altro adesso sono meno stupido, pur essendo ancora cotto di lei.
“Da quando in qua sei diventato così prudente, comunque?” domando a Sirius dopo aver gettato le mie fette di Grinzafico dentro la pozione, ricordandomi all’improvviso della nostra conversazione.
“Non fare domande, so quello che dico e se ti dico che è meglio parlarne dopo …”
“… è perché sei crudele e vuoi condannarmi ad un destino di sofferenza” .
Ridacchio tra me; mi diverto da morire a fare la vittima innocente, so che lo fa andare su tutte le furie.
“Prongs, cerca di riservare le tue capacità recitative per un altro momento”, mi sussurra Sirius a denti stretti, ma in quel momento Slughorn sceglie di alzare gli occhi dalla pergamena e di fissarci con sguardo truce.
“È evidente che oggi Grifondoro aspira a perdere molti punti”, dice, con il suo tono saccente. Io soffoco a stento un sorriso, immaginandomi l’occhiata assassina con cui Lily mi starà fulminando alle spalle.
“Avevo solo bisogno di un mortaio, signore, il mio l’ho dimenticato”, mi invento su due piedi, giusto per dare mostra della mia sfacciataggine una volta di più. Spesso non posso fare a meno di pensare a quanto sono bravo ad inventarmi scuse geniali in un lasso di tempo minimo, ma c’è da dire che, in fondo, sei anni trascorsi a Hogwarts con un passato da Malandrino sono più che sufficienti per apprendere alla perfezione una pratica del genere. Il professore mi scruta con un’aria che teoricamente dovrebbe incutermi timore, o almeno così presumo.
“Signorina Evans, sarebbe così gentile da prestare il suo mortaio al signor Potter, dato che ha già egregiamente terminato?”
Immagino di nuovo l’occhiata assassina di Lily, con la sola lieve variante che ora è diretta a Slughorn.
“Se devo essere sincera, signore, non mi piace che gli altri lavorino con le mie cose”, la sento rispondere, seccamente. Sentirla parlare a Slughorn di solito è quasi divertente come sentirla parlare a me.
“Anche a me non piace che lei sia stata smistata a Grifondoro quando è dotata di simili capacità”, le risponde il professore, con una certa nota di rimpianto, “ma ora, per favore, faccia come le ho detto”.
Abbasso la testa mentre sorrido divertito, giusto per non farmi beccare in pieno. Slughorn va avanti con questa storia più o meno da secoli, a ripeterle che, fosse stato per lui, Lily avrebbe dovuto stare a Serpeverde. Tutte le volte ottiene soltanto di farla infuriare.
Mi volto, lentamente. La mia parte maligna preme per farmi esplodere un ghigno di soddisfazione sul viso. Ma sono abbastanza assennato da trattenermi, dato che comunque in questo momento sto sicuramente rischiando di ricevere una mestolata in testa. In effetti, il faccino di Lily non ha certo un’espressione cordiale e il gesto con cui mi porge il mortaio è decisamente secco e rabbioso.
“Gentilissima”, le dico, con la faccia tosta del mio tono più innocente, e in tutta risposta la osservo roteare gli occhi. Devo ammetterlo, mi piace anche quando è arrabbiata con me.
Termino la pozione in perfetto silenzio; il mio buonsenso mi suggerisce di non farla infuriare ulteriormente per il mio bene. Decido invece di concentrare le mie energie nel lanciare ripetute occhiate imploranti a Sirius, per tentare di smuoverlo e farmi finalmente rivelare che cos’ha in mente, ma vengo ignorato ogni volta senza alcuna pietà. No, forse non proprio ogni volta; in un paio di occasioni Pads mi fulmina con lo sguardo, quasi ringhiando. Dopo un po’ ci rinuncio; aspetto che la pozione sia pronta, ne imbottiglio una piccola quantità e la consegno a Slughorn, sentendomi piuttosto soddisfatto del risultato.
Entro qualche minuto hanno finito tutti. Mettiamo via le nostre cose e io faccio in modo di compiere ogni gesto il più lentamente possibile, in modo che nel frattempo il resto della classe si volatilizzi. Sirius sembra non poterne più di me e ne sono perfettamente cosciente, ma persevero nei miei intenti; la curiosità è davvero troppa. Poco dopo, mentre Slughorn esce per inseguire un gruppo di Serpeverde urlando loro che non si sono ancora messi d’accordo per la sua cena degli eletti della prossima settimana, Remus e Peter fanno ritorno dalla loro lezione per prelevarci in questo luogo buio e il capannello si ricrea, come nell’ora precedente. Sirius si guarda attentamente alle spalle prima di rivolgersi a noi.
“Okay, lo scopo del piano è far sì che quelle bottiglie le trovino i nostri migliori amici e se le scolino in compagnia, ignari di ciò che gli succederà dopo quell’allegra bevuta. Ovviamente, uno di noi dovrà fare in modo che le trovino”, sussurra, in modo quasi impercettibile. Gli occhi mi si illuminano, Sirius è un genio … ecco a cosa devono servire le mie capacità recitative.
“Scusa Sirius, e chi sarebbero i nostri migliori amici? Voglio dire, noi siamo i nostri migliori amici …”
“Peter, in sei anni di amicizia ancora non hai imparato ad interpretare il mio linguaggio?”
“Certo, se tu non ti esprimessi in maniera così criptica però …”
“Secondo te a chi potrei essere felice di fare un simile regalo di fine anno?”
“Di certo non a noi, quindi …”
“Prova a indovinare: sono un branco di brutti ceffi che ci importunano sempre, uno di loro ha un naso adunco molto lungo e una chioma unticcia … Non è così difficile, devi soltanto interpretare il luccichio malvagio che vedi brillare nel mio sguardo in questo momento …”
“Potter”.
Mi volto di scatto, sobbalzando di nuovo. Nessuno di noi si è accorto che Lily fosse ritornata in classe. Vederla comparire in modo così improvviso mi provoca una brusca accelerazione del battito cardiaco. Da una parte mi sento uno stupido, dall’altra so benissimo di avere una coda di paglia chilometrica, pertanto non ritengo di potermi lamentare più di tanto.
“Sì?” le rispondo, analizzando lo sguardo fulminante con cui mi sta squadrando.
“Il mio mortaio, ti sarei grata se tu potessi ridarmelo”.
“A meno che tu non abbia intenzione di conservarlo come una reliquia”, bofonchia Sirius alle mie spalle, ricevendo subito dopo un silenzioso calcio negli stinchi dal sottoscritto.
Recupero il mortaio e glielo porgo, stando attento a mantenere le distanze, cosa che so essere di sacrale importanza per lei quando si tratta di me.
“Grazie”, le dico.
“Risparmiatelo”, mi risponde lei.
“Non ti agitare, te l’ho detto solo prevenire le tue accuse di maleducazione nei miei confronti”, mi schermisco, mantenendomi su un piano sarcastico. Il suo difetto è che prende tutto troppo sul serio, certe volte.
“Non è … per questo, è che mi ha costretto Slughorn a prestartelo, tutto qui. Non devi ringraziare me”.
Sembra quasi imbarazzata mentre lo dice. Sorrido con tenerezza. Se non avessi avuto i miei amici con il fiato sul collo, forse avrei potuto pensare di prolungare la conversazione dicendo qualcosa di un po’ più gentile del solito, ma l’unico che riesce a manifestare un minimo di discrezione in casi simili è Remus; degli altri due, Peter pende dalle nostre labbra seguendo ogni scambio di battute con vivo interesse senza preoccuparsi di nasconderlo e Sirius non perde occasione per borbottare costantemente alle mie spalle i suoi commenti provocatori.
“Oh. Beh, in questo caso credo che andrò a cercare Slughorn per lodarlo della sua gentilezza”, scelgo di rispondere, chiudendo a malincuore la conversazione. Detto questo, prendo la borsa e le passo accanto, rapidamente seguito a ruota da tutta la mia banda. Sorrido tra me della mia stessa ironia, l’unica arma che mi è rimasta nei suoi confronti. Ormai è una battaglia all’ultimo sangue tra me e lei e sostanzialmente potrei dire che siamo in una situazione di parità, se non fosse che lei ha comunque il vantaggio di essere ancora capace di farmi contorcere le viscere con una sola occhiata. Mi volto solo di sfuggita ad osservarla mentre si scuote i capelli sulle spalle; è adorabile, come sempre. Anche se mi insulta almeno una volta al giorno. A dispetto dell’orgoglio che ho imparato ad acquistare di fronte a lei, non posso evitare di perdermi in sua contemplazione almeno quando mi volta le spalle.
“Credi che abbia sentito qualcosa?” mi chiede Sirius, avvicinandomisi con fare circospetto. Io lo guardo con l’aria di essere appena caduto dalle nuvole.
“Perché?”
“Perché farebbe di tutto per metterci i bastoni fra le ruote se scoprisse che stiamo architettando qualcosa … Andiamo, Prongs, riprenditi!”
Sirius accompagna l’esclamazione con un enfatico ceffone che arriva dritto sulla mia nuca.
“AHO! Come osi fare questo al tuo migliore amico?” grido, in tono veemente e nel giro di pochi secondi io e Sirius ci stiamo rotolando a terra fra le risate, con Peter che ci  strilla di non farci male e Remus che ci osserva a distanza di sicurezza con un sorriso rassegnato sulle labbra. A un certo punto mi accorgo che sopra le nostre teste c’è anche l’orlo di una gonna. Fulmineamente mi scrollo Sirius di dosso e mi metto a sedere sul pavimento del corridoio, sollevando la testa con un sorriso ebete che mi attraversa il viso da una parte all’altra.
Lily mi fissa negli occhi a labbra strette, un sopracciglio profondamente inarcato. Io tento di contenere la mia insensata euforia.
“Non ci stavamo facendo male sul serio”, provo a spiegarle, con aria di scusa. Lei non mi risponde, si limita a fissarmi con aria scettica.
“Per punizione vuoi che ti porti i libri per una settimana?” le chiedo, il sarcasmo che si mischia alle risate soffocate. Lei quasi cede per un breve, impercettibile istante e la severità sul suo volto sembra sciogliersi mentre accenna un lieve sorriso.
“Preferisco non punirti affatto, se l’alternativa dev’essere quella di averti alle costole tutti i giorni”, mi risponde, per poi allontanarsi in fretta. Il suo tono di voce sembrava meno aspro del solito e io rimango lì seduto sul pavimento, a fare i conti con quella nuova constatazione, senza riuscire a cancellare il sorriso dal mio volto. Forse si è ammorbidita nei miei confronti ancora un pochino, forse ho ancora qualche stupida speranza. Sirius si rimette in piedi e mi aiuta ad alzarmi e io, quasi intimidito, riprendo la strada verso i dormitori senza riuscire a spiccicare una parola, il che, da parte mia, ha davvero dell’incredibile.


***
Due ore di Pozioni di fila possono arrivare a risultare pesanti. Soprattutto nei casi in cui finisco troppo in anticipo la pozione rispetto all’ora di scadenza. In più considerato che sono sempre in banco da sola, con dietro i Serpeverde e davanti quei due idioti.
Non è che mi pesi stare da sola. Non sono una di quelle persone che ha sempre bisogno di un’appendice umana da tirarsi appresso, o che necessita di fungere da appendice umana per qualcun altro. Anzi. Piuttosto spesso ho bisogno di starmene sola, in santa pace, e non è facile in una situazione in cui non c’è nemmeno la camera privata. Di solito mi arrabatto rifugiandomi in biblioteca, ma non sempre funziona. Alle volte anche la biblioteca viene presa d’assalto.
Ad ogni modo, questa situazione non mi è mai piaciuta molto. Perché i momenti in cui mi piace starmene per i fatti miei non comprendono una lezione di Pozioni, circondata dai Serpeverde, da Slughorn e da una coppia di scemi. È come una specie di gabbia vivente, in cui io sono obbligata a rimanere con la testa china sul calderone, nell’impossibilità di guardarmi serenamente intorno.
Paradossalmente, Pozioni è una delle mie materie preferite. Perciò mi trovo sempre combattuta fra il desiderio che finisca presto e il desiderio che la materia occupi il cinquanta percento dei programmi di Hogwarts.
Fastidioso.
Sollevo per un attimo la testa dal mio calderone fumante. Continuare ad osservare una serie di bolle e di onde verdastre non è esattamente una cosa che mi piace fare per più di un paio di minuti di seguito. Così, do un’occhiata in giro, con circospezione, cercando di non farmi notare.
E noto immancabilmente che Potter e Black stanno nuovamente confabulando tra loro in un modo che non mi piace.
Pazienza, Lily. Quando sarà il momento opportuno, saprai cosa fare.
Torno a fissare il calderone, aggiungendo l’ultima dose di polvere di Elleboro. Mescolo per dieci volte in senso orario e poi dieci volte in senso antiorario, incrocio le braccia e rimango a fissare il risultato con aria critica, per evitare di farmi sfuggire qualche anomalia imprevista, poi rialzo lo sguardo con un gesto istintivo e vedo Potter che mi sta fissando.
Non ho neanche il tempo di esibire una delle mie espressioni perplesse, che lui con prontezza mi rivolge un mezzo sorriso innocente e torna a darmi di nuovo le spalle, come se niente fosse.
Ormai la drastica riduzione da lui apportata ai suoi gesti di repertorio ha smesso di stupirmi, ma non posso ugualmente fare a meno di pensarci e di esultare. Non si spettina più quei dannati capelli credendo di fare colpo, sì. Grazie a Godric, anche per Potter è arrivato il momento di crescere.
Meriterebbe quasi un applauso.
E se non fosse che persevera nel parlottare a voce bassa con Black, non lo penserei in modo così ironico.
“È evidente che oggi Grifondoro aspira a perdere molti punti”, li redarguisce ad un certo punto Slughorn, scrutandoli con aria poco amichevole. Trafiggo la schiena di Potter con uno sguardo di profondo disappunto, anche se non mi stupisce aver ricevuto l’ennesima conferma della loro sciocca testardaggine; alle persone normali di solito basta commettere una banale mancanza per proporsi di fare attenzione a non ripetere la spiacevole esperienza di far togliere punti alla propria Casa, ma per loro bazzecole di questo genere non hanno nessuna importanza. Tanto tutti li amano, figurarsi se qualcuno potrebbe mai muovere loro delle accuse.
“Avevo solo bisogno di un mortaio, signore, il mio l’ho dimenticato” risponde Potter, con il suo tranquillo tono fanciullesco. Slughorn lo squadra con aria critica, dopodiché i suoi occhi si posano su di me.
Qualsiasi cosa voglia, la risposta è NO.
“Signorina Evans, sarebbe così gentile da prestare il suo mortaio al signor Potter, dato che ha già egregiamente terminato?”
Potrei anche essere così gentile da tirarglielo in testa, se preferisce.
“Se devo essere sincera, signore, non mi piace che gli altri lavorino con le mie cose”, rispondo, cercando di mantenermi su un tono calmo e solo lievemente sprezzante, ma preoccupandomi di rimarcare in modo netto velato riferimento a Potter.
“Anche a me non piace che lei sia stata smistata a Grifondoro quando è dotata di simili capacità, ma ora, per favore, faccia come le ho detto”.
Ecco, figuriamoci se non sentiva il bisogno di proferire simili commenti anche questa volta. Non so esattamente a chi preferirei tirarlo in testa, questo stramaledetto mortaio. Slughorn è così insistente da risultare quasi inverosimile, ma Potter, alla fine, è sempre l’indiretto responsabile di tutte le mie disgrazie.
Il principino si volta, con tutta calma. Come se avessi tempo da perdere per colpa sua. Afferro il mortaio e glielo allungo con un gesto secco, osservando con sguardo truce quel sorriso di soddisfazione che sta cercando di reprimere. Sarà bene che si astenga dal ridermi in faccia, perché altrimenti non risponderò più delle mie azioni.
“Gentilissima”, osa anche dirmi, all’apice della sua faccia tosta. Roteo gli occhi con un sospiro, poi decido di tornare calma. Se queste sono le soddisfazioni che aspira a ricevere dalla vita, beh, che se le goda. Tanto, ormai non me ne facevo più niente del mortaio.
Dopo questa breve parentesi, per fortuna, l’atmosfera torna ad essere silenziosamente statica e l’esuberanza di Potter sembra essersi magicamente sedata. Imbottiglio con tranquillità una dose della mia pozione, dopodiché attendo che la lezione finisca scandendo mentalmente i secondi e dedicandomi a passatempi futili come tamburellare le dita sulla superficie del banco. Tengo d’occhio il famigerato duetto, ma non sembra che per il momento abbiano cattive intenzioni. Forse posso permettermi di lasciar perdere. In fondo, sono anch’io per il quieto vivere, quando è possibile.
A fine lezione consegno la mia provetta, raccolgo velocemente le mie cose e me ne vado, accelerando il passo quando sento Slughorn uscire dalla classe gridando a due ragazzi di Serpeverde di fermarsi un momento per fissare insieme a loro la data della prossima festicciola privata. Più di una volta ha tentato di invischiarmi in questo genere di cose e pareva non scoraggiarsi nemmeno di fronte alle mie risposte più rasenti la maleducazione. È veramente un uomo impossibile, Merlino.
Quando mi sento sufficientemente sicura di essere ormai fuori dalla sua portata, riprendo a camminare più lentamente, libera di rilassarmi un po’. Incrocio Remus e Peter che vanno a recuperare i loro amici nei sotterranei e li saluto con cortesia. In questo momento potrei sentirmi davvero in pace con il mondo e con me stessa, potrei anche prendere in considerazione l’ipotesi di mangiare in fretta per poi andare fuori a prendere un po’ d’aria, dato che oggi c’è il sole, ma all’improvviso mi rendo conto che c’è qualcosa che non va. Che cosa sia esattamente non lo so, altrimenti è ovvio che avrei già cercato un modo per porvi rimedio …
Il mortaio!
Guarda caso, è sempre colpa di Potter. Accidenti a lui.
Rifaccio la strada all’inverso quasi di corsa, guardandomi intorno per individuare il signor Cacciatore dalla vista debole fra gli studenti. Fortunatamente non mi sono allontanata troppo. Non mi sembra fosse uscito prima di me, sono quasi sicura di averli visti ancora in classe mentre me ne andavo … non credo di sbagliarmi, la sua dannatissima chioma è riconoscibile lontano un miglio anche in mezzo alla folla affamata che spintona per entrare in Sala Grande all’ora di pranzo …
Rallento istintivamente mentre mi avvicino alla classe e, senza che l’avessi previsto, questo mi permette di udire una conversazione che mi fa passare del tutto la voglia di lasciare in pace Potter.
“Okay, lo scopo del piano … è far sì che quelle bottiglie le trovino i nostri migliori amici e se le scolino in compagnia, ignari di ciò che gli succederà dopo quell’allegra bevuta”.
Oh, fantastico. Che splendida idea, Black. Davvero un perfetto genio del male. È mai possibile che una persona non possa escogitare altri metodi più sani per divertirsi?
Li ascolto borbottare fra loro ancora un po’, poi decido che è giunto il momento di entrare in azione.
“Potter”.
Lo faccio sobbalzare e quantomeno ricevo la conferma che non mi hanno sentito mentre tornavo indietro. Faccio volontariamente finta di non aver udito nemmeno una parola dei loro loschi piani e gli getto un’occhiata severa atta a farlo rabbrividire.
“Sì?” mi risponde lui, ostentando la sua sorpresa nel vedermi lì.
“Il mio mortaio, ti sarei grata se tu potessi ridarmelo”, gli dico, facendogli un cenno. Black gli borbotta qualcosa alle spalle insieme a qualche risata soffocata, ricevendo in cambio un furtivo calcio negli stinchi. Potter recupera il mio mortaio e me lo porge, mantenendosi a distanza di sicurezza mentre lo fa. Io inarco un sopracciglio con aria perplessa. Cos’è, ha paura che lo sbrani per caso?
“Grazie”, mi dice.
“Risparmiatelo”, rispondo io, sulla difensiva.
“Non ti agitare, te l’ho detto solo prevenire le tue accuse di maleducazione nei miei confronti”, ribatte lui, con una strana, leggera ironia. Non una sola traccia della sua passata arroganza. Forse ho esagerato, forse l’ha detto davvero soltanto per educazione.
“Non è … per questo, è che mi ha costretto Slughorn a prestartelo, tutto qui. Non devi ringraziare me”, gli spiego, tentando di smorzare i toni. Incredibile, mi sento quasi in colpa per avergli risposto bruscamente. Ma dopotutto non è colpa mia, è lui che ormai non mi dà più la soddisfazione di offrirmi su un piatto d’argento l’occasione di coprirlo d’insulti …
Anche in passato, rare volte, faceva così, ma solo quando gli era momentaneamente passata la voglia di essere fastidioso. Ora fa il borioso soltanto con i Serpeverde. E mi sorride pure. In modo gentile. Io non ci credo.
“Oh. Beh, in questo caso credo che andrò a cercare Slughorn per lodarlo della sua gentilezza”, mi risponde e, senza lasciarmi nemmeno il tempo di replicare, prende la borsa e si dirige verso l’uscita, seguito a ruota da tutti i suoi compari. Io rimango lì ferma come un’ebete per qualche secondo, poi mi scuoto i capelli sulle spalle per liberare il viso e mi accingo ad andarmene. Li seguo a distanza di sicurezza, mentre ancora mormorano tra di loro con aria cospiratoria. Bastano pochi secondi perché la discussione degeneri e dopo aver alzato la voce Black e Potter cominciano a picchiarsi, come al solito. Per gioco. Come i bambini. Se davvero poco fa ho pensato che Potter fosse cresciuto, chiedo il favore di ritirare immediatamente la mia dichiarazione. Questo delizioso quadretto mi ha appena fatto cambiare idea.
Scuoto la testa e mi avvicino per farli smettere.
Nonostante mi sia fermata esattamente di fronte a loro, ci vuole un po’ prima che Potter si accorga di me e si scrolli il suo amico di dosso, mettendosi a sedere sul pavimento. Mi guarda con un sorriso da tonto che gli attraversa il viso da una parte all’altra, come se davvero sperasse di impietosirmi.
“Non ci stavamo facendo male sul serio”, cerca di giustificarsi, simulando un’espressione da angioletto. Evito di sprecare fiato per ribattere a questa patetica scusa e mi limito a continuare a fissarlo, stringendo le labbra.
“Per punizione vuoi che ti porti i libri per una settimana?” mi chiede, con un tono autoironico che fa sghignazzare tutti i suoi amici. Incredibile, ormai si prende persino in giro da solo; fosse stato un paio di anni fa, questa frase l’avrebbe pronunciata con aria sincera e convinta. Vorrei riuscire a rimanere seria e cantargliele, ma è talmente idiota che non ce la faccio e un mezzo sorriso mi scappa. È inevitabile trovarlo divertente, in queste condizioni.
“Preferisco non punirti affatto, se l’alternativa dev’essere quella di averti alle costole tutti i giorni”, gli rispondo, poi gli getto un ultimo sguardo e me ne vado, in fretta. Faccio fatica a trattenere quel sorriso che non dovrebbe esserci e preferisco troncare la questione, perché proprio non mi posso permettere di essere indulgente nei confronti di Potter. Potrà anche essere cambiato, ma sfortunatamente siamo ancora su due piani ben diversi; lui si ostina ad organizzare scherzi stupidi, e a me tocca provvedere. Il giorno in cui la smetterà di provocarmi questi grattacapi infantili, forse potrò anche pensare di concedergli un periodo di tregua.
“Lily! LILY!” mi chiama Delia, sporgendosi dal muretto che circonda il cortile interno.
“Eccomi”, la rassicuro, andando incontro alle mie amiche. Gli strilli di Delia hanno fatto voltare nella sua direzione più o meno mezza scuola, ma alla fine non ha importanza. Le mie compagne sono tutte strampalate, come le definirebbe mia sorella, ma sono comunque delle persone gradevoli.
“Cos’è quell’espressione raggiante? Non dirmi che sei di nuovo riuscita a preparare una pozione”, mi dice Delia, assumendo un’aria abbattuta.
“Come se fosse chissà che cosa, fino all’anno scorso lo facevi anche tu”, cerco di rincuorarla. Non mi piace vantarmi della mia abilità in quella materia. Prima di tutto perché sono convinta che Slughorn esageri e in secondo luogo perché mi ricorda Severus. Un argomento a cui decisamente non desidero pensare.
“Sì, ma lei non preparava pozioni. Lei preparava pastrocchi”, la prende in giro Margaret, suscitando l’ilarità generale.
“Se mai ti passerà per la testa di avvelenare Potter, falle distillare qualcosa da mettergli nel bicchiere. Non importa cosa, sarà sicuramente letale”, mi suggerisce Helen, con il suo tono sempre un po’ distaccato ma proprio per questo estremamente spassoso. Io rido di gusto, convenendo sul fatto che è davvero un’ottima idea.
“Va bene, però prima sperimenterò il mio veleno sulla McGranitt”, risponde Delia, assumendo un cipiglio torvo.
“Tu ci provi, e io ti sbatto fuori dal dormitorio”, replica Helen, piccata. “La McGranitt non me la tocca nessuno”.
“Tu sei pazza”, commenta Delia, a bassa voce, scuotendo la testa. Helen le getta un’occhiata di profonda disapprovazione.
“Lei è l’unica con le palle, qui dentro, oltre Silente”.
“Sì, però intanto ci fa sgobbare come degli asini”.
“Mi pare ovvio, non possiamo mica presentarci ai M.A.G.O. e Trasfigurare gli oggetti a metà!”
Mary, alla mia destra, alza gli occhi al cielo, mentre gira pagina. Io le faccio un mezzo sorriso di comprensione.
“Come ti ho detto, ignorale. Solo così potrai aspirare ad un’esistenza tranquilla”, mi dice, accennando a Helen e Delia.
“Già. È l’unica cosa da fare”, rispondo, rassegnata. Margaret mi si avvicina e mi prende sottobraccio, scostandomi i capelli dal viso.
“Allora, quand’è che darai una possibilità a quel povero figliolo? Ormai non sa più cosa inventarsi per conquistarti. Sono sicura che passa le notti insonni, in lacrime, pregando che la mattina dopo tu possa accorgerti di lui …”
Guardo Margaret con un sopracciglio inarcato, sfoggiando l’espressione più scettica di cui sono capace. Lei interrompe la sua scenata melodrammatica e mi rivolge un sorriso a trentadue denti, come in segno di scusa.
“Perché ti ostini a dire idiozie?” le chiedo bonariamente.
“Non dico idiozie, non gli è andata bene quando faceva il buffone da circo e andava in giro ad appendere la gente a testa in giù, se non gli va bene nemmeno ora che si comporta da persona discretamente matura, penso proprio che lo avrai sulla coscienza, perché quantomeno andrà a gettarsi dalla Torre di Astronomia … certo, Sirius gli ha suggerito di buttare al vento tutta la poca dignità che gli è rimasta e farti una serenata sotto la finestra, ma lui non mi è sembrato molto convinto, a dire il vero …”
“Li hai sentiti parlare?”
“Sì, stavano parlando appunto di te, l’altro giorno, dopo Artimanzia, e Sirius diceva che i tuoi gusti sono impossibili perché non ti va bene proprio niente, nemmeno questa nuova versione di lui e quindi …”
“Okay, Margaret, ho afferrato il concetto”.
Alle volte può sembrare un male che questa benedetta ragazza sia così incline al pettegolezzo, e soprattutto che sia così irrimediabilmente logorroica.
Ma stavolta mi è stata utile per aprire gli occhi.
L’incredibile cambiamento di Potter è soltanto una tattica.



 
 
But everything inside you knows,
Says more than what you’ve heard.
So much more than empty conversations
Filled with empty words.

(Switchfoot, On Fire)
   
 
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