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Autore: cabol    12/03/2011    2 recensioni
Il salvataggio di una fanciulla in difficoltà scaraventa due viandanti nel cuore di un sanguinoso mistero.
Perché terrificanti ululati si levano dai boschi?
Perché sono scomparse alcune persone?
Cosa sparge il terrore in una tranquilla campagna?
Quale perversa oscurità sta avvolgendo la rocca di Luna Splendente?
Mille e mille sono le leggende che i bardi raccontano, sull’isola di Ainamar. Innumerevoli gli eroi, carichi della gloria di imprese epiche. Eppure, in molti cantano anche le imprese di un personaggio insolito, che mosse guerra al suo mondo per amore di giustizia.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I misteri di Ainamar'
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Capitolo 3: lo sceriffo

L'ufficio dello sceriffo

Fra le bancarelle cariche di beni e le voci chiassose di mercanti e clienti, Lucy e Robert avevano finito gli acquisti commissionati dalla castellana e stavano tranquillamente chiacchierando, seduti su un ceppo vicino al portico. Intorno a loro turbinavano le vesti variopinte e i volti multiformi della gente che affollava il mercato, ma i due giovani non parevano farci caso. L’ancella raccontava della sua vita alla rocca al servizio della splendida e capricciosa dama Lavinia, del cupo e taciturno sir Ernest che, però, era stato sempre stranamente gentile con lei, dell’esuberante sir Mordred che la riempiva di complimenti per come si era fatta bella e raffinata, della sua dolce madre che la coccolava continuamente, di suo padre, severo e paziente. Robert si era perso nei racconti e negli occhi della ragazza, quando la vide impallidire improvvisamente.

«Signorina Lucy, vi sentite male?». Robert si protese per sorreggere la ragazza, con fare protettivo.

«Oh, non è nulla, signor Robert, vi ringrazio della sollecitudine … deve essere la folla … o lo spavento di prima … sareste così gentile da portarmi un po’ d’acqua? Vi aspetterò seduta qui». I begli occhi della giovane ancella parevano persi a guardare un punto qualsiasi dell’acciottolato, non si sollevarono a incontrare quelli ansiosi del maggiordomo.

«Ma naturalmente, signorina, torno immediatamente».

Robert si diresse rapidamente verso il pozzo, al centro della piazza ma non seppe trattenersi dallo sbirciare alle proprie spalle. Lucy stava parlando con un uomo avvolto in un mantello di colore verde scuro. Sentì una fitta al cuore. È sempre vissuta qui, cosa c’è di strano che abbia incontrato un conoscente? Eppure, Robert era certo che il malore era stato solo una scusa per poter parlare con quel misterioso individuo. Si rese conto che gli dispiaceva fortemente di quel comportamento. Ebbene, l’hai salvata, ma questo non ti dà alcun diritto su di lei. Perché dovrebbe confidarsi con te? Sei solo un estraneo. Eppure il constatare che lei gli nascondeva qualcosa lo affliggeva. Cominciò a preoccuparsi.

Arrivò al pozzo e, meccanicamente, prese l’acqua. Si voltò verso la ragazza che era nuovamente sola. Respinse il senso di amarezza che gli attanagliava il cuore e ritornò verso di lei, sforzandosi di sorridere. Lucy era ancora pallida, lo sguardo perso fra la folla, seguendo qualcuno che, evidentemente, le stava a cuore.

«Eccovi l’acqua, signorina Lucy». La ragazza si riscosse, voltandosi verso il giovane maggiordomo.

«Cosa? Oh, grazie signore. Siete veramente gentile». Le guance dell’ancella s’imporporarono violentemente. I suoi occhi sfuggirono nuovamente quelli di Robert. Rimase seduta, evidentemente in preda all’imbarazzo, senza toccare minimamente la caraffa d’acqua posata accanto a lei. Una collera irragionevole s’impadronì del giovane.

«Perdonatemi, signorina, vado a vedere alcune armi dal fabbro. Volete attendermi qui, per favore?».

«Ma certamente. Fate pure». La voce distratta della ragazza aumentò la rabbia di Robert che si allontanò a grandi passi. Appena fuori vista, si mescolò alla folla, cercando di non perdere di vista Lucy. A un tratto, scorse un sorriso sul viso grazioso della ragazza e si volse rapidamente per individuare a chi fosse rivolto. Immediatamente riconobbe il mantello che avvolgeva quell’uomo e cominciò a seguirlo con discrezione e il cuore in tumulto.

***

Sir Raoul Velmont si allontanò dal mercato, passando con fare distratto davanti alla porta dell’osteria. Verificato con noncuranza che lo sceriffo non si trovava lì dentro, si diresse rapidamente verso l’antica torre malandata, in fondo alla piazza, davanti alla quale un giovanotto in armatura montava una guardia svogliata. Sull’architrave della porta, si poteva ancora leggere, con un po’ di fatica, una quartina dedicata alla Dea patrona di quei luoghi.

 

Apre la via al mistero

il disco della fide,

nel core, ov’è merzide

la luce di Sergaries.



Venne fatto entrare nell’atrio dove bussò alla vecchia porta dell’ufficio dello sceriffo. Una voce gli disse sgarbatamente di entrare.

Sandy Bond era un uomo grassoccio, calvo, perennemente sudato. Vestiva una corazza di cuoio dalla quale spuntavano i suoi tozzi arti, simile in tutto a una grossa tartaruga. L’aveva accolto con fare arrogante, immaginando di avere a che fare con qualche contadino o con qualche pastore. Appena sir Raoul gli si fu presentato, il suo atteggiamento virò bruscamente al cerimonioso.

«Onoratissimo di conoscervi sir Velmont, sono a vostra completa disposizione».

«Vorrei chiedervi qualche informazione, sceriffo, poiché sto meditando di acquistare una tenuta da queste parti». Un sorriso avido comparve sul volto paffuto dello sceriffo.

«Ma certamente, sir Velmont. Sono vostro servitore». In effetti, un accenno d’inchino aveva accompagnato le sue parole. Sir Raoul fece fatica a trattenere un sorriso.

«Mi dicono che sir Mordred è quello che effettivamente si cura della regione, al posto di sir Ernest, che è malato, è vero?».

«Sì, signore, è proprio così. E devo dire che sir Mordred è veramente un ottimo signore per queste terre. La prima cosa che ha fatto è stata ridurre le tasse alla popolazione, poi ha concesso ampia autonomia al villaggio, nominando me come sceriffo».

Sandy Bond sorrideva soddisfatto. Pareva essere veramente orgoglioso della sua posizione. Sir Raoul notò che, quando parlava di sir Mordred, la sua voce assumeva un curioso tono adorante.

«Siete nativo di qui, sceriffo?».

«Oh, no … vengo da Gaerand[12] … ero il comandante della scorta di sir Mordred, quando venne a stare da queste parti, con dama Lavinia e rimase tanto soddisfatto dei miei servigi da concedermi questo incarico prestigioso. Sono felice di poter dire di godere appieno della sua fiducia». La nota adorante nella voce dello sceriffo si era arricchita di toni acuti, come se lo sceriffo provasse un piacere quasi fisico pensando alla fiducia del suo signore. Sir Raoul si sarebbe aspettato che cominciasse a uggiolare.

«Complimenti, sceriffo. Immagino che sir Mordred sia veramente contento di voi».

Lo sceriffo si esibì in un sorriso beato, scoprendo una dentatura non esattamente candida che ricordò al giovane gentiluomo quella di alcuni individui, incontrati in ambienti facoltosi ma non propriamente rispettabili, usi a masticare certe erbe aromatiche, dotate di effetti da loro definiti "rilassanti" ma che, non di rado, risultavano addirittura allucinogeni. Era chiaro, comunque, che da quell’individuo sarebbero emerse solo informazioni agiografiche sui maggiorenti del luogo. Sir Raoul decise, dunque di indirizzare le sue domande verso argomenti meno compromettenti.

«Scusate, sceriffo … sapete nulla della scomparsa misteriosa di alcune persone di qui, negli ultimi tempi? Immagino che avrete svolto indagini … pensate che ci sia ancora pericolo? Mi … seccherebbe rischiare di sparire». La voce del gentiluomo si era fatta più sommessa e tremante, come se avesse temuto veramente di essere in pericolo.

Sandy Bond si rabbuiò in volto.

«Purtroppo, qualcosa di vero c’è. Abbiamo svolto accuratissime indagini, ehm, sapete, c’è un mucchio di gentaglia che si è trasferita da queste parti … immigrati, capite … gente che dovrebbe starsene nel proprio paese, ehm, profughi di zone di guerra … vigliacchi che abbandonano la loro patria della quale dovrebbero proteggere i confini anche a prezzo del loro sangue e che, invece, fuggono per infestare le nostre terre feraci. Certamente sono stati loro a rapire le persone scomparse». Dalla sua voce, cupa e stridente, traspariva nitido il disprezzo che egli nutriva nei confronti di quella gente.

«Ma perché lo avrebbero fatto? E se sapete che sono stati loro, perché gli scomparsi non sono stati trovati?».

«Non è affatto facile, credetemi. Fosse per me, eliminerei tutta quella marmaglia ed anche sir Mordred la pensa come me, ehm, il problema è che hanno complici anche qui nel villaggio … idioti che si commuovono ascoltando i loro racconti di miseria. Sono tutte frottole, credete a me. Però qualcuno li avvisa ogni volta che proviamo a spazzarli via e non si fanno trovare ma, alla fine, li rimanderemo a casa loro, vedrete».

«Grazie, sceriffo. Mi sento più sollevato, anche perché c’è chi parla di lupi giganteschi che si aggirano per queste terre». Il gentiluomo manteneva un certo timore nella voce, cosa che parve suscitare l'irritazione dello sceriffo.

«Queste sono emerite stupidaggini, sir Velmont. La superstizione dei contadini, unita alle dicerie messe in giro ad arte da quei dannati immigrati, ha creato un clima di terrore che, credetemi, non ha per nulla ragione di esistere. Sentite anche sir Mordred, vedrete che confermerà quanto vi ho detto, parola per parola. Sono certo che vi riceverà con piacere, è raro che un vero gentiluomo come voi capiti da queste parti. Solo lord Cardekon si fa vedere, ogni tanto».

«Ne sono certo, sceriffo. Andrò al più presto a conoscere sir Mordred, sono certo che si tratti di un personaggio decisamente notevole … fra gli scomparsi c’era anche una sacerdotessa, vero?». Un’ombra di tristezza comparve negli occhi porcini dello sceriffo.

«Sì … povera donna … è stata l’ultima vera sacerdotessa che abbiamo avuto … una perdita terribile per la nostra comunità, sapete?».

«Ma non c’è un sacerdote alla rocca? Mi pareva di aver capito …».

«Per carità, sir Velmont! Patrick Gordaukon è pazzo da legare! Figuratevi che si rifiuta di usare i suoi poteri taumaturgici per non sottrarre morti al suo dio … solo dama Lavinia lo considera un sacerdote … perché, poi, non ho idea … credo sia stato il suo precettore. Per fortuna c’è un bravuomo che s’intende di erbe e cure e funge da cerusico, altrimenti saremmo davvero in difficoltà».

Il gentiluomo si alzo per congedarsi. Giunto sulla porta, si voltò verso il paffuto Sandy Bond. Una luce maliziosa gli brillava negli occhi.

«A proposito di lord Cardekon … E quel misterioso Blackwind? È vero che ha svaligiato la sua villa non lontano da qui?».

Lo sceriffo si accigliò.

«Sì, è venuto stamattina Lord Cardekon in persona a denunciare il furto, caso mai il ladro passasse da questi paraggi. Ma non credo che quel vigliacco possa farsi vedere a Brightmoon. Qui potrebbe essere interessato solo a sir Mordred ma, se s’illude di svaligiare i Cipressi Neri, finirà per sempre di tormentare le brave persone … sir Mordred sa come trattare quel genere di gentaglia, ehm, gente di bassa estrazione, invidiosa delle persone benvolute dagli dei». Aveva anche alzato la voce, per dare più enfasi alle sue parole. Il gentiluomo sorrise.

«Immagino che abbiate proprio ragione. Buona fortuna, sceriffo!».

«Arrivederci, sir Raoul».

***


Per una decina di minuti, Robert seguì il misterioso individuo fra le bancarelle del mercato, avendo cura di non farsi scoprire e di non perdere di vista il mantello verde scuro che avvolgeva la sua preda. Questi si muoveva circospetto, in mezzo alla folla. Il cappuccio tirato sul capo rendeva impossibile al giovane maggiordomo di scorgerne i lineamenti. Era di statura media e di spalle larghe, questo era tutto quel che Robert riusciva a capire di quel tipo, oltre al fatto che pareva fare di tutto per non essere riconosciuto.

A un tratto il giovane non vide più la sua preda. Aveva visto distintamente il mantello verde superare il banco di un contadino ma subito dopo era scomparso. Robert si guardò intorno perplesso. Ricordò di essere stato lì con Lucy, che aveva chiesto dei coltelli all’anziano mercante di stoviglie di rame il cui bancone si trovava subito dietro quello del contadino la cui moglie strillava per decantare la bontà di quanto vendeva, con voce acutissima. Osservò con attenzione il giovane garzone di un apicoltore che aveva il banco accanto al mercante di stoviglie, ma il ragazzo era troppo alto per poter essere il misterioso interlocutore della giovane ancella e l’apicoltore troppo curvo. Il mercante di stoviglie stava parlottando con una guardia e un tizio male in arnese, vestito con abiti logori. Era seccante, però Robert dovette accettare di essere stato beffato da quell’individuo.

Tornò indietro di malavoglia ma il sorriso con cui Lucy lo accolse gli fece immediatamente riacquistare il buonumore.

***

Sir Raoul Velmont era sempre più perplesso. L’incontro con lo sceriffo non gli aveva affatto chiarito la situazione di quei luoghi. L’unica cosa evidente era l’animo servile di Sandy Bond. E che quei profughi avrebbero passato giorni tristi, da quelle parti.

L’ultima persona con cui parlò fu Jacob Thorton, il cerusico del villaggio. Era un uomo semplice, dai modi franchi e gentili, esperto in erbe e nel curare le malattie più semplici. Non aveva i poteri guaritori dei sacerdoti ma faceva del suo meglio per aiutare i suoi compaesani. Il viso barbuto e affilato aveva un che di canino.

«Avete ragione. Clarence detesta sir Mordred perché più volte sono quasi venuti alle mani quando si è trattato di prendere decisioni importanti per il villaggio. Non la vedono assolutamente allo stesso modo e, d’altra parte, la decadenza di queste terre fa sospettare che Clarence non abbia tutti i torti».

«E cosa mi dite di Lucy?».

«Chi? La bimba di August Thornbow? Un tesoro di ragazza, credetemi. Tutta suo padre. Beninteso, come carattere eh? Perché fisicamente è tutta l’opposto, per sua fortuna. È brava, bella e buona. Per fortuna non ha ereditato il naso dei Thornbow … D’altra parte, Frida, la madre, è anche lei una gran brava persona e una cuoca fenomenale. Da giovane era davvero carina, sapete? Piccolina ma davvero graziosa».

«Avete sentito anche voi voci a proposito della scomparsa di alcune persone?».

Il cerusico abbassò gli occhi. Il suo volto parve allungarsi ancora di più, la voce scaturì sommessa e lugubre come un ululato.

«Sì ma preferirei non parlarne … sono tornati i lupi, signore. Meglio non aggirarsi di notte per queste terre».

«Davvero? Non vorrete farmi credere che la gente sia stata rapita dai lupi?».

Thorton guardò fuori dalla finestra, pallido in volto. Sir Raoul ebbe l’impressione che una lacrima tremasse sulle sue ciglia.

«Vi prego, signore, non vorrei parlare di questa cosa. Sono un uomo razionale ma, talvolta, la ragione non spiega tutto. E, se posso darvi un consiglio, evitate anche voi di parlare di queste faccende».

«Lo sceriffo dice che sono stati alcuni immigrati». Gli occhi del gentiluomo erano fissi sul cerusico che parve riscuotersi e l’ombra di un sorriso affiorò sulle sue labbra sottili.

«Bond non perde occasioni per prendersela con quei poveracci. Ogni tanto prende i suoi due bravacci e va in cerca di immigrati … finora lo hanno sempre beffato, grazie a Yavië[13]. È povera gente, che vive lavorando il rame, senza nuocere a nessuno».

«Vi ringrazio messer Thorton, siete stato gentilissimo».

Sir Raoul ritrovò Robert e Lucy che stavano chiacchierando mentre caricavano le stoffe sulla giumenta. Lo accolsero con un sorriso che dimostrava come la brutta avventura dell’ancella fosse ormai un trauma superato.

Avevano appena finito di caricare le merci che un giovane alto e robusto si parò davanti a Lucy. Indossava una rudimentale armatura di cuoio e brandiva una pesante spada in condizioni di manutenzione perlomeno dubbie. Era paonazzo in volto e guardava minacciosamente la ragazza. Altri due tipacci si erano piazzati dietro di lui, come per dargli man forte.

«Ehi! Che ci fai con questi bellimbusti? Tu sei la mia donna». Lucy arrossì violentemente e si volse bruscamente verso il giovane in armatura.

«Cosa? Hull, per tua norma e regola, io non sono di nessuno. Men che mai tua, hai capito, razza di caprone? Sparisci!».

«Sempre ribelle, eh? Lo sai che mi piaci per questo! Ora manda via questi buffoni».

Robert gli si pose a un palmo dal viso, con gli occhi fiammeggianti.

«La signorina ti ha detto di sparire. Sei sordo, forse?».

Hull rispose con una violenta testata che avrebbe fatto sicuramente male a Robert, se questi non fosse stato in guardia. Il giovane schivò l’attacco del bullo e rispose con uno sgambetto che lo fece ruzzolare a faccia in giù, nel mezzo di una pozzanghera dal contenuto incerto e maleodorante.

Sir Raoul intervenne sorridendo.

«Ora basta. Robert, credo che possiamo andare, il signore dovrebbe aver capito il tuo messaggio».

«Ah no, per gli dei! Voi non ve ne andate da nessuna parte!».

Uno dei due bravacci si lanciò contro Robert ma si trovò fra le gambe lo stivale di sir Raoul e finì lungo disteso, accanto al suo compare. Il terzo fece per muoversi ma si fermò vedendo Hull alzarsi con la spada minacciosamente levata.

«Sei morto, straniero!».

Menò un violento fendente che, però, incontrò solo l’aria. Robert piroettò poco lontano e, quando si fermò, aveva la spada in pugno.

«Permettete, sir Raoul? Ora quest’animale sta esagerando».

«Non fargli male, per favore. Non voglio guai, in questo villaggio».

Robert sorrise e si dispose in guardia, attendendo l’avversario. Questi non si fece pregare e partì con una serie di fendenti che andarono tutti a vuoto, tranne l’ultimo che incontrò con la punta la lama dell’avversario vicino all’elsa. Il polso del bullo si torse per il contraccolpo e, un attimo dopo, un violento fendente gli strappò l’arma di mano.

«Ora basta, signor gradasso. Siamo in ritardo e non abbiamo altro tempo da perdere con voi».

«Hull non dimentica. Ci rivedremo, damerino».

«Sì che ci rivedremo. E saranno guai per voi, stranieri». Gli fece eco l’altro, mentre si rialzava dal fango.

«Esatto!». Soggiunse il terzo.

Sir Raoul si avvicinò sorridendo al bravaccio che sembrava sul punto di esplodere per la rabbia.

«Cercate di mettere giudizio, signor Bull. Siete stato fortunato, oggi. Non fate adirare Yavië sfidandola un’altra volta. Se Robert avesse voluto, ora avreste urgente bisogno del cerusico».

Detto questo, si allontanò, fingendo di non sentire le proteste del giovane bulletto.

«Hull! Mi chiamo Hull, non Bull!»


[12] Importante porto della regione settentrionale del regno di Kaardir
[13] Dea dell'Amore, della famiglia e della Fortuna, venerata anche come Telgëa, specie nelle campagne.
  
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