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Autore: Evazick    14/03/2011    5 recensioni
(Seguito di "I used to think I have a Bulletproof Heart... but I don't".)
Dopo che i My Chemical Romance sono tornati a casa, il gruppo dei Killjoys nel 2019 è cresciuto. C'è una rivolta che sta per scoppiare contro Battery City, ma Eve ha anche altri problemi, tra cui un ragazzo strano che ingelosisce Joshua. E quando i Guastafeste decidono di rischiare il tutto per tutto, la situazione volge al peggio.
Decisamente.
"Avevo imparato che ognuno di noi, cambiando nome, voleva dimenticare cosa era stato e cosa gli era successo, morire dentro di sé per poi rinascere dalle sue stesse ceneri come una fenice. Di alcuni dei nuovi ragazzi non riuscii mai a scoprire molto del loro passato, o perché lo tenevano nascosto bene o perché volevano dimenticarselo del tutto.
Cosa che volevo anch’io, ovviamente.
Volevo scordarmi di Eve Blackshadow, di quello che era successo alla sua vita e alla sua famiglia, del dolore che aveva provato prima di venire risucchiata da un poster della Black Parade e iniziare una nuova vita.
Adesso volevo essere soltanto Lethal Bloody Venom."
("AU! Killjoys!)
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Nuovo personaggio, Ray Toro
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Eve.'
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Of Endings And Rains

(Well, it rains and it pours when you’re out on your own)

 

Quella notte la passai sospesa tra il sonno e la veglia, perseguitata da incubi macchiati del mio stesso sangue e visioni di funerali e lacrime: a volte mi svegliavo di soprassalto, ma vicino a me c’era sempre Joshua, che mi stringeva forte la mano, mi toglieva le ciocche di capelli sudati dalla fronte e asciugava le lacrime che mi scorrevano sulle guance. Mentre mi riaddormentavo, mi aggrappavo disperatamente alla sua mano, l’unica cosa davvero reale nei miei sogni.

La mattina dopo ero leggermente più lucida, e la stretta del ragazzo sulla mia mano non era diminuita di un millimetro. Lo guardai alla luce del sole che proveniva dalla finestra: aveva due cerchi neri intorno agli occhi e l’aria più stanca che gli avessi mai visto addosso. Evidentemente non aveva dormito per un solo secondo per controllare che io stessi bene. “Riposati, razza di idiota,” gli sussurrai.

“Tranquilla, tranquilla, sto bene,” mi rispose lui assonnato. Con un sospiro mi tirai su a sedere a fatica, gemendo per la benda e la ferita che mi faceva ancora male, e feci in modo che Joshua appoggiasse la sua testa sulle mie gambe. Non appena le toccò, crollò come un bambino piccolo. Sorrisi e gli accarezzai i capelli blu mentre finalmente dormiva. Mi misi a fissare il deserto fuori dalla finestra senza smettere di accarezzarli: dovevamo parlare e chiarire alcune cose, ma non avevo alcuna fretta.

Potevo aspettare.

 

Joshua si svegliò un paio d’ore dopo: si alzò lentamente in piedi, si stirò le braccia e mi guardò con gli occhi grigi che brillavano. “Come stai?” mi chiese.

“Meglio, credo.” Col suo aiuto, mi alzai lentamente in piedi e cercai di riguadagnare l’equilibrio. Feci un paio di passi senza alcun problema, poi mi voltai verso il ragazzo, seria. “Joshua… tu… tu sai che dobbiamo parlare.”

La sua espressione si rattristò lievemente, ma si limitò a fare un cenno d’assenso.

“Per…Perché l’hai fatto?” gli chiesi in un sussurro, con gli occhi che stavano iniziando a riempirsi di nuovo di lacrime. “Tu sai cosa mi è successo, sai cosa succede ogni singola notte nei miei sogni. Sei la persona che mi conosce meglio di tutte, qui in California. Come hai potuto consegnarmi alle uniche persone che sono riuscite a farmi veramente del male?”

Rimase un attimo in silenzio con lo sguardo basso, come se stesse cercando le parole. Alla fine disse: “Io… Dio, Eve, mi sono pentito alla fine, quando ti hanno catturata. Vorrei tanto non avere mai stretto quel patto, mi sono reso conto di quanto debole e avventato sono stato. Ma…” Deglutì. “So che quello che hanno fatto a me non è nemmeno paragonabile alle tue cicatrici, ma è stato terribile. Per quasi una settimana sono stato picchiato ogni giorno a sangue, ed ero talmente debole che non riuscivo a muovermi dal pavimento. Non sono forte come te, lo sai, e poi hanno detto che sapevano dove era la tomba della mia famiglia. E io l’ho cercata così a lungo, volevo solamente vedere i miei genitori e mia sorella per un ultima volta prima di lasciarmeli alle spalle…” Alzò lo sguardo verso di me: sembrava davvero dispiaciuto e triste. “Mi dispiace.”

Sostenni il suo sguardo senza cambiare espressione. “Non… non so cosa fare, Joshua. Una parte di me vorrebbe perdonarti, ma un’altra, quella che ha sentito il dolore di ogni singola ferita che mi hanno inferto, mi dice che è impossibile, che non devo farlo. E io non so chi ascoltare.” Mi morsi il labbro inferiore. “Penso di… di aver bisogno di un po’ di tempo per riflettere.”

Showpony annuì a testa bassa e, senza dire niente, uscì dal rifugio del Dr. Death Defying. Lo sentii scambiare un paio di parole col Dj, poi scappò via sui suoi pattini, lontano da me. Rimasi da sola, al centro della stanza, incapace di decidere cosa fare. Poco dopo un rumore di ruote mi raggiunse all’interno dell’edificio. “La ferita va meglio?”

Annuii. Dr. D si avvicinò un altro poco a me e mi fissò da dietro i suoi occhiali da sole. “Hai parlato con Showpony di quello che è successo, vero?”

“Sì.” Alzai lo sguardo verso di lui. “Non ho idea di cosa fare. Vorrei perdonarlo, ma non so se riuscirei a farlo. Il suo tradimento è stato troppo grande e ho rischiato di morire. Non sarei potuta essere qui, viva, adesso!” Feci una pausa. “Che dovrei fare, secondo te?”

“Non posso aiutarti a decidere se puoi perdonarlo o meno, dipende tutto da te.” Fece una pausa. “La domanda non è ‘Posso perdonarlo o no?’ oppure ‘Posso dargli ancora fiducia?’, ma ‘Provo ancora qualcosa per lui, dopo tutto quello che ha fatto?’” Mi fissò un’ultima volta, poi mi fece segno di uscire. “Puoi anche cavartela da sola adesso, io devo tornare ai miei impegni.”

Sorpresa dal suo comportamento, lo salutai prima di uscire di nuovo nel deserto: il sole splendeva nel cielo e i suoi raggi mi scaldavano la pelle fredda. Voltai lo sguardo verso la direzione in cui c’era il Diner e sospirai: mi sarebbe toccato andare a piedi, i ragazzi non sapevano che stavo meglio. Sbuffai e mi incamminai in quella direzione, senza mai voltarmi indietro.

Mi sembrava di non capire quello che mi aveva detto il Dj: non mi aveva dato nessun aiuto concreto, se non una cosa in più sulla quale scervellarmi. Ma, dentro di me, sapevo che quell’unica domanda era la soluzione di tutto quel casino: se provavo ancora qualcosa verso Joshua potevo… potevo perdonarlo per una volta e poi ricominciare da zero, io e lui. Oppure potevo continuare a provare rancore verso di lui senza mai perdonarlo.

Ma cosa ne sarebbe stato di me? La vita in California sarebbe diventata insopportabile, ed era escluso che tornassi nel mio mondo. E poi… la vita senza Showpony mi sarebbe mancata: lui sapeva come tirarmi su, sapeva consolarmi, sapeva farmi distrarre da tutti i miei pensieri e le mie preoccupazioni.

Ma, più di ogni altra cosa al mondo, sapeva amarmi.

Aveva avuto soltanto un fidanzato nel mio mondo, quando avevo quattordici anni. Non ricordavo nemmeno più il suo nome, eravamo stati insieme per nemmeno tre mesi, ma ricordavo benissimo il modo in cui si comportava con me: mai un’attenzione, mai un gesto o una parola carina, mai un bacio pieno di vero amore, e non perdeva mai occasione di dirmi quanto fossi goffa, patetica e strana. Quando ci eravamo lasciati mi ero sentita vuota e priva di amore, se mai ne ero stata piena: quella era stata l’unica occasione in cui avevo contemplato l’idea del suicidio, ma la musica e i miei pochi amici erano riusciti a farmi tornare di nuovo la stessa di prima.

Con Joshua era diverso, lo sapevo: prima di ogni altra cosa era il mio miglior amico insieme a Frank, potevo confidargli tutto senza paura di venire giudicata. E ogni volta che ne avevo bisogno lui era lì per rassicurarmi, coccolarmi e riempirmi d’amore fino alla nausea. Inoltre anch’io avevo tradito i Killjoys, all’inizio, ma lui mi aveva perdonata: cosa mi vietava di fare la stessa cosa con lui?

Arrivata a metà della strada che portava al Diner, avevo preso la mia decisione. E, quando vidi una figura familiare in lontananza, le corsi incontro senza nemmeno pensarci due volte: Joshua si voltò non appena sentì il rumore dei miei passi e mi guardò malinconico, in attesa di sapere cosa dovevo dirgli.

“Io…io…” iniziai mentre cercavo di riprendere fiato per la corsa. Con un ultimo respiro profondo mi ripresi e continuai: “… io ti perdono.”

Il suo sorriso a trentadue denti splendette lucente come il sole di mezzogiorno che brillava nel cielo. Showpony si avvicinò lentamente a me e mi prese le mani tra le sue, guardandole. “Sai, vero, che questa cosa si aggiungerà alla mia lista di sensi di colpa?”

“Cazzate,” gli risposi. “Tutto quello che mi è successo non è soltanto colpa tua, e anche se fosse così non te lo rinfaccerei ogni giorno, come stai facendo da solo.” Mi avvicinai ancora di più al suo viso. “E adesso potresti smettere di fare la vittima e salutare una morta vivente come si deve?”

Sorrise di nuovo e si chinò verso le mie labbra, baciandomi come non facevamo da giorni. Quando ci staccammo, il ragazzo mi prese sulla sua schiena e iniziò a pattinare a tutta velocità verso il Diner, mentre io urlavo con il vento tra i capelli. Fuori dal rifugio c’era Ray, che fumava tranquillo una sigaretta: non appena ci vide arrivare, la spense e ci venne incontro, quasi stupito dalla mia pronta guarigione. “Come va, Eve?” mi chiese.

“Bene, credo,” gli risposi mentre scendevo dalla schiena di Joshua. Una fitta improvvisa al petto mi mozzò il fiato, ma mi ripresi subito e calmai gli altri due ragazzi, già partiti in quarta per aiutarmi. “Sto bene. Sto bene, davvero.” li rassicurai. Showpony annuì poco convinto e si diresse verso il garage per cambiarsi. Rimasti da soli, Ray mi guardò un attimo e disse: “Eve, ascolta… io e gli altri avevamo deciso di tornare a casa domani. Insomma, sì, visto che stai bene e te la puoi cavare da sola…”

Annuii poco convinta: non volevo che se andassero, stavolta veramente per sempre, avevo bisogno che rimanessero con noi. Era chiaro che non potevamo combattere la Better Living da soli, e non sarebbe arrivato nessun altro da Battery City ad aiutarci. Era un pensiero davvero egoista, ma ero spaventata da quello che sarebbe potuto succedere quando io, Joshua e Grace fossimo rimasti da soli. E allora chiesi la cosa più egoista del mondo. “Ray… non è che tu e gli altri potreste… potreste… bè, rimanere qui?”

Il ragazzo sbarrò gli occhi e mi fissò incredulo, scioccato dalla mia richiesta. Abbassai lo sguardo e continuai, spiegandomi: “Lo so che posso sembrare davvero egoista, ma… non so cosa potrà succedere quando ve ne sarete andati. E io ho davvero bisogno di sentirmi al sicuro, ora come ora.” Alzai di nuovo lo sguardo, incontrando gli occhi castani di Jet Star. “Non voglio costringervi a rimanere per sempre, voi avete una famiglia e degli amici nel vostro mondo, ma vi chiedo di rimanere almeno per qualche altra settimana, finchè non mi sarò ripresa.”

Il silenzio ci avvolse per qualche secondo, poi Ray disse: “D’accordo, ne parlerò con Gee e gli altri stasera.”

Gli sorrisi prima di entrare dentro il Diner. “Grazie.”

 

Passai la notte inquieta, in attesa di sapere cosa avevano deciso i ragazzi e anche perché la ferita non aveva mai smesso di darmi delle fitte tremende. Fui costretta ad alzarmi a metà notte per cambiarmi la benda, tanto era intrisa del sangue della sera prima e del liquido che ogni tanto usciva dal buco del proiettile. Rabbrividii al pensiero che la notte prima, a quella stessa ora, ero dentro la macchina di Frank in bilico tra la vita e la morte.

La mattina dopo fu un rumore davvero insolito a svegliarmi. Un rumore che non avevo mai sentito laggiù nel deserto, dove il sole batteva sempre a picco.

Il tuono si fece di nuovo sentire, questa volta più forte.

Mi alzai confusa dal letto e mi avvicinai alla finestra: fuori c’era un vero e proprio diluvio, con tanto di lampi e tuoni. Sembrava il giorno in cui ero finita nel posto della Black Parade, durante un temporale. Ancora confusa per quella stranezza, mi vestii e realizzai solo in quel momento che il letto di Ray era vuoto e sfatto. Il cuore mi balzò in gola e corsi nell’altra camera: anche lì i letti erano vuoti, e lo era anche la branda sulla quale Joshua aveva dormito quella notte.

Ansimai, cercando di trattenere le lacrime: allora era vero, se ne erano andati? Così, senza nemmeno salutarmi e dirmi addio? Una lacrima mi corse lungo la guancia. Bastardi, pensai. E Joshua, anche lui era andato via con loro? Perché l’aveva fatto? Sapeva che l’aveva perdonato, ma forse aveva voluto riniziare una nuova vita lontano dalla California, in un altro tempo, proprio come avevo fatto io. Forse aveva pensato che lontano da me sarebbe stato meglio.

Ma per me non era la stessa cosa.

Corsi in fretta giù per le scale e raggiunsi il garage dalla porticina che lo collegava alla sala del Diner, e cercai tra gli scatoloni ammucchiati l’unico oggetto che mi sarebbe servito con una pioggia del genere. Alla fine trovai un ombrello verde scuro semidistrutto in un angolo tra dei vestiti vecchi: tornai dentro il Diner, aprii la porta principale e uscii fuori, aprendo l’ombrello sopra di me. La pioggia era leggermente diminuita, ma la visibilità era ancora molto scarsa. Strizzai gli occhi per cercare di vedere qualcosa tra il muro di acqua, ma era come cercare di vedere attraverso il fumo. A tentoni, raggiunsi il posto accanto al garage dove di solito era parcheggiata la macchina dei ragazzi, ma anche tra le gocce di pioggia vedevo benissimo che non era più lì. “Dove siete?” urlai, guardandomi intorno. “Frank! Gee! Joshua! Dove siete finiti?

La pioggia diminuì ancora un po’, consentendomi di vedere finalmente la strada in modo quasi decente. Con l’ombrello ancora aperto corsi verso la direzione di Battery City, decisa a cercare i ragazzi e a fermarli se necessario. Ma non mi sarei dovuta allontanare più di tanto, non potevo lasciare Grace da sola dentro il Diner. Continuai a correre urlando i nomi dei ragazzi, quasi sovrastati dal rumore dei tuoni, ogni volta con un tono sempre più disperato: non potevano avermi abbandonata lì da sola, no, era impossibile, come avrebbero…

Una fitta dolorosa al petto mi mozzò il fiato per qualche secondo. Persi l’equilibrio e caddi a pancia in giù sull’asfalto bagnato. L’ombrello mi scivolò via dalle mani e rotolò qualche metro più in là, lontano dalla mia portata. I miei vestiti stavano diventando fradici, così come i miei capelli, e sentivo la benda che assorbiva l’acqua mano a mano che la mia maglietta si bagnava. Sotto il peso della pioggia che mi cadeva addosso, mi tirai prima su sulle braccia e poi cercai di tornare in pieno, ma scivolai e crollai di nuovo sulla strada a peso morto. Mi lasciai sfuggire un singhiozzo: cazzo, non avevo nemmeno la forza di rialzarmi, come avrei fatto a cercare Gerard e gli altri?

“Eve!”

Una voce familiare alle mie spalle si avvicinò sempre di più e poi la pioggia cessò di cadere sopra di me, ma continuò a farlo sul resto della strada. Sentii qualcuno che si inginocchiava accanto a me, mi afferrava per un braccio e mi dava una mano a tirarmi su, di nuovo in piedi sotto un altro ombrello. Mi passai una mano tra i capelli bagnati e la voce continuò: “Che ti è successo?”

Mi voltai verso di lui, incontrando i suoi occhi verdi. “Non ho visto voi e Joshua nei vostri letti quando mi sono svegliata e pensavo che ve ne foste andati senza dirmi niente…”

“Idiota,” mi sfottè lui con quel sorriso che mi piaceva tanto. “Gee e gli altri sono andati a fare un giro con la macchina e Joshua è andato dal Dr. D per delle commissioni che doveva fare. Secondo te ce ne saremmo potuti andare senza nemmeno salutarti?” Mi scarruffò i capelli tra le mie proteste scherzose. “Come avrei potuto abbandonare qui da sola la mia sorellina?”

Feci un’ultima risata, poi mi feci di nuovo seria e guardai Frank. Deglutii. “Allora… Ray ve l’ha detto, no? Cosa… cosa avete deciso?”

Lui si limitò a fissarmi e a tenere l’ombrello alto sopra le nostre teste, senza dire niente. A un certo punto, velocemente come era iniziato, il temporale cessò di colpo. Il ragazzo chiuse l’ombrello e indicò un punto alle mie spalle. “Ehi, c’è l’arcobaleno!”

Mi voltai: aveva ragione, c’era una lunga striscia colorata che attraversava il cielo di nuovo limpido. Il sole risplendeva come non mai, e tutto mi faceva pensare che erano in arrivo buone notizie. O forse no? Tu che ne dici, Evelyn? le chiesi dentro di me, ma lei non mi rispose. Sbuffai: odiavo quando faceva la misteriosa.

“Ehi, Eve.” La voce di Frank mi fece di nuovo voltare verso di lui: era serio, ma c’era un guizzo di luce nei suoi occhi che mi parve un bellissimo segno. Si grattò un punto dietro la nuca. “Sai, stamattina mi sono accorto che la macchina ha un pezzo che va riparato dentro il motore, ma qui non abbiamo pezzi di ricambio. E quindi… non so, potremmo andare a fregarlo a un furgone della Better Living, un giorno di questi.” Vedendo il mio sguardo confuso e allo stesso tempo felice, continuò: “O anche tra una settimana, se ora non ti va. O tra un mese o due.”

Gli sorrisi con talmente tanta forza che pensavo mi si sarebbero strappati i muscoli. Prima che potessi abbracciarlo, però, il ragazzo si voltò verso il Diner e iniziò a correre, urlando: “L’ultimo che arriva in garage è un Draculoide!”

“Ehi, non vale! Aspettami!” Mi lanciai al suo inseguimento senza smettere un solo secondo di ridere, le mie preoccupazioni portate via dal vento insieme alle nuvole della pioggia.

*
Brutte notizie in arrivo, Sunshines. Il prossimo sarà l'ultimo capitolo di questa storia, una specie di epilogo. Poi aggiungerò un altro capitolo con dei ringraziamenti che mi sembra obbligatorio fare (cazzo, i ringraziamenti! Manco avessi scritto un libro! XD)
La frase sotto il capitolo è di The Sharpest Lives.
Maricuz_M: cavoli, questa storia sembra che raduni tutte le MCRmy toscane! Di dove sei? Io di Livorno ^_^
Lady Numb: ti capisco, ormai ne so qualcosa anch'io di minacce di morte (*coff, coff* Joshua Draculoide *coff, coff*) Grazie mille per i complimenti, sono contenta che ti piaccia il rapporto tra Frank e Eve!
LudusVenenum: (davvero? Cavoli, condoglianze.) Eeeh, effettivamente Joshua e Eve sembrano veramente gli Amanti Della Demolizione, guarda lì quante ne hanno passate -.-' Alla prossima!
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
7.03.11 This Is The Best Day Ever.
  
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