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Autore: nainai    14/03/2011    5 recensioni
“You Belong to Me I Believe”
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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demolition lovers
Demolition Lovers

I would drive on to the end with you
A liquor store or two keeps the gas tank full
And I feel like there's nothing left to do
But prove myself to you and we'll keep it running

But this time, I mean it
I'll let you know just how much you mean to me
As snow falls on desert sky
Until the end of everything
I'm trying, I'm trying
To let you know how much you mean
As days fade, and nights grow
And we go cold

Until the end, until this pool of blood
Until this, I mean this, I mean this
Until the end of...
 
“Demolition Lovers”
My Chemical Romance
“I brought you my bullets, you brought me your love”
 
Attraversò la strada zigzagando tra le macchine ferme in coda, qualcuno degli automobilisti più esasperati salutò questa sua impresa con un colpo di clacson, ma lui non si voltò neppure ed approdò sano e salvo sul marciapiede opposto, adocchiando da lontano la sagoma tozza della palazzina a quattro piani e sotto i tre furgoncini appostati. Puntò dritto ad una delle traverse laterali, digitando nel frattempo sulla tastiera del cellulare un numero che – nonostante il tempo trascorso – ricordava comunque a memoria. Due squilli, dall’altro lato la voce che gli rispose aveva un tono strano, freddo e metallico.
-Frank.- fu salutato.
-Ciao Mikey!- Si sforzò di suonare simpatico ed allegro come non era da tempo nemmeno con il suo (ex)migliore amico.- E’ tutto o.k.?- s’informò con gentilezza.
Un gatto nero gli attraversò la strada correndo da destra a sinistra, da una palazzina all’altra del vicolo e su per il muro del cortile interno della seconda.
“Sì. Certo.”, rispose asciutto il suo interlocutore. Ma era chiaro che pensasse l’esatto opposto. Frank si chiese se per caso Mikey non si fosse contortamente convinto che quello che era successo era in qualche modo colpa sua: fino a prova contraria su quel palco c’era, aveva visto Gerard caricare a testa bassa i fan…! Era un’ipotesi talmente pazzesca che si trattenne in tempo dall’esprimerla ad alta voce.
-Ehi, senti, volevo chiederti se eri stato da tuo fratello.- spiegò rapido. Il vicolo era finito e lui si trovava sull’altro lato dell’isolato. Cominciò a contare i numeri procedendo a destra.
Mikey sbuffò un accenno di risatina velenosissimo. Frank si fermò di colpo al centro del marciapiede e rimase in ascolto.
-Sì. Dopo che tu te ne sei andato.- specificò il Way minore.
-Ah.- fu l’unico suono che riuscì ad articolare.
Una vecchietta gli passò di fianco guardandolo con disapprovazione, ma quello non era esattamente il genere di quartiere in cui le loro felpe, i tatuaggi, i piercing ed i jeans sdruciti venivano visti di buon occhio, non avrebbe capito mai perché Gerard si fosse ostinato a comprare lì la propria casa. Probabilmente aveva a che fare con tutto il suo desiderio di normalità e convenzioni sociali, una delle millemila turbe che Gerard Arthur Way aveva ereditato dalla propria adolescenza di ragazzino problematico.
-Era un segreto, Frank?- stava chiedendo Mikey, sarcastico.- No, perché mio fratello non lo ha ritenuto tale e non ha avuto difficoltà a dirmelo.
Sforzò una risata che tentò di far suonare quanto più possibile sincera, ma sentiva un peso opprimente alla bocca dello stomaco.
-Un segreto, Mikes? E che razza di segreto sarebbe?!- ci scherzò su.- C’erano pure Bob e Brian quando sono andato da lui! E dì, come lo hai trovato?- chiese tentando di riportare tutta la discussione su toni più normali.
-No.
Ovviamente sapeva esattamente quello che l’altro intendeva dirgli. Rimase fermo dov’era con una mano a reggere il cellulare contro l’orecchio e l’altra affondata nella tasca dei jeans.
Mikey, in compenso, non sentiva l’esigenza di avere alcuna autorizzazione per continuare.
-Te ne fotte qualcosa?- lo interrogò brusco.- No, perché noi eravamo convinti che non te ne fottesse proprio più nulla, sai. Ed io avrei anche un po’ del mio a dover raccattare il risultato dei tuoi disastri. Lo hai ammazzato tu Gerard, Frank, lo sai?- ringhiò velenoso- Non è morto il giorno che Lindsay è stata sepolta, mio fratello è morto il giorno in cui tu te ne sei andato! Il giorno in cui ti ha visto in televisione sputare veleno contro quello che cazzo! pensavamo fosse anche il tuo sogno! Ma ci sbagliavamo.- proseguì, incoraggiato dal suo silenzio o semplicemente troppo pieno per poter continuare a stare zitto - Perché è chiaro che tu su quel sogno non avevi nessuna difficoltà a passarci. Ed ogni tua fottutissima parola, Frank, era una pugnalata che davi a Gerard, ed io mi sono ritrovato per mesi a chiedermi perchè lo stessi facendo! Merda! Un po’ ci ero rimasto male anche io a vederti accantonare anni di amicizia per niente! ma sicuramente non ci sono rimasto male tanto quanto lui, Frank! E tu, invece di prenderti le tue responsabilità, sei pure tornato! A fare cosa, me lo spieghi?! Ad infestarci?! A massacrare quello che non avevi già distrutto?! E allora, vaffanculo, Frank! Se vuoi sapere come cazzo sta mio fratello, lo chiami e preghi qualsiasi divinità in cui credi che lui abbia voglia di dirtelo!
La voce di Mikey si spense brusca quanto lo era stata nel parlargli. Aveva alzato progressivamente il tono, arrivando ad urlargli contro con una ferocia che, in uno mite come lui, nemmeno sospettavi. Solo che Mikey era uno che nell’amicizia ci aveva sempre creduto – ed a ragione – e probabilmente, per quanto dicesse, Gerard non era stato l’unico tra loro a soffrire quell’abbandono.
Frank si lasciò andare di schiena contro la cancellata in ferro battuto di una delle palazzine, fece rumore e fece anche male, lui chiuse gli occhi ed inghiottì quel dolore sperando per un istante che potesse essere abbastanza da mettere a tacere l’altro, di dolore, quello sordo e costante che lo uccideva lentamente da due anni a quella parte. Un cancro in progressione continua come ogni agonia che si rispetti.
-…va all’Inferno, Mikey.- sentì sussurrare alla propria voce. E quindi no, non era affatto “abbastanza”. Via libera, allora.- Va all’Inferno tu, Gerard, Brian, Ray e pure Bob! Andate all’Inferno tutti quanti! Due fottutissimi anni, Mikey!- sibilò spalancando gli occhi di scatto e stringendo il pugno nella tasca fino ad avvertire le unghie piantarsi nella carne nonostante fossero cortissime. Era teso come una corda, teso e pronto a scattare contro chiunque, le braccia gli facevano male tanto erano in tensione.- Due fottutissimi anni e ci fosse stato uno di voi quattro stronzi che avesse preso un cazzo di telefono per chiedermi come stessi! Eravate troppo impegnati con le stronzate di Gerard, eh?! con i suoi piagnistei del cazzo! Lui piagnucola e voi tutti a stringervi attorno! E Frank è un figlio di puttana, sì, ma nessuno di quelli che si dicono suoi amici fa lo sforzo di chiedergli perché lo sia diventato! Vi siete chiesti una sola volta come ci stessi io?! Porca puttana Eva, Mikey,- gli gridò contro - non è bello svegliarti un giorno e scoprire che le persone più importanti della tua vita non sono che degli estranei che ti giudicano da lontano! Tu parli del nostro sogno come se fosse una cosa vera e reale, io pensavo che lo fosse la nostra amicizia, cazzo! ed invece ho scoperto che non valeva niente di niente! E quindi non farmi la predica adesso, Mikey, perché non ne hai il diritto manco per un cazzo! e se vuoi proprio saperla tutta, me ne fotto se tuo fratello si spara un colpo di pistola in testa e tu ti ritrovi a fare la vedova inconsolabile al suo funerale, ma cazzo non dirmi che io ho ucciso lui perché non sai cosa cazzo stai dicendo e non hai nessun fottutissimo diritto di dirlo! Ed ora dimmi se tuo fratello sta bene, cazzo!
Dio. Era patetico. Tutto quel bel discorso e si ritrovava comunque a pendere da quel sordo battere aritmico che avvertiva al cuore ogni volta che pensava a lui, al fatto che potesse essere meno che felice…
Senza contare la voglia, che sentiva, di piangere come un moccioso. Si arrotolò su se stesso, spingendo il viso contro la cancellata per nascondersi il più possibile ai passanti, il cappuccio della felpa tirato sulla testa come nei peggiori racconti di fangirls scatenate. Era davvero patetico!
-…no, che non sta bene.- disse piano Mikey dall’altro lato del telefono e, quando si accorse che anche la sua voce era sull’orlo delle lacrime, Frank si sentì almeno un po’ meno stupido e gli scappò anche una smorfia che avrebbe voluto essere un sorriso.- Frank, io non ci riesco. - lo implorava in tono strozzato. - Fai qualcosa, ti prego, io non ci riesco proprio…
Annuì anche se lui non poteva vederlo.
-Vaffanculo, Mikes.- sussurrò tirandosi dritto. Ma si sentiva instabile sulle gambe.
L’altro rise istericamente.
-Vaffanculo anche a te, Frankie.- lo prese in giro.
-La prossima volta che hai qualcosa da dire, dilla.- ordinò Frank.
-La prossima volta che mi costringerai a dirti qualcosa, ti riempirò di pugni e poi te la dirò.- promise Mikey.
***
La ragazzina aveva i capelli corti, di due colori – un castano scurissimo, praticamente nero, ed un rosso vivace – una maglietta nera con il logo dei My Chemical Romance, scarpe da ginnastica rosa ed un i-pod con la musica a tutto volume. Stava seduta sulla scala del palazzo dondolandosi sui talloni, agganciati al gradino sotto il sedere, gli occhi semichiusi.
Frank le si fermò davanti e lei ci mise un po’ a metterlo a fuoco. Quando lo fece, gli sorrise e saltò in piedi.
-Sapevo che saresti tornato!- affermò allegramente staccando le cuffie dalle orecchie.
-Sì, beh, ciao Sarah.- le sorrise lui di rimando, imbarazzato.- Ti secca?- chiese poi.
Sarah si affrettò a negare, salì a due a due i gradini del palazzo e si appoggiò pesantemente al portoncino in vetro, con Frank che la seguiva veloce dentro l’edificio. Davanti alla porta dello scantinato lei si fermò ridacchiando.
-Se mio padre mi becca, mi ammazza.- disse – Questa cosa gli può far perdere il posto!
Ma mentre parlava stava già smanettando con il grosso lucchetto che chiudeva la porta e con un mazzo di chiavi che recitavano “custode” sulla targhetta appesa all’anello.
-Mi farò perdonare.- ritorse Frank altrettanto divertito.- Grazie!- scoccò rapido infilandosi dentro lo scantinato mentre lei rispondeva “de nada” e lo salutava facendo “ciao ciao” con la manina.
Frank si mosse nella penombra del locale cantina affidandosi al ricordo del giorno precedente ed alla poca luce che veniva dai finestroni a livello della strada.
Era stata un’autentica fortuna, il giorno prima, incontrare quella ragazzina mentre s’intrufolava di soppiatto nella palazzina di Gerard nel momento stesso in cui lui – bloccato all’interno dalle troupe televisive appostate fuori dall’edificio – si chiedeva come ne sarebbe uscito. Sarah non credeva ai propri occhi: quando aveva scoperto quel passaggio le era sembrato di toccare il cielo con un dito, potendosi permettere di spiare da lontano uno dei suoi idoli di sempre – “Vive nel palazzo dietro il tuo, papà!” – ma trovarsene un altro davanti, a distanza ravvicinata, era decisamente più di quello che avesse mai sperato. Frank l’aveva fissata, lei aveva fissato lui, e poi la strada e le troupe, gli aveva sorriso e gli aveva chiesto se “voleva un passaggio”.
Adocchiando la scala dall’altro lato del locale cantina, Frank si arrampicò, ora, tenendosi al corrimano arrugginito; i passi rimbombavano sui gradini di metallo, si fermò sul pianerottolo e saggiò la porta per assicurarsi che fosse aperta. Quella fece un rumore tutt’altro che piacevole ma si spalancò appena lui la spinse.
Gerard ci mise un pezzo ad andargli ad aprire. Frank si stava spazientendo in fretta ed aveva trovato un gioco interessante nel staccare pezzi di intonaco intorno al campanello d’ottone dorato, quello che recitava “Way” in caratteri eleganti che parevano da libro stampato. Gerard aprì la porta per fissarlo perplesso e sporgersi poi a guardare mentre ancora Frank reggeva l’ultimo pezzetto d’intonaco color pesca tra le dita.
-Hai finito di distruggermi casa?- domandò il cantante, passandosi stancamente una mano sulla faccia e tra i capelli.
Sembrava si fosse appena alzato, Frank registrò la cosa e scrutò l’orologio mente lo seguiva dentro.
-Sono le quattro del pomeriggio!- esclamò.
Gerard lo fissò sollevando un sopracciglio ed entrò in cucina puntando la macchinetta del caffè.
-Sì, direi di sì. Quindi?
-Dormivi? Di nuovo? Ieri non hai fatto altro!- notò a mo’ di rimprovero.
-Tanto non ho nulla da fare.- commentò asciutto Gerard di fianco al ripiano della cucina, portando il caffè alle labbra.
-Potresti fare qualcosa di più utile!- Gerard gli ricordò piatto che non poteva neanche uscire con quell’assedio sotto casa, ma Frank non lo stava ascoltando e proseguì imperterrito.- Potresti disegnare, ad esempio!
Non era un’affermazione casuale.
Anche se lo sapeva Gerard non poté impedirsi di reagire a quel modo. Anzi, forse proprio perché sapeva che quella di Frank non era un’affermazione casuale reagì esattamente come fece: con una risata sguaiata ed amara che zittì il più piccolo rapida come un pugno in faccia.
-Non dire cazzate, Frankie!- lo derise Gerard scrutandolo di traverso- Io sono il cantante di una delle band di punta della Universal, come puoi credere che abbia il tempo per fare qualcosa di così inutile come disegnare?- sibilò avanzando verso il tavolo. Si lasciò cadere pesante su una delle sedie ed appoggiò la tazza di fianco a sé.- Pensavo che tu più di tutti avessi chiaro il punto, Frank. Non siamo solo macchinette per fare soldi?
Frank non disse nulla. Sedette silenziosamente dall’altro lato del tavolo, continuando a fissare il cantante parlare, il tono sarcastico sostituito da uno più profondo e disilluso. Su una cosa Mikey non aveva mentito affatto: Gerard Way era morto e sepolto.
-Stamattina, dopo che sei andato via, ha chiamato Brian per avvisarmi che la Universal sta pensando di sciogliere il contratto.-  lo informò stringato.- Faranno leva su non so che clausola che riguarda i guai con la legge, ma Brian mi ha detto che il problema non è solo quello che è successo. Pare che le prospettive di vendita del nuovo disco siano decisamente inferiori a quelle del vecchio, il pubblico della “Black Parade” non è pubblico al quale possiamo propinare il nuovo sound, si aspettavano già di dover moltiplicare il battage pubblicitario ma stanno valutando l’impatto che avrà questa storia sui fan meno fidati.
Mentre parlava continuava a bere dalla tazza accanto a sé. Frank si accorse di una smorfia poco piacevole che gli tirò la faccia mentre mandava giù l’ennesimo sorso.
-Quanto caffè hai bevuto da stamattina?- chiese a bruciapelo.
Gerard voltò il viso fissando l’oggetto della domanda, poi scosse la testa.
-Abbastanza da farmi venire un attacco di gastrite.- ammise con la stessa smorfia, allentando leggermente i pantaloni che gli stringevano dolorosamente sullo stomaco.
-Ed hai mangiato?
-No.- Frank si alzò con un sospiro, avviandosi risoluto verso il frigorifero.- Frank, che diavolo stai facendo?- lo interrogò Gerard mentre lo seguiva con la coda dell’occhio.
-Cucino!- annunciò allegramente l’altro.
-…tu?- chiese preoccupato lui.- Tu non sai cucinare!- “Stronzo!”- No, sul serio, Frank! La tua cucina è in grado di uccidere! Se gli Stati Uniti sapessero della sua esistenza ti classificherebbero arma chimica…- continuò imperterrito tirandosi in piedi per andargli dietro e fermarlo prima che fosse troppo tardi.
-L’hai finita?!- sbottò Frank riemergendo dal frigo e guardandolo storto.- Vaffanculo, Gerard! Se non ti sta bene, muori di fame!
-Modera i termini, coglione! Guarda che non te l’ho mica detto io di cucinare!- ritorse lui altrettanto stizzito.
-E allora non cucino!- concluse Frank mandando il portellone del frigo a chiudersi con uno schianto.-Vestiti, usciamo.- ordinò subito dopo.
Lì per lì si aspettò un pugno, vero stavolta, perché Gerard aveva proprio la faccia di quello che stava valutando la possibilità di metterlo al suo posto a suon di cazzotti. Beh, se la sarebbe cercata. Affondò le mani in tasca e sporse in fuori il muso, arrogante, quasi chiamandoselo quel pugno con aria di sfida evidente. Gerard lo fissò un attimo, soppesandolo con quell’occhiata, poi sbuffò un sospiro – ma a Frank parve proprio che se la ridesse sotto i baffi – e gli girò le spalle.
***
A Sarah quasi venne un colpo a vederli riemergere assieme dalla porta dello scantinato. Suo padre era passato di lì almeno tre volte in due ore ed era stato tutto un susseguirsi di: “Sarah, cosa diavolo ci fai nel sottoscala, esci subito!”, “Ora arrivo, papà!”, “La Sig.ra Whelland si è già lamentata quattro volte questa settimana per averti trovata dentro il portone!”, “La Signora Whelland è una vecchia rompisca…”, “Sarah!”.
Su quell’ultima invocazione la porta dello scantinato si aprì e Frank ne riemerse, un pezzo alla volta, cominciando dalla testa e dal cappuccio della felpa grigia.
-Sarah!- esclamò anche lui. Soffocando subito quella parola dietro la mano quando lei si voltò di scatto sibilando uno “shhhh!” sconvolto.- Scusa.- sussurrò ancora e lei annuì, si guardò attorno circospetta per essere certa che il padre non tornasse a vedere cosa succedeva e poi gli fece cenno di uscire in fretta.
Frank non se lo fece ripetere, uscì dalla porta e lasciò il passaggio libero per una seconda persona, che Sarah focalizzò solo dopo qualche istante.
-Ehm…ciao…- salutò il nuovo arrivato, a disagio.
A quel punto lei si appese alla spalla di Frank per essere certa di non svenire.
-Te lo avevo detto che in qualche modo mi facevo perdonare!- ci scherzò lui ridendo.
-…uccidendomi?- sussurrò Sarah in tono vago.
 
Nota di fine capitolo:
Non sono morta!
Anche se il lavoro, l’acquisto della mia prima casa (*-*) e tanti altri disastri piccoli e grandi hanno cercato seriamente di uccidermi XDDDD
 
Però sono sopravissuta. E lo sono anche al mio primo meraviglioso concerto dei MyChem!
Un’esperienza strabiliante, che mi ha riempito di ulteriore amore per questa band e, sopra ogni cosa, per il suo cantante e che mi ha convinta che questa storia aveva “oziato” anche troppo…
Quindi, vediamo di portarla in porto!
 
E spero che continui a piacervi!
MEM
  
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