Bene bene! Sono contenta che la fiction vi
stia piacendo!
Terrei a precisare che quella disgraziata di Candy mi ha scaricato il barile, dicendomi di scrivere la scena saliente!
... Tesoro, sto scherzando! Ovviamente per me
è un onore!
Mi scuso per il ritardo, ma ho una settimana
infernale a scuola, roba che, se dovessi uscirne viva senza prendere nessun 3 o
4, gli esami saranno una passeggiata a confronto; vi ho detto tutto! In più,
come se non bastasse, mi sono anche fatta la settimana scorsa a casa in preda a
febbre alta e bronchite, di cui ho ancora sonori strascichi!
Ma di questo suppongo non vi importi, quindi
passiamo alla storia!
Come ho già accennato, abbiamo deciso di
accelerare i tempi, in quanto questa non è una fiction basata sulle memorie di
Maria, quindi arriverà, come direbbe Max, "the very moment" =3
Buona lettura, spero vi piaccia!
)o( Phoenix )o(
THE VERY MOMENT
-Te la senti di andare avanti l'incontro?- chiese Maria,
preoccupata.
Vedere il beyblade del campione del mondo vacillare, senza
essere nemmeno stato toccato da nessun attacco, non era cosa di tutti i giorni,
aveva ben poco di normale.
Pensò subito che non si sentisse bene o che, per qualche
strano motivo, la voglia di combattere gli fosse passata.
Takao, tuttavia, annuì con fervore.
-Certamente! Non farci caso, è che... sono un po'
distratto, stamattina!-
Sperò con tutto il suo cuore che Maria non gliene chiedesse
il motivo, e miracolosamente così accadde.
La ragazza italiana sorrise: probabilmente era solo agitato
di avere un'ospite in casa, e non un'ospite come tante altre, ma la ragazza del
fratello. Cosa comprensibile!
Decise, quindi, di lasciare perdere.
-Allora, se ti va, vado avanti! Così poi avremo più tempo
per il nostro incontro!- proferì, con fare solenne.
Il moro annuì ancora: non avrebbe avuto tutti i torti.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Passarono le settimane, e io e tuo fratello cominciavamo a
legare, sebbene mi rendessi conto che stesse nascendo una specie di rapporto
obbligatorio, tra noi due; dovevamo lavorare insieme, non avremmo potuto andare
avanti a non sopportarci a vicenda per tutto il tempo dello stage! La
collaborazione era importante e quindi, in un modo o nell'altro, avremmo dovuto
trovare un punto di accordo.
Stavamo insieme praticamente tutto il giorno, e molte erano
le volte in cui eravamo soli.
Lentamente, grazie a quelle occasioni, mi resi conto di
trovare uno strano piacere nella sua compagnia. All'inizio non l'avrei mai
nemmeno ammesso a me stessa, ma poi dovetti arrendermi: le cose stavano
cambiando, e così rapidamente..! Mai me lo sarei immaginato!
Non avrei potuto dire che me ne fossi altrettanto
velocemente innamorata, perché non sarebbe stato vero: capivo solamente che ciò
che mi legava a lui era un interesse che andava al di là del semplice interesse
lavorativo.
Spesso mi ritrovavo a fissarlo, senza accorgermene.
Cominciava a piacermi la sua aria assorta, mentre esaminava i reperti, oppure
traduceva i geroglifici, in quell'atmosfera sobria ed immobile tipica dei
sotterranei delle piramidi. Era tutto così tranquillo! Quasi nessun rumore mi
disturbava, e io mi fissavo sui suoi occhi intenti a scrutare ogni cosa, mentre
tutto il resto scompariva.
Quasi sempre mi scopriva; si voltava verso di me, faceva
una smorfia di disappunto e diceva:
-Ti pare il momento di stare con le mani in mano a
fissarmi? Avanti, qua ci sono dei vasi da ripulire!-
Io arrossivo, e poi facevo la sua stessa smorfia. Con
estremo imbarazzo obbedivo ai suoi ordini, senza replicare. Il mio carattere
diventava di giorno in giorno sempre più mansueto, e le battute ironiche che
gli lanciavo diminuivano in maniera spropositata.
Lui si è sempre chiesto il motivo di quel mio cambiamento,
fino a che non l'ha scoperto poi da solo. Tuttavia, non mi ha mai detto niente,
forse perché sapeva che non avrebbe ottenuto alcuna risposta soddisfacente.
Lui, invece, sembrava essere cambiato così poco dai primi
giorni! Ogni tanto mi parlava di sé, ma non si dilungava mai troppo. Era meno
distaccato, ma pareva esserci sempre un muro che gli impedisse di comunicare
con me. Io, se all'inizio ne ero semplicemente scocciata, arrivata a quel punto
ci soffrivo.
... e non capivo perché.
Eppure, quando mi guardava e mi vedeva arrossire dopo
averlo osservato per diverso tempo, anche sulle sue gote compariva un colorito
diverso, più acceso. Non era una mia impressione, lo vedevo bene! Per un
momento, diventavo estremamente felice.
Pian piano ogni cosa cominciò a diventarmi più o meno
chiara: ogni mattina desideravo che si iniziassero i lavori per vederlo;
aspettavo con ansia la partenza degli altri gruppi per le rispettive mete, al
fine di rimanere sola con lui, alla luce di una o due lanterne nei sotterranei
di qualche tomba; mi perdevo in quegli occhi color cioccolato che penetravano
qualsiasi cosa su cui si posassero.
Quando gli ero vicina, per qualsiasi causa, avvampavo. Ogni
tanto mi invitava a tradurre qualche geroglifico su cui poi si sarebbe
concentrato lui stesso. Così mi sedevo vicinissima a lui, così vicina da poter
sentire il suo respiro sulle mie braccia. Guardavo quei simboli misti a
disegni, ma non riuscivo a capirci quasi nulla: parevano addirittura dei segni
senza senso per me, sconosciuti. Sforzandomi, respirando profondamente per
calmare i battiti dei mio cuore che stranamente continuavano ad accelerare, ne
traducevo qualcuno... per poi smettere, all'improvviso, incapace di andare
avanti.
Lui sbuffava, e mi dava dell'incapace! Io mettevo il
broncio e lui sorrideva. Sarei rimasta ore a vederlo sorridere.
Possibile che mi stessi innamorando?
Con questa domanda fissa in testa, andai, una sera, da
Istet. Il suo turno era quasi finito, e io ne approfittai per chiederle se
volesse venire al bar dell'hotel con me. Era piuttosto tardi: a quell'ora,
solitamente, sarei già dovuta essere a letto; tuttavia, sapevo che non sarei
riuscita a dormire senza far chiarezza su quella questione che era diventata di
vitale importanza per me.
Ormai la conoscevo bene, parlavamo spesso tra una pausa e
l'altra; lei mi raccontava davvero di tutto. Sapevo di potermi fidare.
Ci sedemmo allora ad un tavolino, in disparte, sotto lo
sguardo del barista che ci fissava di sbieco, incredulo di vederci ancora
alzate a quell'ora della notte.
Presi un profondo respiro, ma lei mi bloccò ancora prima
che potessi cominciare a spiegarle ogni cosa, dall'inizio:
-Si tratta di quel Kinomiya, vero?- mi chiese, assumendo un
tono parecchio malizioso.
Come aveva fatto a capirlo?
-Come...?-
Ero a dire poco sbalordita.
-Oh, si vede, sai?- esordì, soddisfatta. -Basta vedere il
modo in cui lo guardi..-
Arrossì di botto.
-Istet, vedi io.. è proprio di questo che vorrei
parlarti..-
Le spiegai la situazione: i miei comportamenti, le mie
torture mentali, i miei strani brividi.. Ogni cosa, senza tralasciare
praticamente niente. Penso parlai per più di mezzora.
Ovviamente, la risposta fu quella che più temevo:
-Piccola Maria, ti sei innamorata..-
Da quella sera, la mia mente non si dette pace, a dispetto
di quello che invece avrei tanto voluto. Avevo solo peggiorato le cose...
Come avevo potuto innamorarmi di quel lunatico prepotente?
Che cosa mi attirava a lui? No, non potevo ammettere una cosa del genere!
Innamorarsi di colui che non fa altro che disprezzare le tue capacità,
considerandoti una bambina viziata e incapace! Mai e poi mai avrei voluto
darglielo a vedere, e non per un fatto di timidezza, ma per un fatto di
orgoglio.
Tra l'altro: ero davvero così sicura di essermene
innamorata?
La risposta vera e propria sarebbe arrivata presto.
Un giorno ci trovavamo all'entrata della piramide che ci
era stata assegnata. Hitoshi aveva appena parcheggiato la solita jeep che ci
era stata fornita, e stava scaricando gli attrezzi. Io, nel frattempo,
provvedevo ad accendere le due lampade che ci avrebbero accompagnato nei
cunicoli.
-Hitoshi!!-
Improvvisamente, una voce richiamò le nostre attenzioni. Mi
voltai, e vidi una ragazza mora, abbastanza alta, scendere con agilità felina
da una jeep che ci stava passando davanti e correre verso tuo fratello.
Rimasi come una perfetta idiota a fissare la scena,
immobile, mentre lei gli saltava quasi addosso.
Si abbracciarono e lei lo strinse così forte da farmi
venire i nodi allo stomaco.
Non mi avvicinai: mi limitai ad osservarli da lontano, con
le due lampade in mano.
-Hitoshi, sarà passato più di un anno dall'ultima volta che
ti ho visto..-
Lo guardava con gli occhi sognanti, senza accennare a
togliere quelle fastidiose braccia abbronzate ancora cinte al suo torace.
Lui le sorrise apertamente e le mise le mani sulle spalle.
Quel sorriso.. a me lo rivolgeva così poche volte..!
-Mi sei mancata Kyoko..- le disse.
Si abbracciarono ancora: le due lampade mi caddero dalle
mani, ma nessuno dei due parve farci caso. Io ero la terza incomoda, nella
situazione.
Continuavo a fissare Hitoshi: l'abbracciava, sorrideva
beato, sembrava non volerla mollare.
-Anche tu mi sei mancato...-
Finalmente si staccarono, ma il mio cuore non stette
comunque meglio.
Iniziarono a parlare del più e del meno. Gli occhi di
quella Kyoko non smettevano un attimo di fissarlo, e lui non smetteva un attimo
di sorriderle.
Dopo diversi minuti, Hitoshi si ricordò della mia
esistenza. Si voltò verso di me ed io, svelta, raccolsi le due lampade a terra
e finì di accenderle, senza proferire parola.
Si avvicinarono, e io rimanevo ancora immobile, sebbene
avessi tanto desiderato scappare via.
-Maria, ti presento Kyoko, una mia carissima amica.- mi
disse tuo fratello. -Penso si fermerà con noi, stamattina..-
Io le sorrisi e le strinsi la mano, indifferente.
Per tutta la mattinata, Hitoshi non fece che parlare con
lei, lanciandomi ogni tanto qualche occhiata di sfuggita.
Chissà perché, quel giorno mi impegnai come non mai...
Lei era così brava! E io.. così incapace.. sì, ero
un'incapace messa a confronto!
Più volte temetti di scoppiare a piangere, ma seppi
trattenermi. Vederla così attaccata a lui, così felice nello stargli vicino..
Faceva un male insopportabile, non potevo nasconderlo.
Ero terribilmente gelosa.
Finalmente, poi, arrivò la pausa pranzo. Mangiammo tutti
insieme, sulla nostra jeep, ed io non proferì parola: non volevo intromettermi
nelle loro conversazioni.
Ogni tanto, vedevo Hitoshi guardarmi di sbieco, pensieroso,
mentre Kyoko gli parlava: chissà se si stava chiedendo il perché di quel mio
strano comportamento..! Bah, molto improbabile..
Non appena ebbi finito il mio panino, mi alzai.
-Vado a sgranchirmi le gambe.- dissi in un tale tono serio
e austero che mai avevo avuto.
Lui annuì, poco convinto, e sentì i suoi occhi addosso
finché non svoltai l'angolo della grande piramide, e mi perse quindi di vista.
Cominciai a correre; una lacrima scese, ma subito venne
spazzata via dalla mia mano. Mi allontanai non poco dalla piramide, fino ad
arrivare in uno spiazzo di terriccio duro.
Fu allora che estrassi il mio beyblade, che portavo sempre
con me, ovunque andassi. Dalla tasca più grande dei miei jeans presi il
caricatore e lanciai, più forte che potei.
Il mio bey schizzò impazzito sul terriccio, descrivendo uno
strambo percorso a zig-zag. Arrivato a qualche metro distante da me, rifece la
stessa cosa nel tornare.
Lo richiamai e mi preparai nuovamente a lanciare. Avrei
tanto voluto gridare, ma mi avrebbero sicuramente sentito.
Che stupida che ero! Era sempre stato evidente che a
Hitoshi non ero mai interessata, eppure una parte nascosta di me continuava ad
illudersi. Mi odiai, e lanciai nuovamente.
La mia mano sinistra stringeva convulsamente il caricatore,
e la destra torturava la cordicella, mentre fissavo il mio bey impazzire
insieme a me, provocando un suono stridente metallico acuto.
Lo richiamai per la seconda volta, e mi rimisi ancora nella
posizione di lancio.
-Pessima posizione per lanciare.-
Sobbalzai, ma senza mollare il caricatore. Sapevo che
quella era l'unica voce che non avrei mai voluto sentire in quel momento.. o
forse, a pensarci bene, non stavano esattamente così le cose.
-Ah si?!- risposi più che seccata, -Da quanto ti intendi
anche di Beyblade, Mr "So tutto io, e voi altri siete solo degli
incapaci"?!-
Non rispose. Ero talmente fuori di me dalla gelosia che mi
accorsi di averlo dietro di me solo quando mi toccò la spalla destra con la
mano.
-Sono un allenatore di Beyblade, è logico che me ne
intenda.- rispose tranquillamente.
Io scossi il capo: era anche un allenatore! La situazione
mi suonava strana: chi l'avrebbe detto? Tuttavia, non espressi il mio stupore,
non volevo dargliene la soddisfazione.
-Non avrei mai pensato che anche tu fossi una blader.-
continuò, -Però...-
-Però sono un'incapace, perché non so nemmeno come si
dovrebbe lanciare!-
Respirai, nel tentativo di tranquillizzarmi. Stranamente,
ci riuscì.
-Più o meno..- ironizzò lui.
In quel momento, avrei potuto anche fare a meno della sua
ironia.
Stette in silenzio, tenendo saldamente la mia spalla nella
sua mano, fino a quando richiamai il mio beyblade.
Lo rimisi al suo posto, nel caricatore, e mi preparai a
lanciare nuovamente.
-Dimmi..- cominciai a dire, -... dove hai lasciato Kyoko?
Sarà mica da sola?-
Tentai di essere il più gentile possibile, non volevo
fargli intendere nulla. Purtroppo, però, la cosa ormai era più che evidente, e
di certo non gli sfuggì.
Lo sentì ridere sommessamente.
-Kyoko è di là, le ho detto di aspettare un attimo..-
Non risposi, non ne fui in grado.
Il suo corpo si fece più vicino al mio, fino a che il suo
petto si appoggiò delicatamente sulle mie spalle.
Si piegò un po', per raggiungere la mia altezza, mentre le
sue mani afferravano i miei polsi.
Arrossì, proprio come una stupida, e mi mancò il respiro.
-Modifica l'angolazione..- mi sussurrò all'orecchio. -Più
in basso..-
Le sue mani spingevano le mie braccia in giù.
-Adesso è troppo.. alza un po'..-
Il mio cuore batteva all'impazzata.
-Perfetto. Adesso..-
La sua bocca era sempre più vicina al mio orecchio destro,
tanto che il suo respiro mi provocava inaspettati brividi di freddo sul collo.
-Divarica di più le gambe..-
La sua voce era sempre più un sussurro.
-Piega leggermente le ginocchia..-
Le mie mani tremarono; lui si fece ancora più vicino; le
mie gambe parvero cedere.
-Hey, non perdere l'equilibrio, però!- e mi tenne col suo
corpo.
Rise divertito, nel vedere la mia reazione. A stento
sorrisi, mentre le sue mani si spostavano sulle mie.
La mia mente si annebbiò; il caldo crebbe a dismisura.
Non trovavo il coraggio di fiatare.
-Ora, piega anche la schiena.. un po' in avanti..-
Il suo petto seguì le mie spalle, fino a creare una
perfetta aderenza.
Mi sentì improvvisamente debole.
-Attenta a non modificare l'angolazione di lancio..!-
Riabbassò di qualche centimetro le mie braccia, per poi
prendere nuovamente le mie mani: la sua sinistra si posò sopra la mia, sul
manico del caricatore; la destra, strinse la cordicella insieme a me.
La sua bocca si avvicinò al mio collo.
-Così va bene..-
Per un attimo mi sentì svenire.
-Lancia ora!-
Non ci pensai nemmeno su: tirai la cordicella, da brava
allieva, ma qualcosa andò storto. Il bey virò alla nostra sinistra, finendo
subito ai miei piedi.
Mi distrassi: nel lancio probabilmente mollai la già debole
presa sul caricatore; forse le mie braccia e miei sensi stavano lentamente
cedendo. Fu il lancio più brutto di tutta la mia vita.
Arrossì ancora di più, per la figura fatta, ma subito
cercai di svegliarmi.
Lui rise ancora, e fu così che la battuta mi sorse
spontanea:
-Hey, allenatore, non mi sembra che col tuo metodo le cose
siano migliorate!-
Mi chinai a raccogliere il mio bey, sperando con tutte le
mie forze che lui non si fosse allontanato, nel frattempo.
Con mio grande sollievo, quando mi alzai mi accorsi che la
mia preghiera era stata esaudita: Hitoshi era ancora attaccato a me.
-E tu vorresti allenarmi...?- sussurrai, rimettendo il bey
in tasca, insieme al caricatore.
Lui avvicinò ancora la bocca al mio orecchio; le sue mani
mi afferrarono per la vita. Mi sentì svenire, per l'ennesima volta.
-Vorresti dire che non mi vuoi come allenatore?-
Non risposi, sorrisi appena, in preda all'agitazione.
Fu allora che sospirò.
-Ascolta..- il suo tono si fece serio d'improvviso, -Non ti
sembra l'ora di smetterla di giocare?-
In un primo momento, non capì la sua frase. Sinceramente,
pensai subito che volesse riferirsi al Beyblade, ma la sua bocca che sfiorava
il mio collo mi fece cambiare idea: no, non si stava riferendo a quello.
-Questo dovrei dirlo anche io..- gli risposi, altezzosa.
In fondo, non era lui a giocare da prezioso, ancora più di
me?
Mi cinse la vita con le sue forti braccia.
-Sei davvero una stupida..- e scoppiò a ridere.
Feci la finta offesa, e presi l'occasione di voltarmi un
poco, giusto quanto mi bastò per vedere le sue labbra avvicinarsi alle mie.
Accadde tutto in pochi secondi: mi baciò, stringendomi
sempre di più a sé; le mie mani cercarono le sue, e le nostre dita si
intrecciarono; le nostre lingue presero presto ad accarezzarsi, bisognose..
fino a che ci staccammo, per rimanere a pochissimi millimetri di distanza.
-Se alleni così..- gli sussurrai, -... penso proprio ti
assumerò come allenatore personale..-
Lui sorrise.
-Allora hai cambiato idea..-
Gli risposi con un bacio affamato di lui.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
-Più tardi mi spiegò che Kyoko altri non era che una sua ex
collega, con cui era molto amico, niente di più. Mi diede della gelosona, e
ancora della stupida..! Non avevo mai capito che il suo comportamento
distaccato era dovuto al fatto che non volesse ammettere, come me, di
cominciare ad invaghirsi sul serio... Ma.. questo è quanto.-
Maria sospirò, con gli occhi lucidi: ricordare certi
momenti era sempre una grande emozione per lei. Mai si sarebbe scordata quel
giorno, quel loro primo contatto, quell'allenamento così particolare..
Takao rise.
-Non credevo fosse così astuto, mio fratello!-
Prendere la scusa del lancio imperfetto per avvicinarla,
non male...!
Quanto avrebbe dato per vedere quella scena davanti ai suoi
occhi: sicuramente si sarebbe ritrovato steso a terra dal ridere.
Un rumore attirò all'improvviso la sua attenzione, mentre
ancora , sognante, cercava di immaginarsi suo fratello in certe situazioni.
Abbassò lo sguardo e si riprese: Dragoon stava arretrando
sotto una serie di attacchi attuati dall'italiana.
-Sei sleale, ero distratto!- cercò di giustificarsi Takao.
-Questo non c'entra, caro campione!- lo beffeggiò Maria,
con aria innocente.
-E va bene, vuoi la vera sfida?-
-Non chiedo altro...- sussurrò la ragazza, in risposta alla
domanda.
Questi ghignò, dimenticandosi in un baleno di tutti i
pensieri contorti che lo avevano tartassato quella mattina. Si ritrovava nel
bel mezzo di una sfida, una vera sfida, ora: non poteva permettersi di sognare
ad occhi aperti; Maria sarebbe potuta dimostrarsi più abile del previsto.
-Allora dai: fammi vedere quello che Hitoshi ti ha
insegnato.. sempre che i vostri allenamenti non siano finiti sempre allo stesso
modo!-
Finito anche il sesto capitolo! E con questo,
l'intermezzo dei ricordi finisce! Buon lavoro, Candy!
Fatemi sapere che ne pensate, ne sarei molto
felice!
Kiss, alla prossima!