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Autore: suni    17/03/2011    4 recensioni
Caroline sorrise con malizia.
“Ritrovato un pezzo?” ripeté scherzosa. “Tutto qui? Niente scosse allo stomaco, cuore in gola e mani sudate? Nemmeno un minuscolo brivido?” la schernì affettuosamente, ilare, prima di ridacchiare per poi porgerle la tazza di caffè ormai pronta.
Ma Elena non rispose.
Caroline si era aspettata che sbuffasse esasperata, o che replicasse per le rime, o almeno ridesse un po' anche lei. Invece Elena si limitò ad afferrare il caffè fumante e tuffare gli occhi nella tazza, con calcolata noncuranza. Lei aggrottò la fronte con sospetto, incredula.
“Elena?” mormorò seria.
“Eh?” si riscosse lei, sollevando uno sguardo riluttante. “Che... No. Certo che no,” affermò scuotendo la testa, sbrigativa.

[Basilarmente, la solita vecchia storia del triangolo.]
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I. Inciso (trattini)



Nessuno potrà mai essere

più brutale di chi parla con affetto.


Caroline sgranò gli occhi esterrefatta, quando le diedero la notizia. Spostò due cristalline iridi stupefatte su un dubbioso Stefan, su un'Elena dal sorriso di compensato e su una Bonnie che, seppur sorpresa quanto lei, non sembrava esattamente invasa dall'entusiasmo. Poi si aprì ad un sorriso allegro, lontanamente civettuolo, il suo sorriso più carico.
Davvero?” esclamò giuliva. “Ieri sera? Credevo avesse intenzione di non tornare per qualche decennio,” commentò con enfasi, prima di sospirare pacificamente. “Mia madre sarà contenta. Da quando Damon se n'è andato non fa che lamentarsi del Consiglio,” proseguì, vagamente più grave, con una scrollatina di spalle.
Ci si era rassegnata, alla fine: Liz Forbes e Damon Salvatore erano davvero qualcosa come amici, in qualche contorta e soprattutto non sessuale maniera, il che era una buona cosa perché le evitava il fastidio di dover tentare di uccidere un vampiro più vecchio e più cattivo di lei, nonché occasionalmente suo amico. Sebbene l'idea che un killer psicopatico fosse in stretti rapporti con la propria madre avrebbe terrorizzato giustamente un'altissima percentuale di ragazzine, tra loro non c'era Caroline. Non soltanto perché anche lei era diventata una potenziale e occasionale assassina, ma anche perché conosceva abbastanza Damon da sapere che averlo come nemico era una rogna, ma come amico – per quanto la parola, in riferimento a lui, acquisisse significati complicati - poteva rivelarsi decisamente un pezzo prezioso, lo aveva sperimentato in prima persona.
Già, e non è che la cosa fosse una tragedia,” commentò in quel momento Bonnie con leggero nervosismo.
Lei, a farsi piacere alcunché di Damon non c'era proprio arrivata. Durante la lotta contro Klaus era riuscita a smettere di detestarlo completamente e di fargli saltare un aneurisma alla prima occasione utile, ma che la sua presenza non le fosse mai men che sgradita era indubbio.
Stefan si lasciò sfuggire un lievissimo sorriso.
Andiamo, Bonnie,” ribatté bonario. “Esiste la remota possibilità che sia qui per motivi innocenti,” le fece notare, e non si capiva se lui stesso fosse dubbioso o se parlasse semplicemente per punzecchiarla scherzosamente. Data il suo vago nermosismo, si poteva propendere per la seconda.
Quanto si tratterrà?” continuò Caroline. “Ha detto se intende rimanere? O perché è venuto?”
Elena lanciò uno sguardo incerto a Stefan, prima di passarsi le mani tra i capelli e sbuffare piano, incassandosi nelle spalle.
No,” sospirò. “Ha posato la valigia, bevuto un paio di whisky mentre ci accennava di essere stato in Europa, glissato su tutte le domande e poi è andato a dormire professandosi stanco del viaggio.”
Oh,” cinguettò Caroline vagamente incerta, posando gli occhi sull'amica. Elena sembrava un po' pallida quel pomeriggio, e aveva l'aria inquieta. Considerando che negli ultimi mesi l'aveva vista sorridere quasi interrottamente, era una bella novità. Si domandò se anche Stefan l'avesse notato; le donne erano più sottili in questo genere di cose, ma lui era sempre ricettivo. Soprassedette, lasciandosi scappare un risolino. “La mia parte preferita è glissato su tutte le domande,” osservò ironica.
La sua specialità,” sbuffò Elena piccata.
Oh, sì,” concordò Stefan con convinzione. “Un talento innato. Puoi anche puntargli un paletto al cuore, troverà un modo per sviare alle domande,” sospirò rassegnato.
Beh, ma...” intervenne Bonnie, la fronte aggrottata. “...Voglio dire, non sarà tornato per fare niente di...troppo male, no? Dovrebbe essere passata la fase,” continuò ansiosamente, scrutandoli in cerca di conferme.
Mentre Elena si voltava verso il fidanzato e Stefan si stringeva nelle spalle, Caroline si scrutò le scarpe con improvviso interesse. Per quel che ne sapeva lei, se c'era una sicurezza riguardo a Damon era che si trovava quasi ininterrottamente sul punto di fare qualcosa di sorprendente. Era come guardare una trottola impazzita schizzare in tutte le direzioni senza poterne intuire la traiettoria.
Stefan diede un respiro, preferendo evidentemente non commentare con una mezza verità.
Bene, io devo andare. Allenamenti,” annunciò, poggiando una mano sulla spalla di Elena, che si sciolse nel radioso sorriso consueto prima di baciarlo. “A dopo!”
Le tre amiche lo salutarono guardandolo andare via, e Caroline attese circa tre nanosecondi dopo la sua scomparsa per voltarsi verso Elena con nuova attenzione.
Allora?” chiese di getto, per poi ignorare il sguardo perplesso – anche troppo. “Come ti senti?” proseguì.
Lei la scrutò con una testarda innocenza.
A che proposito?”
Elena...” sospirò Bonnie.
Lei si corrucciò, arresa, prima di fare spallucce.
Come dovrei sentirmi? Sono contenta che Damon sia qui, anche se mi preoccupano le ignote ragioni del suo ritorno,” affermò criptica.
Tutto qui?” cinguettò Caroline, contrariata.
Elena la osservò decisamente troppo severa.
Che altro dovrebbe esserci?” si difese.
Caroline trillò una risatina leziosa, scuotendo la testolina bionda.
Seriamente, non credi che potrebbe essere tornato...per te?” le buttò in faccia, diretta.
La reazione di Elena fu così trasparente che nemmeno Bonnie, pur con tutto il suo desiderio di cancellare qualunque possibile implicazione tra la sua amica e il cattivo della situazione, non poté esimersi dal registrarla. Elena sgranò gli occhi, quasi ripiegandosi su se stessa.
No,” ribatté con enfasi. “Voglio dire, Damon sa benissimo che io amo Stefan. E non sono Katherine, perciò nessun possibile triangolo. Lo sa. Gli sta bene,” esclamò decisa.
Certo, è esattamente il tipo che si rassegna facilmente,” la assecondò Bonnie caustica.
Sì. Ecco perché ha passato cento e cinquant'anni a cercare di far uscire una tizia da una cripta,” confermò Caroline comprensiva.
Oh, finitela,” sbottò Elena esasperata. “Se anche fosse tornato per me, sarebbe una cosa veramente stupida,” continuò seria. “Io sto con Stefan. Voglio Stefan. Punto,” concluse.
Non è questo che stiamo discutendo,” replicò Bonnie, prima di dare uno sbuffo guardando l'ora. “Devo andare, Jeremy mi aspetta,” annunciò, sistemandosi la borsa dei libri sulle spalle. “Ne riparleremo. A dopo.”
Ciao ciao,” salutò Caroline solare, imitata più debolmente dall'amica.
La giovane vampira continuò ad osservare la strada per qualche secondo, prima di voltarsi radiosa verso l'altra.
Devo vedere Matt solo più tardi. Ti va se studiamo insieme?” propose.
Elena sembrò rischiararsi, annuendo con approvazione.
Da me o da te?”
Da me. Mia madre è al lavoro,” decise Caroline, mettendosi in marcia.
Percorsero il tragitto verso casa Forbes quasi senza parlare, assorte ciascuna nei propri pensieri. Caroline gettava qualche occhiata di sottecchi ad Elena, di tanto in tanto, ma lei sembrava persa in qualche sua intensa riflessione privata, di cui le pareva di indovinare almeno l'oggetto.
Caroline Forbes passava spesso per una stupidina superficiale e poco profonda, la classica bionda senza cervello, anche se da quand'era diventata vampira quell'impressione generica su di lei s'era attenuata, di pari passo con la sua crescente sicurezza in se stessa e la sua conseguente capacità di mettere in luce un lato più sensibile ed acuto della propria persona. In parte, tuttavia, l'idea comune su di lei non si era dissolta e spesso passava ancora per la sciocchina svaporata che diceva qualunque sciocchezza le passasse per la testa, posizione riassunta nell'adorabile soprannome “Barbie Vampira” appioppatole da Damon stesso. Ma Caroline non era affatto una stupida; aveva una capacità sviluppata di comprendere le persone e di intuire le loro debolezze e un grande dono d'immedesimazione, tanto per cominciare, ed entrambi le avevano fatto rizzare le antenne per quanto riguardava l'amica, in quei mesi.
Dall'estate precedente, Elena era sembrata veleggiare su una nuvoletta tersa di felicità. Troppa felicità, per la precisione. La sua relazione con Stefan era così perfettamente perfetta da spaesarla, inizialmente. Caroline non riusciva a capire come potesse una coppia non avere mai la minima frizione, come riuscissero due ragazzi innamorati a trascorrere le settimane senza avere mai il più leggero alterco, nemmeno un minuscolo litigio che durasse più di quindici secondi. Lei riusciva a far saltare i nervi a Matt, che pure era il ritratto della calma e della pazienza, con una frequenza praticamente quotidiana, e le loro rappacificazioni erano sempre e puntualmente gloriose. Ognuno di quei bisticci, a conti fatti, non aveva fatto altro che avvicinarli e svelare loro nuove sfumature di ciascuno, fondendole. Bonnie si inferociva per le ragazzate di Jeremy ogni due per tre, e Caroline a volte temeva che l'avrebbe accoppato per errore in un raptus di collera. Ma tutto questo funzionava. Capitava di vedere tutti loro ciclicamente depressi o immusoniti, a seconda di quanto grave fosse la litigata, ma funzionava.
A nove anni Caroline credeva che quando avesse trovato il suo ragazzo ideale – cosa che all'epoca prevedeva sarebbe accaduta intorno ai quindici – tutto sarebbe stato rose e fiori, lui l'avrebbe adorata, lei sarebbe stata pazza di lui, avrebbero avuto gli stessi gusti e le stesse passioni, condiviso ogni segreto e ogni evento, e non avrebbero mai e poi mai avuto problemi. Poi era cresciuta, e aveva capito che quello non era l'amore perfetto: quella era una proiezione mentale, e non era reale.
Elena era riuscita a ingoiare rivelazioni sul passato di Stefan così scioccanti che persino lei, che pure era una vampira e sapeva perfettamente cosa volesse dire non avere il controllo di sé, le aveva trovate raccapriccianti. L'aveva fatto senza quasi battere ciglio, senza davvero dubitare, accettando tutto quello che arrivava come se fosse naturale. Sembrava quasi che avesse stabilito che Stefan era perfetto e che, di conseguenza, non ci fosse più nulla da mettere in discussione. Ma non poteva una qualunque relazione umana progredire, in quel modo. Poteva solo cristallizzarsi in un simulacro. E Caroline cominciava a domandarsi se non fosse proprio questo, in realtà, quello che Elena inconsciamente aveva voluto, e non solo perché, come purtroppo anche lei sapeva benissimo, le prospettive per il futuro di una coppia di umano e vampiro non erano troppo rosee e risultava più semplice concentrarsi sul presente.
Caroline sapeva che Elena aveva desiderato disperatamente quella felicità. L'aveva voluta con tutta se stessa, perché dopo la morte dei genitori era sprofondata in un incubo così orribile che, logicamente, lo sfinimento l'aveva condotta a desiderare l'esatto opposto. Elena la meritava anche, quella felicità, e aveva bisogno di certezze, di stabilità, di gioia normale e quotidiana. Aveva cercato di ricostruire l'idilliaca, meravigliosa e morbida pace perduta in precedenza, rintracciato in Stefan il ritratto d'amore assoluto che la rendesse di nuovo completa. Finché c'erano stati problemi, difficoltà e pericoli esterni alla loro relazione, finché avevano dovuto difendersi, la dinamica era rimasta abbastanza mobile da permettere loro di continuare a costruire la propria interazione. Finché Damon aveva minacciato, Katherine tramato e Klaus cercato di distruggere, Elena e Stefan erano rimasti in movimento.
Poi si erano fermati.
Tutto andava sempre bene. Tutto era sempre assolutamente meraviglioso. Tutto andava capito, accettato, condiviso e perdonato. Tutto era divertente. Non c'era nessun problema. In mesi e mesi la loro felicità - principalmente, secondo Caroline, molto più per volere di Elena che di Stefan - era stata così geniale e meravigliosa da finire per risultare patinata.
Tranne in qualche occasione.
All'inizio, Caroline non ci aveva nemmeno fatto caso. L'aveva notato soltanto dopo qualche tempo. Ogni volta che il notiziario alla televisione, o la radio, o i giornali parlavano di qualche scomparsa insolita, ogni volta che le parole “sparizione misteriosa” risuonavano nell'etere o ammiccavano dalle pagine dei quotidiani, Elena si accendeva, si allarmava e ne sembrava calamitata. Collezionava notizie di donne sparite nella notte come se fossero stata la sua ragione di vita – dopo Stefan. Caroline non ci aveva messo molto a capire perché.
Per tutti loro, ormai, non sarebbe mai più stato possibile collegare quel genere di notizia alle stesse idee di chiunque altro: un incidente insolito, una fuga di casa, persino uno stupro e omicidio non erano più l'idea che li toccasse automaticamente. Per tutti loro, ormai, il primo pensiero che sfiorava la mente alla parola “scomparsa” era “vampiro”.
Ogni volta che Elena sentiva parlare di una persona sparita, che leggeva di ricerche infruttuose o, ancora peggio, di corpi mutilati e resi irriconoscibili, Caroline era pronta a scommettere che nella sua testa, dietro gli occhi che si facevano ansiosi, si formulasse il timore che fosse stato lui. Che Damon avesse ricominciato il massacro. Per quanto irrazionale fosse l'idea – Damon non poteva certo trovarsi in qualunque luogo contemporaneamente, e c'erano in giro una marea di altri vampiri – lei ne era quasi del tutto certa. Era questo che tormentava Elena. Damon che ritornava ad essere il mostro. Damon che rinunciava di nuovo all'umanità. Damon che strappava da sé tutto quello lei, Elena, gli aveva instillato. Damon che, in qualche modo, la rinnegava.
E allora, Caroline aveva cominciato a ponderare.
La sostanziale passività con cui Elena aveva accettato, senza troppe tragedie, gli aneddoti non particolarmente edificanti sul passato di Stefan era sempre controbilanciata, perché ogni volta che invece veniva a sapere qualche dettaglio sulla fedina penale non proprio... ineccepibile del maggiore dei Salvatore, Elena faceva fuoco e fiamme. Allora, sì, tutto diventava esecrabile, costituiva il pretesto per una strapazzata o per qualche recriminazione delusa. Tutto diventava vicino, importante, meritorio di intervento, di confronto, di miglioramento. Là dove Elena e Stefan rimanevano perfettamente immobili, Elena e Damon schizzavano a duecento miglia orarie. Erano capaci di pungolarsi a vicenda per qualunque cosa, di rinfacciarsi ogni genere di insignificante atteggiamento, e nessuno dei due ne usciva mai del tutto sconfitto. Non sapeva esattamente cosa questo significasse, ma era sicura almeno di una cosa: c'era un qualche spazio, nella vita di Elena, che andava occupato da Damon.
Va tutto bene?”
Era così presa dalle sue riflessioni che quasi sussultò, quando l'amica le rivolse quella domanda. Elena la stava osservando interrogativa, con la fronte un po' aggrottata, e Caroline ridacchiò con leggerezza.
Sì,” rispose ilare, angelicamente. “Scusami, ero sulle nuvole. Certo che va tutto bene. Perché?” assicurò.
Elena sorrise appena.
Avevi quella faccia.”
Quale faccia?”
Quella da idee perfettamente inquietanti di Caroline Forbes,” spiegò Elena, arricciando scherzosamente il naso.
Lei si limitò a ridacchiare con innocenza.
Pensavo a Matt,” affermò sorridendo, mentre imboccava il vialetto di casa e cacciava la mano nella borsa per cercare le chiavi. “Credo che stiamo andando forte. Come va con Stefan?” aggiunse, facendo scattare la serratura.
Benissimo,” assicurò Elena con un sorriso, seguendola in casa. “Stiamo progettando un week-end al lago, sempre se il visitatore non ci rovina i piani,” aggiunse con una smorfia, posando la cartella e slacciandosi la giacca.
Come l'ha presa Stefan? Per il suo ritorno, dico,” interrogò ancora Caroline, cauta, pilotandola in cucina. “Caffè?” propose.
Elena annuì, sedendosi con un un leggero cenno del capo.
Bene. Sai,” asserì, con espressione d'intesa, “è un po' in pensiero anche lui su cosa l'abbia riportato qui, ma è ovvio che qualunque cosa dicano sono attaccati l'uno all'altro, e almeno quando ce l'ha sotto gli occhi sa che può cercare di controllarlo, perciò...” Si strinse nelle spalle, slanciando i capelli dietro le spalle con le dita.
E tu?” continuò Caroline, guardandola dritta in faccia. Elena spostò gli occhi di lato, esasperata.
Te l'ho detto. E' ok. E' mio amico, e sono contenta di vederlo,” rispose lapidaria.
Caroline prese un lungo respiro, sedendosi di fronte a lei.
Non c'è bisogno che ti metti sulla difensiva. So che a volte sembro completamente svanita e...dico puntualmente la cosa sbagliata ma...sei mia amica. Voglio solo sapere se la cosa ti ha...non so, colpita. Sarebbe normale. Credevamo di non vederlo più.”
Perché dovrebbe?” insistette l'altra, accigliandosi.
Caroline emise uno sbuffo, senza smettere di fissarla in faccia.
Lo sappiamo perfettamente, Elena,” affermò schietta, senza giri di parole. “Sei stata tu la prima a dire che tra te e Damon c'è un'intesa particolare e che per qualche ragione vi capite con molta facilità. E anche le pareti sanno che lui si è innamorato di te. Perciò non mi sembra così assurdo se ti chiedo che effetto ti fa riaverlo qui.”
Elena incassò le sue parole con impercettibile angustia, vagamente a disagio.
Ok,” mormorò controvoglia. “Sono contenta. Davvero. So che probabilmente sta architettando qualcosa di folle, ma sì, Vostro Onore, mi è mancato. Quando l'ho visto entrare, ieri sera, mi...sono sentita doppiamente a casa, e quando l'ho abbracciato è stato come ritrovare un pezzo. Qualcosa che fa parte di noi,” gesticolò leggermente, animandosi, “guardandoci come alla strana e sbilenca famiglia che tutti insieme siamo diventati.”
Caroline sorrise con malizia.
Ritrovato un pezzo?” ripeté scherzosa. “Tutto qui? Niente scosse allo stomaco, cuore in gola e mani sudate? Nemmeno un minuscolo brivido?” la schernì affettuosamente, ilare, prima di ridacchiare per poi porgerle la tazza di caffè ormai pronta.
Ma Elena non rispose.
Caroline si era aspettata che sbuffasse esasperata, o che replicasse per le rime, o almeno ridesse un po' anche lei. Invece Elena si limitò ad afferrare il caffè fumante e tuffare gli occhi nella tazza, con calcolata noncuranza. Lei aggrottò la fronte con sospetto, incredula.
Elena?” mormorò seria.
Eh?” si riscosse lei, sollevando uno sguardo riluttante. “Che... No. Certo che no,” affermò scuotendo la testa, sbrigativa.
Caroline la osservò in silenzio. Con eloquenza, ed Elena si affrettò a distogliere di nuovo lo sguardo.



C'era qualcosa di profondamente bello nel silenzio antico di casa Salvatore. Un bicchiere di Scotch, il solito libro, la quiete assoluta della vecchia dimora, con i suoi mobili antiquati. Tutto questo, in fondo, era abbastanza in linea con il lato malinconico di Damon, che si era risvegliato l'anno precedente.
Sorseggiava il suo whisky poco a poco, centellinandolo a ritmo con le pagine. Il sole del pomeriggio cominciava a malapena ad impallidire e si riverberava chiaro attraverso la finestra, illuminando gentilmente l'ampio salone.
Damon si era installato lì subito dopo essere rientrato dal suo pranzo in città con lo sceriffo Forbes, che aveva accolto il suo ritorno con sollievo e con una gioia genuina che l'aveva quasi spaesato.
Aveva raccontato una marea di balle a Liz, nel corso dei mesi, e le aveva anche cancellato la memoria dopo lo scontro con Klaus – quando già Caroline l'aveva fatto una volta, in precedenza, per proteggere se stessa e lei – senza contare il fatto che l'avesse usata prima per mettersi in tasca il Consiglio, poi per avere accesso alle informazioni che gli interessavano. Eppure, nonostante tutto, c'era qualcosa in quella donna che aveva finito per avvicinargliela. Forse il fatto che fosse così tragicamente sola, madre divorziata e sceriffo – decisamente non la posizione lavorativa ideale per farsi un sacco di amici.
Quel mezzogiorno, al Grill, lei lo aveva rapidamente aggiornato su quel che era successo a Mystic Falls in sua assenza – cioè niente di eclatante, almeno dal suo punto di vista – e gli aveva proposto di reintegrarsi nel Consiglio, sempre se aveva intenzione di trattenersi. A quella velata domanda, però, Damon non aveva assolutamente saputo rispondere.
Non aveva ancora tirato fuori niente di niente dalla sua valigia, a parte il libro che stava leggendo, e prevedeva che quella sarebbe rimasta piena e rigorosamente chiusa ancora per qualche tempo, finché almeno non avesse deciso chiaramente cosa fare. Una parte di lui era fermamente convinta che quella di tornare a Mystic Falls fosse stata una decisione particolarmente idiota e infelice. Non tanto per le ragioni oggettive che l'avevano spinto a riconsiderare l'idea di ritornare, quanto perché la molla che l'aveva definitivamente convinto era stata il fatto che, almeno, lì c'era Elena.
Una debolezza veramente stupida.
Ci si era accapigliato per qualche settimana, dibattendosi tra quello che definiva saggio istinto di conservazione – non c'era niente di più pericoloso che tenere a qualcuno abbastanza da poter considerare l'idea di sacrificargli la propria vita, cosa che lui aveva fatto una dozzina di volte l'anno prima con Elena – e la consapevolezza di non riuscire a levarsi di dosso quella ragazzina che aveva la faccia di Katherine e tutto un altro universo al di là di quella. Quando poi gli eventi erano precipitati, Damon aveva ripreso in mano la valigia ed era saltato sul primo aereo che lasciasse Parigi per gli Stati Uniti.
Aveva passato tutto l'inverno nella capitale francese. Era tornato lì più che altro per curiosità, trovando la metropoli molto diversa da come ricordava. Era stato a Parigi nei primissimi anni del Novecento, prima della Grande Guerra, e ricordava perfettamente il vecchio Montmartre, i vicoli della collina in mezzo ai quali si perdeva, in incognito in mezzo a gruppi di artisti e bohèmiens stravaganti i cui ideali, naturalmente, non lo tangevano minimamente. O ancora il lusso del Moulin Rouge, le puttane di Pigalle e i bagni di sangue, spadroneggiando per la città più romantica del mondo, nei suoi angoli più decadenti come nei più impeccabili salotti borghesi. Quella era stato il luogo in cui Damon aveva affinato la capacità di non mostrare mai la faccia ma solo il viso e di fingersi chiunque convenisse all'occasione. Per un vampiro giovane e scatenato dal passato tormentato, Parigi aveva almeno il vantaggio della poesia.
Non aveva ritrovato quella stessa qualità, anche se sospettava la colpa non fosse tanto della città in sé, che restava unica nel suo genere, sebbene molto diversa da allora – tranne per i bagni di sangue – quanto piuttosto del cambiamento dei tempi e dei costumi e, soprattutto, della mutazione avvenuta in lui. Non era più la stessa cosa. Quasi niente gli dava più lo stesso gusto. Era diverso, e se lo sentiva addosso fastidiosamente in qualunque momento.
In Francia si era rifatto vivo con alcuni vampiri che conosceva da tempo, per via dei suoi rari passaggi in Europa, tanto per avere qualche dritta e qualche aggancio stabile. Nessuno di quelli era suo amico, perché fino a due anni prima non aveva avuto niente che somigliasse a qualcosa del genere: Damon non aveva amici, solo contatti. E anche con quelli, il più delle volte, accumulava conti in sospeso piuttosto scottanti.
Era stato soltanto dopo Natale – la stagione dei grandi banchetti, e non solo per gli umani – che si era imbattuto quasi per caso in qualche visitatore d'oltreoceano, ed era rimasto decisamente stupito nello scoprire che la voce di come a Mystic Falls lui, Stefan e qualche altro avessero fatto fuori ben due Originali in pochi mesi si era diffusa ampiamente, attirando parecchia attenzione. Era stato già a quel punto che si era domandato se non fosse forse il caso di valutare l'idea che tutta quella popolarità potesse tirare loro addosso delle rogne, ma era stato solo all'inizio di febbraio, quando aveva incontrato Sam, che si era messo a calcolare seriamente l'ipotesi.
Sam Wellington era il vampiro più vecchio che Damon conoscesse. Non sapeva esattamente quanto, vecchio, ma sicuramente aveva dietro alle spalle un bel po' di secoli di vita. Inglese trasmigrato in America, l'aveva conosciuto nell'Oregon nell'ultimo ventennio dell'Ottocento, quando era ancora abbastanza sballato dalla sua nuova condizione. Per qualche motivo che non gli era chiaro, e con un suo certo genuino fastidio, l'anziano aveva deciso che lo trovava abbastanza comico, al punto da concedersi di dedicargli qualche briciola del suo tempo nonostante fosse un novellino. Nei successivi cento e trent'anni, si erano incrociati qualche volta per caso, tra New York e l'Inghilterra.
Damon Salvatore,” era stato il suo esordio, quando si erano incrociati per puro caso in uno di quei bistrot parigini in cui bazzicavano talvolta i loro simili. “Che sorpresa. Te ne vai in giro con una bella faccia tosta, per essere uno che ha pestato i piedi agli Originali.”
Lui aveva sorriso di sbieco, sornione.
Sono loro che li hanno pestati a me,” aveva risposto distrattamente, sollevando il bicchiere nella sua direzione come per un brindisi.
L'altro aveva disteso le labbra in un sorriso affilato, balenante sotto i freddi occhi verdi.
Arrogante come al solito,” aveva commentato, noncurante, prima di sedersi sullo sgabello accanto al suo – che, curiosamente, sembrava fosse rimasto lì vuoto apposta. E poi aveva buttato la bomba. “Sai, se fossi in te non me ne starei qua a grattarmi la pancia e sbevazzare fanciulle francesi. Ho sentito dire che se la sono legata al dito.”
Damon si era accigliato, con nuova attenzione.
In che senso?”
Sam aveva ridacchiato, superiore.
Non credevi mica di poter fare fuori Klaus e fare a pezzi la pietra senza pagarne il prezzo, no?” era stato il suo commento indifferente, sottilmente malevolo. “Ho sentito che la Petrova è morta, comunque. E che c'è una graziosa doppelganger, e un sacco di altre storie interessanti. Si fa un gran parlare di Mystic Falls.”
Damon l'aveva preso per un avvertimento, e la menzione di Elena l'aveva inquietato. Si era reso conto che in effetti era stato veramente avventato da parte loro non pensare che la questione non potesse finire lì. Era ovvio che si preparassero ritorsioni.
All'inizio aveva pensato che ovviamente poteva semplicemente telefonare. Scrivere una mail, una lettera, qualunque cosa. Non c'era bisogno che tornasse indietro. Stefan era a sua volta più vicino ai duecento anni che ai cento e non era necessario fargli da guardaspalle in eterno, per quel che gliene poteva poi importare. Non era necessario andare di nuovo a Mystic Falls.
Ma se non tornava, avrebbe potuto succedere qualcosa mentre lui non era lì. A tutti, ad Elena. Non avrebbe potuto fare niente, esattamente come poteva accadere che cercassero lui, prima di loro, e non avrebbe potuto nemmeno salutare.
Ci aveva messo tre settimane a decidersi. Poi aveva riempito la valigia ed era ritornato a casa.
Adesso, eccolo sul divano, ad aspettare. Attendendo niente di particolare, perché gli immortali non aveva quasi mai bisogno di fretta, tanto più quando non si trattava di esagitati alle prime armi, ma di Originali millenari.
Non aveva idea di quanti potessero ancora essere, di quali tra loro fossero in combutta. Non sapeva nemmeno se intendessero davvero trovarli. Per il momento si sarebbe limitato ad osservare, poi forse a informare Stefan, e magari alla fine sarebbe ripartito. Almeno, aveva rivisto Elena.
Nel frattempo, Scotch.
Era appena giunto a quell'edificante conclusione quando la porta di casa si aprì su suo fratello, lo studente. Damon gli rivolse un sorriso ampio, meccanico.
Com'è andata a scuola?” chiese, motteggiandolo.
Stefan lo osservò penetrante, sorridendogli a sua volta con rassegnazione.
Bene, grazie,” rispose reggendo il gioco. “Ho preso un buon voto.”
Bravo bambino,” celiò Damon, indicandogli la bottiglia. Stefan, ovviamente, diniegò, limitando a levarsi la giacca e posare le sue cose prima di avvinarlo con una fare mediamente circospetto.
Allora,” iniziò quieto, lasciando tuttavia trapelare una sfumatura di cautela dal suo tono di voce, “come mai sei tornato, Damon?”
Lui si limitò a svuotare il bicchiere con un movimento secco del polso, scrollando le spalle.
Nostalgia di casa,” rispose evasivo, prima di arricciare il naso con scherno. “Con tutti i buoni sentimenti che mi avete inculcato mio malgrado, mi sembra il minimo.”
Sì, capisco il problema...” annuì Stefan, placido. “E la vera ragione, invece?”
Damon sgranò gli occhi, con aria genuinamente oltraggiata.
Come, Stefan?” ribatté attonito. “Stai forse dicendo che non credi alla buona fede del tuo unico fratello?”
Stefan corrugò la fronte in un'espressione meditabonda, nicchiando con fare assorto.
Mh... Alla luce di quanto avvenuto negli ultimi cento e cinquant'anni... No,” affermò lapidario, puntandogli gli occhi addosso. “Nemmeno un po'.”
Damon si portò la mano al cuore con aria tragica.
Tu mi ferisci,” affermò drammaticamente.
Stefan sospirò impercettibilmente, finendo per andare a sedersi a sua volta sul divano, al suo fianco.
Cos'hai in mente, questa volta?” chiese, accigliandosi appena.
Mi sembra chiaro,” lo prese in giro Damon, nemmeno troppo velatamente, con un tono solenne. “Rapire Elena per fuggire con lei su un'isola dei Caraibi. Perché, non era evidente?”
Stefan accenno una risata senza allegria, poi si voltò a guardarlo quasi con rammarico.
E' per lei che sei tornato, vero?” chiese, serrando le labbra.
Damon roteò gli occhi e li levò al cielo, accasciandosi per un secondo come se avesse perso i sensi per la noia.
Oh, ecco. Ecco perché ti interessa sapere come mai sono qui,” affermò stancamente, quasi con accusa. “Ti preoccupi veramente di questo. Non riesci a pensare a nient'altro che ad Elena. Per la cronaca no, non sto realmente progettando di sequestrarla ai Caraibi, nel caso te lo stessi chiedendo,” puntualizzò sarcastico, vagamente indignato.
Stefan si lasciò sfuggire un altro accenno di riso, più naturale.
Poteva essere un'idea,” commentò divertito, prima di rifarsi serio. “Ma non hai risposto alla domanda,” gli ricordò, mite.
Damon lo trucidò con un'occhiata scocciata, che Stefan si limitò a ricambiare con un invariato sguardo grave, vagamente desolato. Damon lo odiava, in quei momenti. Non aveva mai realmente smesso di osservarlo come aspettandosi ininterrottamente che lui facesse qualcosa di incredibilmente nobile, anche se aveva passato più di un secolo a dimostrare al mondo che in lui, di nobile, non era rimasto proprio niente. Era così già a quattro anni, fondamentalmente, e dopo quasi duecento insisteva ancora.
Bene,” cedette, vagamente irritato. “Ora ascoltami, Stefan, perché non ho intenzione di ritornare più su questo argomento. Te la puoi tenere, la tua ragazza, e anche stretta. Puoi stare tranquillo, non ho la minima voglia di mettermi in mezzo e farmi tiranneggiare per rigare dritto. Fine della storia,” concluse, brusco.
Ma sei comunque ancora innamorato di lei...”
Damon emise una sorta di gemito frustrato, abbandonando le braccia lungo i fianchi con tutta l'enfasi che riusciva a dare ai suoi gesti.
Per dio, Stefan! Perché sei così ossessivo? Il passato non si ripeterà, sappiamo tutti e due che sarebbe un disastro. Se non ti conoscessi direi che fai di tutto per rovinarti le giornate...” E qui, le sue labbra si piegarono con inconfondibile scherno, prima che sgranasse gli occhi. “Oh, giusto, è esattamente quello che fai!” continuò, fintamente stupito.
Stefan soffiò una risata amara, scrollando la testa.
Va bene, come vuoi,” chiosò, alzandosi e muovendo qualche passo verso le scale.
Non ti sarai offeso per così poco...” commentò Damon.
Stefan si voltò indietro, accigliato.
"No, Damon, non mi sono offeso,” ribatté con durezza. “Vuoi sapere quello che penso? Penso che il tuo ritorno qui potrebbe distruggere tutto quello che abbiamo costruito finora. Potrebbe distruggere tutti noi, e non parlo solo di me ed Elena,” precisò, guardandolo con eloquenza. “Penso che quello che hai detto l'anno scorso quando sei tornato, per prendermi per il culo, in realtà fosse vero. Noi la meritiamo, una seconda occasione. E invece ora la perderemo di nuovo,” aggiunse rabbiosamente.
Damon faticò penosamente per evitare che il suo sorriso un po' condiscendente si incrinasse, e ancor maggiore sforzo gli costò sospirare pazientemente.
Perché devi essere così, Stefan? Perché non puoi limitarti a pensare allegramente che adesso semplicemente ce ne staremo qui tranquilli, tu, la tua graziosa ragazza umana e il tuo scapestrato fratello maggiore donnaiolo, senza problemi?” lo rimbeccò celiando, senza nemmeno percepire il tono remotamente dolente delle proprie parole.
Stefan lo guardò dal primo scalino, con il viso irrigidito.
Perché è proprio quello che vorrei, Damon,” rispose a voce bassa, dentro agli occhi tutto quell'attaccamento fraterno sconfinato. “E' la cosa che desidero più al mondo, e adesso so che non può esistere.”
Non aggiunse nient'altro, né gli diede occasione di controbattere ancora. Si voltò definitivamente e salì velocemente le scale, lasciandolo lì con il suo bicchiere, il suo libro abbandonato accanto e il suo sorriso che, finalmente, si piegò verso il basso con rammarico.
Anch'io, Stefan, ma questo è un segreto.





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Due precisazioni, legate a due citazioni che non mi appartengono.
La prima è “non mostrare mai la faccia ma solo il viso”, parafrasi di un frammento sgraffignato alla canzone “La bomba in testa” dall'album Storia di un impiegato di Fabrizio De Andrè (la mia canzone preferita del Faber) → “chi ha la faccia e mostra solo il viso”.
La seconda è “non aveva amici, solo contatti”, citazione su Johnny Swann alias il Cigno Bianco o la Madre Superiora, dal romanzo Trainspotting di Irvine Welsh ().

Anche “rapire Elena per fuggire con lei su un'isola dei Caraibi” non è un'idea mia, ma frutto della mente, a questo punto direi brillante, di Ian Somerhalder medesimo, intervistato in merito a quale vorrebbe fosse lo sviluppo della trama per i due personaggi in questione. Ho trovato questa cosa in un contesto che non c'entrava una fava e mi ha fatto ridere.


   
 
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