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Autore: Chamomile    17/03/2011    6 recensioni
"Fammi vedere.." disse Neville avvicinandosi al bancone. Ma dopo un secondo sobbalzò "Hannah, dove hai preso questa pianta?" gridò scioccato.
"P-perchè me lo chiedi? c'è qualcosa che non va?" chiese lei turbata.
Neville si voltò di scatto a fissarla "Lo sai che cos'è questa?"
"Ehm.."
"E' una Byblis liniflora" rispose Neville.
"E cioè?" fece Hannah che stava cominciando a preoccuparsi.
"E' una pianta carnivora australiana" spiegò Neville.
"Una pianta carnivora?" strillò Hannah allontanandosi terrorizzata dal bancone "sei sicuro?"
"Insegno Erbologia ad Hogwarts, Hannah, certo che sono sicuro! Piuttosto, come ti è saltato in mente di comprarla?"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hannah Abbott, Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Spazio Autrice

In occasione dell'Unità d'Italia ecco il nuovo capitolo (che naturalmente con l'Unità d'Italia non c'entra per niente xD) Spero tanto che vi piaccia ^^  

Un abbraccio come sempre, e grazie infinite a tutti voi che leggete e seguite questa storia,

Vi adoro  <3 <3 <3

P.S. Come scoprirete oggi è anche l'anniversario dei millecinquecento anni dalla fondazione di Hogwarts (sì, pensate un po' le coincidenze della vita!)

 

Stava scherzando.

Non stava scherzando.

Stava scherzando.

Non stava scherzando.

Ma sì, scherzava di sicuro. Figuriamoci se diceva sul serio!

No, non stava scherzando per niente. Era serissimo. Mai apparso così serio.

Neville si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli ancora di più. Era quasi mezz’ora che si tormentava con quell’interrogativo, e non era ancora arrivato a una risposta.

Aveva persino pensato di sfogliare una margherita, prima di rendersi conto che un atto del genere, da parte di un insegnante di Erbologia, sarebbe stato immorale.

Il fatto era questo: una parte di lui gli diceva che quando era uscito dal suo ufficio minacciando di invitare Hannah, Friedrich stesse solo scherzando. Che insomma l’avesse detto solo per farlo preoccupare un po’, o forse neanche per quello, magari l’aveva fatto solo per ridere.

Un’altra parte di lui, invece, diceva che Friedrich non stava affatto scherzando, e che se diceva una cosa l’avrebbe fatta, secondo le sue abitudini.

E poi non era tanto strano se un altro si era accorto di quanto Hannah fosse carina.

Era naturale, invece. C’era da stupirsi del contrario, del fatto che non ci fossero decine di spasimanti a tutte le ore davanti alla porta dei Tre Manici di Scopa.

Per questo motivo, Neville era portato a dare ragione alla parte di lui che gli diceva di stare all’erta, e di non prendere alla leggera le parole di Friedrich. Poco importava se il ragazzo era in effetti un bel po’ troppo giovane per Hannah, o se era suo amico.

Poteva aver detto sul serio, e quelle sole parole “La invito io, se non lo fai tu” bastavano a fare di lui un nemico.

Va beh, magari non proprio un nemico. Un avversario sì, però.

E allora? - Una vocina gli si presentò alla mente, chiara e perentoria al tempo stesso - E allora, Neville Paciock? Un altro minaccia di invitare Hannah al posto tuo, se non ti dai una mossa. Vuoi davvero lasciargli campo libero solo perché l’hai vista uscire con un altro secoli fa? Vuoi davvero perderla perché hai troppa paura di rimanere deluso?

Neville strinse i pugni.

Si sarebbe pestato da solo, se avesse potuto. La verità era che non si era mai odiato tanto.

Perché era così codardo? Perché l’idea di farsi avanti come tutti gli altri maghi adulti, e rischiare, lo spaventava così tanto da bloccarlo?

La risposta arrivò con una velocità sconfortante.

Perché mi sono innamorato.

Ecco, l’aveva detto. Aveva fatto la più grande idiozia che una persona nella sua posizione potesse fare: si era innamorato della ragazza più meravigliosa del mondo, e se prima avesse avuto anche una sola possibilità di farsi avanti con lei, adesso che sapeva perfettamente quanto fosse importante, quella possibilità non esisteva più.

Farsi avanti con una ragazza qualsiasi, invitarla a uscire, era difficile, ma di certo non impossibile. Bastava pensare che se andava male, c’era un mondo pieno di altre streghe carine.

Ma con Hannah questo ragionamento non poteva funzionare.

Lei non era una strega carina come tante altre. Lei era unica, e perfetta.

Era bellissima, e simpatica, e dolce, e in gamba.

Era capace di lottare contro una pianta carnivora, farsi quasi staccare un braccio, e cinque minuti dopo rialzarsi e affrontare decine di clienti per il bene del suo locale.

Ci metteva l’anima, in quel locale.

Allo stesso tempo, però, era la persona più buffa e tenera del mondo.

Il tipo di persona che prendeva in casa un’amica in difficoltà senza pensarci su nemmeno un momento e che si faceva in quattro per risolvere i suoi problemi.

Una ragazza che era scoppiata in singhiozzi quando era partito per la Slovenia, e che era venuta in suo soccorso e rimediato un pudding perfetto con un braccio fuori uso.

Una ragazza che si ritrovava con un braccio fuori uso perché era capace di tenere a mente l’inventario per un pub, e di non lasciarsi sfuggire neanche una bottiglia, ma non riusciva a ricordare che quando ci si avvicina ad una pianta pericolosa è meglio farlo con dei guanti di pelle di drago.

Neville ormai non riusciva a immaginare di andare a scuola, la mattina, senza aver fatto colazione con lei, senza averla vista sorridere nelle piccola cucina luminosa, tra le tazze e i biscotti.

Non aveva idea di come avesse potuto sopravvivere tutti quegli anni senza la figuretta piccola e paffutella che lo inseguiva fino all’angolo della via brandendo un fascio di compiti in classe.

E la cosa che lo preoccupava, era che non riusciva a concepire la possibilità che tutto questo finisse.

Hannah si comportava così perché lo riteneva un amico, e apprezzava la sua amicizia. Ma se lui si fosse deciso, se le avesse detto la verità?

Se le avesse detto che aver vissuto con lei quegli ultimi mesi era stata l’esperienza più elettrizzante della sua vita, se le avesse detto che per lui era insostituibile e che avrebbe preferito sfidare a duello tutti i maghi del mondo piuttosto che vederla andare via con uno di loro, se fosse riuscito a spiegarle anche solo una centesima parte di quanto la trovava speciale, lei avrebbe continuato a volerlo lì?

O gli avrebbe chiesto di andare via, o peggio, di mettere da parte tutto ed essere amici, per sempre solo amici?

Fino a quella mattina, Neville se ne accorse solo allora, si era rifiutato deliberatamente di prendere una decisione.

Aveva preferito andare avanti così, senza cercare di più, perché l’idea di perdere tutto questo lo spaventava troppo.

Ma quel giorno aveva capito che anche non facendo nulla rischiava di perdere Hannah.

Un altro, che fosse Ernie o Friedrich o un perfetto sconosciuto, avrebbe potuto notarla e farsi avanti, e lui sarebbe rimasto lì, fermo, a guardare.

Non se ne parla nemmeno

A quel pensiero, Neville saltò su, afferrò il mantello e marciò fuori dal suo ufficio, con in viso l’espressione più decisa che avesse mai avuto dalla Battaglia di Hogwarts.

Attraversò i corridoi affollati di studenti, senza guardarsi intorno, e un attimo dopo aveva già varcato il grande portone d’ingresso del castello.

***

Dlin dlin dlin.

Il campanello sopra la porta dei Tre Manici di Scopa tintinnò, e Hannah sollevò la testa, sorpresa.

Era decisamente troppo presto per i clienti, e per di più sulla porta era ancora affisso il cartello con su scritto Chiuso.

Mise giù la piuma d’oca e la pergamena su cui stava facendo i conti dell’ultimo mese, e si voltò verso la porta per dire che il locale era ancora chiuso, quando vide con stupore che la persona che aveva fatto tintinnare il campanello era Neville.

“E tu che ci fai qui?” chiese.

Un secondo dopo si rese conto di essere stata un po’ brusca “Voglio dire” tentò di rimediare “Non avevi lezione oggi pomeriggio?”

“Non preoccuparti” disse Neville, e Hannah notò con stupore che l’amico appariva stranamente agitato. Aveva il fiato corto, come se avesse corso, i capelli erano più spettinati del solito e il mantello che teneva con noncuranza per un lembo strisciava a terra.

I suoi occhi, infine, brillavano di una luce che non aveva mai visto prima.

Se non fosse stata lei stessa la proprietaria del pub del villaggio, Hannah avrebbe creduto che Neville fosse ubriaco.

Stava per chiedergli delucidazioni, ma Neville la precedette. Trasse un respiro profondo, come se dovesse cominciare un discorso solenne “Hannah, devo chiederti una cosa. Cioè, non devo chiederti una cosa” si impappinò, mentre la ragazza lo guardava incuriosita “si tratta di … diciamo un favore. Sì, più o meno è un favore. Ma voglio dire, spero che ti faccia piacere …”

“Neville, che cosa vuoi dire?” chiese Hannah, che adesso lo fissava decisamente confusa.

Neville si accorse che il discorso che stava facendo non aveva molto senso, e decise di cominciare da capo.

“Scusami, credo di aver fatto un po’ di confusione” disse, e ripartì con ordine.

Voleva invitarla alla festa, e non poteva farlo con quelle frasi da squilibrato.

“Stasera ci sarà una festa, ad Hogwarts, in onore dei millecinquecento anni dalla fondazione. Non te ne avevo parlato perché fino a stamattina non pensavo di andarci.”

“Oh, capisco” annuì Hannah, che in realtà non capiva molto. Che c’entrava lei?

“Ma ho cambiato idea” continuò Neville, e decise di saltare la storia di Friedrich e della sua minaccia. “Quindi pensavo … mi chiedevo, sì … se per caso tu fossi … sai … libera stasera, e ti andasse di …”

Merlino quant’era difficile!

“Di venire con me” completò, e si voltò finalmente a guardarla in faccia, dato che aveva pronunciato tutto il suo discorso fissando il bancone di legno.

“Con te? Alla festa? Io?” chiese Hannah, stupidamente.

La domanda di Neville era stata chiarissima, eppure quelle domande le uscirono lo stesso dalle labbra.

“Sì, se ti va, voglio dire, se hai altro da fare … o magari un appuntamento …”

“No, no, sono liberissima” si affrettò ad assicurarlo Hannah, e di nuovo le parole erano uscite fuori prima che lei se ne accorgesse “l’unico problema è il locale” disse, mordendosi un labbro.

Non aveva mai chiuso la locanda, prima d’ora, ma non voleva neanche dire di no a Neville.

“Potresti affidarlo ai camerieri” tentò Neville timidamente.

Hannah annuì, anche se l’idea di lasciare il suo adorato locale a quegli irresponsabili non la allettava. Ma era l’unica soluz -

Improvvisamente la ragazza si illuminò “Ho trovato!” esclamò contenta, e sorrise “Chiederò a Susan ed Ernie di occuparsi del locale mentre sono via. In fondo Sue mi deve un favore”

“Susan ed Ernie?” chiese Neville cadendo dalle nuvole. Si era tanto preoccupato di riuscire ad invitarla che si era completamente dimenticato di Ernie.”Scusa, ma quei Susan ed Ernie?”

Hannah lo guardò, incredula “Oh, davvero non te ne avevo parlato? E’ successo solo qualche giorno fa … Sue ed Ernie adesso stanno insieme”

“In-insieme?” boccheggiò Neville, che non ci capiva più niente “Ma non si odiavano a morte?”

Hannah ridacchiò “Sì, così sembrava. Ma a quanto pare non era un odio invincibile”

“Quindi stanno insieme” ripeté Neville. Era troppo bello per essere vero. Voleva dire che si era sbagliato, e che Hannah era libera.

“Sì, stanno insieme”

“Sei sicura? Proprio sicura?”

“Ma certo, li vedo uscire tutte le sere” lo assicurò Hannah, e adesso cominciava a non capirci niente di nuovo. Perché la notizia lo colpiva tanto?

“E tu sei … sei contenta?” azzardò Neville.

“Sì, molto contenta” rispose Hannah, sempre più confusa. Perché avrebbe dovuto non essere contenta?

“Bene” Neville sorrise, un sorriso beato “E’una cosa magnifica”

“Sì, lo è”

Ma che diavolo?

“Devono essere una bella coppia” continuò a sorridere Neville.

“Lo sono, decisamente”

“Già, immagino. Sì, bene” sorrise di nuovo.

Non sembrava avere intenzione di nascondere la sua soddisfazione, anche se Hannah continuava a non capire il perché.

Alla fine, dato che Neville continuava a sorridere e annuire, Hannah decise di riportare la conversazione alla normalità.

“Allora, per stasera” cominciò “a che ora devo essere pronta?”

Neville si riscosse “Giusto, stasera. La festa dovrebbe cominciare alle otto, visto che la McGranitt ha chiesto agli insegnanti di essere al castello per le quattro, per dare una mano ad organizzare” completò con un filo di voce.

L’orologio affisso alla parete segnava le quattro e cinque minuti.

“Oh oh” disse Hannah, ricambiando il suo sguardo preoccupato “Credo che ti convenga andare”

“Sì, credo anch’io” annuì Neville terrorizzato. La McGranitt l’avrebbe Trasfigurato sul serio in una piuma d’aquila, se non riusciva ad essere al castello in meno di tre secondi.

“Allora io vado”

Avrebbe voluto dirle qualcos’altro, che era felice di andare alla festa con lei e tante altre cose, ma l’orologio alla parete marciava insensibile.

“Va bene” annuì Hannah “Ci vediamo lì”

“Sì. Grazie” disse Neville, e la guardò in un modo che la fece arrossire.

“Di niente, grazie a te” disse, con una vocina piccola piccola che non le apparteneva.

“A dopo, allora” Neville sorrise di nuovo da un orecchio all’altro, e sparì fuori dal locale.

Hannah guardò la porta e il campanello che tinitinnava furiosamente e si torse le mani. Tra poche ore sarebbe andata a una festa ad Hogwarts con Neville, ma per qualche ragione si sentiva stranamente scombussolata.

Che le prendeva?

***

“Amy, tutto bene?”

“Vai via, Viola”

“Che ti succede? Non ti ho vista per tutto il pomeriggio”

“Non preoccuparti, non è successo proprio niente”

Viola però si preoccupava eccome. Da quella mattina, quando Amy avrebbe dovuto farsi avanti con Friedrich ed era finita con il battere in ritirata come sempre, la ragazza non sembrava più lei.

Di solito dimenticava le delusioni in pochi minuti, e rideva delle proprie gaffe come se non le importasse più di tanto.

Quel giorno, invece, non aveva né riso né parlato. Si era chiusa nel silenzio, pensierosa e malinconica, tanto che nemmeno James e Hugo avevano avuto il coraggio di prenderla in giro.

Perché mettersi in mezzo a un corridoio, boccheggiare, arrossire e rientrare di corsa in classe, erano degli inviti troppo pressanti a fare battute, se il soggetto in questione non sembrava ferito nel profondo come Amy, naturalmente.

“Non vuoi rientrare al castello? Dovremmo prepararci per la festa” tentò Viola. Fino a quel momento i vestiti e i preparativi per un Ballo erano stati la cura a tutti i momenti di malinconia dell’amica.

Ma la situazione doveva essere molto più grave del previsto, perché la proposta non venne accolta con la solita eccitazione.

Anzi, la testa bionda non si sollevò nemmeno, e rimase nascosta tra le braccia.

“Io non ci vado” mormorò la ragazza, con una vocina lacrimosa.

Tirò su col naso.

“Come non ci vai?” chiese Viola con tanto d’occhi “Ma se non hai fatto altro che parlare della festa, da quando è stata annunciata!”

“Non mi interessa più” singhiozzò Amy. Finalmente si decise a mostrare il viso: le guance rosee erano rigate di lacrime, e gli occhi azzurri, di solito allegri e vivaci, erano gonfi e rossi.

Viola sussultò a quella vista. Amy non aveva mai pianto prima di allora.

Se lo faceva adesso, significava che quella per Friedrich non era una semplice cotta. Amy era davvero innamorata di lui. Per questo la figuraccia della mattina l’aveva sconvolta tanto.

“Dai, smettila di piangere, adesso” disse “e vieni con me. Stamattina non è andata benissimo, forse -

“E’ stato un disastro” mormorò Amy in tono tragico.

“Sì, forse lo è stato. Ma non andare alla festa non cambierà le cose. E a me invece è venuta un’idea per aiutarti”

“Davvero?”

Viola le rivolse uno sguardo furbo “Sì”

 

 

 

  
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