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Autore: La Signora in Rosso    17/03/2011    10 recensioni
"...senza quel dannato pomeriggio non sarebbe incominciato nulla."
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte! ^^ Sono nuovamente qui, e scusate l’attesa. Non avevo l’umore adatto per scrivere.
Mi è uscito lo stesso un capitolo triste, però. :(
Abbiate pazienza.
Volevo ringraziare col cuore tutte le persone che hanno commentato il capitolo precedente o che hanno messo la storia tra le seguite. <3
Un abbraccio e buona lettura! ^^
La mia preghiera ormai dovreste conoscerla :)
Spero di non deludervi.






Ed era già un giorno nuovo. Per entrambi. Nuovamente lontani.


La prima cosa che Frank sentì quella mattina era un fitto mal di testa.
Aprì lentamente gli occhi e le pupille vorticarono un istante nel vuoto, nel tentativo di riconoscere il posto nel quale si trovava.
Casa sua. Era salvo.
Si girò su un fianco e, passando un braccio sotto al cuscino per stare più comodo, puntò lo sguardo sulla sveglia.
10.30 del mattino, vista la luce debole che entrava dalla finestra.
Si era dimenticato di abbassare le persiane.
Solitamente la luce dell’alba gli dava un forte fastidio e per questo cercava ogni volta di ricordarsi di abbassare quelle tendine bucherellate.
Non sarebbe mai riuscito a dormire bene altrimenti.
Quella mattina però… erano alzate. Perché?
Si girò nuovamente a pancia in su, osservando le ombre leggere delle foglie che danzavano sul soffitto.

- Che cazzo ho fatto ieri sera per dimenticarmi delle tapparelle? E soprattutto, come ho fatto a dormire lo stesso, anche con la luce? E poi… perché questo mal di testa?? –

Sussurrò a se stesso, con una nota di frustrazione nella voce roca.

“Ma buongiorno principessina! Ben svegliati! Vuoi sapere cosa hai fatto ieri sera? Vuoi sapere tutto, veramente? Beh, eccoti accontentato…”

E bam.
Con un colpo secco la sua memoria gli ributtò fuori il motivo della sua distrazione.
Rivide ogni singolo istante.
Sebbene fosse ubriaco (e i postumi quella mattina c’erano tutti, quindi – sì - si era ubriacato) il suo cervello aveva carpito ogni dettaglio, ogni singolo istante della serata, e ora glielo stava schiaffando con violenza davanti agli occhi.
E ricordò.

Ricordò del barista, del bagno e si sorprese di come non avesse reagito. Di come avesse aspettato… di essere salvato.
Non sapeva che Gerard fosse lì, non si era accorto di essere stato seguito.
Eppure in quel momento la sua presenza gli era sembrata naturale. Ovvia.
E lo aveva portato via.
Aveva sentito le braccia esili ma così forti tirarlo su, aveva percepito lo sforzo di quel gesto.
E poi le luci che si spegnevano, il buio gelido della notte, la portiera che si apriva.
Un appoggio solido, la testa contro il sedile.
Aveva gli occhi chiusi, cieco si fidava di colui che lo aveva portato fuori.
Poteva essere il barista e non l’angelo di cui aveva invocato il nome. Il suo poteva essere stato davvero un miraggio.

Poi aveva sentito la dolcezza di una mano morbida che, in punta di dita, gli scostava i capelli dal viso.
E poi quelle stesse dita avevano tracciato una leggere mezzaluna sulla sua guancia.
Avevano sfiorato le palpebre, le labbra secche.
Si sentiva fragile come lo stelo di un flûte di cristallo.
Ma quelle mani lo sapevano, e lo toccavano con grazia e riguardo.
Erano diverse da quelle di prima, c’era meno irruenza, meno passione.
Cosa c’era? Amore?

Frank voleva scoprirlo.
Alzò le palpebre pesanti e si perse.
Si perse nel verde di due occhi immensamente belli.
Erano vicinissimi ai suoi, poteva distinguere ogni ciglia, ogni pagliuzza che ravvivava il suo sguardo.
Uno sguardo preoccupato. Uno sguardo dolce e buono, buono come lo quello di sua madre quando era piccolo.
Quello sguardo era… casa.
Le mani lo avevano sistemato sul sedile, avevano agganciato la cintura di sicurezza ed erano scomparse.
Una ciocca di capelli corvini gli aveva sfiorato il viso, quasi volesse continuare il lavoro smesso delle mani.
Il profumo del ragazzo era salito dal collo, così vicino al volto di Frank.
E Frank si ricordò di aver nuotato in quel profumo, di essersene riempito la testa.
E poi, ebbro, aveva richiuso gli occhi, lasciandosi cadere in un sonno senza sogni.


Di scatto si alzò e butto le coperte a terra.
Un giramento di testa da movimento lo costrinse a serrare gli occhi e a prendersi la testa tra le mani.
Una striscia di fuoco gli bruciava la pelle là dove quelle dita lo avevano accarezzato, e quel profumo lo sommerse nuovamente.
Se ne ricordò ogni singola traccia.
Ma Gerard non era lì.

Si guardò il corpo vestito e scese dal letto.
Sul comodino un foglio. Era un semplice post-it giallo.
Lo prese con cautela e lo lesse.
Con una grafia minuta, disordinata ma al contempo elegante, quelle mani che lo avevano accarezzato con tanta dolcezza avevano scritto un messaggio per lui.

“Scusa se mi sono permesso di frugare tra le tasche, ma pensavo fosse sbagliato portarti da me più giusto portarti a casa tua. Perdona l’intrusione. Ti ho riportato anche la macchina. Gerard

Sul comodino si trovavano una mazzo di chiavi e quelle della macchina.
Allora era tutto vero.
Rilesse il biglietto.
“Sbagliato portarti da me”… era cancellato alla bell’e meglio, ma si poteva ancora leggere.
Sbagliato.
Lui era sbagliato.
Una lacrima scese a rigargli la guancia.

Era in tutto e per tutto uguale a quella che aveva rigato la guancia di Gerard mentre scriveva quelle poche righe.
A volte gli uomini si inventano una propria verità, unicamente per poter ignorare quello che in realtà sentono nel cuore.
Ma la verità non si può inventare.
Gerard lo sapeva.
Aveva intrappolato la goccia sulla punta dell’indice magro, lo aveva sfregato col pollice.
Si era poi abbassato sulla figura del ragazzo che dormiva sul letto.
Aveva passato il pollice umido sulle sue labbra, e toccato fugacemente con le sue la fronte di Frank.
Alla sua pelle aveva poi soffiato la buona notte.



Grazie per essere arrivati fino alla fine. Un bacio ^^ 
  
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