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Autore: LoveChocolate    18/03/2011    2 recensioni
Un antico forziere contenente la Spada del Potere, due re a contendersela, un ladro e una schiava con il compito di trovarla.
Ramis, capo della banda di ladri chiamata Banda del Vento, viene incaricato da un re creduto morto di recuperare il forziere contenente la Spada D'oro, custodito su un'isola creata e protetta da un mago, che da a chiunque la possiede l'autorità di sovrano del regno di Arcuanta. Ma Ramis non conosce il contenuto del forziere e affronta, insieme al resto della banda, un viaggio pieno di pericoli e difficoltà, accompagnato da una misteriosa schiava con capacità innate e segrete...
Genere: Avventura, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Massur salì sul carro e prese il posto del conducente, Ramis, invece, tenendo la ragazza per un braccio, aprì la portiera in legno e vi fece entrare la schiava.
In un movimento fulmineo, entrò anche lui e, richiudendo la portiera, le tappò la bocca con la mano.
Lei gli afferrò il braccio e tentò di dimenarsi per qualche secondo, poi però si calmò.
All’interno del carro, intenti a giocare una partita a scacchi, c’erano Veda e Chilè.
Chilè, ovviamente, stava vincendo.
Veda non indossava cappucci né protezioni, e il suo ritratto era più che somigliante.
La ragazza non avrebbe faticato tanto a riconoscerla, e magari, presa dalla paura per essere davanti ad una pericolosa criminale, avrebbe iniziato a gridare attirando l’attenzione.
Ramis non poteva permettere che tutti i piani andassero a monte per colpa di una semplice schiava.
Veda e Chilè interruppero la partita sconcertati per lo strano comportamento di Ramis, il quale disse ad alta voce: -Massur, parti.
Il carro iniziò a muoversi, e Ramis afferrò un tovagliolo che era gettato lì vicino, facendolo passare fra i denti della ragazza e legandoglielo dietro la nuca.
-Ramis, cosa diavolo stai combinando?-, domandò Veda alzandosi.
Ricadde l’attimo dopo sulla sedia, a causa del movimento del carro.
Chilè sogghignò fra sé e sé.
Ramis si tolse il cappuccio e si pose davanti alla ragazza imbavagliata, che era caduta contemporaneamente a Veda.
La guardò dritta negli occhi, quegli occhi neri e profondi che, più della paura, esprimevano curiosità.
 
Clio si era ritrovata nel giro di mezzo minuto con dei nuovi padroni che l’avevano fatta salire su un carro e imbavagliata.
Come inizio non era esattamente positivo.
Il ragazzo che l’aveva afferrata per un braccio e che l’aveva fatta entrare di forza nel carro, lo stesso che l’aveva imbavagliata pochi secondi prima, ora le si era parato davanti senza cappuccio, e si accingeva a togliersi anche la bandana.
Questa scoprì un occhio azzurro e intenso ma, soprattutto, un sopracciglio tagliato da una cicatrice obliqua lunga almeno quattro centimetri.
La ragazza sapeva di averlo già visto da qualche parte, ma non ricordava dove.
Socchiuse gli occhi cercando di sforzarsi, quando il suo sguardo si posò di nuovo, stavolta in modo meno distratto, sulla ragazza dai capelli corti seduta al tavolo intenta a giocare a scacchi.
Lei, sicuramente l’aveva già vista.
Improvvisamente ricordò anche dove: in un ritratto.
In un ritratto appeso in città, il ritratto di una taglia.
Quei due erano dei criminali. I suoi nuovi padroni erano dei criminali.
Ed ecco che alla curiosità, soggiunse la paura.
Però non gridò, né si dimenò.
Il ragazzo che le si era parato davanti, la teneva ancora per un braccio rendendole impossibile togliere quel fazzoletto che le impediva di parlare.
Si limitò a fissare gli occhi azzurri del ragazzo cercando di nascondere la paura: d’altronde, pensò, ne aveva passate di peggiori.
Il mercante di vasi era sicuramente il peggiore dei peggiori criminali, se era sopravvissuta a lui poteva sopravvivere a tutto.
Inoltre, pensò, fra di loro c’era anche una ragazza. Una ragazza che sembrava abbastanza tranquilla, che parlava anche senza permesso e che, quindi, non era una schiava.
Una ragazza che veniva rispettata e completamente vestita.
Era un buon segno.
 
Quando Ramis capì che la ragazza non avrebbe dato problemi, le si avvicinò e, lentamente, sciolse il nodo sulla sua nuca.
Lei si limitò a continuare a fissarlo.
-Ci hai riconosciuti?-, domandò lasciando, con altrettanta lentezza, il braccio della schiava.
Lei annuì, passando il suo sguardo da lui a Veda, e poi di nuovo a lui.
-Hai paura?-, domandò poi.
Lei sembrò pensarci un attimo, poi abbassò gli occhi e mormorò: -Un padrone è sempre un padrone.-, come se fosse una frase che le avevano insegnato quando era piccola, e che era abituata a ripetere.
Il ragazzo sospirò e annuì.
Fece per uscire per mettersi al posto del conducente insieme a Massur, ma poi si bloccò e si voltò di nuovo verso la ragazza: -Dimenticavo: hai fame?
 
Clio spalancò gli occhi sorpresa.
Era il suo padrone, era un criminale e le chiedeva se avesse fame?
Colta dalla sorpresa, non rispose. Non riuscì a rispondere.
Poi l’ometto dietro di lei, quello che stava giocando a scacchi, intervenne: -Oh, ma certo che ha fame. Vieni, ti prendo qualcosa da mangiare.-, si avvicinò a lei e la tirò su.
Clio era sempre più meravigliata.
Il ragazzo, senza dire niente, chiuse la portiera lasciando i tre da soli.
L’uomo con gli occhialetti aveva l’aria divertita, mentre la ragazza la guardava curiosa, quasi sospettosa.
Lei abbassò lo sguardo, come si concerne ad una schiava in presenza dei suoi padroni, e aspettò paziente che l’uomo le porgesse un piatto con tre pagnotte di pane e un bicchiere d’acqua.
E poi osavano chiamare quelli criminali?
 
 
 
  
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