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Autore: Izumi V    19/03/2011    4 recensioni
Ad un tratto, facendo scorrere nuovamente lo sguardo su di loro, notò qualcosa che la prima volta le era sfuggita.
Più indietro, nascosto alla vista dal resto dei compagni, qualcuno sembrava seguire i suoi occhi.
E finalmente, si incontrarono.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Nami | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scorci di vite
 
 
“Come ‘sempre piante sono’?! Sei o non sei un garzone tuttofare? Stai molto attento, perché ti rimando dritto da dove sei venuto!” gli intimò Nami, precedendolo verso i meli sul lato ovest del giardino.
“Bene – continuò, una volta che si furono fermati – cominceremo dai meli, poi ci sono i peri, i fichi, le palme, i cespugli di rose, le aiuole di violette e ciclamini…”
“Sé, sé, ho capito… piuttosto, mi è concesso chiedervi cos’è quell’albero secco e morto vicino all’ingresso della villa… lì, nell’angolo sud-est? Dev’essere morto da anni, come mai non lo avete ancora abbattuto?”
“Ah, allora un po’ di piante ne capisci! Quello… quello è il mio albero di mandarini. Quando ero piccola, e la mia matrigna era ancora viva, quell’albero era bellissimo, rigoglioso e profumato. L’avevamo piantato insieme a mia sorella, quando non era ancora una zitella isterica. Ci dava molta frutta e mi arrampicavo spesso sui suoi rami nodosi…sembrava destinato a non perire mai.
Quando poi Bellemer, la mia matrigna, morì, ero io ad occuparmene. Sebbene cominciasse a mostrare i primi segni, continuava a fiorire ad ogni primavera. E io ero felice, perché avevo qualcosa di cui occuparmi, come un bambino.
Ma venne il giorno in cui smise di vivere. Fu il giorno in cui mi venne detto che, prima di morire, per assicurarmi un futuro tranquillo, Bellemer mi aveva promessa a quel mostro di Absalom.
Nonostante il bene che le ho voluto, non riesco a non provare rancore nei suoi confronti per una scelta tanto sconsiderata…non ha pensato anche a me, ai miei desideri??”
Nami terminò il racconto più accaldata di quanto non fosse all’inizio. L’unica persona con cui avesse mai discusso di ciò era Bibi, ma non toccavano quell’argomento da anni ormai. Tornare a parlarne ora, le riaccese nel petto la fiamma della frustrazione. Una fiamma che l’aveva logorata per tutto quel tempo, repressa nel suo animo.
 
“Ma Bellemer ha fatto quella scelta difficile proprio perché ha pensato a voi e ai vostri desideri!”
Nami, che era ancora immersa in cupe riflessioni, si stupì nel sentire Zoro parlare in tono tanto dolce e saggio. Lo guardò meravigliata.
“Se ci pensate, Absalom è molto vecchio, ed è probabile che presto lascerà questo mondo. Vi troverete così tutta la sua grande fortuna nelle mani, e potrete finalmente dedicarvi a ciò che vi piace davvero. Pochi anni di matrimonio le saranno sembrati poca cosa in confronto al beneficio che vi avrebbe dato la sua morte. Bisogna considerare che siete anche molto giovane… non faticherete a trovare un altro uomo che sia disposto a prendervi in moglie.”
Zoro terminò il discorso chinandosi verso un paio di cesoie, nel mucchio di aggeggi che aveva fatto cadere per terra alla rinfusa, ai piedi di un melo.
 
Nami, invece, continuava a fissarlo a bocca aperta.
A parte il fatto che con quelle semplici parole era riuscito ancora una volta a farle battere forte forte il cuore,
… ma come poteva un semplice sguattero ragionare in modo tanto razionale?
E cosa poteva saperne lui della politica di un matrimonio?
Accidenti, cosa nascondeva quell’uomo misterioso?
 
“Scusa Zoro, ma tu come fai a sapere tutto ciò?” si decise finalmente a chiedergli, mentre lui cominciava a darsi da fare sui rami dell’albero, e lei controllava il suo meticoloso operato con il viso sollevato nella sua direzione.
Piccole gocce di sudore imperlavano il volto abbronzato del ragazzo, e i suoi muscoli erano tesi nella fatica. La maglietta sgualcita e logora che copriva il suo ampio torace non riusciva a nascondere totalmente la sua fisicità scultorea.
Com’era bello.
“Allora?”
Nami riscosse se stessa e il suo interlocutore, che ancora non le aveva risposto.
 
Ignorando la domanda, quest’ultimo scese dall’albero, per dedicarsi al secondo. Nel silenzio più totale che si era creato tra di loro, aveva fatto un lavoro ottimo.
“Zoro… ti ordino di rispondere alla mia domanda!” non le piaceva dare ordini, ma in quel caso ci voleva. Zoro aveva deliberatamente ignorato la sua domanda… la sua curiosità era stimolata al massimo.
Con un sospiro, finalmente anche lui si decise a parlare.
“Il problema… è che non lo so neppure io…”
 
“Come, scusa?”.
Aveva capito bene?
“Cosa vuol dire che non lo sai? Non sai dove hai studiato?”
“Ma io non ho mai studiato… almeno, non mi ricordo di aver mai studiato…” rispose lui, tutto concentrato nel suo lavoro.
“Eh no, ora basta. Zoro scendi immediatamente dall’albero!”
Nami non aveva assolutamente intenzione di lasciare tutto a metà, ma se quello avesse continuato a tagliuzzare alberi non si sarebbe mai dedicato completamente al discorso che stavano facendo.
“Mia signora, mi spiegate come faccio a lavorare se voi me lo impedite?” chiese quello, stizzito. Evidentemente, non aveva nessuna intenzione di continuare il discorso. Motivo in più per andare a fondo della faccenda.
 
Ormai arresosi all’evidenza di non poterla più evitare, Zoro fermò il suo lavoro e la guardò negli occhi a lungo, prima di sospirare e cominciare a parlare.
Solo a fatica Nami sostenne il suo sguardo per qualche secondo… avrebbe voluto dire qualcosa, ma la mente le si era come svuotata di tutto. L’aveva incantata.
Con un tono piatto che la ragazza non seppe interpretare, il ragazzo prese a raccontare la sua storia.
 
“Sono un garzone da molto tempo ormai… non che mi ricordi cosa fossi da piccolo, ma da quando ne ho memoria giro per le corti d’Italia al servizio di questo o quel signorotto, riverendo con finte moine damigelle smorfiose e le loro ancora più presuntuose madri. Beh, anche se mi costa uno sforzo enorme, non mi è mai pesato più di tanto. Non ho mai abbandonato nessun padrone fino a quando quest’ultimo non mi avesse riscattato di sua sponte, con una paga più elevata del solito. Insomma, sapevo quando era l’ora di levare le tende.
Ma quello che mi fa più rabbia è che con tutta la fatica che ho fatto, ancora non sono in grado di garantirmi un futuro autonomo, lasciandomi alle spalle il passato di miseria in cui ho vissuto. Probabilmente, il mio destino è quello di fare lo schiavo per la vita…”
Nami ascoltava quelle parole con una morsa al cuore.
Più ne sentiva, più le veniva voglia di regalargli tutto ciò che aveva. O riscattarlo, almeno.
Ma poi dove sarebbe andato? Cosa avrebbe fatto della sua vita?
 
Eppure, andando a turbare l’onda dei suoi tristi pensieri, una nuova sensazione le riempì il petto, spingendola a dirgli, con tutta l’animosità che aveva: “Ti sembrano discorsi da fare? Che fai, ti vuoi forse arrendere alla vita? Sei un uomo, non un bambino! Sei abile in tutto ciò che fai, hai un cervello e due mani… puoi fare qualsiasi cosa! E ti metti a piangerti addosso in questo modo!!”
 
Zoro la fissò sorpreso e allucinato. “Ma dove l’ho pescata una così?!” pensò, limitandosi solo a uno sbuffo annoiato e a un’occhiata perplessa in sua direzione.
Nami, sentendosi sotto accusa sotto quello sguardo penetrante, arrossì violentemente in viso, perdendo per qualche minuto il suo proverbiale pallore. Cominciò a balbettare parole senza senso, per poi riprendersi e intimargli sbrigativa che continuasse il racconto.
 
Zoro, guardandola prima con malizia, riprese a parlare tranquillamente.
“Comunque… mi rendo conto di aver avuto fortuna nella mia vita. Non sono mai rimasto per più di una settimana senza un incarico, e questo è probabilmente dovuto al mio ‘cervello’, come voi avete avuto la cortesia di precisare, e vi ringrazio di cuore – aggiunse, con un sorrisetto ironico, al quale Nami rispose con un’occhiata fulminante – … sì, insomma, ho saputo sempre dimostrare ai miei padroni che ero uno con la testa, sapevo sempre cosa fare e quando farlo nel momento esatto in cui volevano che fosse fatto. Mi sono occupato di mansioni che solitamente sono lasciate a soggetti di più elevato stampo: per esempio, ho gestito per qualche periodo la contabilità di un borghese di Verona. Naturalmente, questi incarichi extra sono spesso tenuti segreti… pensate che scandalo, se si fosse venuti a sapere che quell’uomo affidava il proprio denaro a un pezzente!” a quel punto Zoro si interruppe, riflettendo sull’amaro significato che avevano per lui quelle parole. Nami intanto lo ascoltava in silenzio, rapita dalla sua voce, dai suoi gesti, dalla sua storia, e sempre più stupita da ciò che veniva a sapere sui tanti talenti nascosti del ragazzo. Non vedeva l’ora di arrivare al nocciolo.
 
“Dov’ero rimasto? Ah, certo. Beh, l’anno scorso ero a Bologna, presso una ricca famiglia che aveva portato a termine un affare, a sua insaputa, con un criminale. Diciamo che sono stato loro molto utile nel risolvere la faccenda senza richiedere l’intervento delle autorità…”
“Cosa avete fatto??” lo interruppe Nami, curiosa.
“Ehm… questa è un’altra storia! Tornando alla mia, si può dire che abbia sempre mostrato capacità più elevate di quel che ci si sarebbe potuti aspettare da uno come me… cosa che mi fu utile, come ho detto, a cavarmela con relativo successo per tutti questi anni. La domanda che ovviamente mi è stata posta più volte (e che penso vi stia frullando in testa da un po’) è dove ho imparato a fare quello che so fare, e perché mi sia ridotto a fare quello faccio nonostante tutto…”
Perfetto, finalmente ci era arrivato. Al culmine della curiosità e della concentrazione, Nami aveva drizzato le orecchie.
“… la risposta è che non lo nemmeno io!”
 
“Come?!?” non poteva crederci. “Cosa vuol dire! Non puoi non sapere nulla!!!”
“Guardate che ve l’ho già detto prima, non ho la più pallida idea di cosa fosse la mia vita prima dei miei schifosissimi 18 anni, età in cui mi ricordo di essere stato ceduto al mio primo padrone. Chi era? Ah, sì, un vero bast… ehm, maleducato.”
Nami continuava a rimanere di stucco ogni volta che quello faceva così. Un garzone che addirittura evitava una parola volgare, qualcosa di straordinario!
“Chi era quell’uomo? Fu cattivo con voi?”
“Non più di chiunque altro. Ma era impossibile capire cosa volesse. Era freddo, distaccato, e sembrava mi odiasse senza nemmeno conoscermi. Mi prelevò con crudeltà direttamente da quella specie di orfanotrofio dove ero stato cacciato insieme a più di cento altri ragazzi nella mia stessa condizione, senza genitori e senza soldi. Non mi chiedete come fossi finito lì, perché mi ricordo solo il mattino in cui mi ci sono svegliato. Manco a dirlo, comunque, quel tipo era un lontano parente del re di Spagna, Filippo II…”
“Spagna?! Sei stato in Spagna??”
“E’ quello che ho detto! È stato il primo posto dove sono stato messo a lavorare…”
“Ma come facevi per la lingua?”
“Per la lingua? Io lo spagnolo lo conosco meglio delle mie tasche, seňorita…”
 
Oddio. Non ce la faceva più. Ogni volta che Zoro apriva bocca, le faceva venire un infarto. Un servo poliglotta! Questa era il massimo. Nami cercò di rimettere in ordine un po’ le idee…
Allora, nato in Spagna, aveva studiato alla perfezione l’italiano, ed era in grado di parlarlo come un madrelingua. Tirato via di peso da un orfanotrofio, era subito finito sotto l’ala di nientepopòdiché un parente del re di Spagna. Trasferito poi in Italia, era stato al servizio di moltissime ricche famiglie e corti, per poi ritrovarsi nel suo giardino, con alte conoscenze di botanica, manovalanza, contabilità… e chissà quanto altro ancora.
Era davvero troppo per lei.
 
“Ma come ci siete finito qui in Italia? Mi hanno sempre detto che la Spagna è meravigliosa, ricca di possibilità e molto forte militarmente.”
“Sicuro, infatti mi è ancora oscuro il motivo per cui, da un giorno all’altro, dopo 5 anni di leziosa fedeltà, quell’uomo mi ha cacciato dalla sua reggia, con un po’ di soldi in tasca e la severa raccomandazione di farmi notare il meno possibile e continuare a spostarmi da una città all’altra.”
 
Quante cose… troppe cose! A Nami girava quasi la testa.
“Ma… ma chi era quell’uomo?” era l’unica domanda che, tra mille, era riuscita a formulare.
“Un certo… aspettate com’era… Orso Bartholme… us…ew… non mi ricorso bene, erano tre anni fa quando l’ho lasciato…” rispose quello, distratto.
A quanto pareva, non si rendeva conto della straordinarietà del suo racconto.
 
Alla fine, avevano entrambi finito le parole. Un riflessivo silenzio calò tra di loro.
 
Zoro pensava al pranzo.
 
Nami invece rivedeva con la mente tutto ciò che aveva udito. Come in una fiaba, immagini fantastiche prendevano vita nella sua mente, mostrandole un uomo coraggioso e avventuroso, in giro per il mondo, che faticava per farsi una vita vera che forse non avrebbe mai avuto.
In pratica, l’uomo della sua vita.
 
E fu rendendosi conto proprio di quello, dell’impossibilità di un ipotetico, utopico e felice futuro insieme, che Nami scoppiò a piangere per la seconda volta in quella giornata.
 
Zoro rimase di stucco, spalancando gli occhi dalla sorpresa e dall’imbarazzo.
Si guardò intorno per vedere se c’era ancora qualcuno. Nessuno.
Talmente presi dalle loro parole, non si erano resi conto di essere rimasti soli.
Acquistato un po’ più di coraggio con questa scoperta, Zoro si avvicinò a Nami, con cautela, quasi non volesse disturbarla.
 
La ragazza intanto, senza ritegno o vergogna, aveva affondato il viso nelle mani, e lasciava che le lacrime le rigassero il volto, implacabili.
Con delicatezza, Zoro appoggiò le mani sulle spalle di Nami, scosse dal pianto.
E poi, forse con più irruenza, la strinse a sé, avvolgendola nelle sue braccia forti e abbronzate, che risaltavano sul collo e sulle braccia bianche di lei.
Posando la testa sulla sua, chiuse gli occhi, cullandola nel silenzio rotto solo dai singhiozzi e dai loro respiri.
Tenendola stretta al sé, Zoro percepì un sentimento di tenerezza avvolgergli il cuore, sentendo l’esile corpo di Nami legato al suo in modo così profondo.
Il ragazzo spostò la mano sui capelli di lei, accarezzandoli con dolcezza.
Intanto, i singhiozzi si spensero, con il pianto che ormai era solo un ricordo, il petto che si alzava e si abbassava e la respirazione che tornava regolare, mentre profondi sospiri riempivano ancora l’aria.
 
Il silenzio più assoluto li avvolgeva.
Solo come echi lontani, le voci provenienti dalla villa permettevano loro di mantenersi ancorati alla realtà, per non immergersi del tutto nel sogno che sembrava loro di vivere.
Nami finalmente si era calmata, le mani non più intente a nasconderle il viso, vergognose, ma appoggiate al petto di colui che l’abbracciava.
Zoro, accorgendosi che lei aveva smesso di piangere, si scostò appena, per guardarla in faccia.
Questa sollevò il viso, arrossendo quando lui le accarezzò la guancia non più pallida.
 
Rimasero in silenzio, contemplandosi uno negli occhi dell’altro.
“Siete bellissima” disse Zoro, ammirandone i grandi occhi castani, i lineamenti sottili e raffinati, ma tremendamente sensuali, che la caratterizzavano. Un bocciolo prezioso, destinato a diventare un fiore ancora più bello. Se solo quella gemma avesse avuto la libertà di scegliere quale fiore diventare, lui avrebbe saputo aiutarla a crescere nel modo più bello…
“Anche tu non sei male! – rispose lei a un fil di voce, birichina – dimmelo ancora, ma sta volta dammi del tu…”
 
Zoro le sorrise, ma non fece tempo a dire altro, che sentirono la porta della villa sbattere con foga, e videro una figura avanzare verso di loro, correndo.
Realizzarono in fretta che, chiunque fosse quella persona, l’unica cosa che non doveva succedere in quel momento era di trovarli abbracciati. Si separano bruscamente, rompendo quella dolce magia.
Fu solo quando la figura arrivò a pochi metri da loro che riconobbero in essa la giovane Bibi, la quale si avvicinava rossa in viso, gli occhi illuminati.
Avvicinandosi, la sua espressione tradì la confusione nel vederli vicini, con il lavoro di potatura appena iniziato. Ma non fece commenti, dando sfoggio della discrezione che in lei Nami apprezzava tanto.
 
Si bloccò giusto un secondo per prendere fiato, e permettere a Nami di notare la lettera che stringeva nelle mani.
Poi si drizzò in piedi e aprì la lettera, leggendo in un fiato:
“Mia carissima e purtroppo sconosciuta signorina Nami, le porgo le mie scuse nell’informarla che non mi è più possibile mantenere fede alla promessa di matrimonio che legava le nostre persone. Le chiedo quindi di non chiedermi nessuna spiegazione né di cercarmi per nessun motivo, forse era destino che non potessimo conoscerci. Suo, Absalom II di Verona.”
 
“C-COSA??”
 
 





Oddio-adesso-cosa-succede???????
 
Zonami84:   Fantastico!! Tanto entusiasmo mi lusinga!!! Finalmente dopo una settimana torno a scrivere, non vedevo l’ora! In questo capitolo ci diamo proprio al diabete, non ti pare? Ahahah è che sono davvero troppo belli quei due! Un bacione, al prossimo capitolo! ;)
 
Stargirl99: Tieni a bada la tua anima pervertita, se no la mia si offende!!! Eheh no dai niente bagnetto, meglio potare meli… anche se meglio ancora sarebbe rimanere soli con Zoro nel giardino!! ;) grazie mille!

E grazie a tutti quelli che leggono soltanto!! Alla prossima! 
  
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