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Autore: nainai    20/03/2011    3 recensioni
“You Belong to Me I Believe”
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Safe and sound
 
And all my hopes and dreams
Aren't for anyone
I keep them safe and sound

And hope this picture is
Not yours anymore
But can you hear me now?

The dead stop dreaming
I’ll set ablaze this life
Your shadow keeps me bright

So try and stop me
Or suffocate this light
Because I can burn all night

Until my heart stops beating
You’ll never hear me say
I'm backing down

If I say,
Its lost its meaning
If I can’t find my way
It’s over now

But I won't
Walk away
 
“Safe and sound”
G. Way e K. Himuro
“Final Fantasy Advent Children Complete Soundtrack”
 
-È stato molto crudele da parte tua. Smettila di ridere! è stato crudele davvero, Frank. Quella poveretta stava per sentirsi male sul serio e…Mi stai ascoltando?
-Sinceramente? No. All’incirca da quando siamo usciti dal portone.
Gerard sospirò. Avevano camminato per mezz’ora buona, a passo anche piuttosto sostenuto, Frank era una delle poche persone che conosceva che riusciva a ridere e…correre senza rimanere a corto di fiato. O di energie. Era una cosa di lui che lo aveva sempre divertito.
Il fatto è che Frank era una delle poche persone che conosceva che riuscivano a trovare sempre e comunque “un motivo per riderci su”. Magari quello gli era anche un po’ mancato negli ultimi due anni. Sospirò, non riusciva ad essere davvero arrabbiato. Eppure da quando avevano lasciato Sarah – e ce n’era voluto! quella piccola peste sembrava davvero sul punto di collassargli davanti, Gerard non si era mai sentito così a disagio in vita propria! – Frank non aveva fatto altro che prenderlo in giro con una familiarità così inusuale tra loro…almeno nell’ultimo periodo delle loro vite.
-Dove stiamo andando?- chiese Gerard quando realizzò che in quella mezz’ora di strada non si era ancora informato sulla loro meta.
-Ah, in un posto.- rispose Frank facendo il vago.
Il cantante sospirò più forte, stavolta spazientito, e cambiò bruscamente rotta, obbligando anche il più piccolo a piantare una frenata al centro del marciapiede, inciampando maldestramente nel primo distinto passante in giacca e cravatta che veniva loro incontro.
-Ragazzino, attento a dove metti i piedi! - strepitò quello.
-Mi scusi, mi scu…Ehi! Ragazzino a chi, stronzo?!
Gerard lo recuperò per la collottola prima che Frank gli si gettasse al collo e si scusò con l’uomo.
-Tenga a bada suo fratello!- lo rimproverò il tizio incravattato.
-Sì, beh, ci provo, ma lui fa un po’ quello che gli pare. È come un animale domestico.- commentò Gerard con un sorriso di circostanza.
-“Animale domestico” lo dici a quel cretino del tuo vero fratello, Way!- protestò Frank quando ripresero a camminare affiancati nella nuova direzione scelta dal cantante.- E poi si può sapere dove cazzo stai andando tu adesso?!
-Ho fame.- annunciò Gerard. Inforcò gli occhiali scuri, calcò il cappellino che portava sulla testa e s’infilò nel primo fast food che trovò.
-Non lì, assassino e cannibale!- sentì provenire dalle sue spalle.
Chiuse la porta in faccia al chitarrista e si fece strada fino al bancone.
La ragazza dietro la cassa era bionda, carina, un tipino acqua e sapone con i capelli raccolti in una coda ordinata, la faccia da brava ragazza ed un sorriso dolcissimo sul viso.
Gerard si rese conto che su una cosa Frank ci aveva preso in pieno: aveva un disperato bisogno di vedere altri esseri umani. Bastò che lei gli alzasse in faccia due occhioni azzurrissimi e che la sua vocetta gentile gli chiedesse cosa voleva, perché Gerard si sentisse sgravato del peso di quei tre giorni infernali.
Le sorrise anche lui, togliendosi pure gli occhiali per risponderle ed al diavolo la possibilità di farsi riconoscere! Non sarebbe morto per due autografi in più.
Quando uscì dal locale trovò Frank ad aspettarlo, seduto su un idrante e con l’aria scazzata. Ridacchiò, addentando con gusto il proprio hamburger, e lui tirò fuori una faccia schifata che lo fece morire dal ridere, tanto da rischiare seriamente di strozzarsi con il boccone. Frank gli batté premurosamente sulla schiena - prendendoci gusto a tirargli sberle! – e poi si abbassò a controllare che respirasse, mentre Gerard, piegato in due, riprendeva fiato a respiri corti ed ansanti.
-Questa è la punizione divina.- commentò il più piccolo cattivo.
-No, questo sei tu che sei uno stronzo!- ritorse l’altro a fatica. Ma quando Frank lo mandò al diavolo ed invertì nuovamente la strada per tornare da dove erano arrivati, Gerard sbraitò un insulto a caso e lo seguì.- Però il panino lo finisco, che ti piaccia oppure no!- gli gridò dietro.- Ne vuoi un po’, Frankie?
Non che si aspettasse di meno di un medio alzato in risposta.
***
-Ti ho già detto che sei uno stronzo?
Avrebbe avuto voglia di rispondergli di “sì”. Sia perché effettivamente non gli ripeteva altro da ore, sia perché sì – appunto – Frank era stato uno stronzo. Ed anche uno di quelli seri.
Invece non lo fece, non gli rispose “sì” e, per la verità, non gli rispose affatto.
Cazzo. Non pensava che guardarlo in faccia in quel momento sarebbe stato così complicato, Gerard fissava la porta del negozio come se stesse guardando la bocca dell’Inferno e la sua espressione era la stessa identica di un condannato a morte.
Di sicuro quello era un fottutissimo supplizio…
-Dai, non farla tanto lunga!- lo rimbeccò comunque il chitarrista, rivestendosi di una strafottenza che non sentiva per nulla ma che gli era indispensabile per fare quello che doveva.- È solo un negozio! Mica ti ingoia!- lo derise spintonandolo in avanti con una risata sarcastica.
Gerard si piantò saldo al terreno, tanto che a Frank parve di prendere a manate un muro. La rabbia con cui l’altro lo guardò per un momento gli fece diventare il sangue ghiaccio liquido. Merda.
-Beh, io vado lì dentro.- affermò secco Frank, infilando le mani nelle tasche dei jeans e ricambiando quell’occhiata.- Se pensi di non farcela, ci si vede a casa.- lo sfidò.
Stava giocando sporco, merda, stava giocando sporchissimo!
Ascoltò il suono del campanello sulla porta come se fosse stato il segnale d’ingresso in un mondo diverso, parallelo. Dentro il negozio di fumetti c’era silenzio, colore, odore di carta e di plastica nuove. A parte lui c’erano solo altri tre ragazzi ed il negozio era abbastanza grande perché non si dovesse stare tutti uno addosso all’altro, lo apprezzò. Stava girovagando naso all’insù, verso gli scaffali della Marvel, quando il suono del campanellino ruppe a metà il discorso che il proprietario del negozio ed uno dei tre ragazzi stavano facendo, qualcosa sui nuovi episodi di Star Wars – nemmeno se li ricordava i nuovi episodi di Star Wars! – Frank non ebbe bisogno di girarsi per indovinare di chi fosse la presenza che gli si era avvicinata in un silenzioso rancoroso. L’astio che avvertiva era così concreto che se si voltava avrebbe toccato quello prima ancora di Gerard, quasi fosse una barriera fatta di odio che avevano drizzato tra di loro.
Sfilò un volume dal raccoglitore che recitava “X-man” sulla targhetta.
-Lo hai letto questo?- s’informò in tono pratico, facendo vedere la copertina colorata all’altro di fianco.
Gli rispose un silenzio più lungo e più pesante, si girò per cercarsi da solo le risposte che non arrivavano e Gerard ricambiò la sua espressione di attesa con la propria ferocia.
-…che cazzo di domande idiote fai?- scandì a voce bassa e lenta.- Lo sai che li ho letti tutti.
Frank lo sapeva, infatti.
-Beh, io no.- commentò con leggerezza. Prese a sfilarne degli altri, senza senso e senza ordine. Gerard lo guardava, ogni tanto Frank gli gettava un’occhiata per assicurarsi che fosse vivo e respirasse ancora, ma quello sembrava comunque e sempre sul punto di mettersi ad urlare. E non urlava ancora. Non ancora, non ancora, non ancora…- Che dici? visto che li conosci così bene potresti darmi un consiglio.- suggerì.
Gerard deglutì a fatica.
-…sei fuori di testa…Frank?
-No, io no.- sputò lui breve e deciso.- Tu invece sì. Di sicuro non sei la persona che conoscevo, Gerard, non quella che reputava questi – ed alzò i volumi che reggeva tra le mani – il suo vero sogno. Perché quando ti ho conosciuto io la band non era che una delle cose, Gerard Way ne aveva talmente tante ed era talmente pieno di quelle cose che non riusciva a stare un attimo zitto. Mi ci hai riempito la testa pure a me, sai.- aggiunse con un sorriso triste. Ricacciò al loro posto i fumetti, mettendoli dentro con cura per non sgualcire le copertine, ed intanto continuava a parlare- La band era una, è vero, Gerard, ma cazzo! quando ti vedevo seduto a disegnare mi sembrava che potessi isolarti dal mondo intero, che solo in quel momento fossi davvero felice come non eri nemmeno sul palco. Era una dimensione tutta tua, che credi? che non ce ne accorgessimo, noi altri, che ci chiudevi fuori? Come diavolo hai fatto a perderti una cosa così, Gee?
Ma gli rispose ancora e solo il silenzio. Sospirò. Voltando le spalle e guardandosi attorno, il proprietario ed il tizio che parlavano di Star Wars erano passati a parlare di fumetti, avevano alzato il tono di voce progressivamente ma Frank non riusciva a sentirsene infastidito, ridevano e sembravano così entusiasti di quello che stavano facendo…
Qualcosa gli urtò il braccio con un colpo leggerissimo, abbassò gli occhi per vedere ciò che Gerard gli stava porgendo, senza guardarlo. Frank prese in automatico il fumetto dalle sue mani.
-La band era di tutti. Era questo che mi faceva pensare fosse più importante. Almeno finché non mi hai fatto capire che per te non era così.
***
Brian guardò prima Ray e poi Mikey: nessuno dei due sembrava davvero convinto di ciò che stavano per fare e lui non aveva difficoltà a capire il motivo di quella loro insicurezza. Di solito erano Frank o Gerard quelli che affrontavano da soli le interviste, di solito erano loro quelli preparati a parlare a ruota di cose non preventivate prima. Ed invece, stavolta Gerard e Frank manco ci sarebbero stati lì, con loro, a Ray e Mikey sarebbe toccato prendersi un po’ delle responsabilità degli altri due e caricarsele addosso, resistendo al fuoco incrociato di una conferenza stampa spinosa. Si grattò la testa. Forse aveva sbagliato valutazione…magari dare la possibilità ai diretti responsabili di parlare e spiegare le proprie ragioni sarebbe stata la soluzione migliore.
Ray intercettò le sue perplessità voltandosi a guardarlo e gli sorrise incoraggiante.
-Che sarà mai, Brian!- esclamò fiducioso.- Li conosciamo i giornalisti, no?
-Uhm.
-Non fare quella faccia!- insistette l’altro ridendo.
-No, ma che faccia!- lo rintuzzò Brian sbrigativo.- Mikey?- s’interessò subito dopo, visto che il più piccolo restava zitto, mani in tasca, fissando la gente assiepata nella saletta preparata per la conferenza.
Il Way minore lo guardò di sbieco, senza riuscire nemmeno a fingere un po’ della tranquillità che Toro ostentava.
-Sono o.k.- mentì comunque.
-Beh, cerca solo di non perdere le staffe se dovessero dire qualcosa di…poco carino…su tuo fratello.- consigliò Brian.
-Se loro non lo dicono è meglio.- ribatté Mikey con un tono che all’altro non piacque affatto.
-Se non ve la sentite…- provò a suggerire.
-Cosa?- lo zittì rapido il bassista voltandosi del tutto stavolta, per affrontarlo bene faccia a faccia.- Mandi a monte l’intervista così la Warner dovrà solo stringere per passare sui nostri cadaveri?- gli chiese breve e secco.- Noi ci abbiamo sputato il sangue per questa band, Brian, e tu lo sai meglio di chiunque altro. Ed io non lascerò che tutto vada al diavolo per una stronzata fatta da un fan.
-Da tuo fratello.- lo corresse duro Brian.
-Da un fan.- ribadì asciutto Mikey.- Perché se al posto di Gerard ci fossi stato tu, o io, o Ray o chiunque altro di noi, avrebbe fatto la stessa cosa.
-Sì, ma…
Mikey sorrise, in un modo storto e disilluso che non gli apparteneva affatto ma che veniva su dal repertorio preferito dell’altro dei fratelli Way; Brian si rese conto per un momento di quanto quei due si somigliassero al di là delle differenze evidenti.
-Non preoccuparti, ai giornalisti questo non lo diciamo.- promise Mikey ironicamente.
Brian provò ad intervenire ancora, ma fu Ray stavolta a mettergli una mano sulla spalla e tirarselo vicino, mentre il ragazzo più giovane tornava a scrutare le teste oltre il fondale con il logo “My Chemical Romance” in rosso su nero.
-Accontentati.- disse il chitarrista.- Sia perché sai che è vero, sia perché è giusto così. Non puoi chiederci di biasimare Gee, noi siamo sempre stati una cosa sola, Brian, tu lo sapevi quando ti sei preso il compito di aiutarci. Adesso fai parte del gruppo, quindi accontentati. Staremo alle regole del gioco solo perché questa cosa è più importante e noi faremo di tutto per difenderla, per tutti noi, ma non chiederci di condividere l’opinione di quella gente.
-Ray!- si lamentò il manager sconsolato.
Lui scosse la testa. Poi sorrise, per davvero stavolta.
-Sai…in realtà era un pezzo che non eravamo così insieme come in questa storia. Magari saremmo dovuti scendere anche io e Mikey da quel palco a fare a pugni.
-Magari!- commentò divertito il bassista voltandosi a scambiare un’occhiata d’intesa con il compagno di band.
Brian non rispose nulla. Si disse che almeno sembravano entrambi più rilassati.
***
Alicia accese la TV. Davanti a lei, in un colpo di luce, apparve l’immagine sorridente e serena di Mikey, poi il sonoro e la voce tranquilla e modulata che spiegava con pazienza ad uno dei giornalisti che “sì, Gerard era davvero molto dispiaciuto di quello che era successo. E così anche Bob e Frank”. Uno spiacevole incidente, così lo aveva classificato suo marito, confortato dalle parole di Ray al suo fianco. I due si scambiavano sguardi e sorrisi mentre parlavano, cercando nell’altro l’appoggio che non trovavano nella platea sotto di loro.
Qualcuno insistette: perché non erano stati i diretti interessati a venire a chiedere scusa? Ray rispose sinceramente, la casa discografica riteneva non fosse ancora il momento per loro di rilasciare interviste ma la posizione dei My Chemical Romance su quello che era successo era – come sempre – comune, quindi loro esprimevano lo stesso pensiero di Gerard, Frank e Bob.
Alicia sospirò. Sul tavolino accanto al divano il cellulare che Mikey aveva lasciato a casa s’illuminò e vibrò leggermente. Lei posò il telecomando sul divano e si spostò a prendere il telefono, il display segnalava un nuovo messaggio da Frank. Lo aprì: “Mi dispiace”. Sorrise. A Mikey avrebbe fatto piacere leggerlo quando fosse tornato.
Abbassò il volume della televisione e tornò a ciò che stava facendo. In camera da letto aveva disfatto la valigia del marito, ammucchiando i vestiti alla rinfusa tra i cuscini e spalancando armadio e cassetti per rimetterli a posto. Cominciò a piegare magliette e camicie.
Lei, per assurdo, si sentiva la persona meno indicata del mondo per vivere quello che stava succedendo. Era la ragazza di Mikey da…aveva perso il conto – rise. Ma non credeva che questo giustificasse la sua presenza in quel momento. In quei tre anni di matrimonio lei e Mikey avevano vissuto in un bozzolo, si adoravano al punto da aver potuto dimenticare ogni cosa fosse all’esterno di quel mondo ideale. Era stato abbastanza difficile per Michael ritornare di colpo alla realtà quando Frank aveva annunciato a tutti che sarebbe andato via, lei più di chiunque altro aveva dovuto capire quanto a fondo potessero essere arrivate le parole del chitarrista.
Mikey, chiaramente, aveva nascosto tutto dietro i suoi “quel bastardo sta facendo soffrire mio fratello come un cane!”, ma lei lo vedeva bene che, in realtà, a soffrire come un cane era anche lui. E non solo perché quella storia gli aveva tolto Frank – e Frank era comunque il suo migliore amico! – ma perché gli aveva tolto anche Gerard. Da allora, da quando erano tornati dal Project, Gerard era cambiato. Si era allontanato così tanto da tutti loro da sembrare quasi inaccessibile. Prima avevano pensato che fosse Lyn-z, in fondo erano appena sposati, ci stava che volessero vivere assieme, solo loro due. Poi avevano capito che lei non c’entrava, si erano accorti che Gerard non sorrideva più, non scriveva più. All’improvviso era una pianta senza fiori e senza frutti, un albero sterile al centro di un giardino costoso – ciò che i MyChem erano diventati – ed era stato fin troppo facile – per Mikey più di tutti – associare quel dolore al tradimento di Frank.
-E la crisi all’interno della band? Girano voci che vi scioglierete ancora prima che il tour riprenda.
Dalla televisione Mikey rispose, controllando il tono di voce.
-Noi non siamo mai stati in crisi.- mentì disinvolto.
Alicia non sapeva se fosse vero, se Gerard avesse smesso di vivere per colpa di quel sogno andato in fumo. Era uscita la storia di Lindsay e Jimmy, era una giustificazione in fondo, no? Brian che diceva a tutti che dovevano tornare in sala di registrazione, i ragazzi che si stringevano attorno a Gee per fargli sentire che non era solo comunque, Frank che tornava ed era un estraneo per tutti loro… Alicia si ricordava della cena che Jamia aveva preparato per salutare quel ritorno del gruppo, Ray e Bob avevano stretto la mano di Frank con freddezza. Gerard e Lyn-z nemmeno c’erano. Mikey non aveva guardato nessuno.
Lei aveva abbracciato Frank, ed era freddo e rigido nel suo abbraccio proprio come Gerard.
-Bentornato a casa.- gli aveva detto.
Lui aveva sorriso, ma lei non era riuscita a riconoscerlo comunque.
Dal salotto una giornalista petulante chiese a Mikey se fossero vere le voci che volevano il figlio che Lyn-z stava aspettando come figlio di un altro. Ebbe la decenza di non specificare, ma la risatina che le sfuggì in ogni caso era sufficiente a far provare un brivido ad Alicia, non le ci volle molto ad immaginare cosa stava provando Mikey. Lui ci mise un po’, la voce uscì sforzata stavolta.
-Non c’è nulla di vero. Gerard amava sua moglie ed era ricambiato e lei aspettava il loro primo figlio.- sussurrò in tono basso e sofferto.
Ray doveva avergli posato una mano sulla spalla. Alicia sapeva che da quel momento in poi avrebbe risposto lui a tutte le domande, non avrebbe permesso che torturassero ancora Mikey. Lo sapeva, perché sapeva come funzionavano le cose tra loro.
Per questo non aveva potuto fare altro che abbracciare Frank quella sera. Qualunque cosa fosse successa, lui era uno di loro e scendendo da quel palco dietro a Gerard lo aveva soltanto ricordato a tutti.
Il telefono di casa squillò. Alicia appese la stampella con l’ultimo paio di pantaloni, chiuse l’anta dell’armadio e tornò in salotto, alla televisione c’era una VJ che non conosceva che presentava una trasmissione nuova, spense prima di aprire la comunicazione.
-Pronto?
-Ciao, Aly. Come va, tesoro?
Sorrise.
-Ciao, Mikey.- rispose dolcemente.- Dovrei fartela io questa domanda.
-Mi hai visto?
-Più che altro, sentito.- ammise lei.- Però eri molto carino!- commentò allegramente.
Mikey rise, sembrava stare bene. Alicia si appuntò di ringraziare Ray ma, siccome c’erano veramente troppi motivi per cui farlo, sapeva che non ce ne sarebbe stato alcun bisogno. Magari poteva preparare una crostata, ma Christa era sempre stata più brava di lei in cucina! Rise di se stessa.
-Che c’è?- le chiese suo marito.
-Pensavo che sono una moglie pessima!- ammise divertita.
-Non è vero!- protestò lui.
-Ti è arrivato un messaggio da Frank.- lo avvisò Alicia.- Dice che gli dispiace.
A Mikey non serviva altro per capire di cosa parlasse. Anche se non poteva vederlo, Alicia se lo immaginò stringersi nelle spalle ma sorridere felice. Sorrise anche lei.
-Non è stato così terribile.- sminuì Mikey.
-Ah, dillo a lui! In ogni caso, sei stato talmente bravo che tuo fratello ti costringerà a farlo più spesso, vedrai!- lo prese in giro.
-Ti prego.- sospirò lui affranto.- Lo ha già detto Brian.
Alicia rise ancora.
-…che dici?- gli chiese poi.- La organizziamo noi, stavolta, una cena per il ritorno della band?
 
Nota di fine capitolo della Nai:
Solo per ringraziarvi tutti – e soprattutto i nostri cinque (qui lo sono ancora!) “eroi”!
MEM
  
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