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Autore: Maria Sole Cullen    20/03/2011    2 recensioni
Cosa c'è dopo la frase- e continuammo a occuparci beati di quella piccola parte, ma perfetta, della nostra eternità-? Possibile che la storia finisca li?. Tutte le cose lasciate in sospeso qui avranno risposta.
(Ogni bacio della mia nuova vita mi faceva tornare in mente quelli leggeri e accorti della mia precedente esistenza. Una delle cose che ricordavo con più chiarezza era l’atroce sofferenza che provava Edward ogni volta che mi sfiorava. Immaginai il veleno sgorgargli dalla bocca a pochi centimetri dalle mie labbra calde e morbide, il desiderio devastante di sentire il liquido denso e caldo bagnarli le labbra lasciando un aroma che solo il mio sangue poteva dargli. La confusione che provava doveva essere tremenda quando la sua mente imponeva alle labbra di allontanarsi dalle mie per non mettermi in pericolo. Il pensiero mi fece quasi venire sete e mi avvinghiai ancora di più a lui pensando che adesso non doveva più soffrire. Edward sorrise compiaciuto.
questo è solo una assaggio, andate a curiosare.
(è la mia prima ff quindi siate clementi)- Lasciate recensioni-
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                       La risposta che volevi

 

La prima cosa che vidi quando riaprii gli occhi fu il viso di un ragazzo biondo accoccolato accanto a me, era lo stesso che aveva salvato la bambina il giorno prima. Non riuscii a sentirmi infastidita da quel gesto, in effetti, nemmeno lo conoscevo.

Il pavimento sotto il mio viso era bagnato dalle lacrime e le guancie appiccicose e rosse. Mi sedetti a terra, lentamente, portando le ginocchia al petto, per colmare il vuoto che avevo dentro e mi stropicciai gli occhi cercando di levare via le ultime tracce delle mie lacrime.

La collana  che avevo al collo tintinnò e il viso del ragazzo accanto a me si mosse impercettibilmente. Fissai il suo volto trattenendo il respiro, per non fare rumore, ma dopo pochi secondi aprì gli occhi. Sembrava sorpreso e saventato ma non prestai molta attenzione a lui, ero impegnata a scacciare via le lacrime.

Si sedette per terra, proprio nella mia stessa posizione, mi fissò senza parlare e sospirò appena vide che le lacrime stavano ricominciando a rigarmi il volto, quasi volesse consolarmi.

Io nascosi la testa fra le gambe, cercando di fuggire da quello sguardo.

Dopo qualche minuto, con voce squillante il ragazzo mi parlò.

“Ma tu sei umana?”chiese pensieroso, abbassando la testa da un lato, come se volesse studiarmi da un’altra angolazione. Mi costrinsi ad alzare gli occhi.

Avevo tantissime domande da fare a quel ragazzo. Che era un ibrido come me era fuori dubbio, ma come era possibile? Ero convinta che gli unici esemplari al mondo fossimo io Nhauel e le sue sorelle.

Quella domanda mi confuse, non aveva ancora capito che ero come lui?

“no”risposi, e fui sorpresa da quanto risultasse strana e cupa la mia voce dopo una notte di pianto.

“Ma non sei nemmeno un vampiro, perché prima dormivi, e perché sento il tuo cuore battere forte” disse avvicinando la sua mano al mio petto, quasi a toccarlo, ma poi la ritirò immediatamente, incerto e impaurito. Questa non era una domanda ma risposi comunque.

“No”

Tornò a fissarmi, con i suoi strani occhi azzurri. Fino a quel momento non mi ero resa conto del colore degli occhi del ragazzo, e nemmeno di quanto fosse bello.

La pelle pallida si accordava perfettamente con il suo sguardo blù, le labbra rosse e carnose e i capelli biondo grano.

“Io sono......” dissi incerta se fosse la cosa giusta da dire.

“Come te, credo” Me ne pentii immediatamente. Si spostò a velocità incredibile a sei metri da me, fino a raggiungere il muro più lontano della stanza.

“No, tu non sei uguale a me,non puoi essere come noi, tu sei più...... giusta”

Non capivo, perché avevo fatto paura a quel ragazzo?

“In che senso sono più giusta di voi, che cosa vuol dire?” chiesi confusa.

“Tu non sei uno sporco ibrido, non puoi esserlo, non lo sembri”

Aveva l’aria di essere un complimento, ma ancora non capivo.

“Sporco ibrido, e perché mai i vampirastri dovrebbero essere sporchi ibridi, nessuno mi ha mai chiamato in questo modo” continuai, cercando di tranquillizzare il ragazzo. Sembrava agitatissimo e nervoso.

“Ma se sei un ib.......una di noi, perché sei già grande, perché Jane non ti ha spedito in questa stanza appena sei nata?”

Non risposi, non riuscivo a dare un senso alle sue parole.

“Chi sei” chiesi per cercare chiarire la situazione.

Lui sembrò sorpreso da questa domanda, ma anche felice, sorrise timido e balbettò.

“N-nness-ssuno mi aveva mai fatto una domanda del genere.”

“E perché mai?” chiesi io, sempre più confusa.

“Noi non siamo esseri degni di attenzione, non dovremmo esistere, tutta la nostra vita è uno sbaglio”

“ E chi vi ha detto una cosa del genere?” domandai sbalordita. Nessuno mi aveva mai considerata in quel modo. Mia madre mi aveva sempre trattato da figlia, proprio come qualsiasi madre avrebbe fatto, forze anche meglio.

“I padroni” rispose lui, non avevo bisogno di chiedere chi fossero questi padroni per capire che i volturi si erano presi gioco di quei ragazzi.

“Noi siamo speciali, non è una brutta cosa” dissi ripetendo le parole che aveva usato mia madre tre anni prima.

 Lui scosse la testa inorridito.” Non dovresti pensare certe cose, se Jane lo venisse a sapere ti ucciderebbe subito”

Non arrivando a nessuna conclusione decisi di chiedergli un po di lui, per capire meglio chi era.

“ Chi sono i tuoi genitori?”

“Io non ho genitori” rispose subito senza guardarmi. Quante menzogne avevano raccontato i volturi a questi ragazzi?

“Ma certo che ce li hai, come credi di essere nato.”

Fece una smorfia, mentre si riavvicinava piano a me.

“Nessuno lo sa, per questo siamo esseri sbagliati. Nessuno ci conosce fino in fondo, siamo dei mostri, incatenati tra due mondi, nessuno si sente pienamente vampiro o pienamente umano. Jane dice sempre che se seguiremo i suoi ordini il padrone prima o poi ci consegnerà ad uno dei due mondi e ci darà la felicità”  

Quasi sorrisi per le fantasie di quelle parole, quindi questi poveri bambini credevano che prima o poi sarebbero diventati vampiri o umani. Perché si credevano così sbagliati? Io non mi ero mai sentita così.

“Non è la verità” dissi ma lui mi ignoro. Era incredibile che parlassi con tanta disinvoltura ad un ragazzino che nemmeno conoscevo.

“posso sapere come ti chiami?” chiesi, per cercare di rompere la tensione che si era creata.

Si alzò in piedi spaventato, spalancando gli occhi. Si coprì la bocca con le mani per soffocare un urlo. Io lo guardai allarmata.

“cosa c’è che non va?” chiesi porgendoli una mano per invitarlo a sedersi di nuovo. Lui mi ignorò.

“Tu hai un nome?”  gridò sorpreso

“Certo che c’è l’ho, tutti hanno un nome” che razza di domanda era.

“Tu hai un nome, non ci posso credere, chi è che te l’ha dato?”

“Vuoi dirmi che tu non hai un nome, è una cosa ridicola, come è possibile”

“ Nessuno di noi c’è l’ha, non ne siamo degni, e poi chi ce lo dovrebbe dare, visto che non abbiamo genitori?”

“si che li avete, solo che nessuno vi ha detto chi siano, tua madre deve essere per forza umana, se no non ti avrebbe potuto portare in grembo, e tuo padre un vampiro, è così che sono nata io.”

“Non è bene mettersi certe idee in mente, è sbagliato” disse.

Lo ignorai.

“Bhè da adesso avrai un nome, come vuoi chiamarti?” Non rispose.

“Va bene Zac?” Ancora silenzio.

“Allora da oggi in poi, ti chiamerai Zac”

Continuai sorridendogli.

Improvvisamente un sorriso smagliante si aprì sul suo viso. Il volto duro e serio di quel ragazzo, si trasformò in una maschera di felicità.

“Io mi chiamo Zac?” Disse indicando il suo corpo.

“Solo se lo vuoi tu, se non ti piace si può cambiare”

“Zac è ... perfetto.”

Quando un po di sorpresa si sciolse sul suo volto, tornò a fissarmi.

“E se dici di avere un nome, qual è?” chiese.

“Renesmee, ma tutti mi chiamano Nessie, è più semplice da pronunciare” Lui sorrise.

“Ciao Nessie” disse

“Ciao Zac”risposi, e lui sobbalzò di felicità nel sentire il suono del suo nuovo nome.

Poi si rabbuiò ancora.

“Ma credo comunque che pensare certe cose sia sbagliato.”rispose cupo.

Mi rassegnai e non insistetti più.

Mi accorsi che tutti i ragazzini che avevo visto il giorno prima, dormivano su dei cuscini enormi che coprivano gran parte del pavimento,in un angolo della stanza.

“Da quanto tempo state qui?” chiesi a Zac girandomi verso i bambini.

“Da quando siamo nati” Rispose sovrappensiero, giocando con il lembo di un cuscino che aveva tra le braccia.

“Io sono stato il primo ibrido a nascere, quello che ha dato origine alla mia razza o almeno così credevo “ disse indicandomi. “Tu sembri poco più grande di me. Almeno così mi hanno fatto credere i Volturi, e per il fatto di essere stato il primo della mia razza, sono considerato il più spregevole. 

Non so quanti anni ho precisamente, ero troppo piccolo per ricordarmi il giorno della mia nascita, e nessuno me lo ha riferito, ma credo di avere poco meno di tre anni.

Il ricordo più vecchio che ho, è quello di Jane che mi portava dentro questa stanza. Quasi tutti i giorni entrava e controllava che non fossi scappato, mi sgridava, dicendomi che la mia esistenza era totalmente assurda, insisteva nel dire che non dovevo esistere,che ero l’essere più sbagliato del mondo, che lei mi stava proteggendo, perché fuori la gente mi avrebbe ucciso e che dovevo ringraziarla per la sua generosità, che di certo non meritavo. Ogni volta mi torturava, diceva che non gli portavo rispetto, e che non ero degno nemmeno di rivolgere la parola a un essere giusto e puro come lei. Non ho ancora capito come faccia a fare quell’effetto ma è una cosa terribile. Sono cresciuto così, tra il dolore, ormai sono quasi abituato alla tortura, l’ho inserita nelle cose normali della mia vita, se la mia si può chiamare realmente vita.  ” La voce era tremante, sembrava stesse per piangere. Poi si ricompose e sorrise.

“Dopo sei mesi arrivarono i miei fratelli, uno dopo l’altro. Il primo è stato quel bambino” disse indicando un bambino bruno sui cuscini che sembrava avere otto o nove anni.

“Sono stato quasi un padre per loro, nonostante con alcuni ho pochi mesi di differenza, li ho cresciuti, e li ho protetti da Jane. Volevo risparmiare loro quello che avevo passato io. Ma credo di aver fallito.

L’ultima arrivata è lei” Mi indicò una bambina che sembrava avere poche settimane. Era in braccio ad un altra ragazzina, un po più grande di lei, che dormiva beata, con la schiena appoggiata ai cuscini e la piccola in braccio. Nell’espressione della neonata, c’era qualcosa di molto familiare, ma non capii che cos’ era.

“è bellissima vero? Ha quattro giorni, non sa ne parlare ne camminare. È  dolcissima  ed è la nostra piccola speranza. Spero che per lei il futuro sia un po diverso”

Aveva gli occhi sognanti, persi nel viso della piccolina.

“Perché non dai un nome anche a lei? Se speri che il suo futuro sia diverso, perché non iniziare dal nome?”

I suoi occhi si illuminarono.

“Sei tu il fratello maggiore, come la vuoi chiamare?”

Ci pensò su un’attimo.

“HOPE,speranza” decise infine.” Sono sicuro che il suo nome gli porterà fortuna.

“ Ne sono certa anche io” sorrisi.

Che pena che provavo per quei poveri ragazzi, dovevo perdere tutto per capire quanto ero fortunata. Io avevo ricevuto amore, loro solo dolore, eppure cosa avevamo di diverso io e Zac?  Appartenevamo allo stesso mondo, ma lui considerava il suo spregevole e sbagliato, io consideravo il mio, perfetto e accogliente. Quale era la verità?

Ad un certo punto mi venne un’idea.

“Zac io posso aiutare Hope, posso aiutare tutti voi, vi farò da madre, almeno finchè starò qui, la piccola riceverà tanto amore, proprio come si merita. Racconterò alla bambina come è il mondo fuori, le meraviglie che ci sono e un domani, giuro solennemente, che Hope avrà la libertà, tutti voi l’avrete, vi aiuterò io a conquistarla.” Mi sentivo orgogliosa di me stessa. Avevo trovato un compito importante, qualcosa su cui impegnarmi. Volevo già bene a quei poveri vampirastri sfortunati.

Il suo sorriso si accese, mi fisso negli occhi, gonfi di pianto e mi abbracciò all’improvviso.

“grazie” disse.

“Ti posso chiedere una cosa?”disse dopo qualche minuto. Sorrisi come risposta.

“Perché sei qua? E cosa hai fatto fin ora, dove vivevi?”

Pensai a cosa rispondere. Alla prima domanda nemmeno io sapevo la risposta. Aro insisteva nel dire che era perché la mia famiglia voleva rubare il potere, ma io sapevo che non era così, era l’ultima cosa che volevano.

“ Non so perché sono qui , mi hanno rapita. Io vivo a Forks, hai presente dove è ?”

“No” fece lui “Mi dispiace.

“abito lì con tutta la mia famiglia.

Mia madre mi ha dato alla luce poco prima di essere trasformata da mio padre, ha quasi dato la vita per me.”

Lui si rabbuiò

“ti devono mancare molto, adesso non potrai più vederli”

“Noo” urlai io alzandomi in piedi di scatto.

“Certo che li rivedrò, loro stanno venendo a prendermi, insieme al mio Jacob, si ne so o certa. Io non posso restare qui, ho troppo da perdere. Mia madre, mio padre, E probabilmente Jake proverebbe ad uccidersi, è una legge, nessuno può vivere senza l’oggetto del suo imprinting, mi devo SPOSARE, glielo ho promesso il giorno del falò, loro non mi abbandoneranno mai, sono troppo importante per la mia famiglia, io non posso rimanere qui, io non voglio, non voglio.”

Scoppiai in lacrime e mi riaccasciai a terra.

Lui si avvicinò a me e mi accarezzò i capelli.

“shh, stai tranquilla, sono sicuro che verranno,stai tranquilla”

Quasi mi presi a schiaffi per cercare di calmarmi.

Lui sorrise e mi alzò il viso.

“prova a raccontarmi di loro, magari ti senti meglio”

La mia mente schizzò subito a Jake.

“Io non posso rimanere qui, perché ho preso un impegno, mi devo sposare. Jacob me lo ha chiesto pochi giorni fa, ci ho messo un po per prendere una decisione, ma adesso capisco che non c’è niente che vorrei di più di lui in questo momento.”

Le mie mani scivolarono alla catenina che avevo al collo, eccolo il suo pegno d’amore, il suo anello di fidanzamento, se così si può chiamare.  Girai la conchiglia tra le dita, brillava alla luce tenue della stanza. All’interno  le parole catturarono la mia attenzione. PER SEMPRE TUO, PER SEMPRE MIA.

Possibile che quel per sempre si fosse tramutato in pochi anni, tre anni della mia vita perfetta, ma che era gia finita. Ricordavo perfettamente le parole che aveva usato per convincermi a sposarlo. In effetti, a sentirla sembrava una cosa ridicola. Anche se avessi avuto i sedici anni che dimostravo, sarebbe stato comunque un passo affrettato per qualsiasi altra coppia al mondo. Non che avessi paura che dopo qualche anno non mi avesse più amato. Era impossibile, tra noi l’amore era intrecciato alla magia.

“Non ha senso aspettare” aveva detto con gli occhi sognanti che di solito aveva quando mi guardava.

“Ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo, niente cambierà fra dieci cento o mille anni. Io rimarrò così, tu rimarrai così, più o meno. Quanto potrai crescere ancora? Due, tre anni massimo, Non ha alcun senso sposarci fra qualche anno se sappiamo che tutto rimarrà stupendamente, magnificamente perfetto come oggi.” Poi mi aveva baciata come mai aveva fatto, probabilmente aveva conservato quel bacio per quel momento tutta la vita.

Non ero mai stata tanto confusa come in quel momento, ero felicissima ma anche triste, Non sapevo che fare, mi sentivo piccola. Naturalmente mia madre mi aveva dato una mano. Lei riusciva sempre a trovare le parole giuste, e capiva sempre i miei problemi. Aveva indovinato subito, che il mio umore era legato a Jacob.

Non avevo fatto in tempo a rispondere però. Quando l’avevo rivisto dopo aver parlato con mia madre, Daphne mi aveva portata via con la forza. Lui era preoccupatissimo  per la mia risposta.

Quanto avrei voluto dirgli in quel momento.

“Certo Jake, Certo che ti sposo. Ti amo e niente cambierà d’ora in avanti. Rilassati, perche il mio cuore apparterrà a te per l’eternità, ma tu in cambio mi devi dare il tuo, e lo terrò con me per sempre”

E avrei continuato a tenerlo anche in quella stanza che mi aveva fatta prigioniera.

  
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