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Autore: Nicknothing    20/03/2011    3 recensioni
Contiene spoiler, il racconto è infatti una sorta di seguito alternativo su quelle che sono le vicende dopo l'ultima puntata della 3° serie.... se non avete visto tutto allora vi consiglio di non leggere in quanto i riferimenti al passato sono sparsi in tutto il racconto.
Detto questo...
Dopo la sconfitta di Morgouse e la scomparsa di Morgana camelot è distrutta dentro. Il principe Artù prende le redini del regno senza usurpare il padre e parte, accompagnato solo dal suo servitore alla ricerca dei famosi cavalieri che andranno poi a costituire la cosiddetta tavola rotonda.
La storia (che qui è semplicemente introdotta) prevede dei risvolti romantici e delle lotte interiori tra i due personaggi principali, spero che questo non vi disturbi :)
Genere: Avventura, Comico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Terza stagione, Nel futuro
Capitoli:
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I personaggi di questa storia ovviamente non mi appartengono
Salve a tutti!
Inizio con il dire che l’ispirazione mi ha abbandonato, aimè! xD
Purtroppo questo capitolo dovevo scriverlo e l’ho scritto, ma non me ne sento pienamente soddisfatto, per niente.
Temo che i capitoli mi piacciano solo quando molto introspettivi, o quando molto attivi … questo che è una via di mezzo mi delude e non so spiegare perché esattamente.
Spero in un vostro parere per aiutarmi a risolvere questo dilemma e vi lascio a questa strana lettura.

Grazie a tutti, buon divertimento e a presto!

Nick

Alla ricerca dei cavalieri di Camelot 

Nona parte


La notizia dell’arresto di uno stregone aveva varcato le mura del castello in lungo e largo, il suo nome però era ignoto ai più.
Gaius con qualche stratagemma “medico” era riuscito ad allontanare quanta più gente possibile dalla sala del trono: se la notizia si fosse diffusa anche in quel senso non ci sarebbe stata più speranza per Merlino. Gaius lo sapeva, il ragazzo sarebbe uscito di lì, il ragazzo sarebbe sopravvissuto e lui aveva tutte le intenzioni di salvarlo.
Cercando una soluzione a quella situazione drammatica, seguì le guardie che scortavano il mago giù nelle segrete. 
Era più complicato del previsto, per accedere a quella sezione delle prigioni bisognava superare tre ronde, quando ne ebbe la certezza si allontanò senza farsi vedere.
Cercando una soluzione nella scienza, come sempre, il medico si diresse nel suo studio. Magari qualche erba avrebbe fatto il loro gioco.

Le sale dei cavalieri erano varie e sparse in giro per il castello, ma ce n’era una in particolare che era sempre frequentata: quella dell’allenamento.
Lì, negli anni passati, Artù si era divertito a umiliare giovani e vecchi, soldati e civili. Al pensiero di tanta e inutile superbia si sentì male: tutto ciò sarebbe costata la vita a un ragazzo, all’unico che potesse definire realmente un amico.
Aveva deciso di agire in fretta, tempo non ne aveva più. Le riflessioni e i ripensamenti lo avevano portato in prossimità del tramonto. Così, uscito di corsa dalla sua stanza si era diretto alla ricerca di Ginevra. Nonostante la partenza di Morgana, la ragazza era ancora nel castello, in fondo  quello era il suo unico lavoro.
La incontrò vicino le cucine, tirandola in un angolo le spiegò la situazione guardandosi attorno con circospezione. Fu conciso e sbrigato, non si erano detti molto, e la serva era un po’ delusa, ma appoggiava pienamente l’idea di Artù, bisognava liberare Merlino prima che fosse troppo tardi.
Sotto la sua richiesta, quindi, Ginevra era andata a chiamare alcuni tra i più fidati cavalieri di Camelot: Lancillotto, Gwaine, Elyan e Parsifal.
Lui li aspettava tutti in quella sala, seduto tra gli scudi cerimoniali e le spade da combattimento. ­E loro arrivarono tutti, uno dopo l’altro,mentre la sua pazienza scalpitava.


-Sapete cosa è successo,  sapete cosa sta per succedere e non ho intenzione che questo accada.-
Esordì Artù passando i volti di ognuno di loro sperando di potersi fidare.
Ginevra, aveva informato gli uomini, ma non aveva detto loro per quale motivo erano stati convocati. Certo avevano sentito dello stregone, ma non sapevano chi fosse e non sapevano che in quel momento Artù si riferisse a lui.
I quattro infatti lo guardarono con aria interrogativa.
Artù sempre più spazientito spiegò loro cosa era successo e che per questo Merlino era stato condannato a morte. Evitò loro di dire che a tradirlo era stato lui, non voleva dover dare ulteriori spiegazioni.
Per qualche minuto nessuno disse nulla. Il silenzio stava per far esplodere la collera di Artù che in quel momento ce l’aveva con se stesso, ma non vedeva l’ora di poter riversare sul mondo quell’amaro risentimento.

Lancillotto, semplicemente, abbassò gli occhi come investito da una consapevolezza troppo pesante per essere sopportata così all’improvviso. Poi prese parola per tutti.
-Io sapevo, è da quando sono venuto la prima volta a Camelot che lo so. Se non fosse stato per lui, e la sua magia, sarei morto nel tentativo di salvarvi, Artù. Quel ragazzo è buono, vi vuole bene e non posso permettere che venga ucciso. Mi ha aiutato quando ne avevo bisogno, si è esposto per me, io sono con voi e ho intenzione di fare lo stesso per lui- Il suo discorso aveva probabilmente attirato l’attenzione di Parsifal. 
Il cavaliere non era di molte parole ma il suo cuore era puro, e questo lo narreranno le leggende che ancora si possono sentire dopo millenni. Come c’era da aspettarsi appoggiò la causa senza fare una piega. 
La risposta di Gwaine era ovvia, non aveva nulla contro la magia, ma aveva tanto da dare a Merlino, forse troppo perché potesse dirlo così davanti a tutti. Quel ragazzo era stato come un fratello, e l’idea che dovesse morire per come era nato era inconcepibile ai suoi orecchi.
Alla fine erano tutti d’accordo, anche Elyan aveva accettato a unirsi alla brigata conscio delle innumerevoli volte in cui lo stregone aveva aiutato la sorella.
Artù tirò un sospiro di sollievo e sollevò la mano dal pomello della spada finalmente rilassandosi.
-Se non aveste accettato avrei dovuto uccidervi- disse con tutta la naturalezza di questo mondo mentre i cavalieri si guardavano l’un l’altro con aria incerta.
Gli uomini c’erano, il problema ora era trovare il modo di far evadere il mago. L’unica cosa certa era che doveva lasciare Camelot… farlo realmente era un altro discorso.
Ginevra e Gaius arrivarono correndo proprio in quel momento.
La sala, solo 10 minuti prima deserta, ora conteneva più di una mezza dozzina di persone. 
-Ho pensato che…- Esordì la ragazza mentre giustificava la presenza del medico di corte lì in quella stanza.
-Gwen sei sicura che…insomma non vogliamo coinvolgerti Gaius, è troppo rischioso- la interruppe Artù in bilico tra il potersi fidare e il dover diffidare. Il medico gli lanciò un occhiata che se fosse stato possibile lo avrebbe incenerito.
-Mio principe, ti sbagli di grosso se credi che io non voglia salvare il mio unico figlio!-, lo disse con un ardore e una prontezza tali che per un attimo il principe rimase stordito, quei due non erano mica imparentati.
Lo stesso Gaius si sentì in imbarazzo nel chiamare Merlino così, in pubblico.  Ma era vero, in quegli anni, non aveva fatto che conquistarsi l’affetto e la fiducia di molti, non potevano abbandonarlo.
Alla fine tutti insieme progettarono la fuga del ragazzo.


Il piano era semplice,  Ginevra sarebbe scesa nelle segrete per portare alle guardie del primo livello qualcosa da mangiare, Gaius li avrebbe quindi drogati con delle erbe di modo che dormissero senza dare alcun fastidio.
Lo stesso sarebbe avvenuto per gli altri due livelli.
Il piccolo manipolo formato da Artù, Elyan, Lancillotto e Parsifal, invece, avrebbe proseguito per le strettole delle segrete in cerca della cella del mago. Lì si sarebbero divisi, Artù sarebbe andato con Merlino verso le grate, mentre gli altri sarebbero tornati indietro. Alle grate, le stesse attraverso le quali tempo prima Mordred era fuggito, Gwaine  avrebbe aiutato Merlino a scappare con due cavalli, accompagnandolo lontano da Camelot.
Il piano era semplice, dovevano solo metterlo in atto subito.
Seguendo le indicazioni, Gwen si avvicinò con un vassoio pieno di pollo fumante e un sorriso disarmante alle guardie. Li guardò entrambi fingendosi in imbarazzo, era particolarmente brava quando si trattava di conquistare un uomo.
Visto  che i due erano ormai in balia della naturale e spontanea femminilità della ragazza, lei si decise a parlare per una sorta di colpo di grazia.
-Dalle cucine vi mandano questi, miei soldati. Spero gradiate- fece lei con un tono amabile.
Artù, che da dietro il colonnato osservava la scena, notò una spaventosa somiglianza tra Gwen e la sua padrona; queste femmine sapevano essere letali, si disse.
La risposta inaspettata di una delle guardie però ruppe l’idillio.
-Gradiremmo ancor di più che tu ti fermassi a banchettare con noi, sai, qui non viene mai nessuno- Concluse l’uomo con tono lascivo.
Quello era un imprevisto, non potevano intervenire senza insospettire le guardie, e Ginevra non poteva rifiutarsi se voleva che quelli mangiassero.
Il tempo scorreva e la mano di Artù sbiancava sempre di più mentre stringeva con forza il pomello della sua spada.

Cercando di salvare il salvabile, Ginevra si sedette alla destra di quello che aveva parlato, l’altro sembrava più tonto, aveva una sorta di sorriso vuoto che la spaventava più delle avances dell’altra guardia.
I due iniziarono a mangiare, il pollo profumava veramente tanto. Ginevra si era occupata del “furto” ; le cucine conservavano sempre gli avanzi degli abbondanti pasti del re. Lei però non aveva avuto l’occasione di mangiare quella sera, e questo la tradì. 
Fu solo un lieve brontolio del suo stomaco,  la guardia la guardò male.
-Ma voi dovete avere fame!- , nonostante avesse la bocca piena e nel parlare sputacchiasse un po’ ovunque, l’uomo esordì tentando di apparire quanto più galante possibile

-No, davvero, non c’è bisogno che..- Intervenne lei pronta prima che l’altro la interrompesse nuovamente.
-esigo che ne mangiate anche voi!-, convinto così di acquistare la fiducia della serva, il soldato concluse quella discussione, non permettendo alla donna nessuna possibile risposta.
Gwen lanciò un occhiata di sbieco dove sapeva trovarsi il principe. C’era una sorta di supplica in quello sguardo. Il principe annuì consapevole e abbassò lo sguardo, Ginevra non poteva rifiutarsi.
Avevano già perso troppo tempo,fortunatamente  in 5 minuti i tre finirono a russare chini sul loro tavolino in compagnia della dama di corte. 
I quattro cavalieri passarono loro accanto per accertarsi che stessero dormendo. Elyan, lanciò un occhiata esasperata verso la sorella e passò da parte a parte i due uomini che le dormivano accanto con uno sguardo.
Si rivolse ad Artù, atteggiando la sua, per quanto possibile, a una richiesta nobile: -e se dovessero svegliarsi prima loro…?-. non ebbe il tempo di terminare Artù annuì rapidamente concedendogli di restare a controllare la sorella, -accertati anche che non scenda nessuno-.

Il rumore dei loro passi rimbombava per tutto il corridoio. La pietra li rimandava raddoppiandoli, e, per quanto si sforzassero di muoversi silenziosamente,  sembrava ugualmente che per quelle strade stesse scendendo un esercito.
Avevano perso le pietanze drogate, Gwen era fuori gioco e non sapevano come fare a proseguire.
Lancillotto e Parsifal si guardarono incerti, c’erano altri due livelli di guardie da superare, e nessuno di loro tre aveva un idea valida.
Decisero di improvvisare. Dopo alcune comprensibili esitazioni, Lancillotto e Parsifal uscirono dall’ombra del corridoio, entrando così nel disco di luce della zona dove stavano le guardie. La copertura stava per saltare, ormai ne erano certi.
Salutarono gli uomini lì seduti con un cenno del capo.
-Siamo stati mandati qui per darvi il cambio- Esordì Lancillotto rivolgendosi loro, mentre cercava di nascondere il nervosismo della sua voce.
I due si guardarono senza capire, il loro turno sarebbe dovuto durare almeno altre 2 ore, non bisognava essere troppo intelligenti per capire che qualcosa non quadrava.
Parsifal indietreggiò di un passo; Artù dall’ombra del corridoio osservava nervoso la scena, in quel momento avrebbe desiderato che le guardie di Camelot fossero più deficienti e meno efficienti. 
All’improvviso un rumore di passi dietro di lui distolse la sua attenzione dai quattro soldati che aveva davanti.
I capelli bianchi di Gaius sembravano brillare persino in quell’ombra scura.
Il principe lo guardò con sguardo interrogativo mentre lasciava andare la presa sulla spada; Era un fascio di nervi.
Il medico si limitò a rimandargli una delle sue occhiate furbe incorniciate dal solito sopracciglio. Si chinò, lasciò cadere quella che sembrava una pallina a terra e aspettò che questa rotolasse in direzione del gruppetto di guardie prima di rialzarsi.
Dalla sfera iniziarono a levarsi alcuni vapori biancastri, e, nel giro di trenta secondi, furono tutti a terra. Lancillotto, Parsifal e le due guardie erano già nel mondo dei sogni quando il principe e il medico con un fazzoletto davanti al naso si introdussero nel piccolo spazio.
-Cosa diavolo…?-  fece il principe irritato ma pur sempre grato.
-Non me la sono sentita di lasciare voi ragazzini a fare un lavoro del genere. Ero sceso per seguirvi e ho visto cosa era accaduto a Ginevra.- rispose il vecchio con tono grave.
Il sopracciglio sempre alzato incorniciava quei due occhi chiari che intanto scrutavano il principe e la situazione con dovizia.
Ripulendosi le mani sulla veste si chinò per sentire i battiti dei due cavalieri che erano cadute vittime del gas soporifero.
-Allora, vostra altezza, qui ho un'altra dose di quella mistura alle erbe. Basterà inserirle in questa gabbia metallica- e nel dirlo la raccolse da terra svuotandola del suo contenuto, -accenderle, e farle rotolare sotto il naso delle guardie che controllano il livello inferiore. Dormiranno per qualche ora e al risveglio non si renderanno conto di nulla.
-Io rimarrò qui per Risvegliare questi due- e con un piede indicò Lancillotto e il suo compagno. –La loro entrata era già abbastanza sospetta a quell’ora,  le guardie penseranno di averli sognati. Non se li trovano qui davanti però…Voi andate e salvate Merlino, vi prego! Tra mezz’ora probabilmente scenderanno a prenderlo...-
Gaius li aveva tirati fuori da un bel guaio, Artù ormai aveva tutto quello che gli serviva,  un diversivo, e un piano semi perfetto. Doveva solo raggiungere la cella del mago.
-Vi ringrazio tantissimo Gaius, non vi deluderò-  rispose il principe alle preghiere del medico che, intanto, si stupiva dell’umiltà che il principe aveva mostrato nel rivolgersi a lui.
Il principe si immerse nell’oscurità del corridoio, mentre il medico lo seguiva con lo sguardo finché quello non si perse completamente in nell’ombra. Poi tirò fuori dalla veste alcune boccette e iniziò a lavorare rimestandole e mescolandole più volte con una serie di movimenti  sempre più complessi.

Artù proseguì lungo la galleria, ormai l’unica lucea guidarlo era quella che si era lasciato alle spalle da quasi dieci minuti.
Il silenzio lì sotto lo infastidiva, era interrotto solo dal ritmico clangore della sua spada contro l’armatura. Non lo vedeva ma percepiva l’infossarsi sempre più ripido di quella strada. Sapeva che nelle segrete più basse del castello un tempo si trovava il drago, e per qualche istante temette potesse essere ancora lì.
Anche se era stato pochissime volte in quell’area del palazzo sapeva bene dove dirigersi. Le celle dei prigionieri più temuti da suo padre erano quelle più basse; si trattava di un inutile precauzione contro un mago, ma Uther era duro di comprendonio. 
Per questo motivo saltò le numerose porticine di legno rinforzato che costeggiavano la strada e arrivò finalmente davanti a uno spiazzo aperto.
Una torcia al centro della stanzetta rotonda disegnava un cerchio di luce tutto attorno a due guardie intente a bere e a giocare a carte: Non lo avevano ancora sentito, per fortuna.
Artù prese il sacchetto con le erbe e la gabietta metallica ancora vagamente calda, poi, all’improvviso, si rese conto di un problema ben più complesso: non aveva modo di accendere la miscela soporifera.
Ma Gaius come aveva fatto? Non aveva sentito rumore di acciarini, nessuna miccia, nessuna esca…le torce erano troppo lontane, però già! Le torce!
Era un azzardo, ma era anche a corto di tempo, il medico aveva parlato di mezz’ora, e il principe era certo di averlo lasciato da quasi un quarto d’ora, così fece l’unica cosa che gli venne in mente:
Sperando funzionasse ugualmente, Artù, lanciò la piccola sfera metallica verso la torcia accesa al centro della stanza. Le guardie, troppo brille per rendersi conto di cosa stesse accadendo, non videro la sua ombra, nè sentirono il rumore del ferro che cozzava contro la piccola ringhiera che proteggeva le fiamme .
La palla prese fuoco e i vapori iniziarono a fuoriuscire lentamente dalle fessure della gabbia. Salirono prima verso l’alto, poi, ricaddero pesantemente verso il suolo, mandando i due soldati nel mondo dei sogni.
Il principe si lasciò sfuggire un lieve grido compiaciuto mentre stringeva il pugno soddisfatto in segno di vittoria, poi, deciso a non perdere ulteriore tempo, si lanciò verso le celle, dove, pochi metri più avanti, si trovava Merlino.



  
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