I
personaggi di questa storia ovviamente non mi appartengono
Salve a tutti!
Inizio con il dire che l’ispirazione mi ha abbandonato,
aimè! xD
Purtroppo questo capitolo dovevo scriverlo e l’ho scritto, ma
non me ne sento
pienamente soddisfatto, per niente.
Temo che i capitoli mi piacciano solo quando molto introspettivi, o
quando
molto attivi … questo che è una via di mezzo mi
delude e non so spiegare perché
esattamente.
Spero in un vostro parere per aiutarmi a risolvere questo dilemma e vi
lascio a
questa strana lettura.
Grazie
a tutti, buon divertimento e a presto!
Nick
Alla
ricerca dei cavalieri di Camelot
Nona parte
La
notizia dell’arresto di uno stregone aveva varcato le mura
del castello
in lungo e largo, il suo nome però era ignoto ai
più.
Gaius con qualche stratagemma “medico” era riuscito
ad allontanare quanta più
gente possibile dalla sala del trono: se la notizia si fosse diffusa
anche in
quel senso non ci sarebbe stata più speranza per Merlino.
Gaius lo sapeva, il
ragazzo sarebbe uscito di lì, il ragazzo sarebbe
sopravvissuto e lui aveva
tutte le intenzioni di salvarlo.
Cercando una soluzione a quella situazione drammatica, seguì
le guardie che
scortavano il mago giù nelle segrete.
Era più complicato del previsto, per accedere a quella
sezione delle prigioni
bisognava superare tre ronde, quando ne ebbe la certezza si
allontanò senza
farsi vedere.
Cercando una soluzione nella scienza, come sempre, il medico si diresse
nel suo
studio. Magari qualche erba avrebbe fatto il loro gioco.
Le sale dei cavalieri erano varie e sparse in giro per il castello, ma
ce n’era
una in particolare che era sempre frequentata: quella
dell’allenamento.
Lì, negli anni passati, Artù si era divertito a
umiliare giovani e vecchi,
soldati e civili. Al pensiero di tanta e inutile superbia si
sentì male: tutto
ciò sarebbe costata la vita a un ragazzo,
all’unico che potesse definire
realmente un amico.
Aveva deciso di agire in fretta, tempo non ne aveva più. Le
riflessioni e i
ripensamenti lo avevano portato in prossimità del tramonto.
Così, uscito di
corsa dalla sua stanza si era diretto alla ricerca di Ginevra.
Nonostante la
partenza di Morgana, la ragazza era ancora nel castello, in fondo
quello
era il suo unico lavoro.
La incontrò vicino le cucine, tirandola in un angolo le
spiegò la situazione
guardandosi attorno con circospezione. Fu conciso e sbrigato, non si
erano
detti molto, e la serva era un po’ delusa, ma appoggiava
pienamente l’idea di Artù,
bisognava liberare Merlino prima che fosse troppo tardi.
Sotto la sua richiesta, quindi, Ginevra era andata a chiamare alcuni
tra i più
fidati cavalieri di Camelot: Lancillotto, Gwaine, Elyan e Parsifal.
Lui li aspettava tutti in quella sala, seduto tra gli scudi cerimoniali
e le
spade da combattimento. E loro arrivarono tutti, uno dopo
l’altro,mentre la
sua pazienza scalpitava.
-Sapete cosa è successo, sapete cosa sta
per succedere e non ho
intenzione che questo accada.-
Esordì Artù passando i volti di ognuno di loro
sperando di potersi fidare.
Ginevra, aveva informato gli uomini, ma non aveva detto loro per quale
motivo
erano stati convocati. Certo avevano sentito dello stregone, ma non
sapevano
chi fosse e non sapevano che in quel momento Artù si
riferisse a lui.
I quattro infatti lo guardarono con aria interrogativa.
Artù sempre più spazientito spiegò
loro cosa era successo e che per questo Merlino
era stato condannato a morte. Evitò loro di dire che a
tradirlo era stato lui,
non voleva dover dare ulteriori spiegazioni.
Per qualche minuto nessuno disse nulla. Il silenzio stava per far
esplodere la
collera di Artù che in quel momento ce l’aveva con
se stesso, ma non vedeva
l’ora di poter riversare sul mondo quell’amaro
risentimento.
Lancillotto,
semplicemente, abbassò gli occhi come investito da una
consapevolezza troppo pesante per essere sopportata così
all’improvviso. Poi
prese parola per tutti.
-Io sapevo, è da quando sono venuto la prima volta a Camelot
che lo so. Se non
fosse stato per lui, e la sua magia, sarei morto nel tentativo di
salvarvi, Artù.
Quel ragazzo è buono, vi vuole bene e non posso permettere
che venga ucciso. Mi
ha aiutato quando ne avevo bisogno, si è esposto per me, io
sono con voi e ho
intenzione di fare lo stesso per lui- Il suo discorso aveva
probabilmente
attirato l’attenzione di Parsifal.
Il cavaliere non era di molte parole ma il suo cuore era puro, e questo
lo
narreranno le leggende che ancora si possono sentire dopo millenni.
Come c’era
da aspettarsi appoggiò la causa senza fare una
piega.
La risposta di Gwaine era ovvia, non aveva nulla contro la magia, ma
aveva
tanto da dare a Merlino, forse troppo perché potesse dirlo
così davanti a
tutti. Quel ragazzo era stato come un fratello, e l’idea che
dovesse morire per
come era nato era inconcepibile ai suoi orecchi.
Alla fine erano tutti d’accordo, anche Elyan aveva accettato
a unirsi alla
brigata conscio delle innumerevoli volte in cui lo stregone aveva
aiutato la
sorella.
Artù tirò un sospiro di sollievo e
sollevò la mano dal pomello della spada
finalmente rilassandosi.
-Se non aveste accettato avrei dovuto uccidervi- disse con tutta la
naturalezza
di questo mondo mentre i cavalieri si guardavano l’un
l’altro con aria incerta.
Gli uomini c’erano, il problema ora era trovare il modo di
far evadere il mago.
L’unica cosa certa era che doveva lasciare
Camelot… farlo realmente era un
altro discorso.
Ginevra e Gaius arrivarono correndo proprio in quel momento.
La sala, solo 10 minuti prima deserta, ora conteneva più di
una mezza dozzina
di persone.
-Ho pensato che…- Esordì la ragazza mentre
giustificava la presenza del medico
di corte lì in quella stanza.
-Gwen sei sicura che…insomma non vogliamo coinvolgerti
Gaius, è troppo
rischioso- la interruppe Artù in bilico tra il potersi
fidare e il dover
diffidare. Il medico gli lanciò un occhiata che se fosse
stato possibile lo
avrebbe incenerito.
-Mio principe, ti sbagli di grosso se credi che io non voglia salvare
il mio
unico figlio!-, lo disse con un ardore e una prontezza tali che per un
attimo
il principe rimase stordito, quei due non erano mica imparentati.
Lo stesso Gaius si sentì in imbarazzo nel chiamare Merlino
così, in
pubblico. Ma era vero, in quegli anni, non aveva
fatto che
conquistarsi l’affetto e la fiducia di molti, non potevano
abbandonarlo.
Alla fine tutti insieme progettarono la fuga del ragazzo.
Il piano era semplice, Ginevra sarebbe scesa nelle
segrete per
portare alle guardie del primo livello qualcosa da mangiare, Gaius li
avrebbe
quindi drogati con delle erbe di modo che dormissero senza dare alcun
fastidio.
Lo stesso sarebbe avvenuto per gli altri due livelli.
Il piccolo manipolo formato da Artù, Elyan, Lancillotto e
Parsifal, invece,
avrebbe proseguito per le strettole delle segrete in cerca della cella
del
mago. Lì si sarebbero divisi, Artù sarebbe andato
con Merlino verso le grate,
mentre gli altri sarebbero tornati indietro. Alle grate, le stesse
attraverso
le quali tempo prima Mordred era fuggito,
Gwaine avrebbe aiutato Merlino
a scappare con due cavalli, accompagnandolo lontano da Camelot.
Il piano era semplice, dovevano solo metterlo in atto subito.
Seguendo le indicazioni, Gwen si avvicinò con un vassoio
pieno di pollo fumante
e un sorriso disarmante alle guardie. Li guardò entrambi
fingendosi in
imbarazzo, era particolarmente brava quando si trattava di conquistare
un uomo.
Visto che i due erano ormai in balia della naturale
e spontanea
femminilità della ragazza, lei si decise a parlare per una
sorta di colpo di
grazia.
-Dalle cucine vi mandano questi, miei soldati. Spero gradiate- fece lei
con un
tono amabile.
Artù, che da dietro il colonnato osservava la scena,
notò una spaventosa
somiglianza tra Gwen e la sua padrona; queste femmine sapevano essere
letali,
si disse.
La risposta inaspettata di una delle guardie però ruppe
l’idillio.
-Gradiremmo ancor di più che tu ti fermassi a banchettare
con noi, sai, qui non
viene mai nessuno- Concluse l’uomo con tono lascivo.
Quello era un imprevisto, non potevano intervenire senza insospettire
le
guardie, e Ginevra non poteva rifiutarsi se voleva che quelli
mangiassero.
Il tempo scorreva e la mano di Artù sbiancava sempre di
più mentre stringeva
con forza il pomello della sua spada.
Cercando
di salvare il salvabile, Ginevra si sedette alla destra di quello
che aveva parlato, l’altro sembrava più tonto,
aveva una sorta di sorriso vuoto
che la spaventava più delle avances dell’altra
guardia.
I due iniziarono a mangiare, il pollo profumava veramente tanto.
Ginevra si era
occupata del “furto” ; le cucine conservavano
sempre gli avanzi degli
abbondanti pasti del re. Lei però non aveva avuto
l’occasione di mangiare
quella sera, e questo la tradì.
Fu solo un lieve brontolio del suo stomaco, la
guardia la guardò
male.
-Ma voi dovete avere fame!- , nonostante avesse la bocca piena e nel
parlare
sputacchiasse un po’ ovunque, l’uomo
esordì tentando di apparire quanto più
galante possibile
-No,
davvero, non c’è bisogno che..- Intervenne lei
pronta prima che
l’altro la interrompesse nuovamente.
-esigo che ne mangiate anche voi!-, convinto così di
acquistare la fiducia
della serva, il soldato concluse quella discussione, non permettendo
alla donna
nessuna possibile risposta.
Gwen lanciò un occhiata di sbieco dove sapeva trovarsi il
principe. C’era una
sorta di supplica in quello sguardo. Il principe annuì
consapevole e abbassò lo
sguardo, Ginevra non poteva rifiutarsi.
Avevano già perso troppo
tempo,fortunatamente in 5 minuti i tre
finirono a russare chini sul loro tavolino in compagnia della dama di
corte.
I quattro cavalieri passarono loro accanto per accertarsi che stessero
dormendo. Elyan, lanciò un occhiata esasperata verso la
sorella e passò da
parte a parte i due uomini che le dormivano accanto con uno sguardo.
Si rivolse ad Artù, atteggiando la sua, per quanto
possibile, a una richiesta
nobile: -e se dovessero svegliarsi prima loro…?-. non ebbe
il tempo di
terminare Artù annuì rapidamente concedendogli di
restare a controllare la
sorella, -accertati anche che non scenda nessuno-.
Il rumore dei loro passi rimbombava per tutto il corridoio. La pietra
li
rimandava raddoppiandoli, e, per quanto si sforzassero di muoversi
silenziosamente, sembrava ugualmente che per quelle
strade stesse
scendendo un esercito.
Avevano perso le pietanze drogate, Gwen era fuori gioco e non sapevano
come
fare a proseguire.
Lancillotto e Parsifal si guardarono incerti, c’erano altri
due livelli di
guardie da superare, e nessuno di loro tre aveva un idea valida.
Decisero di improvvisare. Dopo alcune comprensibili esitazioni,
Lancillotto e
Parsifal uscirono dall’ombra del corridoio, entrando
così nel disco di luce
della zona dove stavano le guardie. La copertura stava per saltare,
ormai ne
erano certi.
Salutarono gli uomini lì seduti con un cenno del capo.
-Siamo stati mandati qui per darvi il cambio- Esordì
Lancillotto rivolgendosi
loro, mentre cercava di nascondere il nervosismo della sua voce.
I due si guardarono senza capire, il loro turno sarebbe dovuto durare
almeno
altre 2 ore, non bisognava essere troppo intelligenti per capire che
qualcosa
non quadrava.
Parsifal indietreggiò di un passo; Artù
dall’ombra del corridoio osservava
nervoso la scena, in quel momento avrebbe desiderato che le guardie di
Camelot
fossero più deficienti e meno efficienti.
All’improvviso un rumore di passi dietro di lui distolse la
sua attenzione dai
quattro soldati che aveva davanti.
I capelli bianchi di Gaius sembravano brillare persino in
quell’ombra scura.
Il principe lo guardò con sguardo interrogativo mentre
lasciava andare la presa
sulla spada; Era un fascio di nervi.
Il medico si limitò a rimandargli una delle sue occhiate
furbe incorniciate dal
solito sopracciglio. Si chinò, lasciò cadere
quella che sembrava una pallina a
terra e aspettò che questa rotolasse in direzione del
gruppetto di guardie
prima di rialzarsi.
Dalla sfera iniziarono a levarsi alcuni vapori biancastri, e, nel giro
di
trenta secondi, furono tutti a terra. Lancillotto, Parsifal e le due
guardie
erano già nel mondo dei sogni quando il principe e il medico
con un fazzoletto
davanti al naso si introdussero nel piccolo spazio.
-Cosa diavolo…?- fece il principe
irritato ma pur sempre grato.
-Non me la sono sentita di lasciare voi ragazzini a fare un lavoro del
genere.
Ero sceso per seguirvi e ho visto cosa era accaduto a Ginevra.- rispose
il
vecchio con tono grave.
Il sopracciglio sempre alzato incorniciava quei due occhi chiari che
intanto
scrutavano il principe e la situazione con dovizia.
Ripulendosi le mani sulla veste si chinò per sentire i
battiti dei due
cavalieri che erano cadute vittime del gas soporifero.
-Allora, vostra altezza, qui ho un'altra dose di quella mistura alle
erbe.
Basterà inserirle in questa gabbia metallica- e nel dirlo la
raccolse da terra
svuotandola del suo contenuto, -accenderle, e farle rotolare sotto il
naso
delle guardie che controllano il livello inferiore. Dormiranno per
qualche ora
e al risveglio non si renderanno conto di nulla.
-Io rimarrò qui per Risvegliare questi due- e con un piede
indicò Lancillotto e
il suo compagno. –La loro entrata era già
abbastanza sospetta a
quell’ora, le guardie penseranno di averli
sognati. Non se li
trovano qui davanti però…Voi andate e salvate
Merlino, vi prego! Tra mezz’ora
probabilmente scenderanno a prenderlo...-
Gaius li aveva tirati fuori da un bel guaio, Artù ormai
aveva tutto quello che
gli serviva, un diversivo, e un piano semi perfetto.
Doveva solo
raggiungere la cella del mago.
-Vi ringrazio tantissimo Gaius, non vi
deluderò- rispose il principe
alle preghiere del medico che, intanto, si stupiva
dell’umiltà che il principe
aveva mostrato nel rivolgersi a lui.
Il principe si immerse nell’oscurità del
corridoio, mentre il medico lo seguiva
con lo sguardo finché quello non si perse completamente in
nell’ombra. Poi tirò
fuori dalla veste alcune boccette e iniziò a lavorare
rimestandole e
mescolandole più volte con una serie di
movimenti sempre più
complessi.
Artù proseguì lungo la galleria, ormai
l’unica lucea guidarlo era quella che si
era lasciato alle spalle da quasi dieci minuti.
Il silenzio lì sotto lo infastidiva, era interrotto solo dal
ritmico clangore
della sua spada contro l’armatura. Non lo vedeva ma percepiva
l’infossarsi
sempre più ripido di quella strada. Sapeva che nelle segrete
più basse del
castello un tempo si trovava il drago, e per qualche istante temette
potesse
essere ancora lì.
Anche se era stato pochissime volte in quell’area del palazzo
sapeva bene dove
dirigersi. Le celle dei prigionieri più temuti da suo padre
erano quelle più
basse; si trattava di un inutile precauzione contro un mago, ma Uther
era duro
di comprendonio.
Per questo motivo saltò le numerose porticine di legno
rinforzato che
costeggiavano la strada e arrivò finalmente davanti a uno
spiazzo aperto.
Una torcia al centro della stanzetta rotonda disegnava un cerchio di
luce tutto
attorno a due guardie intente a bere e a giocare a carte: Non lo
avevano ancora
sentito, per fortuna.
Artù prese il sacchetto con le erbe e la gabietta metallica
ancora vagamente
calda, poi, all’improvviso, si rese conto di un problema ben
più complesso: non
aveva modo di accendere la miscela soporifera.
Ma Gaius come aveva fatto? Non aveva sentito rumore di acciarini,
nessuna
miccia, nessuna esca…le torce erano troppo lontane,
però già! Le torce!
Era un azzardo, ma era anche a corto di tempo, il medico aveva parlato
di
mezz’ora, e il principe era certo di averlo lasciato da quasi
un quarto d’ora,
così fece l’unica cosa che gli venne in mente:
Sperando funzionasse ugualmente, Artù, lanciò la
piccola sfera metallica verso
la torcia accesa al centro della stanza. Le guardie, troppo brille per
rendersi
conto di cosa stesse accadendo, non videro la sua ombra, nè
sentirono il rumore
del ferro che cozzava contro la piccola ringhiera che proteggeva le
fiamme .
La palla prese fuoco e i vapori iniziarono a fuoriuscire lentamente
dalle
fessure della gabbia. Salirono prima verso l’alto, poi,
ricaddero pesantemente
verso il suolo, mandando i due soldati nel mondo dei sogni.
Il principe si lasciò sfuggire un lieve grido compiaciuto
mentre stringeva il
pugno soddisfatto in segno di vittoria, poi, deciso a non perdere
ulteriore
tempo, si lanciò verso le celle, dove, pochi metri
più avanti, si trovava Merlino.