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Autore: Sun_Tk    21/03/2011    4 recensioni
Lei. Troppi problemi; una madre persa da poco tempo, una sorella che invidia per la sua nonchalance nell'affrontare la vita e un padre costretto a cambiare spesso città per lavoro.
Lui. Il ragazzo più strano della scuola, affascinante e misterioso. Un fratello che deve spesso difendere dai bulli di turno, una madre perfetta, un padre che non vuole vedere per il semplice fatto che nella sua mente li ha abbandonati e costretto a rinunciare a molto per occuparsi della sua famiglia, il suo sfogo sul sacco da boxe che riesce a distrarlo.
Basta un'entrata in ritardo e una caduta per loro. Due opposti che si conosceranno tra litigi e cruenti avvenimenti.
Una trasformazione, un matrimonio e una grande scoperta li attende.
Sta a loro capire cosa fare delle loro vite e dei loro pensieri.
Spero vi abbia incuriosito con questa presentazione. E' la mia terza FanFiction ed è la migliore che io abbia scritto fino ad ora: la meglio articolata e la più profonda e descrittiva. Spero di non deludervi!
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: AU, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nicknames.

 

Era in ritardo. Come sempre, del resto. Su di lui non poteva fare affidamento, ormai lo sapeva. Erano ormai due mesi e mezzo che lo sapeva, ma ancora ci sperava in una sua ripresa.

Iniziò a sistemare i libri sulla scrivania. Odiava far entrare degli estranei in camera sua, anche se lui ormai lo conosceva. Tutti i precedenti incontri erano avvenuti sempre a casa di lei, ma lui si era fermato solo in salotto e, qualche volta, al bagno del piano inferiore. Al secondo piano non ci era stato mai, e ora avrebbe addirittura visto la sua camera. Il suo rifugio. Il suo mondo.

Ragionava su quali quaderni servissero e quanti libri dovesse aprire per non perdere tempo poi a cercare le pagine. Era più forte di lei, l’ordine la dominava in qualsiasi cosa, tranne nel ballo.

Il padre non privilegiava quel tipo di danza, ma in suo rispetto le aveva lasciato seguire delle lezioni, di modo che diventasse brava a sufficienza per creare delle coreografie tutte sue.

Quando saliva verso il soffitto, attaccata a quei due nastri, si sentiva un’altra, come se tutta la sua vita scomparisse, come se tutti i suoi dispiaceri si disintegrassero, come se non esistesse nessuno, oltre lei e quei due nastri rosso sangue.

Riusciva a muoversi  su qualsiasi musica, riuscendo sempre a fare dei movimenti puliti e perfettamente corretti. Non sbagliava mai, non cadeva mai, non si fermava mai, non apriva mai gli occhi. Lasciava che quei nastri si legassero alle sue braccia e alle sue gambe, diventando un tutt’uno con la morbidezza e il candore della sua pelle.

Si avvicinò agli attrezzi che scendevano delicati e silenziosi dal soffitto e li sfiorò, attorcigliandosene uno intorno la mano sinistra. Lo osservava e più lo faceva, più il suo cervello andava in tilt. Un po’ per la morbidezza di quella lingua rossa, un po’ perché a momenti Tom avrebbe scoperto anche quel suo piccolo e ingenuo segreto. Non le piaceva farlo entrare nelle sue piccolezze, perché lui non poteva capirle. Nessuno ci sarebbe riuscito e lui non era da meno.

Sentì suonare il campanello e le scarpe della governante ticchettare sul parquet scuro e liscio per andare ad aprire. Si affrettò ad uscire dalla camera per imboccare le scale che l’avrebbero portata all’ingresso, chiedendosi tra sé e sé come avesse fatto a non sentire il suono fastidioso e ronzante del citofono.

Arrivò giù appena in tempo per accogliere il rasta in casa sua, ma qualcosa in lui era cambiato.

Non erano i vestiti, quelli erano sempre enormi e colorati. Non era la capigliatura, lui non avrebbe mai cambiato i suoi capelli. Erano le labbra. Le sue labbra erano cambiate: non erano più quelle labbra carnose e proporzionate al resto del viso, erano labbra sofferenti e gonfie, dalle quali usciva un rivolo di sangue che non accennava a volersi fermare, nonostante i ripetuti tentativi della lingua di Tom di nascondere quel taglio infame che rovinava quella visione così perfetta per Chanel, anche se non lo avrebbe mai ammesso a sé stessa.

Si preoccupò subito, portandosi una mano alla bocca per coprirla e correndo verso di lui che subito girò la testa per non guardarla negli occhi.

Non voleva che lei stesse in pensiero, perché non ce n’era bisogno per uno come lui. Quello per Tom non era nulla, sarebbe passato dopo qualche giorno. Non aveva nemmeno il coraggio di sprofondare in quegli occhi verdi come uno smeraldo, perché sapeva che si sarebbero rigati di giallo, ricordandogli ancora una volta quel rettile viscido e letale. Si girò per non rischiare di soffermarsi in quelle due pietre preziose, ma la sua piccola e morbida mano si posò sulla sua guancia destra, iniziando a fare pressione per riuscire a girargli la faccia.

Oppose resistenza, ma lei, con tutta la grazia e la tranquillità del mondo, posò l’altra mano sulla guancia sinistra, prendendogli il viso tra le due. Irrigidì in automatico la mandibola, stringendo tra sé i denti allineati e dritti, finché non gli fecero male, stabilendo che quella tortura fosse stata un anticipo della punizione che avrebbe subito per averla fatta impaurire e preoccupare per lui.

Girò la testa lentamente, per darle modo di scrutare nei suoi occhi in cerca di una qualche spiegazione, ma lui non gliel’avrebbe mai detto che ogni tanto si riduceva con l’intero viso gonfio e violaceo per difendere il fratello.

- Che ti è successo, Tom? – gli chiese con una voce flebile e preoccupata. In due mesi e mezzo erano riusciti bene o male a legare e a controllarsi, senza rispondersi male ogni volta.

- Niente, tranquilla. – le aveva risposto, ma non ci credeva nemmeno lui a quella menzogna. E poi, lei le conosceva le sue espressioni e i suoi atteggiamenti quando mentiva. Erano quasi due mesi che le mentiva sui compiti che gli assegnava e non svolgeva mai.

Chanel lasciò che le sue piccole mani scivolassero sul suo liscio viso, per poi staccarsi definitivamente da quel calore.

Non accennava a distogliere lo sguardo da quel gonfiore e per lui tutto quello era tremendamente straziante. Nessuno si era preoccupato così per lui, perché doveva farlo proprio lei? Non aveva nessun ruolo nella sua vita, tranne quello di fargli prendere la maturità.

Gli prese la mano, incastrandoci la sua piccolina e facendola quasi sparire dentro quella morsa, per poi trascinarlo con sè, sussurrandogli un “vieni con me” quasi impercettibile.

Lo portò verso le scale, al che lui si fermò d’istinto, constatando mentalmente che la sala in cui studiavano non era lì.

- Chanel, questa non è la strada per la sala da pranzo, dove mi stai portando? – vide il suo viso girarsi e le sue labbra accennare un piccolo sorriso che non mostrava nemmeno i denti; probabilmente di compassione, pensò il biondo, sicuro di ciò che aveva visto.

- No, infatti. Oggi la sala serve a mio padre, quindi studiamo in camera mia. – gli disse tranquilla, come se quel taglio non fosse mai esistito, come se quello sguardo preoccupato non fosse mai uscito da quegli smeraldi, come se le loro mani non fossero strette l’una all’altra. Lei sembrava non far caso a quest’ultimo particolare, così lui decise di non dirglielo.

Salirono le scale coperte da un tappeto rosso e Tom osservava ogni singolo particolare della ringhiera in legno di ciliegio che accompagnava la loro ascesa.

Arrivarono davanti una porta bianca, con la maniglia decorata con intarsi di ottone d’orato. La ragazza la aprì senza fatica, ma prima di farlo entrare lo guardò negli occhi, quasi intimorita, per poi sussurrargli un “benvenuto nel mio universo” che Tom capì solo qualche istante dopo.

Quella camera era enorme, enorme e rosa. Ma non quel rosa che tutti faticano a tenere gli occhi aperti se lo guardi, quel rosa confetto, quasi lilla che ti dà un senso di pace e serenità interiore se ci sei dentro.

I mobili in stile classico erano tutti bianchi, con qualche dettaglio che riprendeva il colore delle pareti.

Il letto fu la prima cosa che il rasta notò: era matrimoniale e a baldacchino,vicino una portafinestra che dava su un enorme balcone, con dei veli bianchi che scendevano dai bastoni in ottone, la coperta abbinata al resto della camera e tanti cuscini, sia lilla che bianchi. Era incredibilmente invitante e sembrava comodo, per ogni tipo di “sport”. Sia dormire che…

Subito una frase uscì spontanea da quella bocca contornata di sangue.

- Wow. Beato chi ti si scopa! – aveva esclamato Tom, maledicendosi subito dopo per aver detto una tale scemenza. Stava per chiederle scusa, ma venne interrotto dalla sua risata cristallina e delicata che echeggiava in tutta la stanza.

Si girò verso di lei con un sorriso impacciato stampato in viso, e solo in quel momento si accorse che lei non stringeva più la sua mano sinistra, ma lo fissava da qualche metro di distanza mentre rideva sinceramente, senza sforzi. Quella fu la prima volta che la vide ridere senza finzione, che la vide come una bambina a cui non puoi fare alcun male, nemmeno per sbaglio. Quella fu la prima volta che la vide senza maschera.

Rise anche lui e poi spostò lo sguardo alle sue spalle, dove notò i nastri rossi scendere dal soffitto. Non capiva a cosa servivano e mentre ci pensava fece sparire lentamente quel sorriso creatosi per sbaglio. Li osservava, come se non avesse mai visto due pezzi di stoffa rossi in vita sua. Li fissava e chiarì nella sua mente che quel dettaglio con la cameretta della principessa non c’entrava nulla.

- Che c’è?- chiese Chanel curiosa, girandosi verso la direzione in cui il biondo puntava lo sguardo.

Subito capì di cosa si trattava, quindi gli spiegò cosa fossero quegli strani attrezzi.

- Tom, questi sono due nastri che servono per un tipo di danza acrobatica, chiamata ‘Aerea’. La ballerina o il ballerino si lega, diciamo, questi nastri intorno le gambe o le braccia e a ritmo di musica esegue varie acrobazie. Studio danza da quando ho quattro anni e questo tipo di danza da quando ne ho tredici. Forse un giorno vedrai di che si tratta. Ora siediti, io torno subito. – gli disse tutto d’un fiato, come se non volesse farlo parlare.

Lui fece come stato detto e si sedette sul letto, gesto che confermò la sua ipotetica comodità.

Chanel uscì dalla camera, per tornare poco dopo con acqua ossigenata e qualche tampone fra le mani. Subito Tom spalancò gli occhi, ricordando quanto l’acqua ossigenata bruciasse sulle labbra. Voleva dirglielo, ma non sapeva come, era stata così premurosa.

Si sedette accanto a lui, aprendo il flacone e versando un po’ di liquido su un batuffolo d’ovatta, facendolo afflosciare di poco.

Chanel alzò gli occhi dal delicato lavoro che in quel momento la impegnava, per puntarli sulle labbra di Tom. Gli posò delicatamente e lentamente una mano sulla guancia, mentre con l’altra avvicinava il tampone al suo viso. Percepì l’inquietudine che dominava il ragazzo, così lo rassicurò, spostando il suoi occhi dalle sue labbra alle sue pupille e sussurrargli un “tranquillo, non brucerà molto” quasi impercettibile, come le era solito fare.

A contatto con l’acqua, Tom strizzò gli occhi e mozzò un urlo un secondo prima che esso uscisse dalle sue labbra. Si ritrasse subito, staccandosi dalla fonte di dolore, allora Chanel prese a soffiargli delicatamente sulle labbra, per non fargli sentire il dolore.

Pesca. Il suo alito odorava di pesca.

Quel profumo lo invase in un secondo e lui non ci pensò due volte a riempirsene i polmoni. Nessuna ragazza con cui era stato odorava in quel modo e, se lo faceva, lui non lo aveva notato.

Per un momento i loro occhi si incontrarono, ma nessuno riuscì a decifrare lo sguardo dell’altro, come se si vedessero per la prima volta, come se quegli occhi non si fossero mai fissati prima d’ora.

- Allora, come hai fatto? – gli chiese Chanel richiudendo la boccetta e distogliendo lo sguardo. In un momento il mondo scomparso qualche attimo fa era ricomparso e tutto tornò a circolare, compreso il sangue nelle sue vene.

- Non credo che tu voglia saperlo sul serio, te l’ho già detto che il mio mondo non è per te. – le disse, tornando ad essere il cinico e distaccato ragazzo impassibile di sempre.

Ma a lei non importava quello che lui diceva, a lei importava solo sapere la vicenda che l’aveva portato a quello spacco.

- E tu dimmelo lo stesso, anche se non capisco. – gli aveva intimato lei, tornando a fissarlo.

Lui ragionò qualche secondo su come mettere a posto quella vicenda per cercare di non scandalizzarla troppo. Non voleva si preoccupasse inutilmente.

- Sai, quando hai un fratello la prima cosa che ti viene in mente in ogni caso è difenderlo, senza che ci pensi due volte. Bill aveva bisogno di me e io l’ho difeso. Erano tanti, quindi qualcosa ho subito, ma non abbastanza da impedirmi di venire qui con solo un taglietto insignificante sul labbro. Ora studiamo, dai. Non voglio essere bocciato perché parlo dei miei problemi.- sentenziò alzandosi e dirigendosi verso la scrivania, lasciando che lei lo osservasse seduta sul suo letto.

Si alzò poco dopo, raggiungendolo alla sua postazione.

- Non va bene tutto questo, Tom. Bisogna far qualcosa. – gli rispose lei timorosa e impaurita, ma allo stesso tempo decisa. Non poteva permettere che lui subisse un tale sfregio abitualmente, doveva difenderlo, con o senza il suo consenso.

Lui dal canto suo scosse debolmente la testa e fissò il suo sguardo sul libro di biologia.

- Dai, oggi niente compiti. È venerdì e siamo avanti col programma, rispetto il resto della classe. Noi sappiamo due capitoli in più di tutte le materie. Quindi, che vuoi fare? – gli chiese lei cercando di distoglierlo dal libro.

Stava osservando una figura. Era un fiore. Un fiore bianco e delicato. Lesse la didascalia di fianco e scoprì che si trattava di un crisantemo, in tedesco “Chrysantheme”. Lesse anche che quel fiore era associato a pensieri funebri per il semplice fatto che fiorisce in concomitanza con la celebrazione della festa dei defunti, ma che il significato vero del nome è “fiore d’oro” ed è associato a valenze completamente positive e in oriente si attribuisce a questo fiore il significato di “vita” e “felicità”. Inoltre, il suo polline ha poteri curativi sottoforma di infuso.

Tom attribuì a questo fiore un’altra immagine. Lei. Lei che lo aveva curato e perdonato sempre di tutto, senza alzare mai i toni e senza arrabbiarsi. A lei che riusciva a farlo ridere con semplici spiegazioni. A lei che era in grado di fargli capire ogni singola cosa, compreso il senso della vita.

- Chrisantheme…- disse di getto, senza pensarci troppo. Non è che lo disse ad alta voce, anzi, lo sussurrò, ma lei lo sentì uguale.

- Come, scusa? – gi chiese con un piccolo sorriso, avvicinandosi a lui di qualche millimetro per capire cosa stesse dicendo.

- Ho detto “Chrisantheme”… e ho deciso che da oggi in poi ti chiamerò così, è il tuo nomignolo…- le chiarì lui, accennando uno sguardo vagamente dolce e prevalentemente da prendere a schiaffi.

Lei sorrise amaramente e si ritrasse subito, incrociando le braccia.

- Capisco che io non sia il tipo di ragazza allegra e moderna, ma darmi il soprannome di un fiore per i defunti non è carino. – disse acidamente distogliendo lo sguardo dalla persona che le stava di fronte. Subito il rasta cercò di difendersi e di spiegare. Le lesse la didascalia vicino la figura del libro e le spiegò vagamente il motivo per il quale attribuiva il fiore alla sua persona, cercando di esporre il più semplicemente possibile quei suoi pensieri contorti.

Alla fine Chanel dovette ricredersi sull’associazione e sorrise imbarazzata, sussurrandogli un “wow, come sei profondo” palesemente sarcastico, mentre si aggiustava la montatura sul naso.

- A questo punto credo che anche io debba darti un nomignolo…mmmh…ora non mi viene in mente nulla, te lo dirò poi! – gli disse sorridendo.

Da quel “poi” si ricordò una cosa essenziale che le doveva dire. Ma come aveva fatto a dimenticarsene? Era davvero tanto stupido? Subito si animò e la mise al corrente dei suoi pensieri, di nuovo.

- Ah, non ti ho detto che mamma mi ha ordinato di portarvi a cena tutti e tre da noi, stasera… ma se non potete… - biascicò imbarazzato, portandosi una mano dietro la nuca, come tutte le volte che si imbarazzava.

Non fece in tempo a finire la frase, che la porta della camera si aprì, mostrando un padre di Chanel particolarmente soddisfatto. Sbatté le mani una volta, per poi strofinarsele, poi si avvicinò alla mora, lasciandole un bacio sulla testa e salutando Tom.

- Come va, bocciolo? Tutto ok? E, Tom, come sta Simone? –

- A proposito, signor Trümper, mia madre vi avrebbe invitato a cena da noi stasera, ma se non può non fa niente, sarà per un’altra volta. – disse Tom tutto d’un fiato, alzandosi dalla sedia per fronteggiare rispettosamente l’uomo.

Quest’ultimo tirò fuori dalle sue labbra un sorriso, rispondendo animatamente.

- Ma certo che veniamo! Non potrei mai rifiutare quest’invito! E poi non chiamarmi Signor Trümper, sa di vecchio! Chiamami Gordon. Allora, visto che la mia bambina si deve preparare, che ne dici di scendere giù con me, Tom? Almeno non vai a casa a piedi e vieni direttamente con noi. Anche perché sono le 19:10, tra una ventina di minuti dovremmo uscire, dico bene? – disse l’uomo tutto d’un fiato, come se non volesse essere contraddetto.

- Dice benissimo sign…ehm, voglio dire, Gordon. – rispose Tom impacciato, intimorito forse dal contesto che si era venuto a creare. Chanel dal canto suo non capiva cosa avesse il padre; lo aveva intuito, ma non ne era sicura.

- Papà, per caso è andato bene il colloquio di oggi? Sai, ti vedo iperattivo! – constatò la mora,  cancellando in questo modo anche i dubbi del rasta.

Gordon annuì sorridente, seguendo Tom fuori dalla porta e ordinando alla figlia di vestirsi elegante, perché quella era una cena in cui servivano vestiti eleganti.

Chanel non capì il perché, ma eseguì gli ordini del padre come di consuetudine.

Decise di indossare una maglietta senza spalline blu, con un coprispalle bianco sopra, dei jeans chiari e delle ballerine dello stesso colore del top. Prese dei bracciali e una collana abbinati all’abbigliamento per completare l’opera di eleganza. Lisciò i capelli e, come tocco finale, tolse gli occhiali per mettersi le lenti e sottolineò gli occhi con una passata di mascara sulle lunghe ciglia. Si spruzzò un po’ del suo profumo Dior sul collo e si guardò allo specchio. Quella non era lei, quella era una sua copia mescolata ad una delle Barbie della scuola. Ma suo padre voleva così, chi era in vero lei per disobbedirgli? Uscì dalla porta, dopo essersi soffermata sulla foto del crisantemo sul libro di biologia e osservandone un’altra affianco.

Scese impacciata le scale e trovò tutti in salotto intenti a sorseggiare un liquido bronzato, che sicuramente non era alcolico, dato il fatto che Eveline, che aveva solo quindici anni, lo stesse assaporando davanti al padre.

Tom non si girò subito a guardarla, era intento ad osservare il ghiaccio scomparire lentamente dalla sua vista, ma appena si girò non la riconobbe. Non aveva gli occhiali e nemmeno uno dei suoi enormi maglioni. Era un’altra, ma gli occhi erano sempre quelli della sua Chrys, quella che non sapeva tenergli testa, ma che sapeva spiegargli ogni cosa chiaramente. Di aspetto non era lei, ma quegli smeraldi parlavano al suo posto.

 Si alzarono tutti quanti e si diressero verso l’Audi di Gordon. A Tom erano sempre piaciute le Audi, ma non aveva abbastanza soldi per comprarsene una, dato che nella loro casa lavorava solo Simone.

I due ragazzi si sedettero dietro, sotto ordine di Eve, che voleva sedersi davanti per scegliere la musica, nonostante le due case distanziassero una dall’altra di soli venti minuti.

La osservava e non riusciva a capire come quella ragazza seduta al suo fianco potesse essere la stessa che gli faceva ripetizioni e che si sistemava in continuazione gli occhiali sul naso. Decise di dirglielo gentilmente, senza rischiare di offenderla in qualche modo.

- Non sembri tu, Chrys, sei…sei un’altra.- non trovava le parole per esprimersi correttamente, ma sapeva che lei non si offendeva per le frasi uscite male dalla sua bocca.

Lo fissò con la coda dell’occhio e gli porse una domanda semplice, ma allo stesso tempo complicata, se a farla è una ragazza. Una di quelle solite domande a trabocchetto che uno sbaglia qualsiasi risposta apparentemente corretta.

- È positiva o negativa l’affermazione, Kaulitz? – esordì, alzando un sopracciglio.

- Nessuna delle due. Ho solo detto che sei “Wow”- rispose lui, cosciente che se avesse dato un’altra risposta avrebbe sbagliato e l’avrebbe offesa.

- Lo prendo come un complimento…- concluse Chanel, tornando a guardare le luci che sfrecciavano fuori dal finestrino – mio caro Tier.-

Lui si girò verso di lei, non capendo come lo avesse chiamato.

 - Come, scusa?-

Lei rispose tranquillamente, spiegandogli quel soprannome.

- Si, “Tierjunge”, “cucciolo”… sai, mentre mi vestivo ho posato lo sguardo sulla foto del fiore e accanto c’era un cucciolo di labrador. Appena ho visto i suoi occhi mi sono venuti in mente i tuoi, quindi il soprannome. Perché, non ti piace? – gli chiese saccente.

- Non lo so… non mi ci ha mai chiamato nessuno così, nemmeno le ragazze con cui sono stato. Mi hanno chiamato tutti Tom. Sempre. – spiegò lui, impacciato.

- Io non sono tutti, Tier. Ricordalo.- gli sorrise lei, tornando a fissare il panorama che le correva veloce nella mente, facendole ricordare che la vita è un attimo. Che tutto corre a quel modo e nessuno può fermare il tempo né il destino. Ma ora aveva lui. Il suo Tier. Lo conosceva da due mesi ma già si era affezionata. Ci riusciva con poche persone, e lui a quanto pare era speciale per riuscire a farla comportare come una ragazza spavalda e sicura di sé.

Da quando la madre era morta, le erano crollate tutte le sue certezze e le sue sicurezze erano state sepolte con lei. Ora qualcuno stava lavorando per farle tornare. E si sentiva importante per questo. Voleva non perderlo più. Ma ancora non erano pronti per affrontare il particolare più importante della vita di Chanel. Non si conoscevano ancora abbastanza.

 

 

Ed ecco un altro capitoloo!! Eheh!spero vi piaccia. È precoce e spiega tante cose tutte insieme. Non so se si capisce che il fatto che Tom sia entrato nella camera di Chanel li abbia avvicinati. Spero di si! Comunque all’avvicinamento ha contribuito anche il cartone in bocca che si è preso Tom per difendere Bill! Spero tanto che vi piaccia!ci ho messo impegno per scriverlo. J

P.S. “chrysantheme” e “Tierjunge” ci ho messo davvero tanto per trovarli! È stata un’impresa!!eheh! comunque la definizione del crisantemo è vera, non ho inventato nulla! Pensate che lavorone solo per voi! J

Baci, Sun_Tk

 

Ringrazio SuperEle483; ZoomIntoMe; MarschTomLouder per aver recensito! Ragazze, le risposte ve le ho inviate personalmente, scusate se non le metto anche qui ma non so più che dirvi oltre che grazie dei complimenti sul modo di scrivere! Mi farete montare la testa! xP 

  
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