CAPITOLO
18
A
pochi chilometri di distanza,la pioggia aveva cessato
di cadere,e un pallido sole si era messo a brillare, senza troppa convinzione,
sulla campagna.
Gustave e Verònique si inerpicarono lentamente sulla collina erbosa e madida di
pioggia, per raggiungere la chiesetta, facendo del loro meglio per non
scivolare. Ridevano entrambi, più distesi, delle loro difficoltà.
Quando furono entrati nella cappella, trattennero a
malapena l’entusiasmo.
La
chiesa era piuttosto modesta all’esterno: la tipica cappella di campagna
in mattoni cotti, una torre campanaria con un’unica, minuscola campana.
Ma all’interno…
Luminosi
vetri cattedrali coloravano l’ambiente,diffondendo
una luce soffusa e delicata, in varie tinte.
I
banchi di legno scuro erano riccamente intagliati nonostante l’apparenza
severa, l’altare era ricoperto da una tovaglia di finissimo pizzo candido
ed era occupato da paramenti sacri di grande pregio.
Ma il vero protagonista dello spazio era quell’immenso
strumento musicale, sulla parete ovest.
Ad
una sola occhiata, perfino un profano si sarebbe reso conto dell’immenso
valore economico e culturale di quell’organo,un vero patrimonio per l’umanità.
I
due artisti rimasero letteralmente a bocca aperta, spiando avidi
ogni dettaglio, ogni tasto, ogni canna d’ottone perfettamente
lucida e levigata.
Un
fraticello suonava rozzamente un Gloria,e si volse a
sorridere tranquillo ad entrambi.
Sebbene la sua musica fosse semplice ed egli non
possedesse un gran talento, le note che traeva e il loro perfetto
risuonare rappresentavano un balsamo per gli spiriti afflitti.
Afflitti
come quelli di Gustave e Verònique.
Più
tardi,mentre ridiscendevano la collinetta in
silenzio,entrambi erano trincerati nei propri pensieri e nella gioia per quella
visita. Verònique mise il piede in fallo,e iniziò a scivolare su quell’erba
umida.
Prontamente,
Gustave l’afferrò alla vita,impedendone la caduta rovinosa.
Da
quella ravvicinata distanza,i loro occhi non
riuscivano a mentire,a nascondersi reciprocamente. Non più.
D’impulso
Gustave si chinò su di lei,e
la baciò.
Caddero
a terra, infangandosi i mantelli, ma non se ne accorsero
neppure,impegnati com’erano a reclamare avidamente le labbra e le carezze
dell’altro.
Le
loro solitudini si fusero,si incendiarono,si annegarono
l’una nell’altra.
I
loro baci non erano soltanto carichi di tenerezza e di passione,ma anche di rabbia, di sfida per un destino che aveva
regalato loro più dolore di quanto umanamente sopportabile.
Entrambi
si dimenticarono del tempo che passava,del luogo in
cui erano, delle responsabilità che li attendevano al ritorno e dei loro
infelici trascorsi.
Esistevano
loro,e loro soltanto.
Qualche
ora più tardi, la carrozza a nolo li fece scendere davanti alla piccola
casetta di Madame Valerius. Cercavano di nascondere i
loro timidi sorrisi, lo scintillio dei loro occhi
innamorati e finalmente consapevoli dei sentimenti dell’altro. Ma invano. Le loro mani intrecciate parevano non potersi
dividere.
Entrarono ,ridendo complici, nel piccolo ingresso, continuando a
tenersi per mano, decisi a raccontare subito ai loro cari ciò che
finalmente era accaduto, pronti a renderli partecipi della loro grande gioia.
Forse
la prima reazione di Christine sarebbe stata
ostile…o difficile. Poco importava.
La sincerità prima di tutto.
Ma la mano di Verònique
divenne gelida in quella di Gustave, non appena
ebbero varcato la soglia del salottino. Christine e
Raoul erano seduti accanto alla finestra, preoccupati
e tristi, gli occhi fissi sul mare grigiastro ed inquieto.
Madame
Valerius si dondolava pigramente sulla sedia a
dondolo,avvolta nel suo scialle nero, lo sguardo perso
nel vuoto e la bocca atteggiata ad una piega amara. Sembrava non essersi
neppure accorta del loro ingresso, sprofondata in chissà quali strani pensieri.
Su
una poltrona accanto al fuoco, stava Vittoria Masselli, la compagna di ballo di
Verò,le spalle
incurvate,le gambe ripiegate con grazia sotto di sé. Sul viso,un’indicibile angoscia, che si esasperò non
appena li vide entrare, allacciati in quel modo così intimo.
Vittoria saltò in piedi,e corse a seppellirsi
nell’abbraccio di Verò, la voce
tremante,quasi sul punto di ricominciare a piangere.
Stretta
a lei, potè soltanto mormorare contro il suo
orecchio:
“Robert è vivo”.
Robert è vivo. Robert è vivo.
Robert è vivo.
Verònique non riusciva a smettere di ripetere
ossessivamente, nella sua mente, quelle poche parole.
La
sua fronte scottava, ed ormai smaniava da ore.
Appena
udita la sconvolgente notizia, Verònique era
caduta a terra,priva di sensi.
Troppe
le emozioni di quel giorno,anche se alcune erano state
piacevoli…ma questa notizia non aveva senso.
Non
poteva averne.
Robert è morto,con tutte le altre
persone che viaggiavano sulla sua nave.
Erano stati pochissimi i sopravvissuti,e lui non era fra questi. Il mare non restituiva mai tutte
le sue vittime, e quindi nessuno aveva mai visto il corpo…
ma era morto,era morto! Deve esserlo…
Vittoria,accanto a lei, inumidì nuovamente il panno e le
bagnò teneramente la fronte.
Avrebbe
desiderato non essere lei a doverle portare quella sconvolgente
notizia…ma del resto, meglio così che se l’avesse appreso
dai giornali. Non avrebbe certamente retto il colpo.
Oltretutto,
era assolutamente certa di quanto le aveva raccontato.
L’aveva
visto con i suoi stessi occhi.
Vittoria
lasciò la stanza e ridiscese al piano di sotto,nel
salottino dove tutti,ammutoliti,la attendevano.
Gustave le andò subito incontro,il viso seriamente preoccupato. Non ebbe bisogno di
parlare.
“Non
vi preoccupate monsieur Daee.
Verò riposa. Ora sta meglio. La capisco, è stato un vero colpo per tutti noi. Ha
perso il suo proverbiale controllo perfino Julienne Giry. L’avete conosciuta, sapete cosa intendo.”
Gustave annuì,sollevato.
Era
davvero preoccupato per la reazione emotiva di Verò,ma non voleva darlo troppo a vedere. Nessuno di loro sapeva
cos’era accaduto quel pomeriggio,e stando
così le cose, non aveva alcuna intenzione di raccontarlo.
“Ditemi
Vittoria…cos’è accaduto? Come avete
saputo?”
Vittoria
sedette nuovamente sulla poltrona,e si preparò
a ripetere la storia che al pomeriggio aveva già narrato a madame Valerius e ai bambini.
“E’successo solo tre giorni fa. E ancora non mi sembra
vero, quindi capisco la vostra ncredulità.”
“Al
teatro è arrivata qualche settimana fa una lettera della famiglia Abbott,per Verònique.
Non sapevamo come fargliela pervenire qui,e pensavamo
che non fosse nulla di urgente…” parve a disagio. “Abbiamo fatto male. Comunque,nessuno
pensava più alla lettera. Ma come vi dicevo, tre
giorni fa è arrivata una visita. L’usciere è venuto a
chiamare me e Julienne,e
così..”
Gli
occhi le si riempirono di lacrime,ma cercò di
trattenersi.
“Lo
abbiamo riconosciuto immediatamente. Era Robert Abbott, il fidanzato di Verò,
non ci si poteva sbagliare… Ma in un certo
senso, era come avere davanti un fantasma.. siamo rimaste paralizzate dallo
stupore.
E’
stato lui a rompere il silenzio,e a narrarci
brevemente cosa gli era accaduto.”
“Il
giorno del naufragio,ha rischiato davvero di morire.
Per cercare di salvare più persone possibile,e
di aiutarle a calarsi nelle scialuppe, ha battuto la testa ed è caduto
in acqua. In quella confusione, non se ne accorse
praticamente nessuno, ognuno pensava solo a salvarsi. Fortuna vuole che prima
di perdere i sensi sia riuscito ad aggrapparsi saldamente ad una tavola di
legno.”
“Un
paio di ore più tardi fu ripescato da un
peschereccio. Gli prestarono i primi soccorsi,lo
salvarono e appena tornati a terra lo portarono all’ospedale. Il suo
fisico non ne risentì molto,ma.. Quando si
svegliò da quello strano torpore,non sapeva più chi fosse.”
“Aveva
perso completamente la memoria,e i medici non sapevano
proprio chi fosse: non aveva documenti con sé,né
orologio,né null’altro che potesse aiutarli a rintracciare una
famiglia. Avevano intuito che si trattasse di un
nobile per via dei suoi vestiti:sebbene stracciati,si vedeva che erano di
valore; e che si trattasse di uno straniero,per via dell’accento.”
“Col
tempo e le cure, pian piano Robert iniziò a
ricordare dei particolari del suo passato, ma non utili per arrivare alla sua
identità. Fino a sei mesi fa, perlomeno. Robert
ha continuato a migliorare, fino a ricordarsi chi fosse
e da dove venisse, ed ovviamente i medici lo hanno immediatamente rispedito in
Inghilterra.
Potete
immaginare la felicità e il sollievo dei suoi familiari.”
“Ma
solo un paio di mesi fa,ripresosi del tutto, ha
ricordato Verònique, il loro amore,il loro
fidanzamento. Così ha cercato di scriverle,per
non turbarla apparendo all’improvviso. Non ricevendo risposta,ha vinto la paura di viaggiare nuovamente per mare ed
è tornato a Parigi. Solo per Verò.”
Vittoria
tacque per un attimo.
Vedeva
la pena, la sconfitta negli occhi di Gustave, ed era
sinceramente dispiaciuta per lui.
“Ovviamente,
Robert non si rende conto di quanto tempo è
passato. Per lui, il tempo ha ripreso a scorrere normalmente
solo da un paio di mesi…i mesi addietro sono soltanto una macchia
confusa.
Non
capisce,al momento,che per Verònique
questi due anni sono stati lunghi,ed assai duri.”
Vittoria
non proseguì, ma lei e Gustave riflettevano sulle stesse cose,in quel momento.
Verònique avrebbe scelto la sua nuova vita, circondata dall’affetto
della famiglia Daeè, oppure avrebbe scelto il
suo vecchio amore, il matrimonio che aveva sognato, l’uomo per cui aveva pianto e pregato?
Gustave sapeva di non aver diritto a sperare.
C’era stato solo un giorno di felicità per loro.
Non
poteva competere con il grande amore della sua vita,un
uomo che aveva disperatamente bisogno di lei per tornare alla vita normale,che
uno scherzo del destino gli aveva quasi strappato per sempre.