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Autore: Puck nineseven    21/03/2011    4 recensioni
Settanta anni dopo l'ultima guerra, nuove nubi si addensano all'orizzonte. Vecchi nemici ritornano dall'ignoto, in cui parevano confinati. Nuovi e vecchi eroi sono pronti a cambiare le carte in tavola e sconvolgere il corso degli eventi.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Laodamea era diversa da come Jen l'aveva sempre immaginata. Nei libri aveva letto di uomini e ninfe, le figlie predilette della natura, vivere in quella città splendida. Sapeva di un palazzo reale costruito dentro ad una cascata. Eppure ovunque volgesse lo sguardo non vedeva altro che pura desolazione, segno distintivo del passaggio degli elfi. Per le strade non vedeva altro che bancarelle semivuote e uomini scarni, i bambini invece non giocavano allegri ma giravano come fantasmi dalle guance scavate. E delle ninfe nessuna traccia. Persino il sole, che Jen aveva sempre sognato luminoso e abbagliante, sembrava spento, coperto dalle nubi della guerra. Solo il palazzo conservava lo splendore di un tempo, ma anche lì il via vai dei soldati sembrava inarrestabile. Che avevano fatto gli elfi a Laodamea? Jen spostava lo sguardo in mezzo a quella desolazione e sentì pian piano una malinconia straziante crescerle dentro.
Ancora frastornata Jen percorse i corridoi del palazzo, scortata da uno degli uomini che l'avevano rapita. Che ci faceva lì? Sapeva che lì vi viveva temporaneamente il despota elfico, ma che interesse poteva avere per lui? Dopo diversi minuti l'elfo si fermò davanti ad una stanza, strano non sembrava essere la porta di una prigione, pareva di più un'infermaria. gridò e la sua voce viscida rimbombò per il corridoio. Una giovane donna sbucò da dietro un angolo, Jen la osservò attentamente, era dunque così una ninfa? Aveva lunghi e fluenti capelli d'acqua e lei stessa pareva una creatura leggera e impalpabile, nei suoi occhi vi era però la luce triste di chi non è libero. "Ecco che ne hanno fatto di loro, schiave" pensò, mentre l'uomo ordinava istruzioni alla ninfa. Jen la guardò nuovamente, mentre la ninfa non osò alzare lo sguardo o spiccicare una parola, neppure mentre le medicava abilmente la ferita sul collo. Quando ebbe finito la mezzelfa non desiderava altro che dormire ma lo stessa uomo che l'aveva rapita venne a riprenderla dopo poco. E di nuovo un dedalo infinito di corridoi che le parevano tutti uguali. Si fermarono in quella che Jen riconobbe come il salone delle udienze, un tempo sede del consiglio, eppure solo un misero filo d'acqua scorreva sul suo tetto trasparente, altro che la cascata delle leggende. Fece appena in tempo a notare una schiera di ninfe in catene, prima che l'uoma la spingesse a terra.
< Inchinati stupida! > a quanto pare non riusciva a far altro che urlare ordini.
< Suvvia Lays, non c'è bisogno di essere così brutali, in fondo non è certo una sgualdrinella qualsiasi. > Jen alzò un poco la testa. A parlare era un uomo seduto su un trono. Rimase atterrita a fissarlo, era uguale a suo padre, non dimostrava più di trent'anni ma ne doveva averne molti di più, aveva gli stessi capelli verde scuro, le stesse orecchie a punta e gli stessi occhi viola, solo che in questi non vi si leggeva altro che una luce folle. < Se non sbaglio io e te abbiamo molte cose di cui parlare, Jen, ti chiamo così giusto? >
  
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