25. Prendimi Così
Seguirono
due settimane piuttosto difficili da sopportare, almeno da parte di Bobby. Non
c’era voluto molto per portare a termine la ristrutturazione della casa, e una volta
conclusi i lavori, i tre fratelli erano tornati alle loro occupazioni: Angel
era stato letteralmente inghiottito
da Sofi, entusiasta all’idea di diventare presto la signora Mercer; Jerry aveva
ripreso il proprio ruolo all’interno della ditta, ed era tornato ad occuparsi
delle solite questioni lavorative. Bobby era tornato dal vecchio Artie,
sperando che la promessa di un lavoro fosse ancora valida.
“Assumerti?
Certo, ho detto che l’avrei fatto. Lo sto facendo, no?”
“Sì,
è solo che… lo sai, no? Quello che pensa di me la gente…”
“Di
solito non te ne preoccupi.”
“Sì,
lo so, ma…” Bobby si interruppe e si grattò la nuca, sorridendo. “Dio, quella
donna mi sta facendo diventare matto.”
“Non
ti ha ancora mollato?” gli chiese l’altro, sorridendo a sua volta.
“No,
non mi ha ancora mollato.”
“Da
quando vi frequentate?”
Bobby
scrollò le spalle. “Ho perso il conto. Un mese, forse un mese e mezzo.”
“Come
sta andando?”
“Sta
andando bene.” Fece una pausa. “L’ho portata a casa mia. A conoscere la mia
famiglia, intendo.”
“Bobby
Mercer sta davvero mettendo la testa a posto, allora. Com’è andata?”
“Oh,
direi alla grande. Le figlie di Jerry la adorano. La chiamano ‘zia’ e le hanno
chiesto di leggere loro la favola della buonanotte.”
Artie
rise. “Sai, non vorrei essere nei tuoi panni. Appena si sarà sparsa la notizia,
tutti gli uomini di Detroit ti odieranno.”
“E
perché?”
“Perché
ti sei preso l’ultima brava ragazza rimasta in città, ecco perché.”
Bobby
sorrise ancora. “Beh, io sono stato via per otto anni. Hanno avuto tutto il
tempo per provare a prendersela.”
I
dettagli dell’intervento erano stati concordati da Adia direttamente con il
medico che l’aveva in cura ormai da cinque anni; nonostante la promessa fatta a
Bobby circa l’informare Aaron dell’operazione, Adia non ne aveva parlato con
nessuno che non fosse il dottor Turner. Cercava di evitare l’argomento anche
con Bobby: sapeva che lui avrebbe finito col tirare in ballo Aaron, e lei non
aveva alcuna intenzione di parlarne ancora. Era nervosa, anche se avrebbe
preferito non ammetterlo. Era nervosa e aveva anche un po’ di paura: non per
l’intervento – ormai era diventata un’operazione quasi di routine –, ma per
quello che ne sarebbe seguito. Le sarebbero occorse almeno quattro settimane di
riabilitazione, per recuperare la completa mobilità della gamba, e in tutta
sincerità, lei non era convinta che Bobby avrebbe saputo reggere tanto stress.
In fondo, non poteva essere cambiato così tanto.
La
sera prima del ricovero in ospedale, Adia insistette per rimanere sola, ma
Bobby non si dimostrò disponibile a cedere alla richiesta. “Nossignora, non ti
lascio sola la notte prima dell’operazione” protestò, chiamandola dal lavoro
durante la pausa pranzo.
“Dai,
Bobby, potresti. Tanto, ho intenzione di mangiare qualcosa e di andare subito a
dormire.”
“A
maggior ragione, se i tuoi programmi sono questi, avrai bisogno di compagnia
per non annoiarti, no? Ok, scherzavo” si corresse immediatamente, nel cogliere
l’inizio di un rimprovero da parte della ragazza. “Ma non ti lascio sola
comunque” aggiunse, mentre la sua voce cambiava di tono.
All’altro
capo del filo, Adia sorrise. Quei cambiamenti sembravano farsi sempre più
frequenti, e sembravano proprio voler testimoniare il mutamento profondo del
carattere di Bobby. “E va bene, allora. Ma non ti fare strane idee” lo
redarguì.
“Nossignora,
niente strane idee. Oh, alla cena ci penso io.”
“Come
sarebbe a dire che alla cena ci pensi tu?” ribatté lei, stupita. “Non mi
risulta che tu sia un asso in cucina.”
“Non
mi risulta che lo sia nemmeno tu. E dai, agnellino, fidati di me.”
“Bobby…”
“Fidati
di me, ok? Tanto non cambierò idea nemmeno se mi pregherai in cinese. Lo sai
che sono fatto così.”
“Sì,
lo so che sei fatto così.”
“Devo
andare, ho quasi finito la pausa. Facciamo alle sette, allora?”
“Va
bene, Mercer. Ci vediamo alle sette. Stupiscimi.”
Una
breve pausa all’altro capo del filo. “Ti amo, Adia.”
“Sai,
mi… mi piace come lo dici.”
“E’
perché lo penso.”
Adia
osservò sospettosa il contenuto del proprio piatto. “Lo hai cucinato davvero
tu? Non ci credo.”
“Se
devo essere sincero, non è tutto merito mio. Mi ha aiutato Sofi.”
“Sofi?
Sofi ha accettato di aiutare te?” domandò ancora, incredula.
Bobby
sbuffò, sedendosi. “Le ho dovuto promettere che non l’avrei presa in giro per
sei mesi, prima di convincerla.”
“E
lo hai fatto per me?”
“Ehi,
non montarti la testa…” replicò lui, prendendola in giro. “Non volevo morire di
fame, ecco tutto.”
“Bobby…”
“Sì?”
“Ti
amo.”
“Dai,
mangia, che si raffredda.” Adia decise di ubbidire, senza smettere di
sorridere. Bobby era decisamente divertente, quando cambiava discorso a quel
modo. “Hai… hai parlato con… no, lascia perdere.”
“Con
mio fratello, intendi?” gli domandò. Bobby annuì. Adia posò la forchetta. “No.
No, non gli ho ancora parlato.” Fece una pausa, aspettando una risposta. “Beh,
non dici niente?”
“Non
servirebbe a nulla, tanto” osservò lui, abbandonando a sua volta la posata. “Dico
bene?”
“No,
forse no” rispose lei, ricominciando a mangiare. “Perché insisti con questa
storia?”
“Quale
storia?”
“Vuoi
che parli con Aaron a tutti i costi. Perché?”
“E’
tuo fratello.”
“Lo
so da ventotto anni, ma ti ringrazio per la precisazione.”
“Non
sto scherzando, Adia. E’ tuo fratello, ha diritto di sapere che domani un
branco di sconosciuti ti squarterà la gamba da cima a fondo per rimetterti a
posto.”
Adia
fece una smorfia. “Non credo sarà così macabra.”
“Hai
capito che intendo, Adia. Sicuramente andrà tutto bene, ma c’è sempre una
possibilità che falliscano. Potrebbe… potrebbe esserci una complicazione, o che
diavolo ne so. Io ci sarò, ma non sono la tua famiglia. Non potrei decidere
niente, lo capisci?”
Adia
abbassò la forchetta e la appoggiò lentamente a lato del piatto. Deglutì e
sbatté le palpebre un paio di volte, per allontanare le lacrime. Bobby aveva
ragione. Qualcosa sarebbe potuto andare storto, e il dottor Turner avrebbe
potuto presentarsi a Bobby con una liberatoria da firmare, o chissà che altro,
e lei non avrebbe mai potuto lasciare che tutta quella responsabilità cadesse
sulle sue spalle. Lui l’amava, certo, ma anche lei lo amava, e proprio in nome
di quel sentimento non poteva lasciare che accadesse. Però, nonostante quella
consapevolezza, non le riusciva di confrontarsi con Aaron: forse perché in
fondo Aaron era simile a Bobby, e non avrebbe mai accettato di lasciarla sola
davanti alla prospettiva di un’impresa così importante. Lasciare che suo
fratello le stesse vicino, però, avrebbe sicuramente portato degli attriti tra
lui e la moglie, e Adia non voleva essere la responsabile di un litigio. Aveva passato
la vita intera a colpevolizzarsi per gli attriti in famiglia, e ora che era
finalmente cresciuta, voleva crearne il meno possibile. Era stata lei la causa
della rottura tra le sorelle e il padre, e lo era stata fin dalla nascita: era
venuta al mondo quando la più giovane delle sorelle aveva già sette anni, e le
era stato sempre difficile integrarsi. I genitori, che comunque avevano amato
indistintamente tutti e sei i loro figli, avevano riservato più attenzioni a
Adia, arrivata quando ormai nessuno dei due se la sarebbe più aspettata, e
questo aveva in qualche modo alimentato una sorta di gelosia nelle quattro
sorelle Chambers. Aaron era l’unico con il quale Adia fosse mai riuscita ad
avere un rapporto sincero, forse dovuto al fatto di essere l’unico maschio in
una famiglia composta in maggioranza da femmine. Ma nonostante quel rapporto
speciale che erano riusciti a costruire, Adia non poteva dirgli dell’operazione. Non ci riusciva.
“Io…
io non posso, Bobby.”
“Non
puoi o non vuoi?” sussurrò lui in risposta.
“Non
posso. O forse non voglio, non lo so. Non voglio trascinarlo nei miei problemi.”
“E’
tuo fratello. E’ obbligato a ficcare
il naso nei tuoi problemi.”
“Bobby,
hai conosciuto sua moglie. Mi ucciderebbe.”
“Chi
se importa di quella stronza? Lei non ha niente a che fare con te. E’ con lui
che sei imparentata, non con sua moglie.”
“Lo
so, Bobby, ma… lasciamo stare, ok?”
“Sì,
scusa” si arrese lui. “Non avrei dovuto tirar fuori l’argomento. Mi dispiace”
concluse, allungando una mano per accarezzarle i capelli.
“Sei
perdonato.”
Bobby
aspettò che Adia si fosse completamente addormentata, prima di allontanarsi da
lei. Le posò un bacio tra i capelli, poi lasciò l’appartamento senza fare
rumore. Salì in macchina e guidò nervosamente fino a Evans Street, cercando di
concentrarsi sulla strada e al contempo cercando le parole giuste da usare con
Aaron.