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Autore: Nikkina Cullen    24/03/2011    0 recensioni
e se una famiglia come i Cullen vivesse vicino casa vostra?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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  Rientrai in casa e fui felice di essere sola.
Ero troppo frastornata e mi avrebbero fatto delle domande alle quali io non avrei saputo rispondere.  Mi chiedevo il motivo. Perché dei semplici esseri umani mi creavano uno scompiglio cosi grande come lo creavano loro.  Avendo incontrato per la prima volta anche la loro madre mi accorsi che era una cosa che riguardava tutta la famiglia. Pensavo che la cosa fosse circoscritta solo ai ragazzi e invece no ero sicura che anche se avrei incontrato il signor Andrea mi avrebbe fatto lo stesso effetto.
I loro tratti erano molto comuni per appartenere a famiglie diverse, ma loro provenivano dalla Finlandia e forse il colore della pelle dalle loro parti era cosi bianca per quanto ne potevo sapere io.
Che stupida che ero!
Mi soffermavo su un dettaglio tanto piccolo come il colore della pelle. Chissà loro cosa pensavano della mia pelle dato che era molto più scura della loro?
Non era giusto fare queste congetture sull'aspetto fisico.
Eppure non ero pentita perché non era in senso dispregiativo che li osservavo come avrebbe fatto qualcun altro del mio paese, ma mi affascinavano, a parte la piccola invidia che provavo inizialmente che lasciava subito posto alla meraviglia.  Cercavo di fare gesti meccanici come mettere le cose nella credenza o nel frigo per non pensare, ma non mi aiutava un granché.
Non sentii nemmeno la porta aprirsi e mi ritrovai mio padre in cucina mentre ero quasi completamente ficcata nel frigo, mi spaventò.
"Se avevi intenzione di smantellare il frigo, me lo potevi dire e ti davo una mano."
"Veramente stavo solo mettendo la spesa apposto!" e sorrisi benché sapevo che la sua non era solo una battuta.
Di quei lavoretti sapevo che se ne occupava lui ed era geloso se qualcun altro gli prendeva  anche quel posto.
Mio padre non aveva molto da fare fuori.
Il lavoro di mia madre bastava alla famiglia per farci vivere più che agiatamente e mio padre credeva fosse un sopruso prendere un posto di lavoro che avrebbe fatto gola ad un altro padre di famiglia che non aveva la fortuna come la sua cioè una moglie che portava uno stipendio che copriva le spese delle casa, della scuola, della famiglia e ci permetteva anche di andare in vacanza ad agosto per altro il mese più costoso per una vacanza.
Se avessi voluto fare un hobby particolare come danza o qualche sport me lo avrebbero anche concesso ma non avevo testa per qualche sport specifico e da piccola mi avevano fatto provare di tutto e di più.
Per la danza ero molto distratta e quindi quando si trattava di lavoro di gruppo ero sempre messa in ultima fila proprio per non rendere evidenti i miei errori al pubblico.
Per quanto riguardava lo sport correre non mi piaceva. Il senso di perdere anche momentaneamente la mia sicurezza non mi riusciva a concentrare sui miei passi e su quello che dovevo fare come tenere una palla in mano ad esempio nel caso del Basket oppure prendere la palla volante come nel caso della Pallavolo.
Io e lo sport non eravamo una cosa sola, anzi le ore di ginnastica non mi affascinavano molto malgrado le facessi per dovere e malgrado me la cavassi tanto da prendere un buon voto in pagella.
Lo sport non mi aveva nemmeno aiutato a socializzare con il resto dei miei coetanei quindi  restavo uno spirito solitario e questo mi penalizzava nella vita sociale anche della scuola, preoccupando i miei genitori e non poco. Amavano la solitudine che mi distingueva dai miei coetanei, ma avvolte penalizzava me e la mia vita con gli altri adolescenti.
Io stavo sempre a casa e per questo avevo un ottimo rapporto con mio padre.
Non capivo la sua dedizione per il calcio ma a parte quello le cose andavano benissimo fra di noi.
Questa era un'altra cosa che mi distingueva dai miei coetanei: il rapporto genitori e figlio adolescente.
Io ero uno specchio per loro.
Non avevano bisogno di leggere libri o riviste che riguardavano la mia età, bastava leggermi negli occhi e capivano cosa stavo provando.
Fu quello il motivo per cui fui felice di essere sola al ritorno dal supermercato, ma la cosa non bastò a tranquillizzarmi.
"È successo qualcosa di cui vuoi parlare?" chiese mio padre interrompendo i miei pensieri.
"No papà, solo che al supermercato ho parlato con il figlio dei signori Marini"
"Ah, discorso interessante?" anche se lui era d’accordo con me sulle stupide dicerie della gente, la cosa lo stupì lo stesso.
"Niente, mi ha solo salutato!"
"Cosa c'è di cosi sconvolgente nell'essere educati?"
Le sue parole rimettevano tutto nella prospettiva giusta.
Era stato solo educato.
"Si papà hai ragione!" cosi dicendo gli detti un bacio e me ne andai nella mia camera. "Devo finire qualche compito!" Alla parola compito i genitori non obbiettavano mai, e anche se io gli avevo già finiti quelli per il giorno dopo pensai di anticiparne qualcuno che avevo per i prossimi giorni.
Tutto pur di non dire una bugia.
La mia mente vagabondò un po’ troppo per i fatti suoi.
Ragazzi come loro avrebbero potuto occupare come niente il centro della vita scolastica, belli ricchi e anche notati, eppure se ne stavano in disparte solo loro e tre come se avessero qualcosa da nascondere, come se si creassero una maschera.
Forse avevano solo una riservatezza molto stretta come la mia. Anche io grazie a mia madre ero spesso al centro dell'attenzione in modo positivo. Tutti l'adoravano e cosi a scuola venivo adorata anche io specialmente dai miei insegnanti, questo era anche un altro motivo che mi allontanavano dai miei coetanei invidiosi per la mia influenza sugli insegnanti.
Non avrei mai occupato io un posto di rilievo con la tensione che creavo e non me ne rammaricavo più di tanto non quanto infastidiva i miei genitori. Io preferivo leggere un buon libro, magari seduta su un telo in riva al mare.
Essere vicini al mare aiuta a stemperare la tensione interiore.
Se la giornata era bella non mi richiudevo in casa andavo alla spiaggia. Questo era un tratto che mi accumunava a quelli della mia specie, ma sfidavo chiunque a non gradire una magnifica giornata di sole in riva al mare se poi sei a due passo da esso.
Mi armavo del libro che stavo leggendo al momento e di buona musica ritrovandomi di colpo io e il mare.
Meglio se in vicinanza c'erano gli scogli, l'odore di iodo era uno dei miei odori preferiti.
Quella giornata era bella quindi sicuramente l'avrei trascorsa alla spiaggia. Finii i compiti che stavo facendo e mi preparai per andare verso la mia meta. Il mare era stupendo in quel periodo.
Le belle giornate di inizio primavera erano quelle che amavo di più.
La spiaggia non è molto affollata come capita nel periodo alto dell'estate ed è più bello godersi il mare cosi.
Quel giorno fu la prima volta che mi accorsi di non essere sola.
Il mio sguardo era concentrato sul movimento delle onde che andavano e venivano sul bagnasciuga stavo valutando se la giornata fosse esattamente calda per bagnarmi i piedi, non riuscivo a decidere consapevole che l'acqua non sarebbe stata adatta alla temperatura che io mi aspettavo, troppo fredda probabilmente per la mia logica.
L' improvviso annuvolarsi del cielo mi portò oltre a un cattivo umore anche alla decisione di non fare più il bagnetto ai miei piedi.
E in quel momento mentre distoglievo lo sguardo dal mare per  guardare il cielo, mi accorsi di un luccichio proveniente dalla boscaglia, il mio stomaco si contorse dalla paura.
Il luccicare mi incuriosì e mentre una voce mi diceva di non muovermi da dove ero e anzi di scappare, io incurante di quella voce detti spazio alla mia curiosità, mi alzai e mi diressi verso il punto in cui mi sembrava che quella specie di luce fosse apparsa.
I raggi erano non erano ancora troppo intensi per illuminare anche il bosco, ma non era un raggio solare quello che avevo visto.
Ne ero certa.
Mi affacciai in quel punto del bosco, dove tutto era più scuro ma a quel punto la paura si fece più forte della curiosità e le gambe non mi permisero di proseguire.
Di certo se ci fosse stato mio padre mi sarei inoltrata con lui che mi teneva la mano come facevamo quando ero piccola, ma da sola la cosa mi metteva timore quindi decisi che era più saggio rientrare a casa.
Essere al sicuro mi tranquillizzò per un po’. 
Rientrare e trovare i miei genitori che mi aspettavano per cena fu la cosa che mise a tacere di più la mia paura innata di qualche ora prima.
Fu più dura tranquillizzarmi quando mi ritrovai da sola nel mio letto a notte fonda, pensando a quella macchia bianca che mi aveva infastidita.
Non mi aiutò a dormire avevo ancora un inspiegabile fastidio agli occhi.
Cercai di ricordare qualcosa attinente a quella macchia bianca ma il cervello era troppo stanco per stare a passo con i suoi stessi pensieri tanto che mi dette la buona scusa di smettere per quella notte di capirci qualcosa e dormire beatamente.
 
 
 
 
 

   
 
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