Anime & Manga > Saiyuki
Ricorda la storia  |       
Autore: Blackmoody    23/01/2006    7 recensioni
Popolo del Togenkyo!
La legge è questa: il principe Seiten
sposo sarà a chi, di sangue regio,
spieghi i tre enigmi ch'egli proporrà.
Ma chi affronta il cimento e vinto resta
porga alla scure la superba testa!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cho Hakkai, Genjo Sanzo Hoshi, Kanzeon Bosatsu, Sha Gojio, Son Goku
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Black Moody’s FanFics Corporation presents

 

 

Black Moody’s FanFics Corporation presents

 

 

 

Turandot

 

 

 

 

 

 

Atto primo

 

 

 

Là sui monti dell’Est

la cicogna cantò,

ma l’april non rifiorì,

ma la neve non sgelò.

Dal deserto al mar – non odi tu

mille voci sospirar:

Principe, scendi a me!

Tutto fiorirà,

tutto splenderà…

[ da “Turandot” – Atto primo ]

 

 

 

 

Non erano tempi facili quelli che il Togenkyo, fiorente regno della parte orientale del mondo, stava attraversando: molte guerre interne lo avevano logorato, e le ribellioni di alcuni gruppi di demoni contro il potere centrale – e contro gli umani in generale – avevano finito per costituire il colpo di grazia. L’equilibrio del paese era fragile, sconnesso, e sarebbe bastato ben poco per farlo crollare definitivamente. Molti erano coloro che sceglievano la via dell’esilio, in cerca di fortuna, e altri si arrendevano all’evidenza dei fatti. Purtroppo i problemi non si limitavano a questioni belliche e politiche: uno di essi era costituito dal figlio dell’ultima imperatrice.

La somma Kanzeon Bosatsu, sovrana del Togenkyo intero, aveva un unico erede, e adesso che si sentiva prossima alla scomparsa aveva necessità di affidare il regno nelle sue mani. Ma il principe, da diversi anni ormai, non sembrava intenzionato ad attenersi ai desideri della madre: correva voce – ed era fondata – che fosse un giovane tanto bello quanto spietato, che obbligava i suoi pretendenti, donne e uomini che fossero, ad affrontare una prova crudele. E nessuno, fino ad allora, si era salvato.

Nonostante ciò, ancora in gran numero si presentavano al palazzo imperiale chiedendo di sottoporsi al cimento, e l’imperatrice non aveva completamente perso la speranza che prima o poi uno di essi avrebbe ottenuto la vittoria e la mano di suo figlio, salvando così la sorte del Togenkyo e dei suoi abitanti. Presto o tardi, un miracolo sarebbe avvenuto.

Correva l’anno della Tigre, e quella sera tutta la capitale era in fermento: l’ultimo pretendente sconfitto, il tredicesimo dacchè l’anno era iniziato, sarebbe stato giustiziato al sorgere della luna, e nessuno, per quanto ribrezzo e sgomento provasse, voleva perdersi lo spettacolo, con la tipica curiosità atroce del popolo verso le esecuzioni. La folla si stava radunando nella vasta piazza che si apriva dinnanzi al palazzo imperiale, mentre la luce fredda del crepuscolo andava scemando per lasciare spazio alla notte; vi erano mendicanti, gente comune vestita di abiti scuri e semplici, alti dignitari e cortigiane sfavillanti nei loro gioielli, e soldati armati di lunghe picche e alabarde che controllavano ogni angolo della zona. L’attesa era più che mai fremente: colui che di lì a poco sarebbe stato condotto al patibolo era il principe Homura Toshin, giovane, attraente e valoroso, e molti provavano pena per lui.

Tra la gente vociante avanzavano, lenti e cauti, un uomo piuttosto anziano e una serva che lo sorreggeva: lui indossava una lunga veste chiara, strappata in più punti, che un tempo doveva essere stata estremamente sontuosa, e aveva i capelli raccolti in una grossa treccia che gli arrivava fino a metà schiena; benchè camminasse con fare stanco, il suo aspetto tradiva una regalità invidiabile, il volto e gli occhi una profonda giustizia. La ragazza che era con lui era minuta e bruna, l’espressione gentile, e lo teneva sottobraccio senza mostrare alcun segno d’insofferenza. Chi li avesse visti non avrebbe mai potuto immaginare che quell’uomo dimesso fosse in realtà il sovrano di un regno limitrofo, ormai decaduto, il saggio Komyo Sanzo Hoshi.

I due cercarono di farsi strada tra la folla, in cerca di qualcuno, e inavvertitamente si scontrarono con un gruppetto di nobili circondati dalla propria scorta. La ragazza si prodigò subito in umili scuse, ma quelli non vollero sentire ragioni:

- Spostati, vecchio! – vociò una delle guardie all’indirizzo di Komyo – Sei d’intralcio! E tu, donna, chiudi quella bocca! -

Fece per spingerla indietro con il bastone della lancia, quando una mano spuntò dal niente, bloccandolo:

- Non torcere loro un solo capello, soldato, o dovrai risponderne a me – disse il proprietario di quella mano chiara.

Le guardie, i nobili, l’anziano re e la serva si voltatono: un giovane alto e biondo li scrutava con espressione severa, una luce autoritaria negli occhi viola. Il suo portamento fiero, la piega severa delle labbra, la bellezza del suo viso pallido e, non ultima, la lunga katana che portava al fianco ebbero il potere di far allontanare in fretta e furia, e senza ribattere, nobili e scorta.

Komyo sorrise appena, avanzando verso di lui: - Ti ringrazio, figlio mio. Grazie al cielo ti abbiamo trovato –

L’altro scosse la testa: - Semmai sono stato io a ritrovare voi, padre – ribattè, in tono volutamente piatto.

- Mio signore – la serva s’inchinò – Perdonatemi, temo sia stata colpa mia -

- Lascia stare, Yaone, non intendo discuterne più – tagliò corto il biondo.

Nel frattempo, il buio era calato, e qua e là brillavano le fiamme guizzanti di torce e lanterne. D’improvviso la folla si zittì, le voci ridotte a mormorii, e tutti puntarono gli sguardi verso il centro della piazza: un dignitario riccamente vestito, seguito da altri soldati, era sceso dalla scalinata del palazzo imperiale, un rotolo di pergamena in pugno. Rullarono i tamburi.

- Fate silenzio e prestate ascolto al sommo Jiroushin, portavoce della divina imperatrice! – gridò un araldo.

Il dignitario gettò un’occhiata cupa attorno a sé, poi srotolò la pergamena e declamò quel che vi era scritto.

 

Popolo del Togenkyo!

La legge è questa: il principe Seiten

sposo sarà a chi, di sangue regio,

spieghi i tre enigmi ch’egli proporrà.

Ma chi affronta il cimento e vinto resta,

porga alla scure la superba testa!

Il principe Homura avversa ebbe fortuna:

al sorger della luna, per man del boia

muoia!

 

La fine del discorso fu sottolineata da sussurri di nuovo sgomento e da un secondo rullo di tamburi. Il sommo Jiroushin ripiegò con cura il rotolo, girò i tacchi e risalì la scalinata della reggia assieme alla sua scorta, svanendo oltre lo scuro porticato sulla sommità.

Il giovane biondo inarcò perplesso un sopracciglio: - Che storia è questa? –

- Non ne ho la più pallida idea, mio signore – ammise Yaone guardandosi nervosamente attorno.

- Bah… Ehi, tu! – esclamò lui, prendendo per un braccio una donna che passava lì vicino – Spiegami che cosa sta accadendo -

Quella lo fissò sbalordita: - Davvero non lo sapete, giovane altezza? –

Il biondo ebbe un moto di stizza: - Se lo sapessi non te lo chiederei. Avanti, parla! – replicò.

- Si vede che venite da lontano. Chiunque qui sa che il principe Seiten Taisei, o Son Goku, poiché questo è suo nome, ha indetto da anni una terribile prova. Chiunque voglia averlo in sposo deve prima sciogliere i tre indovinelli che gli vengono proposti dal principe in persona – spiegò la donna – Chi ci riesce otterrà la sua mano, e chi perde… beh, lo avete visto. Chi perde viene giustiziato -

- Per gli Dei! Perché mai un futuro imperatore dovrebbe fare una cosa tanto spietata? – interloquì Komyo.

La loro interlocutrice scosse il capo: - Non chiedetemelo. C’è chi dice che il principe sia vittima di un incantesimo o robe simili, ma nessuno ci crede granchè. Sarebbe molto più semplice trovare una soluzione, forse… -

Detto questo, la donna li salutò con un inchino e sgattaiolò via, lasciando i tre sconcertati. Il re e Yaone presero a parlottare a bassa voce, mentre il giovane giocherellava con un lembo del mantello con fare assente. Ciò che aveva appena appreso aveva instillato in lui due diversi pensieri: da una parte, ammirava il principe per la sua totale e sincera assenza di misericordia, fattore che riteneva a volte obsoleto per governare un regno con mano salda; dall’altra, sentiva crescere verso di lui una rabbia gelida, sebbene non gl’importasse niente degli sconsiderati e sconsiderate che avevano sfidato la sorte. Trovava sleale e insensata la storia dei tre enigmi.

Con un sospiro irritato, il biondo si passò le dita tra i capelli: - Basta, non me ne importa – borbottò, come per rimproverarsi.

Ma come finì la frase, un boato s’innalzò dalla folla stipata davanti a lui, a suo padre e alla ragazza. Un piccolo corteo si stava facendo strada tra la gente, ben illuminato da lanterne bianche, e in mezzo alle persone che lo componevano stava un uomo alto e bruno, esangue come la morte cui andava incontro, i polsi cinti da due pesanti catene: Homura Toshin non mostrava alcun segno di paura, eppure fu sufficiente la luce smarrita che aveva negli occhi e la consapevolezza che stava incamminandosi verso la lama del boia perché il popolo riprendesse a sussurrare, simile al vento tra le foglie di un albero.

- Che il cielo lo salvi! È così giovane! – diceva qualcuno.

- Principe, abbiatene pietà! Pietà! – si ritrovò a gridare qualcun altro, un braccio proteso verso la reggia.

- Non uccidetelo! – aggiunsero altre voci supplichevoli.

Yaone nascose il volto tra le pieghe del manto di Komyo: - È atroce, atroce! – singhiozzò. Aveva visto tanti orrori, da quando lei, il re e il biondo principe erano fuggiti dal loro regno d’origine, ma ogni volta era come la prima.

- Quel dannato… Che si mostri, il vigliacco! – proruppe il figlio del vecchio sovrano, a denti stretti – Che io lo maledica! -

Poteva essere giusto uccidere, ma faccia a faccia in uno scontro, con giuste motivazioni, per quanto soggettive, non certo in quella maniera. Che uomo era uno che giocava con le vite altrui come se fossero stati dadi da lanciare e riprendere?

Il corteo funebre che accompagnava il principe Homura scomparve oltre l’angolo della piazza, i brusii cessarono quasi, e in quel preciso istante, mentre una luna immensa faceva capolino da dietro la sagoma nera del palazzo imperiale, le arcate in cima alla scalinata s’illuminarono a giorno, le porte si spalancarono e, circondato dalla corte, un ragazzo avanzò nella luce delle torce: abbigliato di chiaro, altero, aveva lunghi capelli dello stesso caldo colore delle castagne e un bastone scarlatto con sfere d’oro alle estremità stretto nella mano destra. Non ci voleva molto per intuire che si trattava di Son Goku, l’erede al trono, colui che era noto come Seiten Taisei. E non ci volle molto perché i tre esuli si accorgessero che era bello oltre ogni dire.

Il principe non parlò. Si limitò a scrutare con freddezza la folla prostrata sul lastricato della piazza e poi voltò loro le spalle, dirigendosi con passo deciso verso l’interno del palazzo. Nel giro di pochi minuti, le arcate furono nuovamente buie e deserte.

Dopo quell’apparizione fugace, calò un assoluto silenzio tra gli astanti. Molti se ne andarono, e alcuni restarono ai bordi della piazza ad aspettare, nessuno sapeva cosa. E al centro stava, immobile, circondato dal padre e dalla ragazza, il giovane biondo, gli occhi ancora puntati verso l’alto porticato: mai, in tutta la sua vita, aveva visto una creatura tanto meravigliosa e dannata, mai si era sentito come adesso. Avrebbe voluto correre lassù e colpire Son Goku con tutta la sua forza, facendogli capire l’empietà di cui si faceva coscientemente carico, e al tempo stesso… al tempo stesso, avvertiva un fuoco sconosciuto rodergli le vene, qualcosa che gli faceva sì desiderare di avventarsi contro il principe Seiten, ma per motivi che non si limitavano all’ira.

Un attimo era bastato, e già gli sembrava d’impazzire nel tentativo di scrollarsi di dosso quelle sensazioni.

- Figlio – lo chiamò Komyo in tono sommesso – Che cosa ti succede? -

Lui non rispose subito. Stava riflettendo: l’unico modo per avvicinare il principe era quello di proporsi come prossimo pretendente, e se avesse superato la prova avrebbe potuto prendersi il gusto di dimostrargli che non era invincibile né intoccabile, e poi se ne sarebbe andato lasciandolo a consumarsi nella sconfitta. Inoltre, se vinceva…

Il biondo scosse la testa con foga. Era meglio non abbandonarsi a certi pensieri stupidi in una situazione del genere. Ma l’idea di partenza lo allettava: - Parteciperò a quella maledetta prova, padre – rispose quindi, avanzando verso la scalinata.

Il re e Yaone lo rincorsero, l’aria basita: - Mio signore, ma che cosa state dicendo? – esclamò la serva.

- Figlio, questa è follia! – rincarò Komyo, prendendolo per un braccio – Perché mai dovresti farlo? Tu certo non lo ami! -

- Certo che no! – scattò il giovane, forse un po’ troppo bruscamente – Lo faccio affinchè capisca che non può vincere sempre -

La ragazza si gettò a terra in ginocchio: - Mio signore, vi scongiuro, ripensateci! Se doveste fallire, che ne sarebbe di noi? Avreste il coraggio di abbandonare vostro padre per una stupida sfida? La mia vita non ha valore, ma la sua, signore, non… -

- Basta! Ho preso la mia decisione, e non tornerò indietro -

Con queste parole, il biondo si accinse a precipitarsi su per i gradini, ma con sua grande sorpresa (e irritazione) tre alte figure gli si pararono davanti, arrivate da chissà quali angoli, e una dopo l’altra gli bloccarono la strada.

- Fermo, straniero, dove pensi di andare? – tuonò la prima, abbigliata d’oro.

- Ecco un altro illuso che vuole suicidarsi! – aggiunse con fare teatrale la seconda, vestita di rosso.

- Siete ancora in tempo a cambiare idea, altezza – concluse la terza, ammantata di verde.

Il giovane scrutò scettico gli uomini che avevano appena parlato: quello vestito d’oro aveva capelli chiarissimi e sembrava il più autoritario del terzetto; quello che stava in mezzo, dalle vesti color sangue e la chioma altrettanto scarlatta, lo guardava con aria beffarda e l’ultimo, moro ed esile, teneva le braccia conserte e aveva un’aria affranta nei profondi occhi verdi.

- E voi chi sareste? – chiese il biondo, seccato per quel contrattempo.

Il rosso fece un passo avanti: - Siamo i tre ministri supremi dell’imperatrice, screanzato! Io sono Sha Gojyo, il Gran Provveditore! –

- Non fare lo sbruffone come tuo solito – intervenne il primo – Comunque io sono il Cancelliere, Ryu Gojuin, e questi – indicò il compagno vestito di verde – è Cho Hakkai, il Cuciniere -

L’altro s’inchinò garbatamente al giovane principe, poi parlò: - Altezza, cosa state facendo, di grazia? –

Il biondo lo fissò: - Mi sembra che lo abbiate intuito. Desidero cimentarmi con i tre enigmi, che altro sennò? – rispose.

I tre esplosero in un verso di disappunto che era per metà una risata di scherno e per metà un grido frustrato.

- Saresti la quattordicesima vittima di quest’anno tremendo, sciocco! – lo redarguì Gojuin – Tu, come i pazzi e le disperate che ti hanno preceduto, finirai sotto la spada del carnefice, e ancora non si estinguerà questo massacro! -

- Che t’importa di un ragazzino quale il nostro principe? Affascinante come sei e con quegli occhi suadenti puoi trovare tutte le donne e gli uomini che ti pare, e senza rimetterci le penne! Non ti sembra una prospettiva più allettante? – disse Gojyo, il tono pericolosamente vicino alla presa in giro. Il giovane gli riservò un’occhiata glaciale e non ribattè.

- Lasciatemi passare e non impicciatevi – ordinò invece, e fece per superarli.

Fu Hakkai a bloccarlo di nuovo, qualche gradino più in su: - Per favore, ne va della vostra vita! –

- Ha ragione! Fermati, figlio, ascoltaci! – implorò ansante Komyo, che aveva raggiunto il gruppetto assieme a Yaone.

Il biondo serrò le palpebre, cercando di scacciare le loro voci, soprattutto quella di suo padre. Sapeva di aver scelto di fare una follia, sapeva che né vittoria né sconfitta erano scontate, sapeva anche che avrebbe dovuto pensare a difendere l’anziano sovrano e non perdersi in una sfida assurda, ma da tempo ormai si era ripromesso di vivere e morire soltanto per sé stesso, senza affezionarsi a persona alcuna, senza che nessuno avesse di che soffrire se fosse scomparso troppo presto. Senza avere nessuno da proteggere per poi perderlo e perdersi comunque. Quello era il suo modo di vivere, e non l’avrebbe tradito.

- Non sprecate fiato inutilmente, non mi convincerete! – esclamò – Decido io per la mia vita, e così per la mia morte! -

Salì a grandi passi gli ultimi gradini e s’arrestò sul limitare di una sorta di piattaforma che si apriva a metà della scalinata: al centro di essa, sotto un piccolo padiglione, s’innalzava un enorme gong di bronzo dorato. E prima che il re, la serva o i ministri riuscissero a fare qualcosa, il giovane afferrò la mazza che giaceva lì vicino e percosse il disco di metallo con forza, per tre volte.

I rintocchi risuonarono cupi nel cielo notturno, echeggiarono tra le vie e gli edifici, e quando cessarono del tutto la piazza ed il palazzo parvero riprendere vita all’improvviso: si accesero nuove torce, fiaccole e lanterne, la gente accorse vociando e scalpicciando sulla pietra, guardie e dignitari si riversarono fuori dal porticato imperiale, invadendo l’intera scalinata, mentre Komyo e Yaone si stringevano l’uno all’altra con rassegnata disperazione e Gojuin, Gojyo e Hakkai scuotevano la testa.

Il quattordicesimo pretendente dell’anno della Tigre aveva fatto la sua mortale richiesta.

E in mezzo a tutti loro vi era Genjo Sanzo Hoshi, biondo principe del perduto regno di Cho’an, che aveva appena giocato la prima carta che avrebbe presto decretato il suo destino.

 

 

 

 

••• To be continued •••

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice: immagino che la maggior parte di voi non conosca l’opera alla quale mi sono ispirata per scrivere questa storia e dalla quale ho ripreso il titolo (che altrimenti c’entrerebbe ben poco con la trama in sé)… ma forse è meglio così. In ogni caso, se state leggendo queste righe significa che siete arrivati in fondo al primo capitolo (pardon, atto), e la cosa mi fa piacere. Ammetto che come idea debba apparire un po’ “strana”, questa mia nuova fic, ma mi auguro che vi piaccia comunque…

Ho messo “alternate universe” tra gli avvertimenti perché, in fondo, sebbene si svolga sempre nel Togenkyo non è certo la situazione a cui siamo abituati leggendo Saiyuki; ho preferito invece evitare di mettere “OOC” perché non credo che i personaggi saranno così “stravolti”… o almeno spero @_@. Comunque starà a voi giudicare, mina-san… Mi raccomando, fatemi sapere cosa ve ne pare, ci tengo.

Nel frattempo vi saluto e vi do appuntamento (sempre che vi vada) al secondo atto, in cui Sanzo dovrà affrontare i tre enigmi… e Goku.

See you soon and go to the West! Black Moody

 

 

 

 

 

  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saiyuki / Vai alla pagina dell'autore: Blackmoody