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Autore: Leslie_burke    28/03/2011    3 recensioni
Già, perché tu hai ucciso tua
mamma. Chi
compie un gesto del genere, non ha il diritto di vivere felice, e tu lo sai, vero, figlio del diavolo?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Ciao a tutti! Questa è la mia prima fan fiction, quindi mi piacerebbe molto sentire le vostre opinioni! Positive e negative … i primi capitoli sono abbastanza tristi e incentrati solo su Akito, ma presto Sana ricoprirà uno spazio maggiore e le situazioni più allegre!

CAPITOLO 03:

Akito correva per le vie della città, incurante sia del vento sia dei lamenti delle persone colpite. Correva per dimenticare. Per cercare di sgombrare la mente; anche se sapeva bene quanto questo fosse impossibile, soprattutto visto il luogo dov’era diretto. A metà percorso rallentò e cominciò a camminare. «Hayama, perché lo fai? » quelle parole continuavano a tornagli in mente, a intervalli regolari. Stupida mocciosa. Scommetto che a casa tutti adorano la piccola attrice di talento, sempre allegra e sorridente. Sospirò. Era conscio che odiarla solo perché era più fortuna di lui era uno sbaglio, ma era così, e lui non aveva per niente voglia di mettersi a riflettere anche su quello, anche se le sue parole fossero state vere.

« Akito! » una voce interruppe le sue riflessioni.

« Tsuyoshi, ciao! » lo salutò.

Si avvicinarono.

« Dove stai andando di bello? » gli chiese l’amico.

Ad Akito venne da ridere per la seconda volta nella giornata, un record quasi. Dove stai andando di bello? Anche presupponendo che in quella cavolo di città ci fosse un luogo bello quella parola era sicuramente tra le meno adatta ad indicare la sua destinazione.

« Da nessuna parte … facevo solo un giretto per rimanere in forma! Anche a te non farebbe male, tra l’altro! »

L’altro non si scompose, ormai abituato a quel modo di comunicare.

« Simpatico, davvero. Aki … dobbiamo parlare del tuo comportamento a scuola! È inammissibile che continui a fare tutto questo casino! »

Si pentì subito delle proprie parole, quando vide la faccia dell’amico. Tuttavia, la risposta lo lasciò sconvolto.

« Lo sai che odio che mi chiami “Aki”. Comunque … credi di essere mio amico? E se sì, perché? »

Si guardarono per dei lunghi istanti, senza dire niente.

« No, niente, lascia stare … non so cosa mi è preso. Ultimamente straparlo. Adesso però devo andare! Ne riparliamo un’altra volta, okay? »

Si dileguò tra la gente, di nuovo correndo. Le otto … doveva sbrigarsi. Si maledisse in silenzio per essere scappato, da cosa poi, era un mistero. Non aveva mai capito perché Tsuyoshi continuasse ad essergli amico, nonostante lui lo trattasse spesso in modo deplorevole. A volte, temeva che fosse solo compassione … era lui che da piccolo era andato a piangere, cacciato fuori di casa …

Sospirò, e, molto lentamente, aprì le pesanti porte del cimitero, con gli occhi bassi.

« Hayama?! »

A quella voce alzò di scatto la testa.

« Kurata?! »

Se il ragazzo avesse dovuto fare una lista dei posti dove poteva trovarsi lei, di certo il cimitero sarebbe stato tra gli ultimi. Anche lei sembrava alquanto sorpresa.

« Hayama, cosa ci fai qui? » chiese, curiosa.

Lui ricambiò il suo sguardo, seccata.

« Secondo te cosa fa di solito la gente in un cimitero?! »

Fece per andarsene, ma lei gli prese la maglia. Quella ragazza aveva fegato, doveva ammetterlo.

« Io sto girando la scena di un film! Comunque mi dispiace che così gioavne abbia già qualcuno per cui piangere! Chi è? »

Per un attimo rimase in certo sulla risposta da dare … scartò subito la verità, avrebbe sollevato troppe domande … Adesso deve rompermi le scatole anche fuori da scuola? Non poteva girarlo da un’altra parte il suo stupidissimo film? La ragazza continuava a fissarlo, la mano salda sulla sua manica.

« Perché ti interessa? » rispose infine.

Questa volta fu lei a stare in silenzio.

« Perché … perché mi è venuto spontaneo. »

Rabbia. Una forte rabbia. Non sapeva dire esattamente come mai, ma il fatto che lei si comportasse così in modo spontaneo gli provocò questo sentimento. Certo, lei può fare tutto ciò che le pare … scommetto che a casa sua mamma e suo padre l’aspettano ansiosi di farle i complimenti per il lavoro, con un’ottima cena pronta. La odio …

« Non sono comunque affari tuoi! » disse, staccandosi da lei. « Ora, col tuo permesso … »

Si girò e si allontanò, senza nemmeno salutarla, a passo veloce, senza correre né camminare. In qualche modo, si sentiva osservando come poche volte in vita sua, come se quella studentessa non lo stesse guardando fuori, ma dentro. Scacciò quel pensiero irritato, era ridicolo.

Si fermò davanti alla foto di una bella donna, con capelli biondi uguali ai suoi: Khoaru Hayama, recitava la tomba. Ciao mamma. Di solito parlava a bassa voce, ma quel giorno aveva troppo paura che orecchi indiscrete potessero sentire
  
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