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Autore: Yuri_e_Momoka    28/03/2011    2 recensioni
VII. “Devi capire che era l’unica soluzione” insistette [...] “Sapevo che tu eri fuori dalla porta, ti sentivo bussare. Quando ha aperto l’armadio e mi ha visto gli ho tappato la bocca. Lo ammetto, non è stato facile, mi guardava supplice. Ma io l’ho spinto giù. Almeno non ha sofferto, non pensi? So che non vuoi sentirtelo dire, ma te lo ripeterò. Tutto questo l’ho fatto per te."
Genere: Dark, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, America/Alfred F. Jones, Austria/Roderich Edelstein, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5- Marat Titolo: Ars Moriendi, Capitolo 5 - Marat
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Inghilterra (Arthur Kirkland), Francia (Francis Bonnefoy), America (Alfred F. Jones), Austria (Roderich Edelstein), Ungheria (Elizabeta Hédervàry), Prussia (Gilbert Beilschmidt), Germania (Ludwig), Nord Italia (Feliciano Vargas), Russia (Ivan Braginski), Bielorussia (Natalia Arlovskaya), Svizzera (Vash Zwingli)
Genere: Mistero, Dark, Suspence
Rating: Giallo
Avvertimenti: AU, Yaoi, Shonen-ai, Het
Parole: 5,108 con Windows Office
Disclaimer: I personaggi della fanfiction provengono da Axis Powers Hetalia che appartiene a Hidekaz Himaruya
Note: La mort de Marat


V. Marat

 
Arthur protese una mano per scacciare ciò che lo stava infastidendo.
“Svegliati!”
Mai e poi mai, avrebbe dormito per altri due giorni, non aveva alcuna intenzione di lasciare il suo sonno, chiunque gli stesse parlando.
“Arthur! Per l’amor del cielo, svegliati subito!”
“Sta’ zitto, Alfred…”
Due mani salde lo scossero fermamente. “Dai, dai! Ti prego!”
Arthur aprì gli occhi con enorme fatica ma era abbastanza adirato da rispondergli malamente.
“Che diamine c’è? È impossibile che siano già passate due ore.”
Alfred era più agitato del solito. “E invece sì, ma non è per questo che ti devi alzare subito!”
Arthur si appoggiò col gomito sul cuscino. “È morto qualcun altro?” Inammissibile… possibile che non si riuscisse ad avere un paio d’ore di pace.
“Non lo so… può darsi. Io…” Alfred abbassò il tono della voce come se si vergognasse. “Ho visto un fantasma nel corridoio.”
Arthur spese qualche istante per decidere se mettersi a ridere o tornare a dormire.
“Te lo giuro! Ho sentito un rumore e sono uscito a controllare e così l’ho visto!”
L’inglese si ributtò sul cuscino. “I fantasmi non fanno rumore.”
“Cosa ne sai, dei fantasmi? Svegliamo Francis, lui se ne intende di più.”
Quella minaccia spinse Arthur a mettersi seduto sul materasso in tutta fretta. “Per la miseria, assolutamente no! Finalmente se ne sta zitto. Vengo a vedere io.”
Aveva sempre più l’impressione di essere diventato una balia. Con l’allegria di un cadavere si infilò la giacca ormai sgualcita, dato che il fuoco nel caminetto si era ridotto a qualche misera brace e la temperatura era calata, e uscì nel corridoio seguito a ruota da Alfred. L’ambiente era in penombra come al solito, per cui, a meno che il fantasma non gli fosse passato proprio davanti agli occhi, chiunque avrebbe potuto sbagliarsi.
“Dov’era?”
“Là in fondo.” Alfred indicò la fine del corridoio, sulla destra, dove si trovavano le altre camere.
“E che rumore ha fatto?”
“Non so, assomigliava a quello di una porta… o di una serratura.”
Arthur si spazientì. “Ti sembra che un fantasma potrebbe aver bisogno di usare una porta?”
“Ma era tutto bianco!” tentò di giustificarsi l’americano
“Sarà stato qualcuno in camicia da notte, ci hai pensato?”
Alfred ci pensò in quel momento. “Ah, sì, potrebbe.”
Arthur era irritato, ma ormai era sveglio e il suo turno di guardia era iniziato. “Va’ a letto.”
“D’accordo. Tu… dai comunque una controllatina ogni tanto.”
“Come no.” L’inglese si strinse nella giacca, ma un rumore diverso da quello di una serratura attirò la sua attenzione. Avanzò di qualche metro nel corridoio seguendo il suono di una voce. Rallentò di fronte alla porta di una camera, dall’interno proveniva una voce femminile.
Tornò indietro di corsa e bloccò Alfred prima che potesse rientrare in camera, lo prese per un braccio e lo trascinò fino alla porta.
“Arthur, lasciami dormire!”
“Parla sottovoce e traduci quello che dicono.”
Alfred appoggiò controvoglia l’orecchio al legno lucido. “È russo” disse. Che perspicace.
“È per questo che devi tradurre, io non lo conosco, ma tu sì.”
Arthur era certo che Ivan e Natalia gli nascondessero qualcosa di importante e quella era l’occasione perfetta per scoprire qualcosa.
Alfred rimase in ascolto per qualche minuto e quando Arthur gli mise fretta lui si agitò e arrossì.
“Ma… s-stanno…”
Dall’interno provenne un grido soffocato e l’inglese iniziò a farsi delle idee.
“Che fanno?”
“Ehm, credo… che siano insieme… a letto.”
“Oh.”
Alfred lo guardò imbarazzato, allontanandosi sempre più dalla porta come se potesse morderlo, ma Arthur lo trattenne.
“Avanti, è importante!”
“Ma è da maniaci!”
“Abbassa la voce! Stanno morendo delle persone e ti preoccupi di origliare qualcuno?”
Alfred si zittì e tornò ad ascoltare, titubante. Anche Arthur si protese e in effetti anche lui avvertì un lieve disagio. Comprese subito che il modo in cui quei due si univano nel letto non era normale, proprio come il loro assurdo modo di rapportarsi con gli altri.
Sentiva che era Natalia a parlare, con la sua voce profonda, la quale risultava ancora più sensuale mentre pronunciava le parole in russo. Ivan rispondeva ogni tanto, non sembrava affatto contento.
“Ehm, allora… credo si tratti di preliminari. Natalia gli chiede, no, gli ordina di togliersi… cioè di spogliarsi.” Alfred era del tutto negato per quella cronaca. Come poteva farsi tanti scrupoli proprio lui?
Arthur cercava di interpretare le sue informazioni sconnesse ascoltando i vari suoni: sentì il letto cigolare lievemente quando un corpo vi cadde sopra, una seconda persona, più leggera vi salì sopra con più grazia.
Dimmi che mi vuoi…
Un rumore sordo e secco, uno schiaffo.
Di’ che mi sposerai.
Una lamentela e una supplica, ma nessuna risposta.
Devi dirmi che sarò tua moglie per sempre.
Un altro schiaffo. Poi seguirono solo vocalizzi, gemiti e qualche parola isolata.
Alfred non sapeva bene cosa fare. “Beh, ora stanno…”
“Sì, l’ho capito.”
Nell’attesa della conclusione finirono per sedersi a terra, appoggiati ai due lati della porta.
“Certo che quella donna è davvero spaventosa” rise Alfred.
“Abbassa la voce.”
Poi dei passi affrettati annunciarono l’arrivo di qualcuno dall’ombra. Entrambi si alzarono in piedi di scatto, per evitare almeno di essere colti in flagrante.
“Bravi, davvero. Abbandonarmi con la porta spalancata e con un assassino in libertà.”
Francis comparve dall’oscurità, i capelli in disordine e un’espressione di totale offesa.
“Zitto!” gli intimò l’inglese.
“Che diamine fate lì?”
Arthur era terrorizzato dalla concreta possibilità che i due russi li scoprissero e poiché Francis non sembrava intenzionato a dargli ascolto, gli tappò semplicemente la bocca con le proprie mani e lo fece avvicinare alla porta.
Dopo aver ascoltato ciò che stava accadendo nella stanza, e dopo aver realizzato, Francis si rivolse agli altri due con falso sconcerto: “Ecco a cosa vi dedicate! Siete dei maniaci, chi vi ha insegnato certe cose? Ma soprattutto, perché non mi avete chiamato prima?”
Ancora una parola e Arthur lo avrebbe strozzato per farlo tacere una volta per tutte.
“Fa’ silenzio, maledizione!”
“Hanno ricominciato a parlare!” annunciò Alfred, che nel frattempo era rimasto ad ascoltare. “Parlano… di Edelstein.”
Arthur si avvicinò con discrezione, quello era il momento che aspettava.
“L’imperatore…”
“Quale imperatore?” Le cose non quadravano.
“L’imperatore d’Austria, Franz Joseph!”
Arthur si incollò di nuovo alla porta. Cosa c’entrava l’imperatore austriaco in quella faccenda? Cercò di carpire lui stesso qualche informazione in più, ma notò che i toni della voce erano cambiati e si erano alzati.
“Hanno parlato di alcune informazioni…” Prima che Alfred potesse terminare la traduzione, Arthur afferrò lui e Francis e li trascinò lontano. Non fecero in tempo a raggiungere la loro stanza, però: alle loro spalle una porta si aprì e una voce femminile li costrinse a bloccarsi.
“Notte agitata per tutti, vero?”
Arthur capì di non poter fornire alcuna giustificazione per il loro comportamento, per cui l’unica soluzione per mantenere credibilità era quella di non negare nulla.
Si voltò verso Natalia. “È così. Tuttavia c’è qualcuno meno preoccupato di altri che sa approfittare dei momenti di intimità.”
Natalia si strinse nella vestaglia candida. “Perché non ne approfittate anche voi? Magari questa volta potremmo essere noi ad origliarvi.”
“Sarebbe interessante” si intromise Francis.
La donna si allontanò stizzita. “Dove sta andando?” la richiamò Alfred. “Non è sicuro…”
“Vado alla toilette. Intendete seguirmi anche lì?”
Se fosse stato per Arthur, non avrebbe esitato un istante, ma la galanteria verso una gentildonna era un dettame ancora più ferreo di un degno interrogatorio. Ovviamente non potevano fare niente per fermarla, in quel momento.
“Alfred” chiamò Arthur quando Natalia si fu congedata, “prendi Braginski e andiamo di sotto.” Si avviò deciso verso le scale, con l’esigenza di terminare quella nottata la più presto. Verso le donne esisteva un preciso codice di cortesia, ma non aveva nessun problema a trascinarsi dietro un impostore uomo.
“Dove dovrei venire?” domandò il russo in tono cantilenante.
“Verrà a rendere conto dei suoi imbrogli davanti a tutti.”
“Ma io non ho nulla da rivelare.”
Quella sua arrogante maschera di innocenza non ebbe alcun effetto su Arthur, eccetto quello di farlo arrabbiare ancora di più.
“La porteremo giù con la forza, se necessario.”
“Non ho intenzione di stare ai vostri giochi.”
“Non farà che aggravare la sua posizione.”
Tutti e tre si strinsero attorno a Ivan, il quale non replicò, forse rendendosi conto della veridicità delle parole di Arthur. Alfred afferrò una giacca e gliela mise sulle spalle – dato che portava solo i pantaloni – prima di prenderlo per un braccio, mentre Francis faceva lo stesso.
Ivan era più alto e più grosso di loro, se avesse deciso di ribellarsi molto probabilmente avrebbe avuto la meglio su entrambi, ma sembrò aver deciso di collaborare principalmente perché trovava la cosa divertente.
Scesero le scale con Arthur in testa, il quale li scortò verso l’ultimo salotto dove avevano condotto gli interrogatori. L’inglese era quasi certo di trovarci le due coppie che con molta probabilità non avevano alcun interesse nel riposare. Infatti, sui divanetti in fondo alla stanza, Ludwig e Feliciano sedevano a debita distanza l’uno dall’altro, ed Elizabeta stava rannicchiata su un altro sofà.
“Dov’è herr Edelstein?” domandò Arthur, attirando l’attenzione dei tre che non si aspettavano il loro arrivo.
“È andato a prendermi una coperta” rispose Elizabeta, preoccupata ma soprattutto incuriosita.
“Avete deciso di restare qui?” Arthur decise di prendere tempo finché non avesse visto con i suoi occhi l’austriaco fare ritorno con la coperta.
“Sì” rispose la donna, rivolgendosi a Ludwig e Feliciano. “Nessuno di noi aveva voglia di dormire.”
“Si è allontanato qualcuno durante questo tempo?”
“Nessuno. Solo mio marito si è alzato qualche minuto fa, appunto per prendermi una coperta.”
“Che cosa sta succedendo?” domandò improvvisamente Ludwig, che sembrava non gradire affatto ulteriori sorprese.
“C’è stata una svolta inaspettata” spiegò Arthur. “Il signor Braginski e la sua compagna hanno parecchie cose da spiegarci.”
Sentì Ivan ridere sommessamente. “Nessuno di voi c’entra nulla in questa faccenda. Non dovreste avere alcun interesse nei nostri affari.”
In quel momento Roderich fu di ritorno. In mano reggeva una coperta pesante e si era cambiato la giacca. L’austriaco notò le occhiate sospettose di Arthur e lo precedette con le giustificazioni: “Questa giacca è più calda.”
L’inglese lasciò perdere la questione, per il momento. Si rivolse a tutti. “Tra noi ci sono due spie. Vi lascio immaginare di chi si tratti.”
Seguì un generale scambio di sguardi e interrogativi mormorati.
“Spie?” domandò Roderich. “Di che genere?”
“Questo dovrebbero specificarcelo i diretti interessati. Li abbiamo sentiti parlare a proposito di informazioni da chiedere o riguardo all’imperatore. Herr Edelstein, sappiamo che lei è vicino alla corte, ha contatti con alcuni dei ministri e addirittura con l’imperatore stesso. Lei si potrebbe rivelare un’ottima via per raggiungere il regnante.”
Roderich sembrò oltraggiato. “È così che stanno le cose?” domandò direttamente a Ivan. “Volevate estorcermi alcune informazioni sull’imperatore? Oppure usarmi per avvicinarvi a lui? E poi cosa?”
Ivan si strinse nelle spalle. “Alla Russia gli austriaci non sono mai andati a genio.”
“Ed è così che giustificate il vostro comportamento?”
Il russo esibiva un’espressione si assoluta tranquillità. “Non ho nulla da giustificare, servo solo il mio paese.”
“E quindi l’intera mostra era una copertura?”
“E cosa mi dice a proposito degli invitati?”
“E la scelta dei dipinti a cosa è dovuta, allora?!”
Tutte quelle domande non avrebbero portato a nulla: Ivan non aveva alcuna intenzione di fornire delle risposte sensate e Arthur era certo che non avrebbe mai ceduto alle pressioni dei suoi accusatori, almeno non finché si fosse trovato lontano dalla sua compagna.
“Portiamo qui la signorina Natalia e  interroghiamola a fondo” propose Arthur, ma senza ammettere repliche.
“Ma si trova alla toilette, non possiamo trascinarla qui!” obiettò Alfred.
Suscitando la sorpresa di tutti, Elizabeta si avviò da sola verso l’uscita del salone. “Allora andrò io a prenderla, non esiste alcun divieto morale che mi impedisca di fare irruzione in quel bagno!”
“Elizabeta…” Roderich tentò di trattenerla con le parole, infine le afferrò i polsi. “Lascia perdere. Fa’ che sia qualcun altro ad occuparsene.”
“E invece no! Lasciami fare!”
L’austriaco sarebbe riuscito a trattenerla solo se le si fosse seduto sopra. Elizabeta si diresse con determinazione verso le scale dell’atrio e sparì. Arthur trovava quella situazione assolutamente pericolosa.
“È sicuro lasciarla andare da sola?” domandò Feliciano.
“Siamo tutti qui. A meno che l’assassina non sia Natalia, cosa di cui per ora dubitiamo, non corre pericoli” gli rispose Ludwig.
“Ma… non mi riferivo a quello” continuò l’italiano occhieggiando verso Roderich. “La signora Elizabeta non possiede una grande stima per Natalia.”
“Che cosa state insinuando, voi?” volle sapere Roderich, irritato dal loro bisbigliare. “Mia moglie non è un’assassina.”
“Non la stavo accusando” si giustificò Feliciano. “Ma Elizabeta la ritiene responsabile della morte di Gilbert, non credo sia il caso…”
“Queste diffamazioni gratuite hanno oltrepassato il limite. Dovete smetterla di accusare me e mia moglie degli omicidi!”
“Francis, valle dietro” tagliò corto Arthur, che non voleva rischiare che si scatenasse una rissa proprio in quel momento.
“Perché mi fai sempre correre?”
“E tu perché mi fai sempre ripetere?!”
Francis se ne andò sbuffando, mentre l’inglese si chiedeva come mai l’attenzione degli altri fosse stata distolta così facilmente dallo smascheramento di Ivan.
“Mi è molto difficile chiedervelo” disse Arthur, “ma purtroppo dobbiamo collaborare ancora una volta e decidere cosa farne di questa spia.” L’idea di doversi mettere d’accordo con quel gruppo così eterogeneo lo faceva star male.
“Interroghiamolo” propose Ludwig.
“Rinchiudiamolo” si intromise Roderich.
“Posso trattenerlo, non c’è nessun bisogno di rinchiuderlo” si vantò Alfred.
“La prima opzione mi sembra l’unica plausibile.”
Arthur sentì i passi di Francis che tornava. “C’è un problema.” La sua voce provenne dalla stanza a fianco. Apparve qualche istante dopo trattenendo Elizabeta per la spalle, davanti a sé. La donna aveva il vestito candido imbrattato di sangue: la gonna, le maniche e soprattutto le mani gocciolavano liquido vermiglio, era pallida e sconvolta.
Un momento di silenzio esterrefatto e poi Roderich si precipitò dalla moglie. “Cos’è successo? Chi ti ha ferita?”
“Il sangue non è suo” spiegò Francis funereo. “Andate a vedere in bagno.”
Nessuno sprecò altro tempo, corsero tutti su per le scale, anche se Arthur era consapevole che affrettarsi fosse inutile. Intravide delle tracce di sangue già davanti alla porta della toilette, all’interno, sul pavimento, scivolavano rivoli di acqua rossa.
La vasca da bagno era colma e straripava e al suo interno si trovava la Morte di Marat. Natalia giaceva al suo interno, i lunghi capelli chiari celavano parzialmente il suo corpo nudo, ma non la gola tagliata.
Arthur non poteva crederci. Non sapeva nemmeno più come reagire di fronte a un omicidio: ad ogni nuovo ritrovamento tutti i suoi sospetti si sbriciolavano in illusioni. Era frustrato, stanco e terribilmente preoccupato, perché tutto ciò che pianificava non andava per il verso giusto.
La morte di Natalia rendeva del tutto inutili i suoi sforzi deduttivi: erano tutti nel salone quando era successo! Tutti, meno Roderich ed Elizabeta.
Quest’ultima non era entrata nel bagno, ma restava immobile sulla soglia, macabramente abbigliata di sangue. Suo marito, distolto infine lo sguardo incatenato al cadavere, le si parò davanti.
“Che cosa hai fatto? Perché?!”
“Io non ho fatto niente!” gridò Elizabeta, ma il suo coraggio e la sua determinazione stavano velocemente cedendo il passo all’isteria. “Io… io…”
“Sei coperta del suo sangue!”
“Non l’ho uccisa… non l’ho uccisa! L’ho trovata così!” La donna fissò il corpo come se non riuscisse ancora a credere a ciò che era accaduto. “Io non so perché… Ho provato a fare qualcosa. Ho messo le braccia nella vasca, volevo tirarla fuori, ma…”
“Ma poi sono arrivato io” intervenne Francis a terminare la frase, “e non stava affatto tentando di soccorrerla. Quando sono entrato era in piedi e immobile di fronte alla vasca.”
Elizabeta era agitata e sull’orlo delle lacrime. “Non ricordo… non so perché l’ho fatto, ma non l’ho uccisa!”
Roderich la prese per la spalle. “Hai rimosso il fatto di averla uccisa, Elizabeta.” La donna guardava oltre il marito. “Ne discuteremo dopo, ora ti porto a cambiarti l’abito.”
I due coniugi uscirono mentre Ivan avanzava verso la vasca: Alfred aveva smesso di badargli, preso com’era dal nuovo omicidio – e forse anche dal seno candido di Natalia.
Arthur non poteva sapere come avrebbe reagito Ivan di fronte al massacro della sua compagna, ma mai avrebbe previsto un comportamento simile da uno come lui: ipnotizzato dall’acqua tinta di rosso, si inginocchiò di fronte alla vasca. Fece scivolare le dita sui capelli della donna, maldestramente, come se la stesse toccando per la prima volta e non sapesse cosa fare. Gli occhi di Natalia erano freddi e immobili, sembravano fissare Ivan con un duro sguardo di rimprovero. Poi, tra le pareti lucide del bagno, con grande sorpresa di tutti, risuonò la risata del russo, quella risata che racchiudeva allo stesso tempo divertimento e crudeltà.
 Otpustitje mjeja? Na samom djele?
Se quella macabra conversazione poteva già essere impressionante, Arthur fu ancora più confuso nel vedere delle lacrime scendere copiosamente dagli occhi di Ivan, che tuttavia parevano piuttosto stillare pazzia.
Otpustitje mjeja?! Niet, ja vjorju…
Arthur si rivolse all’americano. “Basta così. Alfred, portalo di sotto, non ha ancora risposto alle nostre domande.”
Alfred appariva ancor meno contento di prima di fronte a quel compito, ma afferrò comunque Ivan per un braccio e lo allontanò. Rimasero in quattro a vegliare il cadavere.
“Com’è potuto succedere?” chiese Ludwig direttamente ad Arthur, i suoi occhi glaciali erano colmi di risentimento e rabbia crescente. “In quanti dovranno ancora morire prima che lei trovi la soluzione?”
L’inglese fu ferito sul vivo e non riuscì a formulare la sua solita risposta pronta. Sapeva anche lui che qualcosa non andava, qualcosa di fondamentale sfuggiva alla sua comprensione, o semplicemente i pezzi da unire erano troppi per lui. Dov’erano finiti il suo intuito e il suo raziocinio? Che cosa aspettava a risolvere il caso? La situazione gli stava sfuggendo di mano, ma ovviamente non avrebbe mai ammesso nulla di tutto questo di fronte agli altri.
“Ludwig…” lo chiamò Feliciano tentando di distoglierlo da quello sfogo, “avanti, portiamola di sotto.”
Il tedesco non poté rispondere al ragazzo, così presero dei teli da bagno con cui coprirono Natalia e la portarono via.
Arthur non aveva ancora aperto bocca. Era raro che gli capitasse di non sapere cosa dire.
“Quante casse ci sono, ancora?” chiese Francis, poiché l’inglese non si decideva a parlare.
“Come?”
“Quanti ancora possiamo permetterci che muoiano?”
Nessuno, pensò Arthur. Nessun altro poteva morire, si era già messo in ridicolo abbastanza da quando era giunto lì. Si era vantato di essere un ispettore di Scotland Yard, ma da quando l’aveva confessato aveva rischiato di essere ucciso e non aveva saputo ancora fornire un filo logico all’intera vicenda. Che la sua perspicacia si fosse tutta sciolta in alcool scadente?
L’unico modo per rimediare in extremis a quel fallimento era rimboccarsi le maniche e trovare quel maledetto assassino.
“Con cosa è stata uccisa Natalia, secondo te?” domandò Arthur con ritrovato vigore, mentre già ispezionava ogni angolo del bagno.
“Un coltello?”
L’inglese si affacciò oltre il paravento posto nell’angolo, seguendo delle minuscole tracce di sangue sul pavimento.
“Un rasoio, più precisamente.”
Si chinò e sollevò da terra un semplice rasoio da barba sporco di sangue. “Anche questa volta non si è impegnato a nascondere l’arma” notò, riferendosi al pugnale maldestramente celato sotto il mobile di Gilbert. Né sulla lama né sul manico erano presenti incisioni o segni particolari, era un semplice rasoio dato in dotazione agli ospiti del castello. Arthur lo avvolse in un fazzoletto di tela e se lo mise in tasca.
“Ora bisogna capire come ha potuto l’assassino entrare qui.”
Francis si grattò la testa. “Sinceramente non trovo difficile che una personalità come Natalia lasci la porta aperta mentre si fa il bagno. Magari è stata proprio lei ad aprire all’assassino.”
“Tutto è possibile.”
Uscirono chiudendo la porta, ma invece che scendere e raggiungere gli altri, Arthur si avventurò lungo il corridoio delle camere: voleva ispezionare la zona che si spingeva più in profondità, poiché non aveva ancora avuto l’opportunità di studiarla.
In fondo al corridoio c’era una piccola finestra piombata. Anche senza aprirla si udiva chiaramente il rimbombo del torrente che scorreva sotto di loro, in fondo al precipizio che affiancava quel lato del castello. Lì terminavano le stanze degli ospiti e alla sua destra una piccola e tortuosa scala, risalente alla prima edificazione del castello, portava alla torre dove si trovavano le camere di Ludwig e Feliciano. Ciò che Arthur non aveva previsto era la presenza di una seconda scaletta: si avvolgeva su se stessa e sprofondava verso il basso, ma in fondo si intravedeva una luce dorata. Si avventurò cautamente sui primi gradini, fin quando non capì che la scala conduceva a quelli che erano gli ambienti della servitù.
“Fantastico” sentenziò cupamente. “E così ora sappiamo che chiunque avrebbe potuto recarsi da Natalia senza imbattersi in noi tre che scendevamo le scale.”
Già, Elizabeta aveva assicurato che nessuno si era allontanato dal salotto, ma ovviamente non poteva fidarsi di lei. Di sicuro Ludwig e Feliciano sapevano di quella scala, visto che ci erano già passati vicino per recarsi nelle loro stanze, e poi i padroni di casa conoscevano indubbiamente ogni passaggio. In realtà chiunque avrebbe potuto andare fino in fondo al corridoio e notare i gradini, tutti eccetto lui che non si era preoccupato di ispezionare prima il luogo. Non ne aveva motivo, all’inizio, e poi erano successe troppe cose. Se solo non avesse litigato con Alfred, qualche ora prima, avrebbe sicuramente camminato fino alla fine, anziché andarsi a rinchiudere in camera.
Appoggiò la fronte alla fredda pietra dello stretto passaggio. Ciò che non riusciva a smettere di domandarsi, era cosa ancora gli fosse sfuggito.
Anglais?” Francis apparve dalla cima delle scale. “Torniamo dagli altri, non è il caso di attardarci qui, altrimenti mi verrà voglia di importunarti nei ripostigli.”
Arthur lo seguì su per le scale, ma senza preavviso, Francis si attardò davanti alla sua stanza.
“Aspettami un attimo, sistemo una cosa.” Si chiuse la porta alle spalle, ma non fece troppa attenzione perché questa si riaprì, lasciando un piccolo spiraglio. Ovviamente Arthur fece di tutto per spiare al suo interno: ci mancava soltanto che colui di cui non sospettava iniziasse a comportarsi in modo inspiegabile.
Vide Francis tirare fuori da sotto il letto una piccola valigetta dalla forma strana, assomigliava a quelle rigide e alte che usavano i medici per contenere le fiale fragili. Udì un lieve tintinnare di vetro quando Francis sollevò il coperchio e iniziò a trafficare con quelle che sembravano piccole ampolle. C’era anche molto altro in quella borsa, ma Arthur non vedeva e non sapeva riconoscere che oggetti fossero. Sembrava l’attrezzatura di un chimico.
Francis richiuse la borsa e tornò velocemente alla porta, Arthur si ritirò di scatto. Una volta fuori, il francese infilò una chiave nella serratura e sigillò la stanza.
“Andiamo?” lo incalzò Francis, ma Arthur stava pensando a qualcos’altro. Era stato fulminato da un’idea vergognosamente semplice.
“Hai chiuso a chiave?” chiese per avere conferma.
“Certo.”
“Maledizione.” Ora sapeva cosa gli era sfuggito, qualcosa di elementare. Non sapeva se la sua scoperta avrebbe cambiato le sorti dell’indagine, ma era comunque qualcosa di cui doveva accertarsi il prima possibile.
Attraversò in fretta il corridoio, l’atrio, il primo salone e giunse nel salotto piccolo dove tutti si erano nuovamente riuniti. Prima di fiondarsi si fronte a Roderich, fece in tempo a vedere Alfred puntare una pistola contro Ivan e si bloccò di colpo.
“Che diamine…?”
L’americano si voltò verso di lui, agitato e senza abbassare l’arma. Aveva il labbro inferiore spaccato e una delle lenti incrinate. “Mi ha aggredito! Mi ha tirato un pugno in piena faccia, non potevo permettergli di fare i suoi comodi!”
“Da dove viene quella pistola?”
“Me l’ha data herr Edelstein…”
Arthur individuò l’austriaco seduto tranquillamente su un divano con le braccia conserte. “Proprio lei cercavo. Abbia la gentilezza di chiarire un mio dubbio.”
“Prego” lo invitò Roderich senza scomporsi.
“Se ogni stanza ha la propria chiave, perché mai ha offerto il suo personale mazzo a Natalia per rinchiudere Gilbert?”
L’austriaco aprì la bocca per rispondere, ma si bloccò. Lo guardò per qualche istante senza parole, Arthur attese, tutti attesero.
“Ah… La sua camera non aveva una chiave.”
“Questo lo so, ma perché?”
Roderich cercò la risposta sul pavimento. “Non avevo alcuna intenzione di permettere a quel truffatore di chiudersi in stanza, magari con mia moglie! Volevo essere sicuro di averlo sempre sotto controllo.”
“E non pensa che se ne sarebbe accorto, a un certo punto?”
Nessuna risposta.
“Non capisce che la chiave mancante di quella stanza potrebbe essere nelle mani dell’assassino? Dove l’ha nascosta?”
“Ho dato disposizioni alla servitù perché se ne occupasse. Non so dove sia, ora, bisognerà aspettare e chiederlo al personale.”
“Ah… ma…” Elizabeta tentava di dire qualcosa da dietro le spalle del marito.
“Cara, lascia perdere, per favore. Preferirei che ora pensassi a riposarti.”
“Ma la chiave…”
“Va’ a sederti.”
Arthur infranse la distanza di cortesia e si avvicinò ulteriormente a Roderich. “La lasci parlare.”
“Gilbert aveva la sua chiave.”
“Che cosa?!” L’austriaco si voltò improvvisamente verso la moglie.
“Ho trovato la chiave della sua stanza sopra la dispensa! Credevo ci fosse stato un errore, così l’ho riportata nella stanza.”
“E dove l’hai messa?”
“Mi sembra… sul camino.”
Roderich iniziò a camminare avanti e indietro turbato. “Praticamente servita su un piatto all’assassino! A meno che Gilbert non l’avesse trovata… ma in ogni caso chi l’ha presa? Non era infilata nella toppa al momento dell’omicidio, altrimenti Natalia non sarebbe riuscita a chiudere la porta a chiave dall’esterno.”
Elizabeta costrinse Roderich a fermarsi afferrandolo per un braccio. “Perché non mi hai detto niente?”
“Avrei dovuto affidare a te la chiave della stanza del tuo amante?!”
La donna era incredula, si ritirò offesa.
La situazione non era migliorata come Arthur aveva sperato, tuttavia non poteva lasciarsi sfuggire nulla ora che stava ottenendo sempre più risposte.
“Svuotate le tasche. Tutti quanti.” Era praticamente impensabile che l’assassino si fosse tenuto addosso la chiave, ma non si poteva dare nulla per scontato.
Ognuno mise sul tavolo centrale ciò che teneva nelle tasche, Arthur compreso, ma della chiave nessuna traccia.
“Deve farlo anche lei, Ivan.”
Il russo, del tutto incurante della pistola che aveva davanti alla fronte, osservava divertito la scena.
“Avanti” lo incitò Alfred, avvicinandosi a lui.
Ivan non obbedì, ma rise. “È così divertente assistere ai vostri inutili affanni.”
“Non sarebbero inutili se tu collaborassi!” Alfred lo minacciò nuovamente premendogli la canna della pistola in mezzo agli occhi. “Ma considera che per noi risulterebbe molto più comodo perquisirti da morto.”
Con un movimento improvviso, Ivan afferrò la pistola e quando Alfred cercò di sottrarsi a quella presa, lui trattenne la canna ben puntata contro la propria testa. “E allora, si può sapere cosa stai aspettando?”
“Non faccia scherzi, Braginski!” lo ammonì Ludwig. La situazione stava velocemente precipitando.
“Vi sto solo aiutando! Se l’americano mi uccidesse qui, davanti a voi, il detective riuscirebbe a risolvere almeno un omicidio.”
“Non voglio altro sangue nella mia casa!” gridò Elizabeta.
Ivan trovò quella frase estremamente divertente. “Come fa a dirlo proprio lei? Ha appena sgozzato Natalia, ha ancora il suo sangue bollente sulle mani.”
“Non ho ucciso nessuno!”
“Siete tutti così disgustosamente falsi. La cosa più facile è incolpare me, perché sono una spia, ma non riuscite nemmeno a scorgere cosa si cela dietro le persone che vi sono più vicine.”
La sua mano libera si avvicinò al collo di Alfred e iniziarono a sbottonargli i bottoni sul colletto.
“Nessuno è chi vuol fare credere, forse riuscirei a scoprire chi sei solo se ti strappassi la pelle dal corpo.”
Per quanto l’americano cercasse di sottrarsi al contatto, la presa sulla pistola e sulle sua mani era così potente da impedirgli di indietreggiare. Ivan sembrava non impiegare alcuno sforzo a trattenerlo e poteva far scorrere le sue dita sul volto di Alfred senza disturbo.
“Braginski!”
Una seconda pistola spuntò dal nulla e si piantò nella tempia del russo. Arthur la reggeva con determinazione e freddezza, attirando finalmente su di sé l’attenzione di Ivan.
“Ci dica quello che vogliamo sentire e la lasceremo andare.”
“Questo sì che è divertente…”
“Eravate due spie russe, giusto?” La risata di Ivan diede ad Arthur la sua conferma. “Avete sfruttato Edelstein per giungere all’imperatore?”
“Ero sicuro che avreste detto qualcosa di giusto, prima o poi.”
“Qual era il vostro scopo?”
Ivan scrutò Alfred, valutò la sua reazione a ciò che stava accadendo, poi lasciò la presa sulla pistola. L’americano ricominciò a respirare.
“Nulla che avesse a che vedere con degli omicidi. Non per il momento, almeno. Si è trattato unicamente di un’inaspettata e divertente coincidenza. Certo, un po’ meno divertente per Natalia…” Ricominciò a ridere crudelmente e parve non voler più smettere.
Arthur e Alfred finalmente si rilassarono e l’inglese abbassò anche la sua arma.
“Continua a tenerlo d’occhio” raccomandò all’americano, nel frattempo si fece consegnare da Roderich il mazzo copia di tutte le chiavi. “Voglio che rimaniate tutti qui mentre verifico una cosa.”
Uscì dal salotto senza preoccuparsi di ricevere segni di assenso. Appena fuori riprese fiato. Per dei lunghissimi istanti aveva davvero provato paura. Aveva avuto la visione di Alfred colpito da un proiettile della sua stessa pistola, un Ivan impazzito che gli si avventava contro, un’altra tremenda carneficina. Era riuscito ad evitarla.
Osservò la propria pistola, quella che fino a quel momento aveva tenuto celata dietro la schiena, legata alla cintura, triste ricordo di un passato onorevole. Aprì il tamburo, vuoto. Era stato estremamente fortunato.
Nella penombra si lasciò scivolare lungo il muro per riordinare i pensieri agitati, ma due braccia spuntate dal nulla lo rimisero in piedi, facendolo trasalire.
“Sono rimasto positivamente sorpreso da quell’atto di eroismo.” La voce sibilante di Francis nell’orecchio gli provocò un brivido. Gli fu davanti e lo schiacciò contro la parete.
Stavolta non ci furono preliminari, né versi di Baudelaire: l’atmosfera si era già surriscaldata a sufficienza. Un lungo bacio passionale fu quello che Arthur sentì piovere sulle sua labbra e che lo fece sentire inaspettatamente bene. Non era certo tipo da rifiutare un agognato sfogo che permettesse alla sua mente di dissetarsi a una semplice fonte di sensualità. Poter chiudere gli occhi, lasciarsi andare, respirare affannosamente erano tutte piacevoli distrazioni, anche se i suoi obiettivi gli erano rimasti razionalmente scolpiti in testa.
Francis approfittò subito di quella collaborazione e senza complimenti gli infilò le mani nei pantaloni, ma Arthur aveva da chiarire qualcosa prima di andare oltre. Gli afferrò saldamente i polsi, attese che Francis rinunciasse a insidiarsi nella sua bocca e lo guardò dritto negli occhi, con un lieve sorriso, poiché sapeva che la domanda che gli stava per fare lo avrebbe messo in difficoltà.
“Cosa contengono quelle ampolle?”
Arthur aveva ragione: la domanda lo sconvolse.





Continua




Alla fine non ho ritardato così tanto! Quando ho iniziato a pubblicare ero già avanti di tre capitoli, poi però mi sono impigrita.. e giuro che questo capitolo per me è stato molto difficile, soprattutto perchè l'idea di far parlare Ivan mi terrorizzava, ma ammetto che sono soddisfatta del risultato. Però non avete idea della miriade di soppi sensi legati alle pistole...... quello sì che è stato un problema....
Infine, vi avviso che mancano solo due capitoli alla fine, perciò fate ora le vostre ipotesi o non ne avrete più il tempo e io mi sto annoiando!
Alla prossima, si spera puntuale!





Quattro chiacchiere col morto

Yuri: ....è proprio obbligatorio intervistare lei?
Natalia: Me lo chiedo anch'io.
Y: Bene, ehm... ha ancora un po' di sangue... lì.
N: Chissà come mai.
Y: Però ammetto che non le sta male. Si abbina perfettamente al suo abito e alla sua anima infernale.
N: Già. Sa, è la stessa cosa che i lettori pensano di lei.
Y: Non ne dubito. Non la fa sentire bene essere la sorgente di ogni male?
N: Sì e scommetto che anche per lei è lo stesso, vero?
Y: E' lei che deve rispondere alle mie domande. Le ha fatto piacere essere tolta di torno in quel modo?
N: Io NON volevo essere tolta di torno. Ora chi baderà al mio fratellone? Chi mi garantirà che mi resterà fedele?!
Y: Desidera che tolga di mezzo anche lui? Sa, non mi costa nulla falciare qualche vista in più.
N: No, penso di poter pazientare ancora per un po'. E' più divertente l'idea di tormentarlo da fantasma per gli anni futuri.
Y: Tra l'altro ho ricevuto alcune richieste che riguardano una lussuriosa relazione tra Ivan e Alfred. E' d'accordo?
N: QUELLO SPORCO AMERICANO NON DEVE NEMMENO PERMETTERSI DI TOCCARE IL MIO FRATELLONE! LUI E' SOLO MIO, SOLO MIO, SOLO MIO, SOLO MIOOOOOOOOOOOOOO! *fugge*
Y: Aaah..... ho i brividi lo giuro.... che sensazione stupenda.
   
 
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