♠ prologo

Era una notte calda e afosa.

Non c'era la luna nel cielo, e le stelle erano coperte da nuvole grigio-argentee.

Il sudore le colava sul volto, piccole gocce salate si insinuavano nella scollatura che si alzava ed abbassava rapidamente.

Il movimento del petto fasciato in un elegante corpetto di seta denotava l'agitazione della ragazza.

Ella si era nascosta nella fitta vegetazione della giungla, pronta a fuggire al primo segno dell'avvicinarsi degli Auror.

Con una mano si spostò una ciocca di castani capelli che si erano incollati alla fronte.

Aveva perduto la sua bacchetta, gliel'avevano presa: era indifesa.

Se avesse avuto la stecca con sé certamente non si sarebbe rifugiata nella foresta attraversata dal Gange.

Se l'avesse avuta con sé, non sarebbe sussistito il problema, e quegli sciocchi Auror sarebbero stati già morti.

Un fruscio alle sue spalle fece voltare di scatto la giovane.

Le sue pupille nere si erano adattate all'oscurità, ma comunque non riuscivano a scorgere null'altro che le sagome di foglie larghe, cespugli ricoperti di linfa bianca e tronchi grossi e rugosi.

La giovane schiuse leggermente le carnose labbra, facendo fuoriuscire la punta della sua lingua rosea ed umida per saggiare l'aria.

“Una scimmia” pensò traendo un sospiro di sollievo.

La fonte della sua preoccupazione era da attribuire ad un primate dal pelo fulvo e folto.

«Di qua!» esclamò una voce possente alla sinistra della giovane donna.

La giungla venne illuminata da una luce azzurrognola.

“Maledizione, mi cercano con i Patroni” pensò la giovane salendo rapida come un felino su una pianta.

I suoi piedi nudi si poggiarono su un grosso ramo, abbastanza resistente per reggere il suo peso, dopodiché ella si accucciò, piegandosi sulle ginocchia, in attesa di veder passare gli Auror.

Passi attutiti dal tappeto di foglie e vegetazione del sottobosco si fecero sempre più insistenti, sempre più vicini.

Un lorichetto argentato illuminò la zona a giorno.

Subito dopo il Patronus apparvero cinque Auror.

Ognuno indossava un mantello nero, a celare l'aspetto.

Gli uomini si fermarono sotto il ginepro scelto dalla ragazza, a complottare.

«Non può essere andata lontana» disse uno facendo luce con la bacchetta per illuminare il luogo circostante.

Il piccolo volatile si librò in volo, gettando sempre più luce sulla pianta.

“Non mi farò prendere” pensò la giovane donna.

I cinque Auror alzarono il capo verso il cielo, seguendo il lorichetto, ma ciò che videro fu solo un grosso pitone addormentato su un ramo.

Le sue spire abbracciavano il legno dolcemente; quelle spire che sapevano soffocare, erano in grado anche di accarezzare senza alcuna pericolosità.

«Andiamo avanti» decretò il superiore.
 

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Spazio dell'autrice:
Una nuova long-fic.
Parla dell'incontro tra Voldemort e Nagini, immaginando che la fedele serpente sia in realtà un'Animagus.
Spero che vi piaccia!
Al prossimo capitolo!
Bisous *-*