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Autore: Nikkina Cullen    29/03/2011    1 recensioni
e se una famiglia come i Cullen vivesse vicino casa vostra?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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  Quel giorno ritornò di nuovo il sole e anche il caldo. Mi rilassò ulteriormente anche se mi aspettava una giornata dura a scuola. Ma siccome Marini non c'era e io si, non destai sospetti in graditi alla mia compagna di banco che non mi fece pesare quel sorriso, anche se ero sicura che lo avesse già riferito alla sua migliore amica.
Il solo pensiero mi irritò parecchio come il giorno prima. Mi chiedevo come facesse mia madre a sopportare tutto quell'accanimento delle donne nei suoi confronti. Ma poi mi resi conto di una cosa: io non ero bella come mia madre. Lei era bionda slanciata e con corpo da modella. La sua unica sfortuna nella vita era stata quella di non poter concepire, ma la riteneva sfortuna solo fino a quando non aveva trovato me in quell'orfanotrofio. La sua vita era felice ed era forse per questo che non le pesava se il prezzo che doveva pagare era un po’ di invidia da parte delle altre.
Un giorno speravo anche io di poter avere un po’ della felicità che aveva avuto mia madre, speravo proprio che fosse ereditaria, anche se io non ero biologicamente sua figlia. Questo mi preoccupava. Avevo paura che questo fosse il reale problema per cui io non sarei mai potuta essere felice come lei.
Dopo scuola mi precipitai a casa. Era piacevole camminare se non dovevi stare attenta all'acqua che veniva da sopra o a quella che si era depositata sul suolo formando delle pozzanghere. In più il caldo sulla pelle mi creava la stessa sensazione piacevole di sempre e mi faceva nascere la stessa voglia di andare a godermi un po’ la spiaggia e il mare.
L'episodio accaduto durante l'ultima mia spiaggiata non mi avrebbe fermato.
Anche perché non sapevo nemmeno io cosa era successo in realtà.
Non avendo prove sufficiente non potevo impedirmi di non andare là.
Stavolta mi caricai lo zaino di compito e il mio ipod già in tasca e funzionante. Salutai mio padre dicendoli dove stavo andando e uscii dalla porta entusiasta senza nemmeno aspettare una sua risposta. Lo sentii solo dire di non dirigermi dalla parte del bosco. La cosa mi gelò sulla porta ma ero troppo lontana dal suo sguardo perché lui se ne accorgesse.
Il gelo si sciolse subito al calore tanto da farmi dimenticare il motivo per cui non dovessi andare proprio in quella direzione, in realtà avevo sentito solo di non andare nel bosco e non altro.
Di certo non sarei andata nel bosco ma stare nelle vicinanze non mi avrebbe fatto male.
Quel pomeriggio le nubi tornarono molto più velocemente con mio grande rammarico. Ma a gelarmi non fu il sole che rientrava nella nuvola. Qualcuno mi osservava. Avevo paura a girarmi di nuovo e vedere qualcosa che sicuramente mi avrebbe fatto male agli occhi e non fatto dormire la notte. Poi una voce che cominciava  ad essere famigliare mi spaventò … "Buh!" saltai sul posto e senza nemmeno sentire la mia pelle toccata dalle sue dita. Mi si strinse di nuovo lo stomaco avrei voluto urlare ma sapevo consciamente chi era e mi risparmiai in tempo di degenerare la mia pessima figura.
"Ciao" dissi con tono acido e solo per educazione.
"Ti ho spaventata?"
"Sei contento se ti dico si?" ero ancora incavolato con lui con il mio sarcasmo lo avrei voluto pungere.
"Ti piace il brivido?"
"No per niente ecco perché se non lo hai ancora notato sono arrabbiata con te!"
"Non mi sembra sei tu che scegli i posti sbagliati dove stare."
"Cosa?"
" Non hai sentito quello che dicono in giro?"
"Non mi piacciono i pettegolezzi!"
"Ma questo non è un pettegolezzo, dicono che nel bosco c'è qualcosa che fa del male … alle persone"
"Ah mio padre mi aveva detto di non andare nel bosco!"
"Si vedo che lo hai ascoltato bene!"
"Ma io non sono nel bosco!"
"A pochi centimetri si però la cosa potrebbe uscire e farti dal male non è detto che le aspetti dentro le sue vittime" qualcosa nei suoi occhi si intristì. Il suo sguardo mi sembrava spento come se avesse detto la piena verità su un'altra cosa che lo riguardava direttamente.
"Tu come la fai a sapere?" chiesi io quasi aspettandomi la verità
"E' un animale agisce d'istinto!" e si sedette accanto a me come se ci volesse veramente rimanere.
Il gesto mi stupì più delle sue parole.
Per lo stupore mi dimenticai il discorso che stavamo facendo e mi dimenticai persino il motivo per cui ero arrabbiata.
Quella meraviglia di ragazzo era seduta accanto a me e  non ci potevo ancora credere.
Malgrado fosse la realtà, mi sembrava un sogno.
Uno di quei sogni da cui ti penti di aver riaperto gli occhi, come il sogno ad occhi aperti che viveva mia madre.
Solo le sue stesse parole dette con voce melodiosa mi fecero ritornare in me.
"Che cosa stavi facendo prima che io ti spaventassi?"
"Compiti" storse la bocca come ogni adolescente avrebbe fatto davanti alla mia parola, sorrisi.
"Se venivi nella mia classe ti potevo passare quelli che ti servivano per domani"
"Già recuperato non ti preoccupare comunque grazie del pensiero!"
"Figurati" non sapevo più cos'altro dire ma non volevo che si annoiasse e decidesse di andare via.
"Come mai non sei venuto oggi?"
Sembrava la domanda più sbagliata che li potessi fare, ma non avevo altro in testa.
"Ehm, quando c'è il sole mio padre ci fa fare Trekking!"
"Trekking? Nel bosco?"
"Ehm si!"
"Tuo padre è uno smidollato lo sai?"
"Si" sorrise alla mia battuta. Il suo sorriso mi mandò in tilt.
"Sai come gli piacciono questo genere di cose!"
"Gli piacciono gli Horror?"
"Eh eh tu non sai quanto!" sembrava che le sue battute rivolte a lui avevano più effetto.
"A te?"
"Convivo con il suo hobby!" e si scrollo le spalle
"Sai quando ero piccola con mio padre andavo spesso nel bosco! Hanno una cosa in comune i nostri genitori, magari potrebbero fare trekking insieme?"
La domanda mi sembrò inadeguata, avrei dovuto prima chiedere a mio padre ci risi su prima che potesse prenderla seriamente lui.
"Proverò a porre la domanda a mio padre e poi ti dico cosa mi risponde!"
"Già mi sembra giusto non che a mio padre non farebbe piacere ma credo sia più giusto chiedere a lui!"
Mi sentivo aggrovigliata dal pettegolezzo cittadino e non volevo coinvolgere mio padre dato che era uno dei pochi che odia quei pettegolezzi sulla famiglia Marini.
Lui si intristì e io non volevo ma mi anticipò quando cercai di parlarli di nuovo.
"Lo sappiamo che in paese non ci posso tanto digerire!"
"Scusami non volevo dire questo, anzi mio padre non crede ai pettegolezzi che dicono su di voi … "
Alzò il sopracciglio e aggiunse "carino da parte sua e uno dei pochi o forse è l'unico … "
"Beh veramente ci sarei anche io ehm mi ha educato in questo modo!"
"Bene allora siete in due!" ma poi si corresse "anzi è Male!"
"Perché è male?" ma qualcosa interruppe il nostro discorso.
"Te l'avevo detto di non stare qua signorina Granci" mentre si metteva in posizione di difesa davanti a me.
Io non capivo … non volevo crederci a ciò che vedevo davanti a me.
E non volevo che lui mi proteggesse, gli avrei voluto dire di scappare ma la mia voce non emetteva alcun suono era come sparita. Solo il vento soffiava gelido tra noi e lui. E  non era un animale. Era qualcosa di molto più brutto di un animale feroce. Era qualcosa che mi terrorizzava e mi gelava le gambe. Ringhiava. Ringhiava qualcosa che non capivo.
"Vai via finché sei ancora in tempo non voglio far del male a te!" riuscii infine a capire "Non te la prendere tanto ho solo fame!"
"Nooooo, lei non si tocca!" disse lui alla creatura di cui iniziavo a capire le parole. "Mi dispiace ma è troppo invitante per ascoltarti!" Era ad un passo dai noi. Sentii i suoi passi brutali e veloci raggiungerci ma d'improvviso i miei occhi si infuocarono e la belva mentre lo fissavo con gli occhi brucianti dalla rabbia perché stava facendo del male al mio amico, cadde a terra come se il mio sguardo lo avesse tramortito. "Te l'avevo detto di non toccarla." disse lui soddisfatto del mio lavoro. Si avvicinò al nostro nemico e lo finì mentre io impietrivo al mio posto senza che potessi fare nient'altro, in preda dal panico e della shock che stava salendo piano piano divorandomi. Sarei dovuta scappare ma non volevo rimanere lui da solo. Avevo troppa paura di lasciare Gabriele da solo.  Mentre accendeva un falò mi disse "Ottimo lavoro di squadra amica!" ritornai in me sentendo il suono delle sue parole "Ehm si grazie!" poi capii a che serviva il falò. La puzza aumentava man mano che buttava i pezzi di quell'essere nel fuoco e io non capii più niente tanto da non riuscire a controllore più le vertigini che mi fecero svenire in un attimo.
 
 
 
 

   
 
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