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Autore: Lulumyu    25/01/2006    4 recensioni
Può capitare nelle vite delle persone che un avvenimento passato segni per sempre il futuro.
Lei era convinta di essersi lasciata tutto alle spalle, incubi a parte.
Ma si sbagliava.
Il suo destino era già stato predisposto e, dopo quell'incontro, non poteva far nulla per tornare indietro.
Ma era davvero quello che voleva?
Genere: Generale, Romantico, Malinconico, Dark, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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NdA: Ciauz a tutti!

Innanzitutto mi scuso per avervi fatto attendere così tanto.

Purtroppo sono stata parecchio impegnata tra una roba e l’altra in questi ultimi giorni, ma sto cercando di continuare comunque a scrivere nei ritagli di tempo.

Questo vale sia per questa fic che per l’altra originale. Approposito, approfitto per dare un veloce avviso per coloro che stanno leggendo “Between light & darkness”: non mi sono dimenticata di voi e naturalmente neanche della mia storia. Sto facendo il possibile per ricominciare presto ad aggiungere i capitoli. E ce la farò, non disperate!

Ma ora parliamo di questo capitolo. Mi sono divertita a scriverlo, soprattutto l’inizio. Mi è venuto spontaneo far succedere ciò che succede e non me ne vogliate a male se ne rimanete delusi! Eheh. Anche questo parte da Ginny per poi andare… lo scoprirete, inutile che ve lo annuncio ora, no? (me perfida)

 

Ringraziamenti

 

Sweet nettle: ti ringrazio molto per i complimenti. Scusa davvero per il ritardo, cercherò di evitarlo in futuro se potrò. Fammi sapere per questo capitolo. Un bacione.

 

Ringrazio tutti voi che leggete la mia storia. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate del capitolo, quindi recensite, no? ^.^

Alla prossima.

Un bacione dalla vostra ‘myu!

 

Destini intrecciati

By Lulumyu

 

7. Prede e Cacciatori

 

 

Attendeva, nel suo nascondiglio.

Aspettava, e non osava esalare un respiro per paura di essere scoperta.

Così tanto dipendeva da lei, la liberazione di così tante persone.

Silenziosa scivolò fuori dal suo nascondiglio, riparandosi dietro un ulteriore cespuglio.

Poteva sentirlo, poteva sentire che stava passando non lontano da lei, tutto ciò che doveva fare era attendere.

Lo vide guardarsi attorno con circospezione, per poi girarsi nella sua direzione.

Inutilmente tentò di placare i battiti frenetici del suo cuore, che le rimbombavano nella orecchie.

Non un rumore. Non un respiro.

Lui si girò dall’altra parte. Non aveva visto nulla.

Bene.

Quando cominciò ad allontanarsi nel lato opposto, lei sgusciò fuori dal suo nascondiglio, verso il luogo in cui sapeva essere tenuti i suoi compagni.

Ecco, li vide.

Uno di loro la vide in quel momento e le fece un cenno impercettibile.

Bene, il nemico era lontano.

Corse silenziosamente dietro un albero nelle loro vicinanze.

Il suo obbiettivo.

Il nemico l’aveva vista mentre correva.

Cominciò a correrle dietro, come lei si aspettava che facesse.

Lei raggiunse l’albero al centro della radura e si voltò a fronteggiarlo.

Egli era a pochi passi.

Non aveva paura, ormai aveva vinto.

- mi spiace, Ronnie! Tana libera tutti! – gridò Ginny tirando una sonora pacca sull’albero.

- oh no, ancora?! – bofonchiò Ron, con un’espressione omicida, avvicinandosi alla toppa con il fiatone – vorresti dirmi che sono riuscito a prenderli tutti per niente? -.

Hermione si alzò dal luogo in cui stava aspettando che Ron trovasse l’ultima rimasta in gioco e gli si avvicinò dopo essersi pulita i pantaloni con un veloce incantesimo.

- eh già Ron, mi spiace ma il gioco funziona così! – rise, abbracciando il fidanzato che fece un’espressione offesa.

- eh già, fratellone. Ehi Harry, come hai detto che si chiama questo gioco? È divertente! – disse Ginny, ridendo.

- si chiama nascostrino sorellina ignorante! – fece George, alzandosi dal punto in cui era seduto.

- macché, guarda che si chiama nastrondino – lo corresse Fred, ridendo.

- a dire il vero – li interruppe Harry – il nome sarebbe nascondino. E Ginny è di sicuro la più brava a nascondersi! -.

- e Ron il peggiore a cercare! È stata pura fortuna che mi abbia preso. E solo perché sono inciampato mentre correvo – disse Charlie, attirando su di se una serie di “seee, come no” dagli altri.

- non è vero. Sia ora che la prima volta ho trovato praticamente tutti. Non fosse stato per Ginny che vi ha liberato alla fine…! – disse Ron – Ginny, non è che potresti venir fuori a fare troppa un po’ prima? – chiese poi speranzoso.

- è toppa, Ronald. E no, non è divertente altrimenti – disse la giovane Weasley con tono di superiorità.

Tutti risero al grugnito emesso dal più giovane dei ragazzi Weasley e Ginny, con un tono di voce sempre altero e superiore, gli concesse:

- e va bene Ronald, per questa volta prenderò io il tuo posto alla toppa, anche se non te lo meriteresti -.

- snort – grugnì Ron, ma si lasciò trascinare via dalla fidanzata che non riusciva a smettere di ridere.

- sicura, Gin? – le chiese Charlie – sarà dura trovarci e non credere che ti faciliteremo perché sei la più piccola! -.

Ginny lo spinse via dalla toppa con un sorriso.

- ora sì che sono preoccupata, Charlie! -.

La ragazza si diresse verso l’albero.

- io comincio, ok? Bene chi c’è c’è, chi non c’è s’arrangi! Uno… due… tre… quattro… - .

ben presto il suono delle risate dei partecipanti scomparve per lasciare il posto al silenzio naturale del bosco spoglio.

Era una domenica invernale come tante altre, ma c’era un sole strepitoso. Non erano riusciti a stare lontani troppo a lungo dall’esterno. Dopo pranzo avevano deciso di fare una passeggiata tutti insieme nei boschi vicini alla Tana, ma erano finiti a parlare di questo “nascondino” con Harry e, visto che era sembrato un gioco divertente da fare (anche se la più piccola tra loro, cioè lei, aveva 20 anni) avevano deciso di provarlo. Non poté far altro che ridere a quel pensiero, interrompendosi per un istante tra il diciannove ed il venti.

I suoi genitori non si erano lasciati convincere a giocare e Fleur non era nelle condizioni adatte. Bill aveva preferito rimanere con lei ed Ashley anche, visto che aveva un principio di raffreddore.

Percy al solo pensiero aveva storto il naso e Penelope, molto più cortesemente, aveva rifiutato dicendo che faceva davvero troppo freddo per lei.

Alla fine erano rimasti lei, Hermione, Harry, Ron, Charlie ed i gemelli.

La cosa di questo gioco che l’aveva da subito impressionata era che rispecchiava quella che sarebbe dovuta essere la sua prossima missione. Non era certo per cattiveria che faceva toppa sempre per ultima, ma per vedere se era pronta all’incarico.

Aveva passato l’ultima settimana ad allenarsi con Tonks ad evitare ogni minimo rumore nei suoi spostamenti, a diventare tutt’uno con l’ambiente che la circondava.

Ed era dannatamente brava, pensò con un sorriso mentre arrivava a cinquanta.

Nessuno riusciva a vederla, se non era lei a voler essere vista. Poco prima, mentre toccava a Ron contare, era capitata praticamente a fianco di Charlie e lui non aveva notato nulla.

Evidentemente era pronta.

Era una bella notizia, considerando che sarebbe partita a giorni con la squadra per la missione.

Al pensiero il suo stomaco si strinse dolorosamente. E se ricordavano? E se la riconoscevano?

No Ginny impossibile, non ricordi? Lui cancellò la loro memoria. Sentisti tu stessa la formula dell’incantesimo! Pensò mentre arrivava a settanta.

Il fatto che quel Mangiamorte avesse compiuto un’altra azione che era finita a suo favore la innervosiva. Non riusciva a toglierselo dalla testa. Ma soprattutto non riusciva a spiegarsi il suo comportamento.

- novantotto… novantanove e… cento! Arrivo! – gridò con forza.

Bene, pensò con un sorriso, andiamo a caccia!

La caccia non era poi tanto diversa dal nascondersi. La differenza era che chi cacciava non doveva scappare, ma attaccare.

Ricordava le parole di Tonks come fossero state stampate nella sua memoria:

prima di tutto, Ginny, ci vuole concentrazione. Devi sentirti unita alla natura. Solo in quel momento lei ti aiuterà a sua volta”.

Unita alla natura, pensò la ragazza.

Chiuse per un attimo gli occhi, prendendo nota di ogni fruscìo, di ogni schricchiolìo dell’ambiente che la circondava.

poi, quando ti senti sicura di essere la ‘padrona’ del mondo che ti circonda, allora devi muoverti di conseguenza. Se sei in un bosco, ad esempio, è stupido stare eretta, dritta in piedi. Perché i tuoi nemici possono vederti, che siano loro i cacciatori o tu stessa. Devi trovare il modo di muoverti adatto ad ogni ambiente, e deve essere variabile”.

Ginny si piegò ed entrò dentro i cespugli.

dicono che talvolta la migliore arma d’attacco sia la difesa. Non potrei essere più d’accordo. Ma non c’è difesa nello stare nascosti, Ginny. Tu devi essere paziente. In questi casi la migliore arma d’attacco è l’attesa

dopo pochissimo tempo vide Charlie uscire allo scoperto per osservare la radura vuota. Ginny ghignò, saltando fuori all’improvviso e correndo verso la toppa.

- toppa per Charlie! – gridò ridendo all’espressione sconvolta del fratello che era rimasto bloccato come una statua nel tentativo di uscire dal suo nascondiglio.

Fuori uno. Troppo facile fino ad ora! Pensò tornando ad esplorare i dintorni.

ricorda, la tua strategia deve essere variabile. È un errore ripetere due volte lo stesso trucco, perché risulteresti  prevedibile. Sii creativa Ginny. Ad esempio, perché non andarli a cercare i tuoi nemici? Ma devi stare attenta se fai questo. Ogni minimo errore potrebbe esserti fatale!”.

Ginny entrò nella boscaglia, muovendosi sul letto di foglie secche tentando di fare il minimo rumore. Non poteva evitare che scricchiolassero al suo passaggio, ma poteva cercare di fare in modo che il rumore non fosse tanto chiaro.

Si mosse velocemente, tenendo sempre un occhio puntato alla radura ed a Charlie, per intercettare eventuali segnali ad altri. Ma Charlie stava tentando disperatamente di individuare la sua posizione nella boscaglia. Ginny rise piano, soddisfatta dei propri progressi. Ma tornò a concentrarsi.

Poco dopo davanti ai suoi occhi si aprì un’altra radura. Scorse la schiena di suo fratello Ron che si nascondeva poco più avanti di dove si trovava e, poco lontano, George nascosto dietro un masso.

Velocemente fece il percorso al contrario e, correndo fuori da un cespuglio seguita dallo sguardo incredulo di Charlie, batté sull’albero gridando:

- toppa per Ron e George! Dietro un cespuglio e un masso! -.

Da quel punto le giunse un mugolio felice:

- io non sono George! –

- bene – fece lei tranquilla – allora toppa per Fred! -.

Fu allora che Ginny vide un flash di rosso da alcuni cespugli alla sua sinistra.

- e toppa per George! O Fred! là nei cespugli alla mia sinistra.

Fred, il vero Fred, uscì proprio da quel posto, ululando contro il gemello:

- tutta colpa tua se mi ha visto! -.

Ginny ridacchiò. Sapeva come raggirare i tranelli dei gemelli dopo 20 anni passati a studiarli attentamente.

- su, su fate i bravi che mi mancano Hermione ed Harry – disse rientrando nella boscaglia.

se segui queste semplici indicazioni non sarà difficile imparare a non farti notare. Ma stai attenta, perché può capitare che sia tu quella studiata ed osservata”.

Mentre Ginny stava per avanzare, con un movimento repentino un cespuglio spoglio nelle sue vicinanze si aprì e ne uscì correndo un’Hermione tutta trafelata.

se ciò accade e se la situazione gira a tuo svantaggio c’è una sola cosa che puoi fare. Essere più veloce del tuo avversario!”.

Ginny cominciò a correrle dietro, puntando verso la toppa. I suoi fratelli traditori facevano tutti il tifo per Hermione. Ma fortunatamente la rossa fu più veloce.

Alla fine, si era allenata per questo!

- toppa per Hermione – gridò ansimante, toccando l’albero un secondo prima della moretta.

- no! Accidenti – si lamentò Hermione insieme agli altri.

- mi spiace – rise Ginny.

- non essere tanto sicura della tua vittoria, Ginny! Ricorda che c’è ancora Harry qua nascosto da qualche parte! – disse Hermione con un sorriso speranzoso.

- beh non ti preoccupare. Non sei tu che devi contare se trovo Harry. È Charlie! – annunciò Ginny, allontanandosi nuovamente dalla toppa con dietro il fratello maggiore che le fece un gesto non proprio fine. Sentì dietro di sé gli altri ridere.

Bene, Potter, pensò sorridendo, a noi due.

Si diresse da tutta un’altra parte rispetto a prima.

dopo quello che ti ho detto non dovresti avere più davvero problemi in fatto teorico. Ma devi fare pratica perché tutto questo altrimenti non ti servirà a niente! Può sempre capitare che ti trovi davanti qualcuno di più veloce o intelligente di te. E sta a te trovare il modo di uscirne senza essere sconfitta, o peggio”.

Le parole di Tonks si stavano rivelando davvero utili. Si vedeva che lei era un auror preparato.

in ogni caso, Gin, non peccare mai di orgoglio. Non farlo, non credere di essere la migliore perché questo ti mette automaticamente in svantaggio”.

Tonks aveva detto queste parole tentando di avvertirla, ma in quel momento, durante quel gioco, Ginny pensò davvero di essere la migliore. E quel pensiero le fece abbassare la guardia.

ripeto: non si sa mai se il tuo nemico sia o no più abile di te. Ma se ti sopravvaluterai e fallirai… beh, se rimarrai viva ricordati di stare più attenta la prossima volta e di continuare a lavorare duramente per migliorarti!”.

Ginny ripensò con un sorriso tranquillo a quelle ultime parole. Non ne aveva bisogno, ora.

O almeno credeva.

- ehi, Gin! – si sentì chiamare.

Sgranò gli occhi, alzandosi di colpo in posizione eretta e guardando verso la toppa.

No! Si gridò aprendo e chiudendo la bocca come un pesce.

Là, appoggiato all’albero in modo casuale, attorniato dai compagni che ridevano guardando l’espressione scandalizzata di lei, c’era Harry Potter.

Con un sorriso furbo tirò una pacca all’albero e, non smettendo per un istante di fissarla negli occhi con giocosa aria di superiorità, urlò:

- tana libera tutti! -.

Oh beh, c’erano pochi dubbi. Ginny Weasley aveva ancora bisogno di tanto, tantissimo allenamento.

Corse con una finta aria omicida verso il ragazzo che stava ridendo con gli altri e gli tempestò il petto di pugni, gridandogli contro tutto il suo fastidio per il fatto di dover contare di nuovo.

Dopo qualche battuta di Ron e dei gemelli riguardo al fatto che ne aveva di strada da fare per eguagliare Harry a nascondino, tutte ribattute indietro, si riappese all’albero, ricominciando a contare divertita.

Lui divertito non era affatto.

Come si può cadere così in basso? Pensò gelido, osservando la rossa ricominciare a contare.

Certo, il piccolo spettacolo che gli aveva offerto prima era stato istruttivo.

La piccola non era affatto un auror impreparato, anzi. Ma questo in fondo lo sapeva.

Non fa altro che rendere le cose più divertenti… pensò, con le labbra piegate in un ghigno sinistro.

Avrebbe voluto occuparsi di lei proprio in quel momento. Mentre i suoi stupidi accompagnatori cercavano un buon nascondiglio.

Prima, quando si era avventata giocosamente su quel moro, si era sentito il sangue gelare nelle vene.

E solo con una persona il suo sangue, lo stesso del padre suo Signore, reagiva in tal modo.

Harry Potter. Il mio adorato fratellino di sangue ed essenza.

Lei non doveva stare accanto a Potter.

In quel momento un fugace pensiero gli attraversò la mente.

Perché non fare ciò che la sua mente gli suggeriva?

Si sarebbe unito al loro gioco. Solo che sarebbe stato lui a cacciare lei e non viceversa. E proprio sotto il naso dei suoi parenti.

Perché attendere se poteva prenderla ora?

Con un ghigno mellifluo si preparò a mettere in atto il suo piano.

Ma, proprio quando stava per muovere i primi passi, il suo braccio sinistro cominciò a bruciargli. Un bruciore che avrebbe fatto del male a chiunque, ma non a lui. Perché lui aveva sopportato più  di un semplice bruciore per compiacere suo padre. Molto di più.

Imprecando tra sé e sé lanciò un’ultima occhiata alla sua preda.

Presto, molto presto, tutto si sarebbe compiuto. E forse sarebbe anche tutto finito.

Si preparò a smaterializzarsi.

E proprio in quel momento la giovane smise di contare. Tutto fu molto lento agli occhi di entrambi, anche se durò meno di un secondo. Lei si girò per caso nella sua direzione e, in mezzo alla boscaglia, incontro i suoi occhi.

Egli alzò la bacchetta.

Un secondo prima era in un bosco, spoglio a causa dell’inverno, nascosto poco lontano da lei, che aveva sgranato gli occhi nel vederlo, mentre un secondo dopo si trovava in una sala buia e vuota, ad eccezione del suo unico occupante, che lo stava guardando con malcelato orgoglio negli occhi rosso sangue incastonati nel viso serpentino.

Subito si inchinò.

- padre – disse nella loro lingua in tono sommesso.

- alzati, Evil – rispose nella stessa lingua Lord Voldemort in tono strascicato.

Evil stava eseguendo il suo ordine quando Nagini spuntò da dietro il trono dell’Oscuro Signore, diretta verso di lui.

Come ormai era solito fare più per abitudine che per affetto, che al serpente veniva già donato da suo padre, il Principe Oscuro tese un braccio verso di esso, che cominciò a risalirlo, appoggiandosi alle sue spalle e sussurrandogli dolci parole di benvenuto all’orecchio.

Il serpente favorito di suo padre, colei che lo aveva aiutato a sopravvivere quando era più debole di un neonato. Evil non smetteva mai di sorprendersi sul fatto di quanto umana fosse quella creatura. Troppo umana per essere reale. Eppure esisteva, era lì sulla sua spalla.

E, soprattutto, lo adorava. Proprio come adorava suo padre, con la stessa cieca fiducia.

- Nagini – la salutò, carezzandole la testa serpentina.

Voldemort li osservò per qualche istante, lasciando che Nagini si beasse della visita di suo figlio. Quel serpente aveva una protezione quasi materna per Evil. Il Signore Oscuro sorrise in modo sinistro, perdendosi con la mente in arcani segreti di cui solo lui era a conoscenza.

- siedi, ora. Abbiamo bisogno di parlare – ordinò con voce strascicata.

Sbrigativamente Evil trasfigurò la prima cosa che trovò a tiro in una sedia e si sedette di fronte al suo Signore, in posizione leggermente più bassa rispetto a dove egli si trovava, come al solito.

- cosa desiderate comunicarmi, padre? – chiese tranquillamente.

Il Signore Oscuro lo guardò dritto negli occhi ed Evil abbassò automaticamente tutte le sue barriere mentali. Dopo poco, l’invasione, che non era stata neanche dolorosa come al solito, cessò ed Evil sentì suo padre ridere con quella sua risata inumana.

- vedo che sei andato di nuovo a spiare la piccola Ginevra – constatò con un’espressione diabolica sul volto serpentino.

- ve l’avevo detto, mio Signore disse in quel momento Nagini senza alcuna nota di ostilità nel sibilo prodotto.

- non credevo di farvi un torto, mio Signore. Se ciò è avvenuto vi prego di considerare già finite le mie visite – disse tranquillo Evil.

Voldemort scosse la testa, con un ghigno soddisfatto.

- non ho alcun motivo per impedirti di tenerla d’occhio. In fondo ti ho ordinato io stesso di provvedere alla sua incolumità. Che già due volte è stata rischiata – disse, l’ultima parte con un tono più duro.

Evil rimase in silenzio, ma fu Nagini a difenderlo.

- non per colpa del Principe, mio Signore. Lo sapete bene. Ma l’importante è che la giovane donna sia salva -.

Voldemort guardò il serpente con affetto.

- hai ragione, mia cara Nagini. E deve rimanere tale – decretò il Signore Oscuro fissando i suoi occhi sanguigni in quelli glaciali del figlio.

Evil annuì, senza fare una piega. L’importante in quel momento era che non gli era stato proibito di vederla. Perché sarebbe impazzito probabilmente nel pensarla vicina a quelle persone e non a lui.

- padre – cominciò in tono deciso – quando potrò agire? -.

Voldemort notò soddisfatto che l’ossessione del figlio per quella ragazza era proprio quella che la missione necessitava.

- placa la tua sete, figlio. Presto potrai avere ciò che ti ho promesso, e anche io potrò. Ma non è ancora tempo – gli ordinò.

Evil annuì, anche se insoddisfatto.

- piuttosto – cominciò subito il Signore Oscuro – come procedono gli attacchi? -.

A questa domanda la bocca di Evil, sotto la maschera, si piegò in un sorriso compiaciuto, che il Signore Oscuro percepì chiaramente.

- tutto perfetto, come avevate ordinato. Perdite accettabili per missioni impeccabilmente portate a termine con successo – disse con orgoglio malcelato.

Voldemort annuì, ma non si trattenne dal sibilargli:

- vedi di non sopravvalutarti subito, figlio. Ciò potrebbe diventare la tua debolezza -.

- io non mi sopravvaluto, padre – disse Evil con un tono sottomesso ma divertito – sono i nostri nemici che lo fanno. Essi stanno cominciando a vedermi come uno stratega invincibile e sarà questo a portarli alla loro fine – concluse.

Il Signore Oscuro rise crudelmente all’affermazione di suo figlio, seguito da una sibilante risata di Nagini che strusciò la testa serpentina contro il marchio sulla guancia della maschera di Evil.

- si spera che ciò avvenga – disse Voldemort guardando intensamente il figlio.

In quel momento dalle porta chiuse dietro di loro provenne un bussare deciso ma timoroso allo stesso tempo.

- avanti! – ordinò il Signore Oscuro.

I membri della cerchia interna dei Mangiamorte entrarono nella sala e si bloccarono quando videro con chi il loro Signore stava parlando.

- prego, miei fedeli. Vi stavo attendendo – disse parlando normalmente.

Mentre essi sfilavano silenziosamente davanti al loro Signore e si disponevano in cerchio, Nagini approfittò per scambiare due parole con il suo Principe.

- la vostra ossessione per lei è tale? – disse dolcemente, ritornando al discorso precedente.

Evil annuì. Poi aggiunse:

- prima il tutto è compiuto, meglio sarà -.

Il Signore Oscuro, che aveva ascoltato ogni sibilo della loro breve discussione, fece un cenno a Nagini ed ella, obbediente, si strusciò un’ultima volta sul Principe per poi dirigersi elegantemente sulle spalle del Signore Oscuro.

- ora va, Evil. Organizza il prossimo attacco e sii pronto al mio ordine – disse Voldemort, chiudendo il loro incontro.

- come ordinate, padre – rispose, alzandosi e chinandosi.

Dopodiché si voltò, il mantello frusciante alle sue spalle, e si diresse verso le porte della stanza.

Non degnò di uno sguardo i Mangiamorte presenti, che furono costretti a chinarsi al suo passaggio, ma poté distintamente percepire sguardi di invidia, odio e rimprovero.

Poco male.

Loro per lui non erano niente.

Si chiuse le porte alle spalle, dirigendosi a passo deciso verso le sue stanze.

Dalla sua mente l’immagine di colei che era diventata la sua ossessione non voleva saperne di scomparire. Presto, proprio come aveva detto suo padre, la sua sete sarebbe stata alleviata.

L’oggetto dei suoi pensieri in quel momento stava tornando indietro con i fratelli e gli amici, verso la Tana. Dopo quella visione non era più riuscita a concentrarsi e perciò si era fatta fregare più volte dagli altri partecipanti.

Era sconvolta.

No, non era stata una mera visione, ma pura realtà.

Lui era lì, nello stesso bosco dove lei stava giocando.

Da quanto tempo? Era lì per lei? Come sapeva dove si trovasse?

Si sentiva spaventata, osservata da ogni angolo. Ma perché? Perché?

- ehi, Ginny, tutto bene? – le chiese Charlie, vedendola un po’ giù – guarda che prima o poi riuscirai a batterci, non temere! – continuò per consolarla.

Ginny gli sorrise, ma dentro di lei aveva voglia di urlare.

Credono davvero che sia in questo stato a causa di quello stupido gioco? Sono più ciechi di quanto pensavo io stessa, pensò con una nota di colpevolezza.

- lo so Charlie. Sono solo annoiata dal fatto di aver dovuto contare per cinque turni senza più prendere neanche uno di voi! – disse.

Charlie la strinse e le disse qualcosa che lei non comprese.

Tutto ciò a cui stava pensando era che stava mentendo di nuovo.

Si odiava per questo, oh se si odiava.

Le sembrava quasi di tornare ai tempi del diario. Anche li aveva mentito in quel modo. Sperava solo che le cose non peggiorassero fino a quel punto.

Comunque, dal momento in cui l’aveva rivisto un’altra volta, qualcosa in lei era cambiato.

C’era una sorta di gelo che la circondava, che la pervadeva.

E non lo aveva mai sentito, neanche ai tempi del diario.

Un freddo che la incolpava, che non faceva altro che farla sentire come una traditrice e che rideva sguaiatamente ai suoi deboli tentativi di cercare una risposta al groviglio di domande che le affollavano la mente e l’anima.

Un gelo che assumeva nella sua mente la forma e la sembianza di due occhi di nube in un cielo tempestoso che, silenziosamente, la muovevano come un abile burattinaio con i fili della sua bambola.

Circondata dalle sue stesse bugie, chiusa nel suo guscio. Una bambola fredda che aspetta solo che i fili vengano recisi per essere liberata, o per essere distrutta.

Ora era chiaro nella sua mente che lui la seguiva, che lui la osservava, che lui la voleva.

Perché?

Per arrivare ad Harry?

Per punire la sua famiglia?

Per dare un esempio a tutto il mondo magico?

Ma perché proprio lei?

Si lasciò condurre in casa da suo fratello. Stava ridendo alle loro battute senza sentirle, stava rispondendo alle loro domande senza capirle.

Come poteva capire le loro domande, in fondo, se non riusciva neanche a rispondere alle proprie?

  
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