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Autore: KuroiWriter_    31/03/2011    2 recensioni
NOTA: Ho scritto questa storia pensandola come originale, non sapevo nemmeno esistessero i Vocaloid. Ma dato che alcuni me lo hanno fatto notare e anche io noto la somiglianza con una delle canzoni di Len, ho spostato quì la storia. Ho messo Len e Rin perché nella canzone ci sono loro, ma in origine i personaggi erano diversi >w<;
Un omicidio di cui si sa poco, un detective che sa già la risposta e una ragazza traumatizzata costretta a fare la testimone.
A volte la polizia è stressante. E stupida. « È stata una morte improvvisa, ma naturale », dicevano.
Certo, certo. Come se cadere dalle scale con un coltello ficcato nella schiena possa essere una morte naturale, o una malattia. Gravissima. Molto rara. (...)
« Io so le risposte alle mie domande. Tu le conosci, le risposte? » rimase di spalle. Forse c'era un ghigno sul suo volto.
Christine abbassò lo sguardo, (...)
« Tu lo sai, vero? Chi è l'assassino. » disse.
Christine stette zitta.
« Allora, chi è l'assassino? » fece, con un sorriso che potrebbe sembrare quasi sadico.
La ragazza non rispose.
Genere: Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A volte la polizia è stressante. E stupida. « È stata una morte improvvisa, ma naturale », dicevano.
Certo, certo. Come se cadere dalle scale con un coltello ficcato nella schiena possa essere una morte naturale, o una malattia. Gravissima. Molto rara.
Non erano molto sicuri. Avevano visto molti casi di morte naturale e omicidi, e quello sembrava un omicidio.
Prove? Nessuna. Niente che provasse che era un effettivo omicidio.
Le macchie di sangue sul pavimento non contavano, o almeno non per la polizia. Solo perché non trovavano l'arma del delitto non volevano credere che fosse un omicidio.
Avevano impedito a tutti – detective compreso – di entrare, di investigare, di sapere.
Ma il detective – quel detective, almeno – non si faceva prendere in giro così facilmente. Sapeva che c'era qualcosa di sbagliato. Anzi, l'ha sempre saputo. Sapeva già la soluzione.
Assassino.
Arma del delitto.
Movente.
Lui conosceva la verità. Aveva solo bisogno del consenso di parlarne. Ed era quello che aveva ottenuto da poco.
« Morte naturale? Volete farmi ridere. » intervenne il detective, pipa alla bocca. Non fumava veramente, ma rendeva più l'idea.
Uno dei tre poliziotti di turno sospirarono. « Allora dacci una motivazione valida ». Esitarono.
Il detective rise. « Primo. » cominciò, « La vittima non ha mai sofferto di malattie che portano alla morte. » continuò, diretto, allargando le labbra in un sorriso. « Secondo. » breve pausa. « Non aveva motivi per suicidiarsi. » fece qualche tiro dalla pipa, per finta. « Terzo. » un'altra breve pausa. « La serratura della porta di entrata al suo studio è scassinata. » concluse con una risata. Pensava fosse abbastanza, ma aveva altre motivazioni.
I poliziotti lo trovavano un po' inquietante. Si scambiarono un'occhiata, poi esitarono. « Va bene, hai ragione. » gli riferì uno dei tre.
Il detective sorrise con la pipa fra le labbra, mentre i tre si allontanarono per riferire ai superiori che un investigatore aveva appena ricevuto il permesso di indagare. Ma lui non ne aveva bisogno.
Uno dei capi incaricati del caso, si avvicinò al detective. « Hai il permesso, ma hai l'ordine di dirmi i tuoi piani e, magari, i sospetti ».
Il detective sospirò, tenendo fra le mani la pipa. « Voglio parlare con quella ragazza », rise. Come se non avesse ascoltato le sue parole.
Christine era come il detective. Lo sapeva, forse anche meglio di lui.
Il capo annuì lentamente e fece entrare la ragazza, Christine, colei che era stata trovata insieme al cadavere.
« Da solo » aggiunse il detective guardandolo con i suoi occhi rossi penetranti.
Il capo esitò, poi ordinò ai poliziotti di lasciarli da soli, poi uscì anche lui.
Il detective fece un lieve inchino. « Miss Christine, mi permetta di accompagnarla sul luogo del delitto » le disse lentamente, prendendola per mano, portandola nello studio della vittima.
Christine era immobile, alternava lentamente lo sguardo tra il detective e il muro, quasi assente.
Il detective rise, poi poggiò la pipa sulle labbra. « Primo mistero » cominciò, senza paura di nascondere un ghigno. « Perché la vittima era da sola in questo studio? ».
Christine guardò negli occhi il detective.
« Leggeva. Sai cosa leggeva? » chiese, chiudendo gli occhi, come se lo aiutasse a riflettere, poi li riaprì lanciando alla ragaza uno sguardo, per lei inquietante. « Certo che lo sai. “Il fantasma della Queen Berry”. »
Christine era impassibile, sembrava non volesse distogliere il suo sguardo assente dagli occhi del detective.
« È tuo, no? » chiese. Non sperava in una risposta. « Secondo mistero » breve pausa. « Perché stava bevendo del vino, anche se non gli è mai piaciuto? »
Christine continuava a guardarlo.
« Sai cosa c'era nel vino? » chiese, girandosi completamente verso di lei, guardandola con un ghigno. « Certo che lo sai. Sonnifero. »
Christine teneva lo sguardo fisso su di lui.
Il detective rise. « Il motivo di tutto questo è semplice » cominciò a spiegare, « Lui era destinato a morire, e lo sapeva »

« Terzo mistero » breve pausa. « Perché e quando la serratura è stata scassinata? »
« Quarto mistero » le ripetè lentamente. « La vittima non era da sola. » guardò la ragazza senza risparmiarsi il ghigno. « C'era qualcuno con lui? L'assassino, forse? » rise.
Christine alzò le spalle e fece un sospiro.
« Quinto mistero » disse, tenendo il suo sguardo intimoritore fisso sulla ragazza. « Come ha fatto a cadere dalle scale? »
Christine strinse qualcosa nella tasca del vestito. Un coltello.
Il detective non la notò, e continuò a parlare, dandole però le spalle.
« Io so le risposte alle mie domande. Tu le conosci, le risposte? » rimase di spalle. Forse c'era un ghigno sul suo volto.
Christine abbassò lo sguardo, avvicinandosi con il coltello sporco di sangue fra le mani, appoggiando una mano sulla schiena del detective.
Il detective si voltò all'improvviso, prendendole le mani e facendo cadere il coltello sul pavimento, avvicinando il suo viso a quello di Christine, la guardò negli occhi incutendole paura.
« Tu lo sai, vero? Chi è l'assassino. » disse.
Christine stette zitta.
« Allora, chi è l'assassino? » fece, con un sorriso che potrebbe sembrare quasi sadico.
La ragazza non rispose.
« Chi è l'assassino? » ripetè. Sapeva che lei aveva sentito bene. « È successo davanti ai tuoi occhi. Lo sai bene ».
Nessuna risposta.
« Chi è l'assassino? » chiese un'altra volta. « Il tempo sta scadendo, Christine. Rispondi in fretta ».
La ragazza non mosse un muscolo. Il detective lasciò andare i suoi polsi, indietreggiò di poco, pendendo il coltello.
« Se vuoi scappare e metterti in salvo, ti conviene rispondere. » avvisò il detective. « Allora, chi è l'assassino? »
Christine sembrò trattenere il fiato.
« Anche se non rispondi, la risposta ce l'ho io. Chi è l'assassino? »
Christine non rispose. Per lei era una sorta di tortura psicologica.
« Avanti, non è difficile. Chi è l'assassino? » chiese, « Il nome della persona che ti sta di fronte. Dillo! »
Christine sentì un nodo in gola.
« Forse c'è più di una risposta a questa domanda. Ma se non rispondi, dovrò ucciderti. Allora, chi è l'assassino? Il tempo scorre »
La ragazza si trattenne.
« Chi è l'assassino? » chiese, con una risata. « La persona che ti sta di fronte. »
« Dici il nome di questa persona. »
« Di' il mio nome! »

   
 
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