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Autore: Nikkina Cullen    31/03/2011    1 recensioni
e se una famiglia come i Cullen vivesse vicino casa vostra?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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  Quando riaprii gli occhi  mi sentii girare la testa, ma sapevo di stare al sicuro, anche se non sapevo dove stavo.
"Ga-Gabriele?"
"Si, sono qua tranquilla sei a casa mia!"
"Ah ok, ma cosa è successo?"
"Sei svenuta sulla spiaggia ti ho trovato e ti ho portato qua!"
Non era molto convincente con le parole sapevo che se voleva poteva anche imbabucchiarmi ma non lo stava facendo. Perché? Più cercavo di ricordare è più mi veniva mal di testa.
"Non ricordo niente!"
"Non è successo niente tu ora stai bene e ti riprenderai dopo aver riposato un po’ non sforzarti o potresti danneggiarti."
Seguii il suo consiglio e mi riaddormentai già mezza incosciente mentre parlavamo.
Sentivo che non era casa mia, ma avevo lo stesso la sensazione di sicurezza dopo quelle parole.  Non mi ci volle molto per capire il motivo per cui ero là.
Impietrita dal ricordo non riuscivo più a stare stesa e mi alzai. Lui evidentemente mi sentì e fu subito in quella che doveva essere la sua camera non feci nemmeno in tempo a guardarmi intorno.
"Perché ti sei alzata? Devi stare stesa!" mi stava rimproverando.
"Non ce la faccio a stare stesa, voglio sapere che era quella cosa?"
"Ah, te lo sei ricordato?"
"Si! Non tramortisco tutti i giorni un essere del genere!" non ce la facevo a stare in piedi e mi risedetti, tenendomi la testa fra le mani per le vertigini.
"Ascoltami prima stenditi e facciamo passare il mal di testa e poi ti spiegherò tutto, promesso!"
"Promesso?"
"Si, ma se non ti riposi non ti passano le vertigini e non posso stare meglio finché non ti rimetti."
Non finii nemmeno di sentirlo che ero già piombata nel sonno profondo, l'unico sollievo al mal di testa atroce che provavo.
Non so per quanto tempo dormii e mi chiedevo anche perché i miei genitori non si fossero ancora precipitati lì per venirmi a prendere.
Ma riaprii di nuovo gli occhi ed ero già in camera mia.
Mia madre era ai piedi del letto stretta dall'angoscia e dall'ansia.
"Mamma sto bene!" anche se fui un po’ delusa di vedere lei e non qualcun altro.
"Si lo so ma sentirtelo dire mi fa stare ancora meglio!"
"Mamma è notte fonda vai a dormire per favore!"
Accolse la mia supplica più che rimprovero, mi baciò la fronte e uscì dalla mia stanza, solo perché aveva sentito da me stessa che stavo bene e si fidava di ciò che gli dicevo io.
"Ah riposati figlia mia, abbiamo deciso con papà che oggi non vai a scuola!". Appresi con sollievo quella notizia, perché io non stavo bene, per niente. Mi sentivo soffocare dalla paura e non sapevo nemmeno da dove iniziare ad analizzare il tutto. Sembrava cosi irrazionale. Cosi irreale. Ma era successo. Tutto era realmente successo. E io non ci credevo. Non ci avevo creduto quando stava succedendo figuriamoci lontana da quel luogo, lontana da quello che ormai era un ricordo che faceva parte della mia giornata appena passata.
Cercai di riaddormentarmi perché era l'unico modo per non pensare e stranamente ci riuscii. 
Forse mi avevano date un tranquillante per farlo. Non lo so ma mi aiutò.
Da una parte mi sembrava strano che i miei genitori non avessero chiamato il medico, dall'altra parte invece me ne sentii sollevata avrebbe fatto delle domande alle quali io non potevo rispondere.
Forse la famiglia Marini gli aveva convinti che avevo solo bisogno di riposo ma era strano che i miei si lasciassero convincere in quel modo da degli sconosciuti.
Sentii i tocchi di una mano sulla porta della mia stanza, non mi girai sapevo che era mio padre. Infatti era proprio lui gli rivolsi uno sguardo solo quando era vicino a letto, portava tra le mani una tazza di tè con dei biscotti.
"Grazie" gli dissi mentre la stava poggiando sul comodino vicino al letto.
Non volevo fargli domande ma nemmeno lui voleva farmene mi chiese solo se stavo bene ed evidentemente credette al mio si dato il colorito della mia pelle era ritornato decente. Mi disse di riposare ancora un po’ se ne avevo bisogno e uscì dalla mia stanza chiudendo la porta.
I Marini era proprio stati bravi erano stati tanto convincenti nella loro esposizione dei fatti da non farmi fare domande a riguardo.
Solo quando girai lo sguardo sulla finestra da cui si intravedeva il tipico cielo nuvoloso mi accorsi che avevo un osservatore seduto sul davanzale.
"Che fai là? Ti farai male, scendi!" sembrava che le mie parole si riferissero all'aria e non ad una persona in bilico tra il vuoto e il pavimento della mia stanza. Con scioltezza e senza fare rumore poso i piedi all'interno della mia stanza cercando più di tranquillizzare me che per una vera e propria paura per lui stesso.  
"Che ci fai qui? Mio padre è in casa e può scoprirti da un momento all'altro!"
"Si se non smetti di urlare in quel modo … non mi hai sentito manco arrivare tu!"
Aveva ragione. Solo i miei occhi avevano percepito la sua presenza nessun'altro senso mi aveva avvertito, nemmeno la tipica stretta allo stomaco che mi lacerava se stava lui nei paraggi.
"Ero pensierosa. Cosa hanno detto i tuoi ai miei genitori?"
"Un orso ti ha attacco mentre eri sulla spiaggia. Io ero da quelle parti ti ho sentito urlare e ti ho aiutato a scappare. Sei svenuta per lo spavento"
A quanto pare solo l'ultima parte del discorso era vera e infatti anche lui la disse con più tranquillità e meno serietà rispetto alle altre parole.
"Sappiamo entrambi che non è andata cosi!" dissi sottovoce sperando che lui mi capisse.
"Ah no? Come è andata?" e lui aveva sentito perfettamente le mie parole ma continuava a fare il finto tonto.
"Non fare il finto tonto con me c'ero anche io e ti ricordo che ho tramortito quel essere senza nemmeno toccarlo!"
"Ehm si interessante mi chiedevo come hai fatto?"
"Bella domanda non lo so nemmeno io!"
"Bella risposta siamo in due a non saperlo allora!"
"La tua famiglia cosa dice?"
"Pensa che hai qualche speciale potere di autodifesa."
Lo guardai attonita.
"Sai capita che qualcuno di noi abbia delle qualità speciali che provengono dalla sua vita umana. E capita anche che sono abbastanza percepibili e sfruttabili durante la vita umana come nel tuo caso!"
"Che significa quelli come me?"
Lui si fermò come se non doveva continuare e mi aveva spiegato fin troppo rispetto a quello che potevo sapere.
"Allora? Come hai fatto a ucciderlo cosi, senza che lui potesse farti del male!"
"Ricordi? Tu lo avevi messo a KO"
Già, era un discordo che ridirezionava sempre a me, ogni volta che ponevo domande su di lui.
"Cos'era?" stavolta non poteva coinvolgermi.
"Non lo sai tu, lo devo sapere io?" sapevo che mentiva ma ero troppo stordita per insistere. Lui aveva parlato con quella cosa e tra l'altro nel discorso precedente si era differenziato dalla classe di essere umani.
Non era un essere umano? Difficile crederci, era apparentemente come me.
Mentre stavo per fare un'altra domanda la tenda della finestra si mosse come se gli avessero dato un colpo di vento, sentii i brividi sulla pelle per quel colpo di freddo e lui era sparito nel nulla.
Ma tanto non poteva scappare per sempre. Mi avrebbe dovuto riaffrontare prima o poi se io avessi avuto il coraggio di riaffrontarlo.
 
 

   
 
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