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Autore: Jericho XVIII    31/03/2011    1 recensioni
ὁ Ὀνείρος, il Sogno.
"Il Sogno si desta quando il Sonno si addormenta. Stanotte, per un mondo, palpebre di ogni terra hanno celato la Realtà ad uomini e dèi di ogni forma e genere, e improvvisamente Oniro si è fatto essenza."
[Perché il Kai'khul di Neil Gaiman non è l'unico]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un enorme lago. Non ci sono rive, non c'è luce, solo un colore bianco che permea ogni cosa dal basso verso l'alto, dall'alto verso il basso, fino all'orizzonte, una linea ininterrotta che forma un cerchio unito attorno a chi guarda.

Oniro ha lo sguardo di un pazzo e il corpo del colore della Notte sua madre. È lui, il terzo figlio nascosto, fratello del Giorno e dell'Eternità, dalla presenza sfuggevole e irrazionale, generato da un capriccio del Caos e, come questa volta, risvegliato da un oblio non suo.

Il Sogno si desta quando il Sonno si addormenta. Stanotte, per un mondo, palpebre di ogni terra hanno celato la Realtà ad uomini e dèi di ogni forma e genere, e improvvisamente Oniro si è fatto essenza. Per renderlo carne, si sa, Tanatos e Paura dovrebbero reincarnarlo nella loro discendenza. Ma non è questo il nostro caso.

Il sangue di Oniro è inchiostro, ma il suo cuore canta, ed ogni sua parte vibra sotto la pelle invisibile che gli fa da guscio.

Oniro non sa perché si trova lì. Al Sogno nulla serve sapere. Conoscere è un altro discorso, sempre si conosce ogni cosa con lui; ma ciclicamente la sua saggezza si consuma come cera, arsa dalla razionalità di cui le vite umane hanno bisogno. Perché chiedere? Dentro Oniro domanda e risposta sono la stessa cosa.

Ma stavolta non c'è nessuno a dargli forma. Come uno specchio davanti al nulla: cosa può riflettere? Se volesse, Oniro potrebbe essere Calliope, o Zeus, od Orfeo, ma non c'è nessuno a desiderarlo, e Oniro non può esistere che per una volontà che non gli appartiene. È Sonno ad avere la forza di volere, ed è per questo che nessun dio teme Oniro; sebbene gli uomini, che non conoscendo se stessi non conoscono neppure le loro voglie, provino per lui paura e attrazione. Gli stessi nettari che nutrono il suo lontano cugino Pan... ed esso raramente gliene lascia per sfamarsi.

Oniro guarda il suolo del lago ghiacciato e vede volti.

Sono umani? Non lo sa. Non si aspetta di vedere nulla, quindi ciò che vede non ha forma. Ma l'inchiostro che gli scorre in corpo scrive di facce riverse verso l'alto, tutte con gli occhi chiusi, pallide e grigiastre, né serene né crucciate: come in attesa di qualcosa, una cosa qualsiasi, che possa mutarle e dar loro colore.

Sono idee.

Oniro si sente fratello di quei volti, ma non sa dir perché, e noi sappiamo che non è così. Esse esistono (le idee), anche se nessuno le chiama a sé: lui, invece, non si può trovare se non viene cercato. Inoltre, mentre il Sogno reagisce con tutto se stesso a seconda di chi lo sfiora, come acqua che muta a contatto con della vernice, esse rispondono tutte a delle radici che, pur variando fino alla base in dipendenza dall'elemento esterno, rimangono le stesse; come di un sasso pitturato con colori diversi che però sempre pietra rimane. Questo, Oniro non lo può sapere: perché il cambiamento non avverte se stesso. Ma è ben lungi dal non capire che la loro distanza, quella crosta di ghiaccio tra il suo corpo e il loro, è anche la differenza che li separa.

Senza rumore, o senza orecchie per sentirlo, Oniro gratta piano sotto di sé. Piccoli granelli si staccano, raschiati via, scintillano come diamanti e si sciolgono là dove sono, tornando ad inspessire il ghiaccio. Per arrivare fino ai volti potrebbero volerci ore, come millenni; ma qui, dove il tempo non esiste, le azioni non durano e le conseguenze avvengono nel momento in cui sono percepite. Così, se nulla accade al lago ghiacciato nonostante lo sforzo di Oniro, non c'è motivo di perseverare, perché vuol dire che è impossibile.

Il Sogno si china su un volto e si appoggia sulla superficie. Egli non ha calore, e quel ghiaccio non è freddo. Ma ogni azione ha un effetto, perché sia Oniro che quel luogo esistono, e sottostanno alle leggi di tutte le cose: le ciglia dei volti fremono, com'era inevitabile che succedesse. Oniro sussulta e il suo corpo viene percorso dalla reazione a qualcosa di indipendente da sé. Ma quel qualcosa è troppo debole, le ciglia sono ancora solo fremiti. Oniro è un'entità immobile finché nessuna volontà interviene su di lui. Quando esso si scontra con una cosa qualsiasi, la sua integrità implode e la sua forma diventa tutte le forme, il suo corpo una macchia flessuosa che non può stare ferma.

Il tremito si allarga, contagia un viso alla volta, piano piano tutte le ciglia iniziano a muoversi, finché Oniro non avverte un leggero tremore sotto di sé. È abbastanza. Il Sogno si erge in piedi, ed inizia a correre. O meglio, a spostarsi, a scivolare, a muoversi nello spazio; lascia dietro di sé una scia di brina. Lo sguardo di folle ora non fissa più il vuoto, ma uno per uno i volti sotto il ghiaccio. Con uno schiocco colossale, la lastra del lago che si spezza, il tempo riprende a scorrere.

Oniro, ora, deve lottare contro di esso, ed evitare le crepe che lo inseguono. Il suo percorso è regolare, concentrico, una spirale che si annoda e si snoda. Il ghiaccio lentamente si consuma, perché più il Sogno avanza, più il suolo si raffredda: e più la sua corsa si scalda.

Oniro guarda i volti. Le loro palpebre iniziano a tremare.

Non c'è un dopo: la lastra è diventata sottile come un foglio, ramificata da crepe in ogni punto, ma Oniro non ha consistenza, e può continuare a livellarla, sempre più veloce. Non deve finire dentro le fessure, deve solo affinare il ghiaccio.

Gli occhi dei volti si muovono, adesso, pupille sotto le palpebre si spostano, scattano, lo seguono.

Un rombo arriva da lontano. Risucchia la luce da ogni direzione, perché non proviene da nessuna di esse in particolare. Oniro lo può sentire; ma non può distrarsi, perché è il momento di finire la lastra.

Un piccolo, leggero tuffo.

Poi il Sonno si desta. E il lago scompare.

  
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