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Autore: Rossy_89    01/04/2011    23 recensioni
La nostra vita è fatta di attimi. Alcuni di questi, in un battito di ciglia,sono in grado di cambiarci l'esistenza. Quello che in fondo succede a Bunny, figlia di un Commissario di polizia e studentessa modello alla Florida State University. Uno scottante segreto rivelatogli dal suo migliore amico Moran, un incontro con l'affascinante poliziotto marzio, sono solo alcuni degli avvenimenti che la porteranno in un viaggio ai confini di se stessa.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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CAPITOLO  2
 
 
FUORI CONTROLLO.
 
 
 
“Una brava confidente dà sempre buoni consigli, suggerimenti imparziali non influenzati da un benché minimo presupposto di benevolenza.
Lei sveste i propri panni per indossare quelli dell’amico, calandosi nella questione in prima persona per valutare ciò che è meglio per il suo alleato.”
                                                                                                (Jane Austen)
 
 
Già nel 1800, la mia cara Jane aveva descritto perfettamente quello che da sempre rappresentavo per Moran.
Questo ero sempre stata, questo avevo sempre fatto con lui.
Anche a costo di fuggire l’idea di considerarlo “mio” solo per un attimo, perché QUELL’ attimo, per me, sarebbe durato un’eternità.
Quell’attimo l’avrei custodito delicatamente nello scrigno dei ricordi più dolci. Laggiù, dove il Tempo arresta la sua corsa. Laggiù, dove fa più caldo.
 
L’avevo sempre fatto anche a costo di calpestare la mia anima.
La percuotevo, la strattonavo, la laceravo, per poi scaraventarla giù, nelle segrete nascoste della Memoria.
Per non sentire più quel monito silenzioso che rimbombava nel petto.
 
“Diglielo.. ”
 
“Parlagli, prima che sia troppo tardi..”
 
Ma io ero sorda al suo richiamo.
 
Perché?
Perché non si accorgeva di quello che provavo per lui?
Possibile che fosse così cieco?
Ma forse, quella dallo sguardo bendato ero io.
Era così evidente. Io non rischiavo affatto di perderlo, ora che stava per partire.
Io non l’avevo mai avuto.
 
Questo stavo pensando, quando lui mi lasciò sola, in ginocchio sull’asciugamano.
Lui aveva già fatto la sua scelta. Aveva preferito lei.
 
Al solo pensiero un moto di rabbia mi pervase.
Scagliai di getto il libro nella sabbia, stizzita.
 
Amy arrivò tutta trafelata, con un grande cappello di paglia svolazzante.
“Sbaglio, o quello seduto vicino a te era Moran?”
“Non sbagli.”
La voce mi si incrinò.
“Abbiamo appena avuto un mezzo litigio.”
Un lampo di tristezza percorse lo sguardo della mia amica.
“Vieni qui, Bunny.”
Mi abbracciò.
La mia dolce Amy.
“Proprio non riesci a levartelo dalla testa, vero?”
Scossi la testa. Se avessi detto una sola parola non sarei riuscita a trattenere le lacrime.
Cercai comunque di abbozzare un sorriso, inspirando a fondo.
“Gliel’hai detto?”
“No. Non ci sono riuscita. Ma forse è meglio così.”
Amy incrociò le gambe, con un’espressione dubbiosa in volto.
“E’ successo qualcos’altro di cui io non sono al corrente?”
“Purtroppo sì. E’ proprio di questo che volevo parlarti.”
Un cumulonembo color cenere offuscò il sole, spinto da una pungente
aurea boreale.
Rabbrividii. Si stava facendo freddo.
 
“Il giorno che siamo partite, Moran si è offerto di accompagnarmi all’aeroporto con Ursula. Mi ha aiutato con i bagagli e poi vi abbiamo aspettato all’entrata dell’imbarco.”
Uno sbuffo di vento di vento scompigliò la chioma sbarazzina della mia amica.
Abbassai la voce.
“Sai, mi sento così in colpa ora. Avevo promesso a Moran che non l’avrei rivelato a nessuno.. Lui ha paura.. Ma io non ce la faccio.. ”
Amy mi prese la mano.
“Ti prometto che quello che mi dirai rimarrà fra noi due.”
Disse la verità.
Lo percepii dalla serietà dai suoi occhi.
Dal modo in cui teneva le braccia conserte, dal calore del suo abbraccio.
Le stava molto a cuore il mio migliore amico.
D’altronde, a Amy stava a cuore ogni essere umano.
Dotata di una infinita pazienza e magnanimità, determinata nel raggiungimento dei suoi obiettivi, anteponeva il prossimo persino a se stessa.
E io la ammiravo per questo.
Sarebbe diventata la Dottoressa più brava del mondo.
 
 
Così, per l’ennesima volta in quelle due settimane, rievocai alla mente quel giorno.  Focalizzai l’eco assordante delle altoparlanti, il monotono saliscendi delle scale mobili, la sagoma del Boing 787 che mi aspettava oltre la vetrata, lucente nel sole mattutino; la calca ai duty-free, il sollievo dell’aria condizionata sulle guance.  
Il profilo di Moran,
 
“Bunny, prima che tu parta, è necessario che tu sappia una cosa.
So che non è il momento non è dei migliori, ma in questo modo avrai tempo per pensarci su quando sarai a L.A., e al tuo ritorno tutto sarà più facile.
 
Noi due non possiamo più vederci come abbiamo fatto finora.”
 
Rimasi così sbalordita che non riuscii a pronunciare mezza parola.
Con aria afflitta, il mio amico spostò lo sguardo nel vuoto.
Non riusciva a sorreggere il mio.
 
“Ti prego, non guardarmi così. Lo faccio per la tua sicurezza. Se dovesse succederti qualcosa non mi perdonerei per il resto della vita.. Ti voglio bene, e lo sai.”
Ad un tratto un fiume di parole sfociò dalla mia bocca.
“E’ per lei, vero? Non vuole che io ti veda. Ma sai anche tu che questo non è giusto. Non potrà tenerti in gabbia in eterno. Non puoi rinunciare alla tua vita! E’ un tuo diritto!  Moran, per favore, non..”
“No, Bunny. Milena  non c’entra. Non in questo modo. Non è stata lei ad impormi questa decisione.”
Una lacrima mi morì sulle labbra. Potevo avvertire il suo gusto salato.
 
“Milena è in guai seri. E ora anche io.”
Da quattro mesi a questa parte fa uso di droghe.
E’ riuscita a tenermi all’oscuro di tutto fino alla scorsa settimana, quando mi è successa una cosa molto brutta.
Sgranai gli occhi, mentre il mio migliore amico mi descriveva l’esperienza più terrificante della sua vita.
 
 
Quella sera Moran si sentiva stranamente inquieto, mentre sulla sua BMW saettava nel buio da Key West a Miami.
L’ oscura presenza dell’Oceano si estendeva impetuosa sotto la Overseas HighWay, e per un istante sembrò sopraffarlo.
Il sublime Gigante Blu ruggì in un’effervescenza di spuma; esso giaceva supino in tutta la sua maestosità, togliendogli il fiato.
Infinito, titanico, terribile.
Nessuno poteva sfuggire alle sue leggi. Un attimo, e avrebbe potuto ingoiarlo negli abissi.
Con un tuffo al cuore, Moran premette sull’ acceleratore.
Nell’attraversare quei 202 chilometri sospesi in aria, in rettilineo, senza nessun limite o costrizione, la macchina rintuonò di euforia ai suoi comandi. 
L’urlo nero del motore si fece più forte, il vento gli sferzò violentemente il volto.
L’inchiostro scuro della notte  si fece  tutt’uno con le profondità verde smeraldo delle barriere coralline, lapislazzuli illuminati dal bagliore della costa.
 
Finalmente erano giunti sul Continente, lasciandosi Key West alle spalle.
Di fianco a lui, Milena sbadigliò, stiracchiandosi sul sedile.
Oltrepassando le luci ammiccanti di South Beach, si diressero verso Collins Avenue, dove Milena abitava.
 
La ragazza fece roteare le chiavi del portone intorno all’indice; le guardò con aria contrita, avvicinandole agli occhi.
“Mmmh..”
Di punto in bianco scoppiò a ridere sguaiatamente.
“Amore, forse questa sera ho un pochino esagerato con quel Long Island..”
“Con il Long Island, la tequila, il rum..”
Moran sospirò, aprendo l’uscio.
“Non dovrei assecondarti così tanto. Ti fa male e lo sai.”
Con un altro risolino beffardo, Milena gli schioccò un bacio sulla guancia.
“Ma io ti amo proprio per questo. Mi fai sempre fare tutto quello che voglio.”
Sghignazzò di gusto.
Moran si sentì ferito. Accusava una vena di verità nella battuta che aveva appena sentito.
Incurante del suo silenzio, la ragazza aprì il frigorifero.
“Amore, stasera voglio farti provare una cosa nuova..”
Con in mano due bicchieri e una bottiglia di vodka,si mosse verso le scale, ondeggiando vistosamente.
 
La camera di Milena era molto spaziosa, con delle pareti color pesca e un letto a baldacchino al centro. Di fronte, un’ampia terrazza con vista sul litorale.
Un aroma intenso di candele profumate scaldava l’atmosfera.
“Miley, tesoro, ora basta bere, però..”
Moran le sfilò di mano il drink sfruttando i suoi riflessi allentati dai fumi dell’alcol.
Milena brontolò.
“Noo.. Aspetta.. Questa ci serve! Ho una sorpresa per te..”
Afferrò un orsacchiotto appoggiato alla testiera del letto, e dalla fodera del peluche estrasse un sacchetto di plastica trasparente, sigillato accuratamente.
“Guarda un po’!”
All’interno, una decina di pasticche granulose color gesso.
Con uno scatto, Moran si allontanò da lei, allarmato.
 “Milena, cos’è quella roba? Dove l’hai presa?”
“Devi scioglierla nella vodka, altrimenti non fa effetto. Guarda, così.”
Lasciò cadere nei bicchieri le due compresse, che si dissolsero con uno sfrigolio gassoso. Notò una lattina di aranciata sul comodino. La aprì e ripetè il gesto, questa volta raddoppiando le dosi.
In caso una sola non facesse effetto.
Moran non vide l’accaduto.
Era voltato verso la finestra per cercare di mantenere l’autocontrollo, messo a dura prova da ciò che stava accadendo.
Si voltò con l’intenzione di approcciare una discussione  fra persone civili, quando Milena vuotò il bicchiere in un sorso.
“Ma..Cosa..?”
L’aveva mandata giù come un’aspirina. Come un banale antidolorifico.
Il suo gesto era stato  troppo rapido, e Moran era troppo distante per impedirle di fare qualsiasi cosa.
Milena gli porse il calice.
“Ecco. Ora tocca a te!”
A quel punto Moran perse ogni tipo di freno inibitorio.
Incredulo, prese a scuoterla per le spalle.
 “Milena!!! Cosa accidenti ti è preso? Sputala! Sputala immediatamente!”
“E dai.. amoree.. ”
Si divincolò dalla sua presa.
 
“Voglio sapere cos’è questa roba!” tuonò.
“Stai calmo.. che mi scoppia la testa.. Non è niente di che..  Me l’ha data un amico di Seiya alla festa.”
Si lasciò scivolare la leggera camicetta di seta sulle braccia.
“Lui la usa sempre con la sua ragazza. Ha detto che fa miracoli.. Ed è vero. Io l’ho già provata”.
Barcollando, gli  cinse in un abbraccio il torace.
“Fa spalancare le porte della Percezione..*”
Con le labbra gli sfiorò appena la nuca, percependo la sua muscolatura contrarsi al contatto con la sua pelle.
“In un batter d’occhio… Ti ritroverai in un altro mondo.. Con me, ovviamente.”
Gli infilò la mano sotto la maglietta.
 
“Non se ne parla.”
Moran si ritrasse dall’abbraccio, contrariato.
“Tu sei ubriaca. E ora anche drogata. Totalmente fuori di te..”
Si passò una mano fra i capelli.
“Davvero, non voglio credere che tu mi stia veramente dicendo queste cose.
Non posso credere che la mia ragazza faccia uso di questo schifo.”
Prese a camminare avanti e indietro, massaggiandosi il collo.
Cercò di ragionare sul da farsi.
“Dovrei portarti al Pronto Soccorso. Avresti bisogno di una lavanda gastrica o qualcosa di simile. Sì, farò così. Andiamo.”
“Non serve, stai tranquillo.”
Milena lo fissava gelidamente. Con Moran sulle difensive, replicare sarebbe stato inutile. Il mio migliore amico era fermo come un generale sulle sue decisioni.
“L’effetto è breve. E una a me non basta. Di solito ne prendo un paio alla volta.”
“Addirittura? Allora significa che è da molto tempo che ti fai.. I miei complimenti. Devo dire che non mi ero accorto di niente. Da quanto tempo va avanti questa storia?”
“Da quando ti ho conosciuto, Moran.”
Quelle parole ebbero l’effetto di una scarica di proiettili su di lui.
“Dio, sei così.. Così.. dannatamente perfetto e prevedibile. Le tue giornate sono scandite al millesimo di secondo, sai già cosa mangerai a colazione e cosa a cena, quale cravatta indosserai e quali calzini ci abbinerai, a che ora prenderai la metropolitana, che voto prenderai al prossimo esame e dove passerai i prossimi undici Natali e Giorni del Ringraziamento. Al college c’è già un ufficio con il tuo nome pronto ad aspettarti. Passi giornate intere a pianificare la tua vita. Tutto, dico tutto, deve rientrare perfettamente nelle righe di quella tua stramaledettissima agenda!! Dillo che stai con me solo perché io ti faccio pietà!!”
“Cerco solo di costruirmi un futuro stabile. Ognuno di noi dovrebbe farlo.
Non è colpa mia se non hai la minima idea di cosa fare della tua vita, oltre a sbronzarti il sabato sera.”
“Con me come fidanzata puoi svolgere benissimo il tuo ruolo da buon samaritano vero? Solo perché ho scelto di vivere alla giornata non significa che non sappia quello che voglio. Se dovessi morire domani, avrei la consapevolezza di avere goduto fino all’ultima goccia della mia esistenza! ”
“O avresti il rimpianto di non avere coltivato dei sogni? Di essere stata soltanto una stupida ragazza viziata e materialista?”
Silenzio.
“Cosa vuoi dalla tua vita?”
Milena si strinse in un abbraccio.
 “Quindi è colpa mia se hai iniziato. Se è così, il problema non esiste. Da questa sera, io e te non abbiamo più niente a che spartire.”
 
Questa era la  rottura definitiva. Milena se lo sentiva.
Ma conosceva anche il suo carattere. Così estremamente razionale, avrebbe sicuramente ripreso l’argomento il giorno dopo. Con calma. E magari sarebbe ritornato sui suoi passi.
Così spogliò in silenzio, mettendosi sotto le coperte. .
 
Moran gettò uno sguardo di disprezzo alla vodka sul tavolo.
“Questo schifo lo butto direttamente nel cesso.”
Ancora incredulo, cestinò la bottiglia e sciacquò i bicchieri.
 Poi tornò in camera, non sapendo bene il perché. Le parole di Milena lo avevano scosso.
Notò la lattina di aranciata.
Con un forte senso di arsura alla gola, bevve a lunghi sorsi ,scolandola
Fino all’ultima goccia.
 
 
Si avviò in salotto e accese distrattamente la televisione, con lo sguardo assente a fissare il monitor.
Le immagini si susseguivano sullo schermo senza  un senso compiuto ai suoi occhi.
Moran non aveva mai vissuto una circostanza di quel genere.
Si era sempre limitato a giudicare freddamente dall’esterno.
Drogarsi era illegale. Quindi non andava fatto. Punto.
La sua mente era stata edificata con schemi mentali rigorosi, dovuti anche alla spiccata religiosità della sua famiglia.
Ma ora, tutti i suoi punti di riferimento erano crollati.
Davvero era stata colpa sua?
Cosa le aveva fatto mancare, in quei sei mesi di fidanzamento?
Era stata la prima volta in cui si era sentito additato come  la causa della rovina della persona che amava.   
E da chi se l’era procurata? Conosceva Seiya, ed era risaputo frequentasse un giro losco, nei quartieri bui di Miami.
Ma come aveva fatto a non accorgersene prima?
Moran non riusciva a capire.
 
 
Perso in questi torbidi pensieri, fu destato dal rintocco dell’orologio a pendolo.
Le quattro del mattino.
Non riuscendo a venire a capo della situazione, decise, come aveva predetto Milena,di riparlarne dopo una bella dormita. Avrebbe trovato una soluzione.
0ra infatti la stanchezza bruciava furente nei suoi occhi, impedendogli di pensare.
Lentamente ripercorse le scale e si trascinò a letto,
Ad occhi chiusi, si lasciò scivolare sotto il lenzuolo.
Quella notte non sarebbe riuscito a chiudere occhio. Se lo sentiva nelle ossa.
 
Al buio iniziò ad osservare Milena. Lei gli dava le spalle, stesa su un fianco.
Il suo dorso si alzava e si abbassava con un ritmo profondo, regolare.
Ma Moran sapeva che non stava affatto dormendo.
La sentiva deglutire a fatica.
 
Preso dall’ansia, cercò di trovare una posizione che gli permettesse almeno di riposarsi.
Un forte senso di oppressione alle tempie lo pervase, seguito da un improvviso spasmo alle gambe.
Moran si rigirò nel letto, avvampando di calore. 
Aspannò nell’aria alla ricerca di ossigeno.
Il cuore iniziò a pulsare più forte.
Poteva percepire il sangue ribollire nelle arterie.
 
Tum, tum, tum.
 
Sentiva sorgere dentro di sé un’ onda di energia devastante, irrefrenabile, che doveva erompere su qualcosa. O qualcuno.
 
Tum, tum, tum.
 
Si mise a sedere di scatto, madido di sudore, portandosi le mani alle tempie.
Quell’idea si faceva largo dentro di lui lentamente, ma inesorabilmente.
Come l’acqua erode la roccia, quel pensiero delineava un incavo senza fondo nella sua mente.
Lui La voleva. Subito.
 
Tum, tum, tum.
 
D’istinto afferrò la ragazza e si sdraiò sopra di lei, stringendola in una morsa serrata, ed iniziò a baciarla appassionatamente sulla nuca.
Milena sussultò, ignara del fatto che Moran avesse in corpo una quantità di LSD che gli sarebbe potuta essere letale.
 
Non era mai stato così aggressivo. Milena lo conosceva. Intuì che qualcosa non stesse andando per il verso giusto. Cercò di liberarsi dalla sua presa d’acciaio, ma invano.
Moran non  rispondeva più di sé. L’adrenalina pompava il suo cuore a mille, rendendo ogni sua azione sempre più irruenta.
Ben presto il letto non fu più in grado di arginare l’esplosione di forza che si stava incanalando in lui.
Afferrò Milena e la sbattè contro il muro. Aumentò la pressione del suo corpo contro il suo, per impedirle ogni mossa. Le bloccò le mani, che gli impedivano di esplorare ogni centimetro del suo corpo, ansimando.
Gocce di sudore freddo caddero sul pavimento.
Un violentissimo uragano di impulsi si stava agitando di lui.
La stanza iniziò a brillare di una luce nuova, intensa.
“Voleva il suo cuore. Voleva la sua anima.
Tum, tum, tum.
Moran.. Mi fai male così.. Aspetta..”
La voce di Milena sembrava provenire da un punto remoto, al di là del muro.
Onde di colore rosso gli perforarono timpani, come una scarica elettrica.
“Moran, smettila! Basta! Basta!”
Il colore era così assordante, così denso all’olfatto da soffocarlo.
Raggi ad intermittenza gli avvolsero le mani, le braccia, le gambe, i piedi.
Una nuvola blu elettrico lo travolse.
Stava annegando in un mare di luce psichedelica, allucinante.
Basta! Basta! Basta!
 
La candela accesa sul tavolino parve incendiare l’aria con una scia di profumo sgargiante. Era troppo. Troppo.
Scaraventò di getto Milena contro il tavolo. La ragazza picchiò forte la testa contro il pavimento.
“Aaaah…”
 
Doveva fuggire da lì, doveva scappare, e subito.
Doveva uscire da quella prigione che si stava rivelando il suo corpo.
Il vero Moran era rintanato in un angolo di se stesso, totalmente sovrastato dal suo Es, l’Istinto Primordiale.
Milena emise un gemito soffocato, tendendo il braccio verso di lui.
Ma Moran non vide tutto ciò. Una giungla di sibili sgargianti, agglomerati informi di colore come scheletri lo tiravano verso il pavimento, fino ad inghiottirlo nelle viscere della Terra.
La porta sembrava distare chilometri.
Quando di getto riuscì ad aprirla, lanciò un urlo agghiacciante.
Fino a dove una mezz’ora prima si erano trovate le scale, ora al loro posto c’era un precipizio scosceso, del quale Moran non scorgeva la fine.
Un respiro gli si bloccò in gola. Il terreno sembrò franare sotto i suoi piedi.
Spaventato, cercò disperatamente di uscire dalla finestra.
Terrorizzato, sempre più soffocato dalle spirali luminosi che si stagliavano di fronte ai suoi occhi, diresse la sua violenza contro ciò che lo circondava.
Con un pugno distrusse lo specchio che sbriciolò come polistirolo.
Sfasciò a calci la porta, le sedie, il tavolo.
Roteando in aria una gamba della scrivania, sventrò l’armadio, distrusse i quadri alle pareti.
Ma Moran non percepiva dolore.
Tum, tum, tum.
 
Poi, all’improvviso, tutto iniziò a sfumare.
Moran crollò in ginocchio al centro della stanza.
Non ricordava niente delle sue ultime dieci ore.
 
 
 
 
“Io non ho parole.. Bunny.. Io.. Tutto questo è assurdo..”
Amy mi fissava inorridita.
“Moran ha rischiato grosso. Milena l’ha portato all’ospedale. I medici  hanno detto che una di quelle pasticche era stata tagliata male. Per fortuna i suoi genitori a NY non hanno saputo nulla.”
“Ma..Bunny..Perchè scappare a NY ora?”
“Milena si è resa conto che avrebbe potuto quasi uccidere Moran. Così disse di avere intenzione di confessare tutto alla polizia, i nomi e i cognomi di chi le aveva dato quella roba. Ed è così che sono arrivati a minacciarla.”
“Che cosa? Chi? Seiya?”
“Seiya è l’ultimo anello della catena. Sono entrati un brutto, bruttissimo giro, Amy. Moran dice che quello stronzo fa parte di un’organizzazione che si occupa dello smercio di sostanze stupefacenti da Orlando a Miami.
Visto che Milena era fermamente convinta di esporre una denuncia, per invitarla a desistere quei mafiosi hanno pensato bene di accarezzare la schiena del suo ragazzo con un manganello. Al mio Moran…”
Il nodo che mi attanagliava il petto si sciolse in un groviglio di lacrime.
 “Oh, Bunny.. Io..”
Ora anche la mia amica condivideva tutta la mia agitazione.
L’ansia iniziò a ribollire dentro di me come lava in un vulcano pronto ad eruttare.  
“Amy, io sono veramente spaventata. Moran mi ha detto che lui e Milena andranno a NY, dai suoi genitori, per stare dalla parte del sicuro. Spera di far perdere le loro tracce. Non sa nemmeno lui per quanto tempo staranno via. Un mese? Due?”
 
Ora la mia amica era in grado di intuire perché il mio amico non volesse frequentarmi più, almeno per il momento.
“Ha paura che arrivino anche a te, vero? Teme per quello che potrebbero farti. Se anche lui ormai è coinvolto perché ha protetto la sua ragazza, di conseguenza potrebbero colpire le persone a lui vicine.”
“Già. Per questo ha scelto di dirmi tutto all’aeroporto. Perché era un luogo affollato dove non davamo nell’occhio. Oggi è passato alla spiaggia perché aveva il corso di sub. Ma non si è trattenuto più di cinque minuti.“
 
Il vento gelido a contatto con la pelle infuocata prima dal sole, poi dall’angoscia, cristallizzò le lacrime che solcavano le mie guance.
Davanti a me, una mamma avvolta nel suo ampio caffettano viola corse verso la riva, richiamando i suoi bimbi che stavano giocando con un materassino nell’acqua bassa. Era ora di tornare a casa.
 
Sentii una goccia di pioggia sulla spalla, poi un’altra sulla fronte.
 “Vuole vedere il meno possibile anche te, Rea, Marta e Morea. Non vuole che ci succeda qualcosa di brutto. Ma..
“E se lo trovassero persino a NY? Se gli facessero ancora del male? E se si trasferisse per sempre là? Io non riuscirei a vederlo più.. Non voglio che vada via, Amy!  ”
Mi lasciai andare ad un pianto dirotto fra le braccia della mia amica.
“Io non voglio, Amy!”
E piansi.
Piansi ininterrottamente. Sotto la pioggia.
Mi sentivo persa, allo sbando, come una foglia nella tempesta.
Ma ben presto, un raggio di sole sarebbe entrato nella mia vita.
Proprio quando meno me l’aspettavo.
 
   
 
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