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Autore: _Frame_    02/04/2011    0 recensioni
Brevi introspezioni su ogni singolo homunculus.IMPORTANTE: questa fan fiction è basata sui personaggi del manga e, di conseguenza, della serie "Brotherhood" di Fullmetal Alchemist. Mi scuso anticipatamente per eventuali errori grammaticali.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Envy, Gluttony, Greed, Lust, Pride
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[ENVY]       
    
Sono solo.

Solo come un cane, in questa buia e umida stanza nelle più ingarbugliate viscere dei sotterranei di Central City.

Solo.

Ma allo stesso tempo è come se non lo fossi.

Chiudo gli occhi e sollevo il mento cercando di concentrarmi sulle voci che sento gridare incessantemente dentro di me.

Urlano.

Ridono.

Piangono.

Che suono stupendo.

Uno smagliante sorriso a trentadue denti si fa spazio nella mia espressione, che riflette già tutta l’estasi provata nel sentire queste anime senza pace, che si contorcono all’interno del mio corpo.

È solo grazie alle anime di quegli umani se io mi trovo in questo mondo.

Nonostante ciò non provo neanche un briciolo di gratitudine nei loro confronti.

La mia espressione si rifà di colpo austera.

Già… cosa provo io, nei confronti del genere umano?

Mi sistemo i lunghi e sottili capelli neri caduti disordinatamente sul volto, in quell’attimo di ebbrezza.

Deboli.

Oh, voi umani… creature così misere… fragili… deboli… disgraziate!

Per questi miei occhi non siete altro che spazzatura.

Quei sentimenti, di cui andate così fieri…

Quei sentimenti che vi rendono… umani…

Non fanno altro che trascinarvi nella vostra stessa rovina.

Dal momento in cui avete la piena percezione di queste sensazioni… in quel momento… siete già con un piede nella fossa.

Sogghigno divertito ripensando a ciò che è avvenuto non poco tempo fa.

Uno spasmo incontrollabile, che faccio fatica a contenere.

Quello che è avvenuto… non fa altro che riconfermare la mia tesi.

Sorridendo ripercorro gli ultimi momenti di quella notte.

La notte in cui… ho ucciso Maes Hughes.

Il debole sghignazzamento si muta di getto in una frastornante risata che riecheggia per tutta la stanza.

Incredibile…

Anche nel momento in cui la sua vita era in pericolo… lui ha esitato.

È stato così facile prendersi gioco di quell’uomo.

È bastato prendere le sembianze di sua moglie e… BANG!

Il tenente colonnello ha lasciato per sempre questo mondo.

L’espressione che mostrava non appena si è reso conto di quel che stava succedendo, non lascerà mai i miei ricordi.

Gli occhi si infossarono.

Le pupille si ridussero alle dimensioni di uno spillo.

Il volto sbiancò, assumendo un colorito cadaverico.

Il tutto contornato da un violento tremore che gli attraversava l’intero corpo, da capo a piedi.

Affondo le mani nei miei capelli, inarcando la schiena all’indietro fino a toccare il pavimento con la testa.

Vedere un essere umano invaso totalmente dal panico…

Vederlo soffrire… vedere con quale agonia si tortura l’animo, anche di fronte alla morte…!

Aah… non esiste sensazione più goduriosa per me!

Mi nutro del terrore degli uomini.

La loro paura… la loro disperazione… sono il più dolce piatto che viene servito alla mia tavola.

Povere… deboli… e schifose creature!

Non siete altro che vermi striscianti per…

Gli occhi mi si spalancano bruscamente.

Vermi…

Ora le parole di Greed rimbombano violentemente dentro la mia testa.

“Mostraci il tuo vero aspetto… mostruoso Envy!”

Sul mio volto fa capolino un ghigno di rabbia e disprezzo.

Sono parole dette molto tempo fa, ma mi sono rimaste impresse come un marchio a fuoco.

-Bastardo…

La mia voce si fa tremante e le parole rimangono incastrate nella gola come un boccone andato di traverso.

-Quel… gran… bastardo!

La mente riacquista lucidità e mi rialzo a fatica dal pavimento mettendomi in ginocchio con lo sguardo perso nel vuoto.

Da questa posizione riesco a vedere limpidamente l’uroboro marchiato sulla mia coscia sinistra.

Gli lancio quasi un’occhiata di sfida, ovviamente senza aspettarmi alcuna risposta da quel piccolo serpente intento a divorarsi la coda.

Il mio… vero aspetto, eh?

I pensieri ritornano agli esseri umani.

Perché…?

Il respiro si blocca.

Perché…?

Gli occhi si gonfiano e diventano lucidi.

Perché…?

Una lacrima va a baciare il pavimento.

Perché… pur disprezzando la loro debolezza…

Pur umiliandoli, paragonandoli alla spazzatura, e ai rifiuti sociali…

Perché… nonostante tutto questo…

Io…

Li invidio?

Vermi…

Chi è il verme, Envy?

Il primo segno della mia invidia verso gli uomini è proprio il fatto che io assumo ogni giorno un aspetto simile al loro.

Ma, il mio vero aspetto…

La voce dell’Avarizia nei miei ricordi è come un pugnale infuocato che affonda il mio petto lacerandolo in uno squarcio di dolore e sofferenza.

Qual è il tuo vero aspetto, eh… Envy?

Sono io… il verme!

Il verme che non fa altro che rubare l’aspetto altrui… sia per inganno… che per invidia.

Ma, cosa…?

Cosa mi rende invidioso?

Io… io sono forte!

Sono più forte di loro!

Sono un homunculus, cazzo!

Eppure…

C’è una forza che non possiedo…

Una forza la cui mancanza deriva proprio dalla mia solitudine.

Poso la mano sull’uroboro… come per cercare un conforto, in quel simbolo che mi accompagna fin dal momento della mia creazione.

Quando gli uomini soffrono…

Quando il dolore li fa impazzire…

Quando per questa pazzia si distruggono stupidamente tra di loro…

Queste situazioni… sono la mia fonte di piacere.

Ma…

Ma quando li vedo rialzarsi…

Quando li vedo sostenersi a vicenda…

Quando anche nelle situazioni più avverse… loro trovano la forza di ricominciare…

Io li invidio.

Dove la trovano quella forza?

Deriva forse dal loro innato senso di fratellanza?

Quella fratellanza che io… nella mia anima invidiosa… non sarò mai in grado di percepire.

Le lacrime scorrono copiosamente dalle mie palpebre e mi rigano il freddo e pallido viso.

Un pianto dapprima silenzioso… che disintegra dall’interno.

Un pianto che poi libero in un urlo straziante che lacera in un colpo secco quell’atmosfera intrisa di dolore.

Il mio dolore.

Che nessuno verrà mai a consolare.

L’anima mi brucia, arde, soffre!

A cosa devo appoggiarmi… ora?

Sul cemento riesco a scorgere dei grossi pezzi di vetro, abbandonati a loro stessi… proprio come me.

Ne afferro uno e con esso squarcio in due la coscia, dividendo perfettamente il marchio rosso che segna la mia condanna.

La ferita si rimargina in pochi secondi.

Sul mio volto è disegnata la pazzia.

Il vetro penetra e fuoriesce dalla carne, accompagnato dai miei gemiti di dolore.

-Non lo voglio! Non lo voglio più! Riprenditelo!

Inutile.

Scaglio il vetro insanguinato sul muro mentre sento la pelle rigenerarsi nuovamente.

Un dono trasformato in maledizione.

Poi… d’un tratto… un barlume.

Il respiro si blocca, gli occhi si sbarrano e dalla mia bocca fuoriesce una risata isterica che si fa sempre più forte.

Una volta recuperata la freddezza, spalanco la bocca il più possibile, facendoci penetrare la mia sottile mano.

Con le dita tasto il fondo della lingua riuscendo a trattenere a stento i conati di vomito.

Quando sfioro finalmente l’oggetto della mia ricerca, percepisco per la prima volta nella vita la vera felicità.

Afferro con decisione la pietra rossa, che è l’alimentazione della mia esistenza.

La strappo.

Urlo.

Mi contorco al suolo in una spasmodica danza di rantolii e gemiti.

Quel dolore è soffocante… è lacerante…

Ma non sarà mai più struggente di quello che mi provoca ogni singolo respiro della mia vita.

Schiaccio la sostanza rossa con le ultime forze rimaste nelle mani.

Queste mie mani, che sono le prime a sgretolarsi sotto i miei occhi.

Il mio corpo si dissolve come sabbia al vento.

E con lui se ne vanno la mia agonia e la mia sofferenza, provocate dallo scarto d’anima di un Padre che non ha pensato ad altro se non a se stesso quando si è sbarazzato dei suoi peccati.

Della mia immagine non rimane nulla…

Se non il dolore che ho provocato…

E che ha lasciato un ricordo indelebile di me in questo mondo.

Io sono l’Invidia… e voglio morire.
   
 
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