Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Segui la storia  |       
Autore: nainai    04/04/2011    4 recensioni
“You Belong to Me I Believe”
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cancer

Help her gather all my things
And bury me in all my favorite colors,
My sisters and my brothers, still,
I will not kiss you,
'Cause the hardest part of this is leaving you.
 
“Cancer”
My Chemical Romance
“The Black Parade”
 
Gerard Arthur Way aveva preso delle abitudini precise e nemmeno se n’era accorto. Come una bestia da salotto o un anziano signore stanco della vita. Un po’ stanco, per la verità, ci si sentiva pure ed era proprio quella stanchezza ad avergli insegnato a risparmiare le energie per usarle solo dove fosse indispensabile. Così, come un animale o un anziano, si svegliava sempre alla stessa ora del mattino – un’ora impensabile, a cui il sole, in quella stagione dell’anno, non ne voleva sapere per almeno altre due ore di farsi vedere all’orizzonte – e si faceva sempre il caffè come prima cosa. Poi il bagno, la doccia, vestirsi, accendere la TV, lasciar parlare il telegiornale, buttare via il giornale senza leggerlo, tornare a dormire. Stavolta sul divano.
Era a quella routine che gli altri avevano deciso di strapparlo e lui lo sapeva.
Per questo non rimase particolarmente sorpreso, nello svegliarsi dal pisolino mattutino, di trovare la segreteria telefonica invasa di messaggi. Il cellulare lo spegneva o lo dimenticava nella giacca per tutto il giorno – una volta in cui era stato molto ordinato nel sistemare le sue cose era finito dentro l’armadio – ma il telefono di casa, per quanto abbassasse la suoneria, doveva lasciarlo acceso comunque. Adesso la segreteria lampeggiava i suoi cinque messaggi luminosi in una cifra di un rosso sgargiante. Vinse la tentazione di cancellarli senza ascoltare e premette il bottone che faceva partire il primo.
-Gee, sono Brian.- annunciò professionale la voce del manager. Lui era già diretto in cucina.- Sei in casa? Guarda che ho parlato con quelli della Warner e dicono che vogliono incontrarci lunedì. Vedi di renderti presentabile per allora.- Una pausa, il tono che cambiava e riprendeva con serenità - Ho sentito Mikes, mi ha detto della cena di ieri! Potevate invitare anche me, brutti stronzi!
Emergendo dal frigo Gerard si disse che doveva rispondergli, qualcosa del tipo “no, in questo periodo sei troppo rompicoglioni – tu e la storia del bravo manager – per aver voglia di ricordarci che sei amico nostro”.
Si ritrovò a chiedersi da cosa gli venisse tutto quell’astio inacidito e sospirò.
La segreteria scattò con un “bip” acuto; il secondo messaggio era di Frank e Gerard posò il latte sul ripiano della cucina e rimase immobile, la ciotola vuota davanti a sé, ascoltando.
-Ehi, Gee, ci sei? Guarda che se stai ancora dormendo vengo lì e ti prendo a calci nel culo per farti alzare!- lo minacciò il chitarrista, rapido e cattivo.- In ogni caso fai meglio a sollevare il tuo flaccido di dietro da sopra il materasso, perché ho deciso che, siccome siamo ingrassati entrambi, passo da te prima di pranzo ed andiamo a correre. È arrivato il momento di rimetterci in forma prima del tour!- esclamò vivacemente.
Gerard sbuffò un sorriso appena accennato e versò il latte nella ciotola voltandosi, poi, a cercare i cereali dentro la credenza.
-Gerard, sono Mikey. Ho sentito Brian,- annunciò il terzo messaggio.- mi ha detto della riunione di lunedì. Beh, è una cosa positiva, no? Ah, Aly voleva sapere se ti andava di venire a pranzo da noi oggi e…- La voce si spense nel sottofondo rumoroso di “Dance Dance” dei Fall Out Boy. Altro promemoria, sospirò Gerard, dire a Mikey di cambiare suoneria al cellulare.- Ah…aspetta un secondo…mi chiamano dall’altro lato.- La voce si fece distante ed attutita, segno che suo fratello si era allontanato per parlare al telefonino.- Ciao Frank!- Quanto era che non lo sentiva usare un tono così allegro nel pronunciare quel nome? Una fitta gli serrò lo stomaco.- Oh, davvero?- Mikey rise, Gerard sorrise nonostante tutto.- Ah, beh, o.k. No, è perché ero al telefono…No, lascia perdere!- rise ancora e Gee gli andò dietro senza sapere per cosa stessero ridendo entrambi.- Sì, ci sentiamo dopo. Gerard?- chiamò Mikey tornando all’apparecchio fisso.- Ritiro l’invito a pranzo, sono d’accordo con Frank: sei troppo grasso! Divertitevi sotto il sole e con il caldo ed in mezzo all’asfalto…Ciao ciao.
-‘Fanculo, fratellino!- rise Gerard ad alta voce.
E mentre infilava in bocca la prima cucchiaiata di cereali un’idea cattiva si fece strada nella sua testa. Buttò uno sguardo all’orologio appeso davanti a sè e registrò l’ora. Le dodici. Aveva poco tempo.
Bob, dal quarto messaggio, gli chiese se aveva idea di dove potesse essere finito il suo cofanetto di Star Treck, quella della quarta…o quinta…o sesta stagione. Magari lo aveva lasciato a Chicago, ma non se lo ricordava proprio.
Gerard era al piano di sopra mentre il batterista parlava, cacciando fuori a caso vestiti da dentro l’armadio ed i cassetti, in meno di due minuti era pronto e stava ridiscendendo le scale.
Ray gli chiese se avesse ascoltato quel cd che gli aveva prestato la settimana prima, aveva voglia di sentire cosa ne pensasse.
Gerard passò davanti alla segreteria, premette un secondo tasto e cancellò tutti e cinque i messaggi, le chiavi al volo da sopra il mobile all’ingresso, il giubbotto infilato sulle scale e scendeva a precipizio le rampe che lo separavano dal pianterreno.
La giornata era semplicemente splendida. Mentre tirava fuori gli occhiali da sole dal taschino della giacca e li inforcava, si concesse un respiro profondo e fu ripagato dall’incredibile sensazione che il sole stesso potesse essere respirato in una mattina come quella. Non faceva troppo freddo, non c’era molto traffico e tutto sembrava appoggiare l’idea di una passeggiata. Prese a destra e camminò da quella parte fino alla fine dell’isolato, svoltando nella prima traversa disponibile e sbucando sul retro.
Davanti alla palazzina del padre di Sarah ci doveva passare per forza e sentì la voce della ragazzina chiamarlo in tono entusiasta da sopra i gradini d’ingresso. Si fermò a ricambiare il suo saluto e la vide che gli correva incontro.
-Che ci fai qui a quest’ora?- la interrogò.- Dovresti essere a scuola!
-Gerard, oggi è sabato.- Lui rimase un secondo interdetto, facendo mente locale, e poi annuì con uno sbuffo scoraggiato.- Hai perso la cognizione del tempo, eh?- gli chiese lei affettuosamente.
-Una roba del genere.- ammise il cantante a mezza voce.- Ti secca se mi fermo un attimo?- le domandò sull’impulso del momento.
-Oh, sì, terribilmente!- scherzò lei, spalancando il cancelletto per permettergli di entrare.
Gerard rise e le andò dietro verso i gradini d’ingresso, dove si sedettero fianco a fianco.
-Dov’è che stai andando?- chiese Sarah sorridendo, gomiti sulle ginocchia e mento tra le mani.
Lui la guardò un secondo, pensando che era una cosina davvero graziosa, doveva ammetterlo, e domandandosi di conseguenza quando fosse successo che avessero smesso di accorgersi delle persone che venivano a sentirli suonare. Il successo aveva un sacco di controindicazioni…
-Scappo.- confessò semplicemente stringendosi nelle spalle.- Credo che Frank avesse intenzione di farmi fare della…ginnastica…- spiegò con una smorfia che la fece ridere di gusto.- Così fuggo prima che mi trovi.
-Povero Frankie!- esclamò lei e poi cambiò espressione repentinamente, facendosi seria.- Uh!- sbuffò, un’aria dispiaciuta sul viso tondo.- Dovresti scusarti con lui per me.- mormorò- Ho perso il cd che mi aveva dato…
-Quale cd?
-Ah, non so, in realtà. Era un cd senza nessuna scritta, una roba masterizzata, non ho idea di cosa ci fosse su. Lui aveva detto che era una sorpresa…- aggiunse in un sussurro.
Gerard le sorrise incoraggiante.
-Glielo dico e vedrai che ti farà un’altra copia.- la rassicurò.- Frank è uno che non dice mai di no se sa che una cosa ti fa piacere.
-Eh, lo sospettavo!- affermò lei dondolandosi sui talloni, imbarazzata.
Lui la studiò un momento di sottecchi, sorridendo maliziosamente mentre capiva al volo un paio di cosette…
-…non è che ti piace?- indagò insinuante.
Ovviamente lei arrossì di botto, facendosi istintivamente indietro e scuotendo freneticamente la testa.
-Nonono!- sfiatò in un colpo solo.- Non è lui che mi piace!
-…e chi?- insistette Gerard, stavolta solo curioso.
Rendendosi conto di aver peggiorato le cose, Sarah cominciò a guardarsi attorno disperata, cercando vie di fuga improbabili per sparire. Gerard se ne accorse e scosse la testa comprensivo, afferrandola per una spalla e spingendola delicatamente verso di sé per farla tornare a sedere composta.
-O.k., o.k., questa conversazione non è mai avvenuta.- le disse accondiscendente.- Ora ricomincia a respirare normalmente, non posso rischiare di ucciderti ogni volta che ti incontro.
Per la prima volta nella sua intera vita, Sarah fu contenta dell’intervento provvidenziale della Sig.ra Whelland e del dannato fuggitivo Pussy.
Mentre cercava ancora di realizzare appieno che Gerard Way – GerardOhMioDioWay! – le stava effettivamente toccando una spalla, un gattaccio nero scivolò rapido tra loro, costringendo il cantante a mollarla di scatto e lei ad alzarsi strillando. Dalla veranda del secondo piano la Sig.ra Whelland si affacciò gridando.
-Sarah! Riacchiappa il mio gatto! E chi è quel ragazzaccio?! – individuò Gerard.- Mandalo via! Io non capirò mai come fa tuo padre a sopportare che tu frequenti certa gente?! E quei capelli, Sarah…!
-Devo andare!- scattò rapidamente la ragazzina, terrorizzata da tutta la situazione, e si precipitò giù dai gradini e dietro il gatto con una tale velocità che Gerard ebbe seriamente paura di vederla rotolare.
…cominciava a credere di aver capito chi fosse il preferito di Sarah…
-Bah!- commentò imbarazzato tirandosi in piedi ed infilando le mani in tasca.
***
 Individuò Frank anche da quella distanza. Sedeva su un estintore rosso, era vestito di nero – e fin qui: Frank  – aveva i capelli in disordine e batteva un piede a terra ritmicamente, come se seguisse una musica che era solo nella sua testa. Aveva cominciato a fare caldo e Frank si era tolto la felpa della tuta e la portava arrotolata attorno alla vita, le mani infilate dentro le maniche legate tra loro. Puntava il naso verso l’alto, Gerard si chiese se stesse guardando in su al suo appartamento, ma poi si accorse che l’altro non stava fissando nulla di preciso e continuava a studiare distrattamente la facciata pulita della palazzina. Del resto doveva pure aver provato a bussare ed essersi reso conto che no, non era in casa. Rise.
Visto che Frank era distratto, Gerard riuscì ad arrivargli alle spalle silenziosamente; quando gli toccò il braccio lui sobbalzò e si voltò di scatto, ad occhi sgranati come un cucciolo terrorizzato. Gerard rise più forte.
-Aspettavi qualcuno?- lo prese in giro mentre l’espressione dell’altro cambiava in un ghigno arrabbiato.
-Vaf-fan-culo!- scandì bene Frank tirandosi in piedi.
Gerard gli rifilò senza preoccuparsi la busta di carta che reggeva tra le mani, ma la parte strabiliante dell’operazione fu il fatto che Frank la prendesse senza porsi domande. Mentre il cantante scavava in tasca alla ricerca delle chiavi di casa, l’altro iniziò a lamentarsi andandogli dietro verso il portone d’ingresso.
-Mi hai mollato qui apposta!- sbraitò.- Sapevi che sarei venuto! Non ti sei fatto trovare?!- esclamò con un tono così stupito che a Gerard venne voglia di voltarsi e chiedergli “perché? Ero tenuto a farlo?”, infilò la chiave nel portone ed aprì.- E poi spiegami, cosa accidenti c’è qui dentro?!- concluse infilando il naso nella busta.
-Cibo.- si limitò a ridere Gerard.
Frank continuò ad insultarlo metodicamente per tutte le rampe di scale, Gerard non lo ascoltava ed anche se era chiaro come il sole, questo non sembrava sufficiente a scoraggiare il più piccolo.
-…Ed ho parlato con Brian, stamattina, e mi ha detto che lunedì vuole che stiamo tranquilli e zitti e che ci pensa lui.- capì soltanto il cantante davanti la porta di casa.
Si mise di nuovo a smanettare con le chiavi, continuando a dare le spalle al chitarrista, ma stavolta attento a quello che lui diceva. Frank se ne accorse e proseguì in tono più calmo.
-Pare che quelli della Warner stiano rivalutando la loro posizione, forse non ci sbattono fuori. Anche perché, a detta di Brian, avremmo un paio di proposte che lui starebbe pure valutando.
-Un’altra etichetta?- chiese Gerard spingendo la porta con la spalla ed entrando nell’ingresso. Si sfilò il giaccone di dosso e lasciò che Frank lo superasse in direzione della cucina mentre lui appendeva la giacca all’attaccapanni.- Non sarebbe male…magari qualcosa di più piccolo…- fantasticò ad alta voce.
E pure se non lo diceva, Frank capì che in quel “piccolo” ci stava un “impegnativo” molto poco velato. Gerard pareva davvero sul punto di implodere e sicuramente non era in grado di reggere altra tensione o aspettative. Posò la busta sul tavolo e si voltò a cercare piatti e bicchieri per apparecchiare, mentre l’altro entrava dietro di lui e lo aiutava. Frank notò solo a pelle come Gerard tollerasse meglio quel suo “invadergli gli spazi”, per un momento si era sinceramente aspettato di essere buttato fuori a calci non appena avesse messo mano alle cose dell’altro…
-Non credo che Brian voglia qualcosa di più “piccolo”.- smontò i sogni del cantante.- Sarebbe una bella sconfitta, no?
-Credevo che tu fossi il primo tra noi a sentire la pressione di una casa discografica esigente come la Reprise.- commentò acidamente Gerard senza guardarlo.
Frank incassò il rimprovero fingendo di non averlo afferrato e proseguì tranquillamente nella propria opera di distribuzione delle stoviglie.
-Se ne dicono di stronzate!- ci rise su, ma che non ci fosse nessuna allegria in quelle parole era fin troppo chiaro.
L’altro non commentò, si sedette da una parte del tavolo ed aspettò che lui facesse altrettanto.
-Ho fatto due chiacchiere con Sarah stamattina.- cambiò discorso Gerard. Stavolta il sorriso di Frank fu assolutamente sincero nell’alzargli in faccia gli occhi, tanto che contagiò anche lui.- Ah, mi ha chiesto di dirti che è molto dispiaciuta ma ha perso il cd che le avevi dato.
-Davvero?
-Cosa c’era su? Sarah ha detto di non averlo potuto sentire…
-La demo dell’album.- spiegò Frank affondando la forchetta nel piatto.
Gerard annuì.
-Ne ho una copia anche io; dopo gliela masterizziamo, così gliela porti stasera.
-Sei arrabbiato perché gliel’ho data?
Era insolito sentirsi fare una domanda del genere da Frank, lui era il tipo che non chiedeva mai “permesso” ed il più delle volte non sapeva dire “scusa”. Gerard alzò gli occhi dal piatto per puntarglieli addosso, perplesso, Frank ricambiava il suo sguardo tranquillamente.
-…ma…perché dovrei?- borbottò a disagio.
-Non lo so. Sei sempre tetro, non capisco cosa ti passa per la testa, ti chiedo se qualcosa ti da fastidio.- si giustificò il chitarrista spiccio.
-Non sono tetro.- ribatté l’altro infastidito da quella notazione.
-Non te ne accorgi nemmeno?- rise Frank.
Gerard non rispose. No, non se ne accorgeva affatto. Abbassò di nuovo lo sguardo sul piatto, prendendo a scaraventare nervosamente il cibo in lungo e in largo con la forchetta. Il suo umore era talmente costante da mesi che aveva anche smesso di preoccuparsi di quale fosse. Evidentemente non era così per chi lo circondava.
-Prendi adesso.- si sentì richiamare indietro dalla voce di Frank. Alzò gli occhi ancora una volta, “uhm?” fece senza capire.- Stai lì zitto, sembra che ti abbia fatto qualche torto incredibile anche solo a rivolgerti la parola, ma non dici niente.- proseguì Frank piatto.- Non ci sto nella tua testa, Gee, non indovino cosa pensi.- lo rimproverò.
-…una volta lo facevi.
-Credevo di farlo!- si derise da solo lui.- Non penso di esserci mai riuscito veramente.
Gerard si alzò. Non aveva voglia di mangiare ancora, ma soprattutto non aveva voglia di continuare quella discussione. Sparecchiò la propria parte di tavola solo per avere un pretesto per voltare le spalle all’altro ancora seduto, ascoltandolo sospirare pesantemente, e non disse nulla comunque.
Frank gli andò dietro, mise piatto, bicchiere e forchetta nel lavello e lasciò a Gerard il compito di pulire, infilando le mani in tasca ed uscendo dalla cucina.
In salotto, buttato sul divano, accese la televisione solo per avere un qualche rumore che lo distraesse da quel silenzio. Poteva anche tornarsene a casa propria, si disse, Jamia sarebbe stata contenta di averlo un po’ per sé e lì era evidente che non fosse particolarmente ben accetto. Ma era comunque restio ad andarsene, Gerard alla porta non ce lo aveva ancora messo – non dubitava che prima di sera lo avrebbe fatto, quel nuovo lui sembrava tollerare molto poco la compagnia in genere – e lui aveva voglia di rimanere ancora un po’. Sentiva l’altro muoversi per la casa ignorandolo, sapeva che non sarebbe venuto a cercarlo affatto, che si sarebbe trovato qualcosa da fare per i fatti propri e si sarebbe rintanato da qualche parte, presumibilmente lo studio, per farla. Per un po’ – un’oretta, forse – si accontentò della quiete che era scesa sulla casa, riuscì perfino a concentrarsi sul notiziario e poi su un programma idiota di MTV. Alla fine fu più forte di lui e si alzò.
Gerard non era nello studio. Frank salì al piano di sopra e vide la porta della camera da letto matrimoniale aperta. Quando si affacciò lo vide intento a cercare qualcosa nel disordine da sgabuzzino che regnava lì dentro, gli dava le spalle, ogni tanto tirava fuori un paio di oggetti da una pila confusionaria e li lasciava ricadere accanto a sé senza ordine. Frank li guardò e vide che non c’era alcun ordine nemmeno nella scelta. In ogni caso, quando si voltò e lo vide, Gerard pareva essersi dimenticato pure di quello che aveva tirato fuori; in una mano teneva una vecchia valigetta di colori ad olio, nell’altra una tela, una volta bianca ed ora giallastra per la polvere ed il tempo.
-Vuoi dipingere?- chiese Frank.
-Dovrò pur fare qualcosa nel mio tempo libero, fino a lunedì.- affermò spiccio l’altro.
Quell’ostentazione di indifferenza era abbastanza forzata da strappare a Frank un sorriso, che si concesse velocemente solo perché Gerard era tornato a voltarsi e non poteva raccoglierlo. Il chitarrista fece sparire qualsiasi espressione dal proprio viso giusto un istante prima che l’altro si disincastrasse da un groviglio di carabattole inutili e, con qualche difficoltà, riuscisse a rimettersi dritto in uno spazio libero poco distante dal letto ingombro.
-Vuoi una mano?- s’informò Frank nel vedere Gerard studiare il modo migliore di tirare su tutto e portarselo via da lì.
-…uhm…- commentò piatto lui, distratto ed imbarazzato in un modo che lo rendeva ancora più infantile del solito. Annuì a disagio.- Mmh mmh.- convenne raccogliendo una parte del materiale e lasciando l’altra dov’era.
Uscì per primo, Frank entrò al suo posto raccogliendo una tavolozza ed il cavalletto; lo seguì al piano di sotto, sentendolo armeggiare nello studio, quando entrò lo vide che trascinava un divano per spostarlo da davanti la finestra verandata.
-Qui c’è più luce.- affermò con una punta del vecchio entusiasmo negli occhi. Si mise a tirare le corde della tenda per spostarla di lato in modo che il sole potesse entrare, Frank posò il cavalletto ed andò a dargli una mano.- Questa casa è buia…- borbottava Gerard guardando l’intreccio di cordoni per capire il motivo per il quale non riusciva a tirar via la tenda come voleva- Come diavolo è fatta…?!
-Magari dovremmo provare a spostare questo? io dico che è incastrata da questo lato…
-No, aspetta, secondo me è solo che non è il filo giusto…
-Eh, ma proviamo! Guarda che anche questo non si muove di un millimetro!
-Frank, non tirare se non sai che stai combinando! Aspet…
La tenda venne giù con uno schianto sonoro ed i due fecero appena in tempo a tirarsi indietro prima che il bastone di legno che la reggeva al muro li colpisse. Gli ultimi svolazzi della parte garza sottilissima all’interno si posarono delicatamente sulle teste di entrambi, in un’immagine sufficientemente ridicola da trasformare l’irritazione di uno – Gerard – e la costernazione dell’altro – Frank – in un’identica espressione divertita, soffocata sul nascere dalla sensazione – sbagliata – che non fosse il luogo, il tempo e la persona giusta con cui ridere.
-Meglio chiamare qualcuno per ripararla.- si tirò indietro Frank per primo.
Gerard acconsentì con uno sbuffo, liberandosi insieme all’altro dalla prigione di fili e stoffa e lasciandola a terra in un mucchio disordinato. Il sole del pomeriggio entrava senza schermature se non quelle dei vetri bombati, a terra c’era una scacchiera di riquadri dorati e loro due al centro a fissarsi senza sapere che dire.
Frank avvertì la tensione che saliva, la necessità di andarsene era ormai tanto evidente da non poter essere ignorata.
Fu comunque Gerard ad esprimere ad alta voce quel pensiero, tornando indietro verso la scrivania e piegandosi sul computer.
-Ho masterizzato il cd per Sarah.- gli disse sfilando il disco dal lettore.- Glielo lasci tu andando via?
Frank scrollò le spalle per dire che andava bene ed allungò una mano quando lui gli porse la bustina trasparente con dentro la demo.
-Salutami Jamia.- disse Gerard.
Il chitarrista si chiese se si fosse solo sognato l’esitazione che aveva percepito nella voce dell’altro: lui sembrava assolutamente sereno e distaccato, impaziente di vederlo uscire da casa propria.
Infilò il cd in una tasca dei pantaloni e ringraziò per il pranzo con una cordialità da estraneo che gli diede fastidio. Gli diede comunque più fastidio capire che era perfettamente naturale adottare quel tono.
Gerard non lo seguì alla porta nemmeno stavolta.
 
 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: nainai