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Autore: kbinnz    06/04/2011    11 recensioni
Un ragazzino solo. Un sarcastico, irritante bastardo. Quando la salvezza dell'uno è affidata all'altro, tutti sanno che non finirà bene... oppure sì?
Segue "Harry's First Detention".
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton, Un po' tutti
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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“Cosa diamine ci fai tu qui?” gli chiese la Signora Grassa.
“Apriti,” ringhiò Piton al ritratto che chiudeva l'ingresso alla Torre di Grifondoro.
“Certo che no,” rispose lei altezzosa. “Vattene, piccolo Serpeverde.”
“Non sono più uno studente, tu, scarabocchio idiota. Sono Capo della Casa di Serpeverde e il professore di Pozioni della scuola, e voglio parlare con uno dei miei studenti. Ora apriti!”
“Non lo farò,” replicò lei prontamente.
Gli occhi si Piton si strinsero in due fessure. “Apriti o io -”
Cosa precisamente Piton avrebbe fatto non fu mai chiaro, poiché in quel momento il ritratto si aprì e un Grifondoro del terzo anno cominciò ad uscire: trovandosi la strada bloccata dalla figura incombente del professore meno preferito da tutti, squittì per il terrore e ricadde indietro.
“Un Grifondoro modello,” ghignò Piton. “Byerly, vai a prendere Potter.”
“Io – io – sì, signore!” Byerly riuscì a rantolare, prima di fuggire via. La Signora Grassa provò a chiudere l'ingresso, ma Piton mantenne la presa sulla cornice del ritratto e lo tenne aperto.
In un lasso di tempo decisamente breve, quella che sembrava essere metà della Torre di Grifondoro era accorsa. “Um, professor Piton, signore, cosa posso fare per lei?” Oliver Baston, capo della squadra di Grifondoro, era stato apparentemente nominato loro portavoce.
“Porta qui Potter,” replicò lui brevemente e minacciosamente.
Baston inghiottì. “Er, cosa vuole da lui, professore? Voglio dire,” aggiunse in fretta, vedendo l'espressione di Piton, “dovrei andare a chiamare la professoressa McGranitt? Se Potter è nei guai, allora dovrebbe esserne avvertita...”
“Non ti ho chiesto del Capo della tua Casa, semplicemente di Potter,” puntualizzò Piton, con la pazienza che scemava rapidamente. “Cortesemente, portalo qui.”
“Ha intenzione di trasformarlo in materiale per pozioni!” giunse un sussurro spaventato dalla folla. “E se stesse progettando di darlo ai Mangiamorte?” ne arrivò un altro. “Idiota! Lui è un Mangiamorte!” disse un terzo. “Non possiamo dargli Harry!” “Veloci! Nascondetelo!” “Ti avevo detto che era molto più cattivo con Potter!” “Qualcuno è andato a chiamare la McGranitt!” “Riportate Harry nella sua stanza!”
“Erm, Harry ha una punizione con lei?” chiese Baston incerto.
“Dieci punti in meno a Grifondoro per aver ficcanasato!” ringhiò Piton. Il suo occhio colse un movimento nel retro della folla, come se qualcuno stesse cercando di farsi strada attraverso di essa e stesse venendo ricacciato indietro. “E cinque punti in meno a chiunque blocchi la strada a Potter!”
La folla si aprì come per magia, ed un Harry dal viso arrossato apparve ai margini. Arrossì ancora di più, poi si affrettò ad avanzare.
Piton si accorse che alcune delle facce preoccupate degli studenti si facevano sospettose mentre Harry si faceva avanti volenterosamente. Afferrò Harry per la collottola nello stesso istante in cui fu a portata di mano ed intonò: “Cinque punti in meno a Grifondoro per aver perso tempo, Potter!”
"Ma, professore, non stavo -” le proteste di Harry si interruppero con uno squittio mentre Piton alzava il braccio, costringendo Harry ad alzarsi in punta di piedi e strangolandolo quasi.
Si girò e si allontanò rapidamente, trascinando Harry con sé. Dietro di sé, mentre il ritratto si chiudeva, poté udire diversi commenti, la maggior parte dei quali contenenti il termine “bastardo”. Be', almeno non erano più arrabbiati con Potter.
Non appena ebbe girato l'angolo, lasciò la presa sul ragazzo. Harry tirò il colletto e guardò Piton, gli occhi sgranati.
“Non opporti quando ti tolgo punti, sciocco ragazzino,” lo rimbrottò Piton. “Ne perderai semplicemente di più per essere stato scortese.”
“Mi dispiace, signore,” Harry deglutì a vuoto. “Ma non stavo cercando di prendere tempo. Davvero! Semplicemente, non riuscivo a farli spostare.”
“E pensi che io non lo sappia?” chiese Piton, afferrando Harry per una spalla e tirandolo avanti. “Ti sembra che non abbia gli occhi?”
“Ma – ma se lo sapeva, perché mi ha tolto punti?” chiese Harry, sorpreso.
“Perché i tuoi compagni Grifondoro stavano diventando sospettosi a causa della tua pronta accondiscendenza ai miei ordini,” ribatté Piton. “La tua accondiscendenza malgrado la loro preoccupazione è stata considerata strana, e i Grifondoro, essendo dotati di un cervello piccolo, non amano le stranezze.”
Harry rifletté su questo mentre trottava al fianco di Piton. Finalmente afferrandone il significato, aggrottò la fronte. “Non penso che i Grifondoro abbiano un cervello piccolo. Hermione Granger è veramente intelligente.”
“Hm. Un'autentica Corvonero in una pelle di leone,” disse Piton, sarcastico.

Harry si morse un labbro. Non riusciva ad immaginare perché Piton voleva parlare con lui. Non aveva neanche avuto lezione di Pozioni, quel giorno. L'ultima volta che aveva veramente parlato con Piton era stato nella mattina successiva alla sua punizione, mentre era ancora in Infermeria.

***



Piton era arrivato lì ed era stato prontamente trascinato nell'ufficio di Chips. Dopo una lunga pausa, era riemerso con due chiazze brillanti di colore sugli zigomi, mentre la strega appariva ferocemente trionfante. Lei lo aveva sospinto verso il letto di Harry e li aveva lasciati con un definitivo, “E ti terrò d'occhio, Severus!”
“Potter,” aveva grugnito Piton.
“Sì, signore?” Harry era stato cautamente ottimista. Piton gli aveva fatto una promessa, e lui sperava terribilmente che l'uomo intendesse mantenerla. Solo perché poteva colpire forte come zio Vernon, questo non significava che non avrebbe mantenuto le proprie promesse... no?
“Potter. Ti devo le mie scuse,” aveva detto Piton in un tono piuttosto strangolato.
Il respiro si bloccò in gola ad Harry. Delle scuse? Da un adulto? Per cosa? Per cosa Piton avrebbe dovuto scusarsi con lui?
Oh, no! Si stava scusando perché non poteva mantenere la propria promessa? Il Preside era determinato ad espellere Harry, dopotutto? Era vero che la sua grafia era orribile e che lui non conosceva affatto il materiale scolastico come Granger, e neanche molto a proposito del mondo Magico come Ron, ma ci stava provando veramente, veramente molto. Erano passati solo pochi giorni! Sicuramente l'avrebbero lasciato provare un altro po' prima di decidere che era un mostro inutile?
Ma no, se Piton si stava scusando doveva essere perché non poteva fare le cose che aveva promesso di fare, come non far espellere Harry o non farlo tornare dai Dursley.
“Va bene, signore,” disse, sforzandosi di parlare intorno all'enorme groppo rovente che gli era comparso improvvisamente in gola. “Non è colpa sua.” Sbatté gli occhi con forza, ricacciando indietro le lacrime. Un piagnucolone non piaceva a nessuno.
Sperò solo che lo zio Vernon non sarebbe stato troppo furioso, quando lui sarebbe riapparso. Madama Chips gli aveva appena dato una medicina dal sapore orribile che aveva guarito tutte le ferite e i lividi sul suo sedere così come i tagli e il livido sulla sua testa. Lui non voleva davvero subire altre percosse ora che si stava finalmente sentendo meglio.

“Di cosa stai parlando, Potter?” chiese il professore, rabbiosamente. Lui era lì, e si stava veramente scusando con uno studente, e il piccolo idiota lo stava ascoltando solo a metà. Come osava dire che non era colpa sua! Cosa stava insinuando, che Piton fosse stato controllato dal fantasma di Voldemort?

“E' tutto a posto,” insisté Harry, strofinandosi rapidamente gli occhi quando le lacrime traditrici trapelarono. “So che ci ha provato. E' colpa mia. Avrei dovuto lavorare di più.” Malgrado, in tutta onestà, non sapesse dire come avrebbe potuto riuscirci. Stava già restando alzato tutte le notti fino a tardi provando a studiare e a lavorare sulla sua grafia e ad apprendere cose sulla società dei maghi. “Andrà tutto bene. Probabilmente non saranno molto arrabbiati.” Dopotutto, le ultime parole che suo zio gli aveva rivolto erano state, “Non piacerai a loro più di quanto piaci a noi, piccolo mostro!” Lo zio Vernon sarebbe stato probabilmente compiaciuto di aver avuto ragione. Questo avrebbe potuto salvare Harry dalle botte per un giorno o due. Magari più a lungo, anche, se filava dritto al lavoro e dipingeva la recinzione del giardino o qualcosa del genere.

Piton serrò i denti per la rabbia. Che cosa stava farfugliando il ragazzino? Perché non poteva solo accettare le scuse, gongolare come avrebbe fatto quel bastardo di suo padre, e lasciarlo ritornare ai sotterranei? Ma no, ora stava singhiozzando e piagnucolando e comportandosi come se Piton gli avesse lanciato una maledizione. Da un momento all'altro Chips sarebbe arrivata infuriata, e questa volta probabilmente avrebbe messo in atto la propria minaccia. Piton non voleva proprio scoprire cosa una strega infermiera di talento considerasse “un'appropriata punizione per maltrattatori di bambini”. Come osava il piccolo mostro fingere in questo modo solo per cacciare Piton ancora più nei guai? “Smettila subito di piagnucolare, Potter!”
Poi qualcosa che il moccioso aveva detto catturò la sua attenzione: “Chi non sarà arrabbiato?” Silente e il resto del corpo insegnante erano già furiosi con lui, come il piccolo mostriciattolo doveva sapere anche troppo bene. Per quale altra ragione Poppy avrebbe dovuto fisicamente trascinarlo nel proprio ufficio non appena aveva superato la soglia dell'Infermeria? Se non fosse stato così rapido con un Muffliato, l'avrebbero sentita urlargli contro fin dentro la sala comune di Serpeverde.
“I miei parenti,” rispose Harry, sorpreso.
Il cipiglio di Piton si fece spaventoso. Il disgraziato pensava di poter minacciare Piton dicendo che i suoi parenti sarebbero stati arrabbiati? Quel suo zio mostruoso avrebbe eccezionalmente usato qualcun altro oltre il ragazzo come un sacco da boxe? “Di cosa stai parlando? Che cosa c'entrano i tuoi parenti?”
“Qu-quando mi rimanderete indietro. Loro pensavano che non mi avrebbero rivisto fino all'anno prossimo. Intendevo solo dire questo -”
“Cosa? Chi ti sta rimandando da quei Babbani?” esplose Piton. “Il Preside ha detto che -”
Pessima mossa. Non appena cominciò ad urlare, Chips si precipitò fuori dal proprio ufficio. “Severus Piton! Ti ho avvertito! Adesso -”
Notevolmente più allarmato dall'espressione determinata di lei di quanto volesse ammettere, Piton indicò in fretta Potter. “Ha detto che Albus ha intenzione di rimandarlo dai Babbani!”
Questo, ovviamente, distrasse Poppy. “COSA?” Fu anche più rumorosa ed arrabbiata di Piton. “HA DETTO COSA?”

Harry guardò dall'uno all'altra, preso dal panico. “No, no!” In qualche modo si erano tutti confusi, e lui aveva la terribile impressione che fosse tutta colpa sua. Le cose, in genere, lo erano.

“ALBUS SILENTE, VIENI SUBITO QUI!” Poppy cacciò la testa nel camino.
Un attimo dopo, il sorridente Preside apparve, solo per essere affrontato da due membri furiosi del suo corpo insegnante. “Cosa intendevi fare dicendo ad Harry che deve tornare dai suoi parenti?” chiese Poppy.
Silente sbatté le palpebre. “Cosa?”
Poppy si girò verso Piton, irritata. “Non è questo che mi hai detto?”
Piton si girò per affrontare il ragazzo, solo per trovarsi un letto vuoto alle spalle. “Dov'è quel piccolo mostro?” Disse, ribollendo per la rabbia.
“Ahem.” Il Preside puntò il dito.
Sia Piton che Poppy si accovacciarono e guardarono sotto al letto. Nell'angolo più lontano, Harry si era rannicchiato in una piccola palla: solo i suoi verdi occhi spaventati erano visibili al di sopra delle ginocchia. “Mi dispiace,” bisbigliò. “Per favore, non arrabbiatevi troppo.”
“Potter, esci fuori di lì!” ringhiò Piton.
Poppy gli assestò un pugno alla spalla. Forte. “Zitto!” sibilò. “Potter,” disse, in un tono molto più dolce, “vieni qui. Nessuno ti farà del male.”
Gli occhi di Harry guizzarono verso Piton, e Poppy lo colpì di nuovo. “Vai via!”
Offeso, Piton si ritrasse per massaggiarsi la spalla dolorante. “Avanti, Harry,” lo blandì lei. “Nessuno ti farà del male. Vieni da Poppy.”
Per la segreta gioia di Piton, le moine della strega si rivelarono del tutto inefficaci. Dopo qualche minuto, lei si arrese, sconfitta. “Cosa diamine c'è che non va? Gli ho promesso che non ha nulla da temere...”
Albus le rivolse un sorriso scintillante. “Sì, mia cara, ma ti ha appena visto colpire Severus. Due volte. Con una certa forza. Immagino che possa aver presunto che, se hai colpito un collega insegnante, avresti potuto anche più probabilmente colpire uno studente.”
Gli occhi di Poppy si spalancarono per la costernazione. “Oh! Non avevo pensato a questo! Albus, prova tu.”
Il Preside si chinò. “Harry, ragazzo mio, vorresti uscire di lì, per favore?” Nessuna risposta. “Harry? Per favore?” Niente.
Lui si raddrizzò con un sospiro. “Sembra che io debba ancora guadagnarmi la fiducia del ragazzo.”
Piton sogghignò. “Considerando che deve ringraziare te per le proprie condizoni di vita degli ultimi dieci anni, io credo che stia dimostrando una rimarchevole perspicacia.” Ignorando l'occhiata scandalizzata di Poppy, si girò verso il letto. “Potter,” disse, ancora una volta accovacciandosi. “Hai intenzione di venire fuori da lì?”
“E' – è molto arrabbiato?” Potter inghiottì a vuoto.
“Lo sarò, se non esci fuori da sotto al letto” replicò Piton. “Sbrigati!”
Per lo choc di Poppy, Potter gattonò fuori da sotto il letto. Si sollevò, quasi sussultando, ma non si ritrasse quando Piton lo sollevò e lo depositò di nuovo sul letto.
“Ecco fatto.” Piton non riuscì ad impedirsi di rivolgere un'occhiata di trionfo verso la strega di malumore.
“Harry,” disse lei, avanzando molto lentamente e cautamente. “Prometto che non ti farò del male.”

“Sissignora,” assentì Harry, nervosamente. Questo era quel che dicevano tutti, giusto? Be', non Piton. Lui non aveva mai fatto un'affermazione così ridicola: ecco perché si poteva fidare dell'uomo. Quand'era arrabbiato, te lo faceva sapere, non mentiva o fingeva. Harry era piuttosto sorpreso che Piton non lo avesse picchiato non appena era emerso da sotto il letto; ma l'uomo non era venuto a scusarsi con lui per doverlo rimandare indietro dai Dursley? Magari si sentiva così in colpa che, per questa volta, avrebbe chiuso un occhio sul fatto che Harry si fosse nascosto.
“Perché hai detto a tutti che il Preside aveva intenzione di rimandarti dai Babbani?” chiese Poppy gentilmente.
Oh no. Non ancora. Se c'era una cosa che Harry odiava veramente, era che gli venisse chiesto perché aveva fatto o detto qualcosa che non era stato lui a fare o a dire. Sapeva che era meglio non negare, certo, ma prendersi una punizione per qualcosa che non aveva fatto lo faceva sempre sentire molto più arrabbiato, dentro di sé. Comunque, non c'era niente che potesse fare. Ricacciò indietro la propria ira di fronte alle ingiustizie della sua vita: arrabbiarsi o replicare avrebbe solo reso le cose peggiori per lui. “Mi dispiace, signora.” chiuse gli occhi strettamente e piegò le spalle, aspettando il primo colpo.
“Potter!” Era nuovamente Piton. Harry inghiottì a fatica. Sapeva quanto potesse fare male un ceffone dato dall'alto, cupo uomo. “Guardami!” Lui non voleva aprire gli occhi, davvero non voleva, ma sapeva che li stava facendo solo arrabbiare di più. Lo zio Vernon qualche volta voleva che tu vedessi arrivare il colpo, anche. Forzò gli occhi ad aprirsi e sbirciò prudentemente attraverso la frangia. Il professore di Pozioni lo stava guardando male, ma le sue braccia erano intrecciate sul petto. Harry sbatté le palpebre. Come aveva intenzione di colpirlo da quella posizione?
Poi Harry realizzò che Piton e gli altri in realtà erano arretrati un po'. Al momento nessuno era a portata di mano, ed Harry sedette un po' più diritto.
“Potter,” il professor Piton lo stava guardando in maniera bizzarra. “Quando ho detto che mi dispiaceva, tu hai risposto che non era colpa mia.” Sia il preside che la strega lo guardarono sorpresi. “Giusto?”
Harry annuì immediatamente. Così andava molto meglio: avrebbe potuto ancora finire picchiato, ma almeno sarebbe stato per qualcosa che aveva detto veramente.
“Cosa intendevi dire?”
“S-solo che sapevo che ci aveva provato, signore. Aveva detto che l'avrebbe fatto. Per questo non penso sia colpa sua.”

“Per cosa?” insisté Piton. C'era qualcosa di sbagliato, qui. Merlino, di che cosa stava parlando il ragazzo?
“Per la mia espulsione.”
Ora sia Piton che Chips stavano fissando Silente. “L'hai espulso?” esalò la strega.
Anche Piton appariva sconcertato. Il ragazzo non stava mentendo. Credeva veramente che sarebbe stato espulso, e da chi avrebbe ricevuto una simile notizia se non dal preside? Ma per quale diamine di ragione Albus avrebbe fatto una cosa simile? Sì, il vecchio impiccione giocava ad un gioco tutto suo, ma espellere il ragazzo? Rimuoverlo da uno dei pochi posti nei quali era al sicuro?

“Harry,” il preside fece un passo avanti, ed Harry si ritrasse. Ecco, adesso arrivava. Non era ancora sicuro di cosa avesse fatto, ma ovviamente stava semplicemente continuando a farla. Silente allungò la mano, ed Harry provò a non rannicchiarsi. Loro odiavano quando ti rannicchiavi.
“Caramella al limone?” offrì il preside, e, sbalordito, Harry realizzò che l'uomo reggeva una scatoletta di caramelle in mano. Mentre Harry guardava, il preside ne prese una e se ne fece saltare una in bocca, sorridendo con aria incoraggiante.
Gettò un'occhiata nervosa al preside e poi agli altri due. Qual era la risposta giusta? Ma i vecchi occhi scintillavano verso di lui, e malgrado fossero tristi, sembravano gentili. Harry si protese in avanti, lentamente, e quando nessuno urlò contro di lui o gli schiaffeggiò una mano, prese cautamente una caramella. “Grazie, signore,” disse educatamente. Anche se l'avessero schernito e gliel'avessero portata via il minuto successivo, doveva ancora essere educato quando qualcosa gli veniva offerto.
Con uguale lentezza portò la caramella alle labbra, aspettando il ringhio o lo schiaffo, ma non arrivarono: e poi il delizioso gusto al limone stava riempiendogli la bocca. Non riuscì a reprimere un sorriso, e il preside gli sorrise di risposta.
“Adesso, Harry, mi chiedo se potresti aiutarmi,” disse Albus con leggerezza.
“Proverò, signore,” acconsentì Harry. Guardò verso Piton. Era tutto a posto? Il professore di Pozioni si limitava a stare lì, l'espressione minacciosa, ma non sembrava più arrabbiato del solito, il che significava che Harry probabilmente non aveva fatto nulla di stupido. Per ora.
“Sembra che ci sia una po' di confusione, qui,” proseguì il preside. “Cosa ti fa pensare che sei stato espulso?”
“Vuol dire che non è così?” chiese Harry, confuso.
“Rispondi alla domanda del preside, Potter!” sbottò Piton, ed Harry fece un salto.
“Sì, signore!” inghiottì a vuoto. “Mi scusi, signore!” Guardò verso il preside e, sebbene il vecchio non sembrasse arrabbiato, si ritrasse comunque solo un pochino. Dopotutto, Piton era decisamente grosso e spaventoso, ma anche lui dava retta al preside. Questo voleva dire che il preside era ancora più potente, e non era stato lui a mandare Harry dai Dursley, tanto per cominciare? Ovviamente non ci avrebbe pensato due volte a rimandarlo da loro.
“Mi stavi dicendo perché pensavi che saresti stato espulso,” lo spronò Silente gentilmente.
“Perché il professor Piton si è scusato, signore,” spiegò Harry.
“E si è scusato perché...”
“Non poteva mantenere la sua promessa, signore. Aveva promesso che non sarei stato espulso, così...” La voce di Harry sfumò. Era sicuro che ci fosse qualcosa che non andava, ma non riusciva a capire cosa.
“Harry, il professor Piton ha davvero detto che non avrebbe potuto mantenere la sua promessa?”
“N-no, signore,” ammise Harry. “Ma per che cos'altro avrebbe dovuto scusarsi?”
Poppy si fece sfuggire un rumore strano, a metà tra un singhiozzo e un ringhio, e si allontanò bruscamente. Albus si limitò a battere piccole pacche sul piede di Harry sotto la coperta, per qualche momento. “Capisco.” Continuò con le piccole pacche ancora per un po'.
Harry spostò lo sguardo dal preside al professore. Piton aveva un'espressione tanto minacciosa che sembra fosse sul punto di esplodere, mentre il preside appariva molto vecchio e molto triste. “Signore? Mi dispiace,” offrì Harry. Non aveva ancora idea di cosa avesse fatto di sbagliato, ma in genere scusarsi era una buona idea.
“Potter, smetti di scusarti!” sbottò il professor Piton. D'accordo, forse non proprio una buona idea, dopotutto.
“Sì, signore, mi scusi, signore,” replicò Harry automaticamente, prima di realizzare cosa aveva fatto. “Mi scus-” si interruppe prima di farlo di nuovo.
Silente rise piano, sebbene non sembrasse pensare che ci fosse qualcosa di molto divertente. “Vedo che il lavoro è fatto apposta per te, ragazzo mio.” Si alzò in piedi, diede al piede di Harry un'ultima pacca gentile, poi poggiò la scatola di caramelle al limone sul letto. “Per te, Harry.”
Dopodiché, lo lasciò da solo, di nuovo, con il professor Piton. “Signore? Mi -” Harry pensò che scusarsi ancora non fosse una buona idea. “Uhm, cosa ho fatto di sbagliato?” chiese. Sapeva che questo non sarebbe bastato ad evitargli di essere punito, ma forse, se avesse saputo cosa aveva fatto, avrebbe potuto evitare di rifarlo in futuro.

Piton aggrottò la fronte. “Sta' buono, Potter. Ascolta solo.”
Harry si raddrizzò, obbediente, e sembrò attento. “Tu non stai per essere espulso, Potter. Quando ho detto che non saresti tornato da quei tuoi parenti, intendevo mantenere la mia parola. Tu non vivrai più con loro. Mai più.” Gli occhi di Harry si accesero di speranza, e Severus si trovò con il fiato mozzo. Lily lo stava guardando, e lui dovette combattere per tenere la voce sotto controllo.
“Resterai qui ad Hogwarts, e se anche mai dovessi fare qualcosa di talmente straordinario da richiedere la tua espulsione – il che è difficile da immaginare, dato l'attuale Preside – anche allora non tornerai da quei disgustosi Babbani. Sono stato chiaro?”
Harry annuì. Non credeva che sarebbe stato in grado di parlare. Sarebbe rimasto! Sarebbe rimasto!
“Le scuse che ti ho rivolto erano per le ferite che ti ho causato ieri,” proseguì Piton. “Non avrei dovuto colpirti in quel modo, e mi scuso.” Ora perché il ragazzino stava aggrottando la fronte? Si era scusato molto gentilmente – anche Minerva sarebbe rimasta impressionata. “Cosa c'è?” chiese, offeso.

“Perché si sta scusando per quello?” chiese Harry, candidamente. Si era comportato male in classe, aveva fatto un disastro con le frasi, e aveva provato a lasciare la sua punizione in anticipo. Perché il professore si stava scusando per averlo punito?
Piton lo fissò. Il ragazzino stava cercando di essere divertente? Ma no, anche senza Legilimanzia era chiaro che Harry non ci vedesse sinceramente niente di sbagliato con il modo in cui era stato trattato.
“Ne discuteremo più avanti,” prese tempo. “Per ora, accetterai semplicemente la mia parola sul fatto che sia stato inappropriato.”
“Sì, signore.” disse Harry, ubbidiente.
“Continua a riposarti,” lo istruì Piton, la voce ancora una volta gelidamente formale. “Parleremo quando ti sentirai meglio.”
“Sì, signore,” Harry annuì. “Grazie, signore.”

***



E ora Piton l'aveva tirato fuori dal suo dormitorio – presumibilmente per portare avanti quel discorso che era stato rimandato? Almeno questo era quel che Harry sperava. Non pensava di essere nei guai... Ma, dopotutto, c'erano già state infinite volte nelle quali aveva commesso quell'errore. Meglio controllare.
“Signore, ho fatto qualcosa di sbagliato?” chiese, cercando di non suonare nervoso.
“Sai qualcosa che io dovrei sapere?” chiese Severus asciuttamente.
“No, signore!” gli assicurò Harry, scuotendo vigorosamente la testa.
“Molto bene. Entra,” gli ordinò Piton, aprendo un ritratto con una parola d'ordine mormorata. Harry obbedì e si trovò in un grande salotto. Tè e biscotti aspettavano su un basso tavolino.
“Siediti, Potter,” Severus indicò il divano, ed Harry obbedì cautamente. Questo era un po' strano. Perché si trovava in quelle che dovevano essere le stanze private del professore?

L'istante successivo il caminetto ruggì, e la testa della professoressa McGranitt apparve tra le fiamme. “Severus? Hai tu – Ah. Potter, sei lì.”
“Sì, signora,” rispose Harry docilmente.
“Severus, per caso mi potresti spiegare perché metà della mia Torre è entrata correndo nel mio ufficio per informarmi che avevi rapito il signor Potter ed eri al momento probabilmente intento ad eviscerarlo?”
“Forse perché i tuoi studenti sono insolenti, irrispettosi idioti che hanno letto troppi racconti epici?”
“Severus Piton, non c'è ragione per una simile maleducazione!” Minerva, fastidiosamente, usò con lui lo stesso tono che adoperava con i sui suoi piccoli leoni, e Severus udì una risatina soffocata alle sue spalle. Lanciò un'occhiata promettendo morte istantanea al moccioso sul divano, ed Harry si nascose in fretta dietro alla sua tazza di tè.
“Sono andato a recuperare Potter e i tuoi studenti hanno immediatamente dedotto che avessi intenzioni malefiche. Sono sempre così inclini a fantasie paranoiche? Avrei pensato che simili sfoggi di inventiva fossero pressoché riservati alla mia Casa.”
Lei gli rivolse un sorrisetto compiaciuto. “Solo quando tu sei coinvolto, Severus. Dovrei rassicurarli del fatto che il signor Potter goda ancora di buona salute.”
“Farai anche bene ad assegnare loro dei punti per qualunque eufemismo tu useresti per riferirti ad un'irragionevole bravata mascherata da sfoggio di iperprotettività, o il signor Potter potrebbe essere criticato per la parte svolta nel condurmi sulla vostra soglia,” aggiunse Piton con riluttanza. Doleva - o, come doleva! - anche solo contemplare di assegnare punti al Grifondoro; ma non voleva che il moccioso iniziasse male il rapporto con i suoi compagni di Casa. Sapeva troppo bene come poteva essere dover attraversare sette anni ad Hogwarts senza l'amicizia ed il supporto della tua Casa.
Minerva era ovviamente sconcertata; ma poi il suo sguardo scivolò al di sopra della spalla di lui, e la sua espressione si ammorbidì. “Sei un brav'uomo, Severus Piton,” disse inaspettatamente. Prima che Severus potesse commentare acidamente la sua nuova abitudine di sputare non sequitur1, lo sguardo della McGranitt ritornò su di lui. “Penso che venti punti per aver protetto un compagno di Casa dovrebbero andar bene.”
“Quindici sarebbero più che sufficienti!” replicò Piton. “Dieci, anche, considerando i commenti maleducati che hanno fatto riguardo alla mia igiene personale.”
Questo causò un'altra risatina dietro di lui, prontamente trasformata in un accesso di tosse.
“Grazie per il suggerimento, Severus. Provvederai affinché il signor Potter faccia ritorno senza correre rischi?”
“No, Minerva,” sbottò lui. “Lo lascerò libero di vagare nei corridoi finché non sarà o catturato da Gazza o mangiato da Fluffy.”
“Il sarcasmo non è affatto necessario,” lei fece una smorfia e, con un ultimo cenno verso Harry, si ritirò.

Harry tenne gli occhi fermamente fissi sul proprio tè. Magari non sarebbe stato punito per le risatine. Magari il professor Piton non l'aveva sentito veramente. Magari...
“L'hai trovato così divertente, Potter?” Lui alzò la testa, spaventato. “Mi dispiace, signore!” Ma, guardando con attenzione l'uomo, Harry realizzò che Piton non era davvero arrabbiato. Oh, aveva ancora l'espressione accigliata, ma lui ce l'aveva sempre. I suoi occhi non erano duri. Semmai, sembravano quasi un po', be', rassegnati. Ma non poteva essere così, no? “Mi dispiace, signore.”
Piton alzò gli occhi al cielo. “Ora per che cosa ti stai scusando, Potter?”
“Um, per essere qui?” “Ti ho portato io qui, Potter. Hai dimenticato questo piccolo fatto?”
“No, intendo dire per essere stato qui quando la professoressa McGranitt ha detto quelle cose. Lei, ehm, lei la tratta un po' come uno studente, ogni tanto, sì?”
Piton emise un ringhio, ma Harry non pensava fosse rivolto a lui. “Non assumere mai una posizione da insegnante alla tua alma mater2, Potter. A meno che non vi sia stato un cambio completo del corpo insegnante.”
“Uhm, sì, signore,” assentì Harry obbediente. Povero professor Piton, non c'era da sorprendersi che dovesse essere così aggressivo tutto il tempo. Non era solo che gli studenti avrebbero probabilmente fatto saltare in aria mezzo castello se non l'avessero ascoltato, ma anche che nemmeno gli altri insegnanti gli mostravano molto rispetto. Harry sapeva cosa significava sentirsi un pesce fuor d'acqua. Gettò a Piton uno sguardo di simpatia.

Piton aggrottò la fronte. E questo, perché? L'espressione del moccioso era quasi amichevole. Come poteva il furfantello provare per Piton qualcosa che non fossero terrore e disgusto?
“Potter, dobbiamo parlare del tuo futuro,” annunciò duramente.

Harry sentì lo stomaco contorcersi. Si fidava di Piton sul fatto che non sarebbe dovuto tornare dai Dursley, ma allora dove sarebbe andato? In un orfanotrofio? Poteva ancora frequentare Hogwarts e tornare all'orfanotrofio solo durante le vacanze? Si morse il labbro, ansiosamente.

Piton aggrottò la fronte, pensieroso, mentre si sedeva di fronte al moccioso. Aveva avuto un'idea brillante, dopo aver parlato con i Weasley. Se Harry avesse obiettato alla nomina di Piton come suo tutore, sicuramente Silente non avrebbe insistito. La vecchia folaga sembrava essere stata sinceramente turbata dal trattamento subito in passato dal ragazzo, così se Harry fosse uscito dai gangheri di fronte all'ipotesi di avere Severus come tutore, il Preside non avrebbe potuto costringerlo ad avere un altro adulto odiato sopra di sé.
Così, tutto quel che Severus aveva da fare era presentare il piano a Potter, aspettare che il moccioso cominciasse a gridare e poi convocare Albus. Piton sicuramente non avrebbe potuto essere accusato, se il giovane Grifondoro non avesse voluto l'Untuoso Bastardo come tutore, ed Albus avrebbe dovuto semplicemente ricominciare le ricerche per un genitore appropriato. Ghignò quasi. Forse il Preside avrebbe scelto Minerva. Piton riusciva quasi ad immaginare l'espressione della vecchia strega la prima volta che Potter si fosse nascosto sotto al letto. O forse Silente avrebbe preso il ragazzo per sé? Ma no, Severus ricordò con qualcosa più che una punta di soddisfazione, Harry aveva messo abbondantemente in chiaro che non si fidava del Preside.
“Potter, come ho detto prima, tu non tornerai dai tuoi parenti Babbani,” cominciò Piton, passando al ragazzo i biscotti. Poteva sicuramente cominciare piano e con calma, e lasciare che Silente vedesse che lui aveva provato ad ingraziarselo. Non era colpa sua se Harry era un Grifondoro fatto e finito e non avrebbe mai accettato la supervisione di un Serpeverde.
“Grazie, signore!” Vedendo la gioia negli occhi del ragazzo, Severus dedusse che non stesse puramente esprimendo apprezzamento per il cibo.
“Il modo in cui sei stato trattato è inaccettabile, e -” Il moccioso cominciò a parlare, ma poi decise ovviamente che era meglio non farlo. Piton sospirò. Questa timidezza avrebbe dovuto passargli molto in fretta. Non che lui volesse che il ragazzo ereditasse i modi arroganti del padre, ma vedere un Potter rannicchiarsi era stranamente inquietante. “Che c'è, Potter? Chiedi quello che vuoi.”
“Ecco, mi stavo solo chiedendo cosa facessero che fosse sbagliato. Non che io voglia tornare indietro!” aggiunse in fretta. “Ma... perché mi state portando via da loro ora? E' per via della lettera?”
Piton aggrottò la fronte. “Quale lettera?”
“La lettera da Hogwarts. E' stato perché non mi hanno lasciato rispondere? Interferire con la posta via gufo è veramente una cosa così terribile?”
L'espressione di Piton si adombrò di fronte all'ingenuità del ragazzo. Questo era decisamente preoccupante. Cosa sarebbe venuto dopo? Mi scusi, signore, ma come fa a sapere che i Mangiamorte sono malvagi? Voglio dire, loro non portano addosso segnali che dicono che lo sono. Siamo sicuri che intendano uccidermi? Forse dovrei cominciare una conversazione con loro quando ci incontriamo, piuttosto che alzare uno scudo, giusto per essere sicuri. Potter avrebbe avuto le aspettative di vita di una mosca domestica se qualcuno non gli avesse insegnato qualche semplice nozione di vita.
“No, assurdo ragazzino. Quel che hanno fatto di sbagliato è stato picchiarti ed affamarti ed insultarti e mentiti. Sono disgustose, malvagie creature che hanno sfogato le proprie mancanze su un bambino innocente e indifeso.”
Harry sbatté le palpebre. “Ma...”
“Cosa?” Quest'abitudine di iniziare a metà una frase e poi rimangiarsela avrebbe fatto impazzire Piton. Era una buona cosa sapere che non avrebbe avuto a che fare con il moccioso ancora a lungo.
“Ma loro si sono comportati così da sempre!” Se ne uscì fuori Harry. “Quindi perché non mi avete portato via prima?”
Ah. Forse non era poi così idiota, dopotutto. Severus rifletté. Cosa avrebbe dovuto dire? Provava un sentimento di lealtà verso Silente, e sapeva che la sfiducia di Potter feriva il vecchio profondamente. D'altra parte, trovava difficile credere che la decisione dell'anziano mago di affidare Potter ai Dursley fosse stata un errore come sembrava essere. E se Silente avesse saputo esattamente che genere di vita domestica Potter avrebbe avuto e fosse comunque andato avanti lasciandolo lì per ragioni proprie? Se l'attività di spia di Piton gli aveva insegnato una cosa, era che Silente avrebbe messo le persone sulla linea di fuoco se avesse pensato fosse per il bene superiore. Se era stato convinto che permettere che Harry crescesse in una casa di abusi e priva di amore l'avrebbe reso un'arma migliore contro Voldemort, Albus avrebbe esitato? Piton onestamente non lo sapeva.
Alla fine disse l'unica cosa che sapeva essere vera. “Non appena io sono venuto a conoscenza della tua situazione, Potter, ho preso provvedimenti per porvi fine.”
Gli occhi di Harry si spalancarono, e poi il bambino annuì. C'era uno sguardo nei suoi occhi che Severus non riconobbe: ma lo classificò come ininfluente e proseguì.
“Come ho detto, tu non tornerai dai Babbani. Comunque, sei ovviamente troppo giovane per vivere da solo, così ti devono essere trovati una nuova casa e un nuovo tutore.”

“Potrei andare a vivere con Ron?” Chiese Harry, prima di tapparsi rapidamente la bocca con le mani. Sapeva di non dover interrompere.

Piton ignorò il gesto. “Ho già parlato con i genitori del signor Weasley. Ci hanno invitati a cena domani per discutere della possibilità che tu trascorra del tempo con loro ad ogni vacanza.” Gli occhi di Harry scintillarono per la delizia. “Ti suggerirei di non parlare di questo con i tuoi compagni, ancora, perché non è ancora stabilito. Devi incontrare prima il signore e la signora Weasley e vedere se andate d'accordo.”
“Sì, signore.”
“Ma anche se andrà tutto bene, i Weasley non ti adotteranno.” Piton provò uno spasmo nel vedere la faccia di Harry contrarsi. Si sentì stranamente spronato a spiegare in fretta, quasi fosse colpito dal dolore del ragazzo: ma sicuramente non poteva essere così. Dopotutto, lui era l'orribile, sgradevole professore di Pozioni Mangiatore di Morte. A lui non importava se uno studente piangeva. Ma, malgrado tutti, proseguì comunque alla svelta. “Gli Weasley hanno una famiglia numerosa e sono felici di allargarla per includerti. Ma avrai bisogno di più che una sedia al tavolo della cena: avrai bisogno anche di una tua famiglia, una che non sia distratta dalla concorrenza delle necessità degli altri figli. Dunque avrai un tutore che sarà focalizzato su di te, e nel contempo l'opportunità di spendere del tempo in un contesto familiare con i Weasley. Capisci?”
La tristezza di Harry era evaporata come per magia. “Intende dire che avrò due famiglie?”
Piton rifletté. “Suppongo potresti metterla in questi termini.”
“Wow!”
“Sì, be'...” Piton si schiarì la voce. “Parlando di chi sarà il tuo tutore -” Ecco che arrivava. Si preparò mentalmente per la scenata e si assicurò di avere la Metropolvere a portata di mano. Avrebbe avuto bisogno di contattare Silente mentre il moccioso era in pieno attacco isterico.
“Potrebbe essere lei?” La voce di Harry era così bassa che Piton non era sicuro avesse veramente parlato.
“Cosa!”

Harry chinò la testa. Stupido! Era così stupido! Come aveva potuto semplicemente uscirsene fuori così? Avrebbe dovuto sapere che non doveva chiedere qualcosa del genere. Ora il professor Piton sarebbe stato furioso con lui. Perché qualcuno come Piton avrebbe dovuto volere un mostriciattolo come Harry? Harry non era neanche un membro della sua Casa. Era solo uno degli studenti del Professore, così praticamente qualunque altro ragazzo ad Hogwarts.
Harry sbirciò attraverso la frangia e si affrettò ad abbassare lo sguardo. O, sì, Piton era veramente arrabbiato. Aveva quell'espressione maniacale ad occhi spalancati che aveva avuto l'ultima volta proprio prima che schiaffeggiasse Harry. Harry serrò di nascosto le dita attorno al cuscino sul quale era seduto, sperando che avrebbe aiutato ad ancorarlo se fosse stato colpito ancora.
“Cosa hai detto?”
Harry deglutì. “Mi dispiace. E' stato molto scortese da parte mia chiederlo.”
Cosa hai detto?
“Ho chiesto se avrebbe potuto essere lei il mio tutore,” disse Harry nella voce più bassa che riuscì a tirar fuori. Si fece forza. Fissò il pavimento, preferendo venire colto di sorpresa dal colpo piuttosto che dover guardare lo sguardo di disgusto che era certo che il professore gli stesse rivolgendo.

Piton sbatté le palpebre per lo sconvolgimento assoluto. Non riusciva a ricordare l'ultima volta in cui era stato preso così di sorpresa. Be', eccezion fatta per la notte in cui aveva appreso la verità sulla vita familiare di Harry. Perché questo fastidioso moccioso continuava a scioccarlo? Si supponeva che lui fosse imperturbabile, inamovibile, insensibile. E tuttavia l'irritante ragazzino continuava ad insinuarsi oltre le sue difese.
“Perché vorresti che io fossi il tuo guardiano?” chiese. Fu compiaciuto di notare che lo stupore veniva fuori suonando come fosse rabbia.
Harry non sembrò intenzionato ad alzare lo sguardo. Sollevò una spalla in una mezza scrollata.
“Rispondi alla mia domanda,” comandò Piton in tono tagliente.

Harry non era certo se non essere ancora stato colpito o deriso fosse un buon segno o un pessimo segno. Sapeva che Piton non avrebbe acconsentito alla sua richiesta - quando era stata l'ultima volta che Harry aveva ottenuto qualcosa che aveva chiesto di avere? - ma pensò che forse, solo forse, avrebbe potuto spiegarsi in maniera tale che l'uomo si sarebbe sentito almeno un po' lusingato, invece che disgustato. “L-lei è gentile.”
“Potter! Io non sono gentile!” Suonava come se avesse appena accusato l'uomo di qualche pratica veramente orribile.
“Lei è stato gentile con me,” disse Harry testardamente. “Nessun altro lo è. Be', eccetto per Hagrid o Ron. E lei ha già detto che passerò del tempo con i Weasley, ed Hagrid, be', non penso che sarebbe un buon tutore. E' un grande amico e tutto, ma non pensò che sarebbe molto, sa...”

Piton represse uno sbuffo divertito. Bene, il ragazzo non era un completo idiota. Ovviamente aveva già inquadrato Hagrid.
“Vai avanti.”
“E lei non mi ha mentito. E tutti quanti dicono che è veramente intelligente. E nessuno se la prende con lei, così forse se fosse il mio tutore, nessuno se la prenderebbe con me, anche.” La voce di Harry sfumò e lui si rannicchiò per la disperazione. Bel lavoro, Harry. Di tutte le cose che avresti potuto dire, hai dovuto scegliere quella che mostra quanto tu sia bisognoso e disperato. Certo che ti sceglierà, ora. Chi non vorrebbe un tale inutile, lamentoso piccolo mostriciattolo?

Piton scoprì che era diventato improvvisamente difficile deglutire. L'ossuto bambino dai capelli scuri, rannicchiato così desolatamente nell'angolo del divano, aveva riportato indietro un inaspettato fiume di ricordi. Bramare disperatamente di appartenere, avere bisogno che qualcuno lo proteggesse, o anche solo che si preoccupasse almeno un po', desiderare che qualcuno – chiunque – provasse affetto per lui... E, ovviamente, non ricevere nulla se non violenza da tutte le parti: suo padre, i Malandrini, i suoi compagni di Casa. E tanti saluti ad Hogwarts che avrebbe dovuto essere un santuario. Sì, gli aveva risparmiato il peggio degli eccessi di suo padre, ma non gli aveva precisamente offerto sicurezza, non quando era stato costantemente attirato in imboscate e deriso. C'era poco da meravigliarsi che fosse caduto preda delle blandizie del Signore Oscuro: sebbene, certo, alla fine si era rivelato anche lui solo un altro sadico, violento tormentatore.
Piton soffocò le proprie emozioni con brutale efficienza. Qui non si stava parlando di lui. Si stava parlando del demonietto Potter... Sebbene non assomigliasse affatto ad un demonietto, tutto raggomitolato in quel modo. Più ad un qualche patetico, rotto... Basta. Basta così. Stai diventato ridicolmente sentimentale, si disse con fermezza. Che differenza fa, per te, se il figlio di James Potter ha avuto un'infanzia spaventosa come la tua? Perché dovrebbe importarti se – e poi il bambino guardò in su, e gli occhi di Lily lo pregarono.
“Sì.” Quasi si guardò intorno per vedere chi aveva parlato. Non poteva essere stato lui, giusto?



Note alla traduzione:
1non sequitur: nell'originale non sequitars, ho preferito riportare la forma al suo originale latino. Potete trovare qui il significato dell'espressione.
2alma mater: così nell'originale. Potete trovare qui il significato dell'espressione, alla sezione Usi in accademia.

L'impaginazione è stata modificata rispetto all'originale: Fanfiction.Net ha un'impaginazione ben diversa da EFP, e il risultato agli occhi dei lettori italiani sarebbe apparso lievemente caotico, credo, se non avessi fatto così. Ho separato la sezione del racconto in analessi ambientato nell'infermeria e diviso le scene in cui il punto di vista è quello di Harry da quelle in cui il punto di vista è quello di Piton. Si ringrazia sentitamente Salice, come sempre Amata Beta agli orari più improbabili, per il consiglio. Spero che il risultato sia gradevole.

Di nuovo, la vita è stata più forte di noi, ma alla fine ce l'abbiamo fatta! x°D Potete trovare qui la traduzione che ho pubblicato da poco di una deliziosa storia di Lucillia, un'autrice splendidamente ironica e multiforme.

Un grazie a chi continua a seguire questa storia e si ferma a lasciare un parere! Si ringrazia in particolar modo Vekra, che praticamente si ri-beta ogni capitolo, tutte le volte.
  
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