Fanfic su attori > Orlando Bloom
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Autore: Alessiuccia    29/01/2006    3 recensioni
Barbara, toglimi dalla cronaca mondana! Per pietà, puoi anche mandarmi in giro per il mondo alla ricerca della torta più lunga o della campana più grande… decidi tu, per quanto mi riguarda, tutto è meglio di questo strazio…
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Otto

CIAO A TUTTE…o, forse, devo dire A TUTTI

Eh, sì, tra voi ci sono anche un paio di maschietti che leggono, recensiscono via mail (si vergognano!) e so che apprezzano…

Mi scuso per il solito ritardo… però, stavolta, il capitolo era pronto più di una settimana fa; è solo che non ho trovato il tempo di scriverlo al computer…

A proposito di computer, ovviamente, alla fine dello scorso capitolo, non era roulotte, ma COULOTTE

ah ah ah… Word si è messo in testa di correggere anche quelli che non sono errori…

per i prossimi due capitoli, purtroppo, dovrete attendere ancora un po’… per via degli esami di febbraio… ma l’ultimo l’ho praticamente già scritto interamente…

sorprenderò tutti!!! Spero di accontentare tutti, anche chi ha fatto richieste particolari

a questo proposito, ricordatevi che spesso LE APPARENZE INGANNANO!

Che dirvi di più…

BUONA LETTURA

PS:  RECENSITE, anche via mail… fa sempre tanto piacere!!!

BACI

Capitolo Otto

 

- Tesoro… sono in aeroporto… parto con il prossimo aereo… Cosa?! Co- come dici, scusa?!… A New York?… Adesso?… E la festa?

 

Matteo si era allontanato un momento da Chiara, per poter avvertire Jacqueline del suo imminente ritorno; ma non riuscì a nascondere la sorpresa e la delusione che aveva provato nell’apprendere che la sua futura sposa non l’avrebbe accolto a Los Angeles, essendo in partenza per la Grande Mela… per le ultime compere di fine anno!

 

- Quando torni?… Allora, a domani. Sì, ti vengo a prendere io in aeroporto. Un bacio… ti amo anch’io.

 

Chiara non poté fare a meno di sentire l’ultima parte della conversazione… e le si formò subito un nodo in gola. Matteo non aveva mai detto “ti amo” a nessuna ragazza: era davvero una cosa importante.

 

Quando il ragazzo le spiegò la situazione, Chiara sorrise e gli rispose che avrebbe dovuto solo aspettare ancora un po’ per conoscere la bella plurimiliardaria.

 

- Ma, credimi, la curiosità mi sta divorando!- gli disse, non molto convinta, per la verità.

 

Il volo fu piacevole. I due amici risero e scherzarono come ai vecchi tempi, quando erano inseparabili. Per un attimo, alla giornalista sembrò di poter tornare indietro, a quando si trovavano ancora al liceo e le loro uniche preoccupazioni erano i compiti in classe e le interrogazioni a sorpresa.

 

- Ricordi le verifiche di matematica?- le chiese Matteo.

 

- Già!- rispose Chiara- tu accanto alla cattedra ed io davanti alla lavagna…

 

- Alla fine, confrontavamo i risultati di ogni esercizio- continuò il ragazzo.

 

- Non credo che la prof non lo sapesse…

 

- Anzi, sono sicuro che ci lasciasse lavorare insieme… per il bene di tutta la classe- marcò con enfasi le ultime parole.

 

- Praticamente- gli fece eco lei- il nostro compito passava da un lato all’altro dell’aula!

 

- E, poi, voti alti per tutti!

 

- Eravamo l’unica speranza per i nostri compagni… se mancavamo noi, i 2 e i 3 fioccavano con grande facilità- concluse Chiara.

 

E, così, parlarono di tutto e di più.

Poi, Matteo fece una domanda che lasciò di sasso l’amica.

 

- Hai mai pensato “ho perso l’occasione della mia vita”? voglio dire, hai mai provato la spiacevole sensazione di aver capito qualcosa troppo tardi, qualcosa che sai essere, forse, la cosa più importante che ti potesse capitare?

 

La ragazza fece un gran sospiro. Lo guardò dritto negli occhi. Prese tempo prima di rispondergli.

 

- - disse semplicemente. Ma, capendo che l’amico voleva saperne di più, continuò- so benissimo di aver perso l’attimo perfetto con una persona.

 

- Vai avanti.

 

- Ho sprecato tante di quelle situazioni, che non mi sono resa conto che lui non mi avrebbe aspettata per sempre- disse tutto d’un fiato, poi, abbassò lo sguardo, mentre tormentava fra le mani il tovagliolo, datole poco prima dalla hostess- E l’ho lasciato andar via, senza dirgli niente, senza che sapesse cosa provavo per lui.

 

Una lacrima scivolò sul suo viso.

 

- Io… io credo che avrai ancora l’opportunità di dirglielo- le disse, asciugandole la guancia con il pollice- sono sicuro che, se il destino vuole che stiate insieme, avrai la possibilità di rimediare ai tuoi sbagli!

 

L’ultima parte del viaggio, la passarono a dormire, con le teste appoggiate l’uno all’altra.

 

 

 

- Benvenuta nella mia “umile dimora”!- esclamò Matteo, aprendo la porta d’ingresso del lussuoso appartamento di Los Angeles, situato all’ultimo piano di un moderno grattacielo.

 

- Wow!- Chiara non riuscì ad esprimere meglio la sorpresa che provò entrando nel grande salone, illuminato da un’intera parete a vetri.

 

Le finestre mostravano un’ampia visuale della metropoli.

 

- Mmm… si vede che c’è un tocco femminile, qui!- disse in tono ironico, notando i colori sgargianti delle tende, in netto contrasto con le pareti e l’arredamento- Devo dire che si adattano come un pugno nello stomaco!- sapeva che, con il suo migliore amico, poteva essere sincera, senza paura di offenderlo.

 

- Sssì, lo so- fece lui, passandosi una mano dietro la nuca e alzando gli occhi al cielo- di certo, Jacqueline non diventerà architetto d’interni: scegliere con cura i colori da abbinare non è tra le sue qualità… purtroppo!- aggiunse il ragazzo, sorridendo.

 

 Le mostrò la camera degli ospiti, dove, con gran fortuna della giornalista, non era ancora arrivata la mano della bionda americana a stravolgere tutto.

Dopo aver aiutato Chiara a sistemare le sue cose, Matteo le fece vedere l’unica stanza della casa in cui non avrebbe mai permesso alla fidanzata di mettere a frutto la sua “devastante” dote creativa: il suo studio.

La ragazza si fermò ad ammirare i quadri appesi al muro: antiche vedute del Canal Grande di Venezia, o del porto di Capri, erano affiancate a paesaggi rurali.

L’antico scrittoio in legno era tenuemente illuminato da una lampada da tavolo in vetro di Murano.

Racchiusi in un’elegante libreria, c’erano preziosi volumi, codici, manuali e saggi di Diritto ed Economia politica, sempre utili per organizzare la strategia perfetta: come ottenere il massimo del profitto con il minimo della spesa.

L’arredamento dello studiolo era completato da due poltrone in stoffe pregiate, poste di fronte ad un basso tavolino in vetro e ferro battuto.

Per chi non conosceva a fondo Matteo, sarebbe stato difficile capire l’importanza di un oggetto dalle piccole dimensioni, che sembrava quasi fuori luogo. Ma Chiara lo riconobbe subito: era un ritratto al carboncino, uno schizzo, che un pittore di strada aveva disegnato ai due amici, durante il loro breve soggiorno a Praga, dopo la laurea. Il ragazzo lo aveva fatto incorniciare e, adesso, si trovava al centro perfetto della parete alle spalle della scrivania, circondato da quadri ben più costosi, ma con scarso valore affettivo, in confronto.

Chiara non disse niente; semplicemente, sorrise a Matteo e, poi, dopo aver dato un ultimo sguardo all’oggetto, carico di ricordi, chiese di poter fare una doccia: la giornata era stata davvero estenuante.

La sera, cenarono in un ristorante italiano, carino, ma non molto in vista, per poter restare ancora un po’ in intimità.

Non era troppo tardi quando decisero di tornare a casa, ma erano già stanchi; così, decisero di andare a dormire.

Chiara era ormai a letto da un quarto d’ora, quando Matteo bussò alla porta della camera.

 

- Posso entrare?- chiese sottovoce- Sai, non riesco a dormire- disse dopo che la ragazza gli fece un cenno affermativo- ho tante di quelle cose ancora da raccontarti, che ho paura di dimenticarne qualcuna- continuò, sedendosi vicino all’amica.

 

- Dai, vieni qui, accanto a me- rispose Chiara, dando un paio di colpi con la mano sinistra sul materasso- c’è posto per tutti e due! E poi non ho ancora capito come vi siete conosciuto, tu e Jacqueline- disse, sorridendo al ragazzo, che s’infilava sotto le coperte.

 

-  Beh, è semplice- fece lui, sistemandosi meglio per vederla in viso- A giugno, per il mio compleanno, ho organizzato una festicciola, con colleghi e amici; e Bill… sai, quel ragazzo che si occupa delle vendite?!

 

- Chi? Quello che dice di volermi conoscere?!

 

- Sì, proprio lui; si è voluto portare un’amica. Me l’ha descritta come una ragazza BELLISSIMA e, soprattutto, come “la figlia di chi potrebbe comprare te e la tua impresa come se foste noccioline”… sono state queste le sue esatte parole.

 

Chiara rise, cominciando a farsi un’idea più concreta della fidanzata di Matteo.

 

- All’inizio, non mi era piaciuta un granché- ammise- sì, era carina, non “bellissima”, eppure, aveva quel non so che che la rendeva affascinante- La giornalista annuì-  Però l’ho trovata abbastanza antipatica, per usare un eufemismo; forse, perché siamo partiti col piede sbagliato, ma mi è sembrata una di quelle “figlie di papà”, che si credono superiori al mondo intero.

 

- E, poi, com’è andata? Quand’è che Cupido ha scoccato la sua freccia?- gli chiese, incuriosita. Più che altro, non riusciva a capire bene come due persone così diverse potessero avere qualcosa in comune.

 

- Poco a poco: ci ritrovavamo, nostro malgrado, a dover uscire insieme la sera, perché Bill voleva inserirla nel nostro gruppo a tutti i costi. Così, piano piano, ho cominciato a conoscerla veramente. E, anche se, all’inizio, può sembrare “cattiva”, in realtà, è tutto il contrario: sa essere dolce e premurosa. È stata capace di non farmi sentire più solo.

 

Dopo questa confessione, senza quasi rendersene conto, i due ragazzi si addormentarono, l’uno vicino all’altra.

Erano amici fino in fondo: non avrebbero fatto niente che potesse rovinare il loro bel rapporto. Si volevano bene; uno avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di proteggere l’altro. Erano stati vicini nei momenti più difficili per entrambi, anche se, nell’ultimo periodo, non avevano potuto vedersi, per via del lavoro. Ma, ogni giorno, il primo pensiero di uno era rivolto all’altra, e viceversa.

La notte passò così velocemente, che il sole li trovò ancora sdraiati nello stesso letto.

Matteo fu il primo a svegliarsi e, voltandosi verso Chiara, che dormiva profondamente, decise di non disturbarla.

Quasi un’ora dopo, era di nuovo dentro la stanza, vestito di tutto punto, con il vassoio della colazione fra le mani.

 

- Dormito bene?- le chiese, quando la ragazza aprì gli occhi, cominciando a stirare per bene ogni muscolo del suo corpo.

 

- Mmm… sì, grazie- gli rispose, con la voce ancora impastata di sonno- ci voleva proprio questa bella dormita!- esclamò.

 

Mangiarono insieme, poi Matteo disse che sarebbe dovuto andare in aeroporto a prendere Jacqueline, di ritorno da New York.

 

- Vengo anch’io!- si offrì volontaria la ragazza.

 

- Davvero verresti?!- le chiese, nascondendo a malapena un’espressione soddisfatta.

 

- E me lo chiedi?! Non vedo l’ora di conoscerla- disse Chiara, addentando una fetta di pane tostato, sulla quale aveva appena finito di spalmare una buona dose di marmellata ai mirtilli.

 

Si prepararono e, poi, uscirono insieme, diretti ad una Mercedes scura con autista, che li aspettava davanti al grattacielo.

 

- Fai le cose in grande!- disse all’amico, sorpresa.

 

- In realtà, l’auto è del padre di Jacqueline… è lui che, per sua figlia, vuole sempre un’organizzazione perfetta- rispose Matteo, forse un po’ accigliato: sperava in cuor suo che Mr Thompson la smettesse una buona volta di intromettersi nella loro vita. Ma, d’altronde, era il suo modo di viziare la sua “principessina”, che, all’età di 13 anni, aveva perso in un incidente automobilistico la madre.

 

L’aereo da New York City era appena atterrato.

Chiara non si sentiva a suo agio. Era nervosa, silenziosa come raramente le succedeva. Cercò di rilassarsi, respirando lentamente e a pieni polmoni. Ma niente riusciva, in quel momento, a calmarla.

Sperò con tutta se stessa che quei minuti, che le sembravano infiniti, passassero in fretta. Desiderò trovarsi, in quell’istante, come minimo a diecimila miglia da lì.

E, finalmente, ecco che i passeggeri del volo si dirigevano all’uscita.

Famiglie che si ricongiungevano, amici che si riabbracciavano dopo del tempo che non si vedevano: erano queste le scene di vita quotidiana che circondavano la giornalista. Ma lei si sentì stranamente lontana da quel mondo: una ragazza bionda e sorridente si era appena gettata fra le braccia di Matteo, sommergendolo di baci, sacchi e pacchetti.

Era il momento delle presentazioni.

L’idea che Chiara si fece in quel momento fu di una giovane arrogante, che la squadrò da capo a piedi. Sicuramente, il ragazzo le aveva raccontato, a volte, dell’amica italiana; e lei, volontariamente, non nascose di non essere felice di conoscerla.

Andarono direttamente alla villa dei Thompson, che avevano già dato disposizioni per spostare lì i bagagli della giornalista.

Sebbene, durante il tragitto, Jacqueline avesse iniziato a mutare il suo atteggiamento nei suoi confronti, Chiara non riusciva a parlare serenamente, quindi, si limitò, per lo più, a sorridere ed annuire a ciò che raccontava la bella ragazza, così alta da metterla quasi in soggezione.

 

- Amore- disse, rivolgendosi al fidanzato, che sembrava pendere dalle sue labbra- sarò impegnata tutta la giornata- l’espressione del ragazzo si fece più seria- lo sai, mi aspettano l’air-stylist, la truccatrice, l’estetista… verranno tutti a casa… ma non preoccuparti- gli disse, mentre un sorriso enigmatico le si dipingeva sul volto- Chiara starà con me… vero tesoro?!- e si girò verso la ragazza, che non poté far altro che risponderle affermativamente- Così avremo tutto il tempo che vogliamo per parlare un po’, tu ed io.

 

Chiara non era molto attratta dalla prospettiva di passare un intero giorno con Jacqueline per “farsi bella”, ma dovette accettare, seppur a malincuore.

 

- Owen, devi acconciarle i capelli da gran sera, mi raccomando… trattala bene, è una mia amica- disse al parrucchiere, mettendo le mani sulle spalle dell’italiana, sorridendole attraverso lo specchio- Sarà una serata mooolto elegante, ci sarà tutto il jet-set di Los Angeles… ci vuole qualcosa che attiri l’attenzione…- concluse.

 

Chiara cercò di dissuadere entrambi, voleva qualcosa di più semplice, più naturale.

 

- Et voilà!- Owen aveva completato l’opera: i capelli della giornalista erano stati tirati indietro, legati insieme e tenuti su da decine di forcine.

 

Nel frattempo, l’estetista aveva fatto la manicure alle due donne. Il confronto era stato inevitabile: l’americana aveva le dita lunghe e affusolate, mentre l’italiana aveva le mani piccole, come quelle di una bambina. Ed era così che si sentiva Chiara in quel momento: più grande d’età di qualche anno, ma infinitamente più piccola e ingenua nel modo di comportarsi.

Jacqueline era una vera e propria donna di mondo, che riesce a tenere sempre ogni situazione sotto controllo e non fa una piega se qualcosa non va secondo i piani.

La truccatrice, Jenny, aveva avuto disposizioni simili per quanto riguardava Chiara: c’era bisogno di un make-up da grandi occasioni.

Quando Jenny ebbe terminato con entrambe, Jacqueline dovette scendere: era già ora di prepararsi; e lei sarebbe stata una perfetta padrona di casa.

Chiara lasciò che tutti uscissero dalla camera, portandosi dietro i loro “strumenti di tortura”. E rimase un po’ di tempo a fissare la sua immagine riflessa allo specchio. Sì, avevano creato una vera “opera d’arte”, ma l’avevano resa simile ad un’ultratrentenne.

 

“Non mi riconosco più, io non sono questa donna qui”, si disse; prese un batuffolo di cotone idrofilo, vi versò del latte detergente e cominciò a disfare ciò che, in tutte quelle ore, era stato fatto: via l’ombretto pesante, via anche fard e fondotinta… via quel rossetto così acceso, che la faceva sembrare ciò che non era.

Ricominciò a truccarsi da sola: eye-liner e mascara, questi gli unici oggetti che utilizzò.

Ma non era ancora del tutto convinta: si tolse qualche forcina, diciamo pure una ventina di forcine, che le stavano facendo venire il mal di testa, tanto erano state conficcate con forza.

Infine, andò a vestirsi, per poi scendere al piano inferiore, dal quale provenivano già le voci di molti ospiti e il suono di una piacevole musica in sottofondo. Era in ritardo, ma, almeno, poteva dire di essere se stessa.

“Divertiti!”, si disse subito prima di scendere le scale.

 

Come in una scena di un film, tutti si girarono verso di lei, quando era appena arrivata ad un terzo dei gradini. Non era di certo l’effetto che avrebbe voluto fare: avrebbe, piuttosto, preferito passare inosservata, potersi muovere con nonchalance fra i vari invitati.

Ma, sia uomini che donne, la stavano osservando. Lei sentiva i loro sguardi su di sé e preferì, dapprima, cercare quello di Matteo, per poi arrossire imbarazzata e disorientata e tenere, alla fine, il viso basso.

 

- Chiara!- le si era fatto vicino Orlando- sei stupenda- le disse.

 

Indossava un leggero abito nero in seta, corto, che lasciava scoperti gli esili polpacci, tenuti in tensione dai decolleté neri con vertiginoso tacco a spillo. Il vestito, semplice nel complesso, aveva la scollatura a cuore e le spalline sottilissime, quasi impercettibili, che si incrociavano più e più volte lungo la schiena, lasciata, quindi, quasi del tutto scoperta.

 

- Vieni, ti faccio conoscere Kate… andrete di sicuro d’accordo, voi due!- era convinto di ciò che stava dicendo.

 

Kate, in effetti, le fece un’ottima impressione. Non sembrava rispecchiare le brutte cose che si dicevano sul suo conto. Chiara fu sicura al cento per cento che non avesse la puzza sotto il naso.

Ma una cosa era ovvia: era davvero di sangue blu, nel senso che, nei gesti e nelle parole, era sofisticata, equilibrata. E il sorriso che sfoggiò appena la vide non era uno di quei soliti sorrisi ipocriti da star.

Parlarono per un bel po’, tutti e cinque; si erano, infatti, uniti anche Jacqueline e Matteo.

Chiara, però, ad un certo punto della serata (mancavano poco più di venti minuti allo scoccare della mezzanotte), si allontanò dal gruppetto, preferendo isolarsi.

Prese la coppa di champagne, offertale da uno dei camerieri, e cominciò a guardare l’intera sala e tutte quelle persone allegre, che ridevano e scherzavano fra loro. Tra gli invitati, c’erano, sicuramente, attori famosi e, in generale, vip di ogni tipo. Ma alla ragazza non interessava. Anzi, ciò la fece sentire ancora più sola.

Mentre fissava, sconsolata, il bicchiere che aveva fra le mani, si sentì chiamare. Si girò e vide, forse, l’unica persona che non avrebbe mai pensato potesse trovarsi lì.

 

- Gabriele?! Anche tu qui!

 

- Ciao! Mmm… lasciati guardare… sei bellissima- stranamente, i suoi complimenti non la misero in imbarazzo. Era stato l’unico a farla sorridere, quella sera. Era contenta di averlo trovato per caso- Sono qui solo per Jacqueline- continuò l’attore, rispondendo alla domanda della giornalista- la conosco ormai da più di un anno e mi ha quasi implorato in ginocchio, pregandomi di partecipare alla festa.

 

- Ragazzi, avvicinatevi, fra poco si brinda al nuovo anno- disse loro Orlando, trascinandoli verso ilcentro della stanza.

 

Matteo, Jacqueline, Orlando, Kate e Gabriele erano lì, accanto a lei: il vecchio e il nuovo.

Mille pensieri cominciarono a frullarle per la testa.

 

- 10…

 

“Quest’anno sarà importante per me!”, si disse.

 

- 9…

 

“Si deciderà tutta la mia vita…”

 

- 8…

 

“Matteo e Jacqueline…”, pensò, guardandoli.

 

- 7…

 

“stanno bene insieme”.

 

- 6…

 

“Orlando e Kate…”, osservò mentre si abbracciavano teneramente

 

- 5…

 

“formano la coppia perfetta”

 

- 4…

 

“Gabriele…”

 

- 3…

 

“beh, lui non me la conta giusta…”

 

- 2…

 

“Devo farmi coraggio…”

 

- 1…

 

“Troverò quel che cerco, ne sono sicura!”

 

- BUON 2009!

 

  
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