Non
fece parola con nessuno del suo colloquio con il professor Lupin,
nemmeno con
Julie. Non perché non si fidasse di lei, ma riteneva che si
trattasse di
qualcosa che riguardava lei, solo lei.
Ripensò
a lungo nei giorni seguenti alle parole del suo docente, cercando di
comprenderle davvero. Suo padre era innocente, almeno così
le era stato detto.
Ma
allora chi aveva commesso quell’efferato pluriomicidio? E
perché c’erano
testimoni che avevano giurato di aver visto Sirius Black puntare la
bacchetta
contro innocenti?
Sempre
più domande le affollavano la mente e il fatto di non poter
ottenere risposte
soddisfacenti la rendeva sempre più irritabile e di cattivo
umore.
“Ann! Ehi, ti si è annodata la bacchetta?
Come mai non hai toccato cibo?” chiese Julie mentre
pranzavano prima della
lezione di Difesa contro le arti oscure.
Ann
che non mangiava era effettivamente qualcosa di molto strano; di solito
era
quella che nel tavolo di Corvonero si serviva di più di
pietanze, facendo concorrenza
solo a Ron Weasley, che però era insuperabile.
“No, niente Julie…tranquilla!”
si sforzò
di sorridere. Non voleva preoccupare la sua amica, soprattutto ora che
la sua
storia con George sembrava andare a gonfie vele.
“Sarà
un
Gorgosprizzo…”
affermò una voce sognante da dietro una copia de
“Il Cavillo” che raffigurava
in copertina quello che Ann aveva imparato a chiamare
“Ricciocorno Schiattoso”.
“Un
che?”
chiesero in
coro le due ragazze.
Luna
scostò appena la rivista per guardarle. Aveva una sorta di
occhiali sul naso
dalla forma bizzarra che le conferivano l’espressione di un
gufo multi
colorato.
“Ma
un
Gorgosprizzo, ovviamente! E’ un essere che ti entra nelle
orecchie e ti
confonde il cervello…”
Le
due amiche si trattenerono dallo scoppiare a ridere.
“Quindi, immagino, che
quei…cosi…servano per
vederli, giusto?”
“Sì,
sono degli
Spettroccoli, me li ha mandati papà.”
Si avvicinò e prese a parlare
sottovoce: “Sapete, devo testarli,
per
accertarmi che funzionino! Mica possiamo vendere oggetti scadenti!
Questo è un
prototipo…volete provare?”
Reclinarono
gentilmente l’offerta, ma Ann mentalmente
ringraziò Luna che, come sempre e
senza rendersene conto, riusciva a sollevarla di morale come nessuno.
Avrebbe
dovuto smetterla di rimuginare sui suoi problemi, lo sapeva. Avrebbe
dovuto
pensare a quanto bene stava con Luna e Julie, e loro erano magnifiche a
sopportarla e ad apprezzarla per com’era.
Si
voltò a raccogliere la borsa con i libri quando il suo
sguardo incontrò quello
di Trevor. Era da quel loro incontro in Guferia che non si rivolgevano
la
parola ed entrambi erano imbarazzatissimi.
“Trevor, ascolta…io non
volevo..” iniziò
Ann.
“Non ti preoccupare Ann…ho…ho
capito. Lo vedo
nei tuoi occhi e, in fondo, l’ho sempre saputo. Ti piace quel
Potter, vero?”
Prima
Malfoy, adesso lui. Cavoli, tutti si accorgevano della sua cotta per
Harry. Ma
ce l’aveva scritto in fronte?
Decise
di non mentirgli, d’altra parte era stato fin troppo
comprensivo con lei,
glielo doveva.
“Sì, ebbene sì…mi
piace.” Disse a bassa
voce, avvampando di colpo.
Trevor
si passò una mano tra i capelli per scompigliarli e le fece
l’occhiolino: “Beh…amici,
che ne pensi?”
Quel
ragazzo era davvero straordinario! Se non fosse che
all’apparenza, per voce e
portamento sembrasse un maschio, avrebbe giurato che era una ragazza,
sotto
l’effetto della Polisucco, a giudicare dalla
razionalità e la diplomazia che
sfoggiava.
Ann
gli sorrise e rispose con un “amici!”.
Sì, doveva pensare alle cose belle che le capitavano,
sarebbe arrivato prima o
poi il momento di affrontare le difficoltà.
“Beh,
direi che
è ora di andare a lezione! Se fossi in te mi sbrigherei a
finire la crostata,
perché è già tardi! In più
con quelle gambette corte dovrai correre per
arrivare entro l’ora!” la
punzecchiò il ragazzo.
Con
tutta la dignità che si può avere con una fetta
intera di dolce in bocca, Ann
lo guardò con sfida e gli disse: “Faffamo
a ga-a a chi a-iva p-imo!” che, tradotto, sarebbe
stato un “facciamo a gara
a chi arriva primo”, e una volta ingoiato l’ultimo
pezzetto, prese la borsa e
sfrecciò verso il quarto piano.
“Ma non è giusto, Ann! Sei partita
prima!”
la rincorreva il ragazzo ridendo.
Julie
aveva assistito alla scena completamente sbigottita, mentre Luna
canticchiava
qualcosa muovendo le gambe a tempo e schioccando la lingua di tanto in
tanto, a
ritmo.
“Ciao Luna, vado anche io!” la
salutò la
Tonks alzandosi dalla panca e si diresse verso l’aula di
Difesa Contro le Arti
Oscure, lasciando una Luna intenta a leggere “Il
Cavillo” al contrario e a
cantare imperterrita quella che assomigliava ad una canzoncina
infantile, molto
simile a “La vecchia fattoria” babbana, ma
arricchita di Plimpi, Ricciocorni
Schiattosi e Nargilli.
Intanto,
Ann e Trevor erano arrivati a destinazione e si reggevano allo stipite
della
porta, tenendosi un fianco, per la gran corsa.
“Ovviamente, Ann, ti ho fatto vincere!”
rispose respirando profondamente il ragazzo.
Lei
cercò di riprendere fiato: “Ma
stai
zitto, va! Ammetti che hai perso!” e gli fece una
linguaccia.
Per
tutta risposta, lui le si avvicinò e le stampò un
bacio sulla guancia e le
sussurrò: “Tappetta, non
posso ammettere
cose non vere, non credi?” e con un occhiolino
entrò in aula insieme ai
suoi amici.
Pazzesco.
Non c’erano altre parole.
Ma
dove era finito il Trevor timido ed impacciato? In
quell’ultimo mese, dopo
quella chiacchierata famosa della Guferia, qualcosa doveva essersi
sbloccato in
lui.
Julie
emerse dalla scalinata che portava all’aula e
guardò la sua amica con aria
rassegnata.
“Ma imparerai mai a comportarti per
l’età che
hai?” rideva. No, non era una vera sgridata, anche
se a volte la sua
migliore amica tendeva ad assumere un cipiglio da
“mamma”.
“Ma
è stato lui!
Mi ha presa in giro!”
si giustificò.
“Ann…non cambierai mai!” le
sorrise.
Insieme
entrarono in aula, dove uno stanco e disordinato Lupin li attendeva per
iniziare la lezione.
“Buon pomeriggio, ragazzi.” Li
salutò
mentre tutti gli studenti prendevano posto “Oggi
tratteremo dei Mollicci, che sono delle creature mutaforma, ossia non
hanno un
corpo ben definito, ma si “adattano” a seconda
della situazione. In
particolare, si trasformano in ciò che noi temiamo di
più. Chi sa dirmi qual è
l’incantesimo che si usa contro i Mollicci?”
Per
una volta da tre anni, Ann si trattenne dall’alzare la mano.
Non aveva voglia
di parlare con Lupin e nemmeno aveva voglia di guardarlo. Per fortuna,
un
ragazzo di Tassorosso, un certo Ernie Macmillian, prese la parola quasi
subito,
salvando la ragazza dalle occhiate interrogative dei suoi compagni di
casa.
“Esatto Macmillian! 10 punti a Tassorosso. Si
tratta dell’incantesimo “Riddikulus” che
trasforma il Molloccio in qualcosa di
divertente. E’ bene avere in mente in cosa vogliamo che venga
mutato.
Un
incantesimo non
riesce se pensiamo solo alla formula da dire, senza
concentrarsi.”
Anche
Lupin tendeva a non guardare Ann, ma non era facile.
D’altronde si trovava nei
banchi centrali e non poteva ignorarli.
“Bene ragazzi! Mettete via i libri e fuori le
bacchette. In questo armadio c’è un Molliccio. Ora
a turno cercherete di
affrontarlo. Mettetevi in fila e mi raccomando, massima
concentrazione!”
I
ragazzi erano tutti eccitatissimi all’idea di mettersi alla
prova e tra loro
parlottavano cercando consigli su come rendere mostri e bashee
divertenti.
Ann
fissava l’armadio, che era scosso da violenti spinte interne,
come se il
Molliccio cercasse di abbatterlo per uscire. Lei di cosa aveva paura?
In
realtà, non ci aveva mai pensato. Di una cosa era certa, non
aveva paura di
cose materiali, di teschi o manticore.
Poi,
improvvisamente, mentre vedeva gli altri affrontare il Molliccio, le
venne in
mente. “Io ho paura di rimanere da sola, senza nessuno che mi
voglia bene”.
E
come si rende divertente la solitudine? E il Molliccio come avrebbe
fatto a
trasformarsi in una cosa così astratta?
Mentre
pensava, fu il turno di Julie. Non appena si posizionò
davanti alla Banshee
senza voce scaturita dalla fantasia di Hannah Abbott, questa si
tramutò in
Ninfadora morta.
“Riddikulus!”ruggì la
ragazza e subito
vide sua sorella riaprire gli occhi e farle una linguaccia.
Era
il turno di Ann, che ancora non aveva idea di come avrebbe affrontato
il suo
Molliccio.
Ma
non ci fu bisogno di pensare molto, perché Lupin si
parò davanti e la sorella
di Julie si tramutò in una sfera bianca perlacea che dopo un
sonoro “Riddikulus!”
schizzò via, come se fosse
un palloncino sgonfio.
“La lezione è finita, ragazzi! Potete
andare!”
li salutò il professore.
Gli
studenti, tutti entusiasti per la lezione, di cui avevano in precedenza
sentito
parlare dai loro amici di Grifondoro e Serpeverde, presero le loro
borse e
uscirono dalla stanza. Tutti, tranne Ann, che rimase immobile a
guardare
l’armadio.
“Non
mi crede
adatta ad affrontare un Molliccio?”
chiese dopo che tutti furono usciti,
cercando di rimanere calma.
Lupin
la guardò e sospirò: “Anche
tu, come
Harry, mi poni davanti a questo quesito. No, Ann, non c’entra
con il fatto che
io creda o meno che tu sia in grado di fronteggiare un
Molliccio.”
“Non
la seguo,
professore…”
iniziava ad irritarsi.
“Temevo
si
sarebbe trasformato in
Voldemort”
concluse “Ma dalla tua espressione
devo dedurre di
essermi sbagliato. Vedi, il male che
Voldemort
ha fatto alla tua famiglia è quasi paragonabile a
ciò che ha fatto alla
famiglia di Harry.”
“Sono stata più fortunata di
Harry…”
“No,
Ann. Hai
vissuto da sola, senza una madre, né un padre che ti
volessero bene. E ora a
causa di tuo padre sei vista con diffidenza dagli altri. No, Ann, non
sei stata
più fortunata.”
La
ragazza, senza che riuscisse a spiegarselo, scoppiò in
lacrime. Tutta la
tensione e i dubbi dell’ultimo periodo le si riversarono
addosso, come un
pesante fardello che si portava dietro.
La
maschera di gioia che si era cucita accuratamente per evitare che i
suoi amici
si preoccupassero per lei si sgretolò. Era pur sempre una
ragazzina, per quanto
cercasse di solito di essere dura e adulta, e aveva bisogno di qualcuno
che le
volesse bene…come un genitore.
E
come se le avesse letto nel pensiero, Lupin si avvicinò e la
abbracciò
accarezzandole i capelli.
Ann
singhiozzava, appoggiata al professore, liberandosi di tutto il male
che
provava dentro di sé.
“Non temere, Ann…non sei sola! E vedrai,
arriverà il giorno in cui potrai riabbracciare tuo
padre…”
Non
seppe quanto rimasero così, ma quello che è certo
è che per la prima volta Ann
si sentì voluta bene, esattamente come un padre ama sua
figlia.