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Autore: LadyofShadow    29/01/2006    2 recensioni
Tre persona sanno la verità. Tre persone sanno che Lucius non è il vero padre di Draco. Ma quando la verità è troppo dolorosa, quando scopre un baratro di menzogne, segreti e rimpianti, forse è meglio che resti celata... quando la verità fa fare cose strane alle persone, cose priobite... forse la verità è che non è mai troppo tardi per cercare di tornare indietro. Questa fiction è dedicata ad Angi e Gius.
Genere: Triste, Malinconico, Dark, Sovrannaturale, Mistero, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5 – Chiarimenti

Capitolo 5 – Chiarimenti

 

 

Ma prima… ringrazio tutti quelli che mi commentano! Vi voglio beneee!!

 

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Harry P.O.V.

 

 

Tornato esausto dalla biblioteca mi buttai sul letto, giocando a far finta di potermi semplicemente addormentare… si, come no. Non avevo neanche cominciato il compito di Storia della Magia (è orribile, darci i compiti fin dal primo giorno!) e sapevo che avrei dovuto stare sveglio a friggermi il cervello almeno un altro paio d’ore… pensare che avevo anche saltato la cena. E non si ragiona bene a stomaco vuoto.

 

-         Buonasera, signore. Pikky aiuta il signore? –

-         Ehm… si, grazie. Avete qualcosa da mangiare? –

-         Tutto quello che il signore desidera. –

Mi caricarono le braccia di ogni ben di dio, impacchettando con cura ogni cosa, che quasi faticai a riportare tutto in camera mia.

Lì mi aspettava una sorpresa; un gufetto della stazza di Leo, di quelli della scuola però, picchiettava alla finestra. I miei compagni dormivano già, e neanche il passaggio di un jet li avrebbe svegliati. Povero gufino, chissà da quanto tempo era fuori.

Infatti, come aprii la finestra, cominciò a tubare in segno di rimprovero. Dopo avermi sgridato per quasi un minuto, svolazzando fuori dalla mia portata, atterrò stizzito sul bordo del mio letto e mi porse una zampetta, a cui era legata una lettera. In realtà, si trattava di un breve messaggio:

 

Harry Potter,

ho bisogno di parlarti. Adesso, o anche domani, quando vuoi, ma che sia al più presto. Porta anche i tuoi amici se vuoi, ma non farne parola con nessun altro perché il nostro incontro deve restare quanto più segreto possibile. È questione di  vita o di morte.

Non posso dirti il mio nome ora, ma ti garantisco che non è una trappola. Mandami una risposta con questo gufo.

 

E niente altro. Non una firma, nemmeno iniziali. Piegai il messaggio e me lo riposi in tasca.

Ora, la domanda è: potevo fidarmi, a rispondere all’appello di uno sconosciuto a quell’ora della sera e senza prima parlarne con i miei amici?

Beh, in fondo mi trovavo a Hogwarts, uno dei luoghi più sicuri al mondo.

La vera domanda è: ho voglia di fare il compito di Storia della Magia?

 

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Draco P.O.V.

 

Dopo aver mandato il biglietto, aspettai nella sempre più fredda guferia, cominciando a temere che il puzzo di sterco di gufo non se ne sarebbe mai andato dai miei vestiti. Asettai per una mezz’ora buona, prima che il gufo tornasse indietro. Portava un messaggio. Lo aprii, ansioso di leggere la risposta di Potter… ma la pergamena era vuota.

Vuota! Come si permette, quel piccolo rifiuto… appallottolai la carta, gettandola a terra e dandole anche un calcio, così per sfogarmi.

-         Non te la prendere così. Allora, cosa vuoi? -

Qualcuno aveva parlato. Alzai lo sguardo, ma incontrai solo l’aria fresca della sera. Poi, un tremolio nell’aria, e Potter comparve davanti a me, togliendosi un mantello dell’invisibilità. A quanto pare, aveva seguito il gufo, a bordo della sua scopa da corsa.

-         allora? Il gatto ti ha mangiato la lingua? Voglio sapere chi sei e perché vuoi parlarmi con tanta urgenza. Hai detto che era questione di vita o di morte. –

-         Non la tua, Potter. Ti stupirà scoprire che il mondo non gira intorno a te. – scoprii che la mia voce era un po’ diversa dal solito. Più profonda, meno atona.

-         Hey, mr. Simpatia, credo che siamo partiti con il piede sbagliato. – estrasse la sua bacchetta, ma non me la puntò contro. Voleva solo farmi vedere che era armato, e che si fidava di me sempre meno.

-         Va bene. Hai ragione. Vorrei poter rispondere alla tua domanda, ma purtroppo io non ho un nome. Quanto al perché volevo parlarti… -

-         Non hai un nome? – m’interruppe – Come si fa a non avere un nome? Sei uno studente di Hogwarts, no? Di che Casa sei? –

-         Sono uno studente di Hogwarts, ma non posso dirti di che Casa sono –

-         Tzk. Allora devi essere un Serpeverde. – ipotizzò

-         No. Non posso dirti a quale Casa appartengo perché non posso correre il rischio che tu venga a cercarmi. –

-         Che vuol dire? Ti vuoi spiegare? Chi sei e che cosa vuoi da me? – alzò la bacchetta di qualche centimetro

-         Se stai calmo, ti spiegherò tutto. – e ne avevo davvero intenzione, a parte il dettaglio che mi nascondevo dietro l’identità di Draco Malfoy – Il fatto è che io sono un figlio illegittimo.  Mio padre non ha mai saputo che ero suo figlio, perchè mia madre, quand’era incinta di me, si è sposata con un altro uomo. –

-         Oh, ma è una cosa orribile! –

-         Si eh? Ovviamente l’altro uomo ha scoperto subito che non ero suo figlio, perché non assomiglio affatto a lui e pochissimo a mia madre. Ma per non dover dare spiegazioni imbarazzanti, mi ha dato il suo cognome e anche il suo aspetto –

-         Che vuoi dire? –

-         Mi ha fatto prendere regolarmente una pozione per farmi assomigliare a lui. Stasera non l’ho presa, però, quindi questo che vedi è il mio vero volto, ma non quello che ho di solito. –

-         Ah. Ma allora tuo padre… cioè, il marito di tua madre, è un mago? –

-         Evidentemente –

-         E tua madre? –

-         Non posso dirtelo –

-         Beh, lei o il tuo vero padre dovevano essere dei maghi se tu lo sei… -

-         Si, infatti. È di questo che volevo parlarti. Mio padre, quello vero… tu lo conoscevi. –

-         Lo conoscevo? – aggrottò le sopracciglia – Lo… conoscevo? Cosa vuol dire? È forse… -

Un attimo di silenzio, prima che trovassi il coraggio di rispondere alla sua domanda inespressa.

-         Si, Potter. Lui è… lui non è più. –

Un nodo alla gola mi impediva di dire “morto”.

Mi stavano salendo le lacrime: di dolore, finalmente, per la morte di mio padre; di rabbia, per dover confessare tutto questo a Potter e per essere compatito da lui. Di vergogna, perché non avevo trovato il coraggio per dire a Sirius la verità…

-         E non lo ha mai saputo? –

-         Cosa? –

-         Che sei suo figlio. È… se n’è andato senza saperlo? –

Abbassai lo sguardo

-         Si – risposi a voce bassissima

-         Oh… mi… mi dispiace –

Scrollai le spalle, con falsa indifferenza

-         Lo so. Sono uno stupido, avrei dovuto dirglielo. –

-         Perché non lo hai fatto? –

Lo fulminai con lo sguardo

-         Sono affari miei, non credi? – mi guardò storto. Sospirando, risposi – ok. In parte è colpa del marito di mia madre, mio padre ovviamente lo odiava –

-         Perché gli ha portato via tua madre? –

-         Anche. E per altre innumerevoli ragioni. …E quindi di conseguenza odiava me, perché mi credava figlio di mia madre e di suo marito, un bastardo che legava indissolubilmente mia madre all’uomo che glie l’aveva portata via. Sai come sono le leggi dei maghi, no? Non ci si può separare se si hanno figli. –

-         Ma scusa, lui non ti avrebbe più odiato se avesse scoperto che eri suo figlio. –

-         Forse no. Ma forse… insomma, cosa pensi, che con due parole sarebbe andato tutto a posto? “Ah, così sei mio figlio, bene è fantastico! Questo sistema tutto!”? –

Dal suo sguardo capii che si, lo pensava. Dio, com’è infantile. Com’è stupido.

-         Forse… ehm… è più complicato di così? –

-         Immagino di si – risposi, a denti stretti – specie se tieni conto che lui aveva già… -

-         Cosa? Aveva un’altra famiglia? –

-         No… non proprio. Ma aveva te. –

 

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Harry P.O.V.

 

Avevo un bruttissimo presentimento, come un ragno che mi rodeva lo stomaco. Suo padre era morto, io lo conoscevo. Suo padre era un mago. E poi, quell’ultima frase.

-         No… non proprio. Ma aveva te. –

 

Gli somiglia. Si, l’ho capito fin dall’inizio, ma non volevo accettarlo. Non potevo accettarlo.

-         Me? – chiesi, con una vocina piccola piccola. – No, non era lui. Ti prego, dimmi che non era lui… non Sirius…– credevo di averlo solo pensato, ma quanto pare l’avevo detto ad alta voce

-         No? – alzò un sopracciglio, grondando fastidio da tutti i pori – Tu non vuoi che ti dica che era lui? – si mosse verso di me, fulmineo, e mi colpì alla mascella con un pugno – Non vuoi sentirmi dire che era Sirius Black, mio padre? Cosa te ne importa? – alzava progressivamente la voce, ed ero quasi certo che mi avrebbe colpito di nuovo – Cosa te ne importa? – ripetè – Ti da fastidio? Ti da fastidio che avesse un figlio suo? Tanto non l’ho mai conosciuto! Tanto non mi ha mai degnato di uno sguardo! Era te che amava come un figlio, non me! Ora che oltretutto non c’è più, che minaccia posso essere io? –

-         Non te la prendere con me! Sei tu che non hai mai voluto parlargli! Mi hai chiamato qui solo per fare a pugni? -

Si calmò, un pochino.

-         No – sospirò

-         E allora perché? –

-         Voglio sapere come… com’è che è successo. Come è morto mio padre –

Quella richiesta mi lasciò basito, paralizzato per una manciata di secondi.

-         No. Non sarò io a raccontartelo. –

-         Ho il diritto di saperlo, Potter, non credi? – mi provocò

-         No invece! Non ne hai nessun diritto! Io ero là quando è morto, va bene? Tu dov’eri? – quasi balbettavo, dalla rabbia – Se ti fosse importato qualcosa di lui… tu non… non ti è mai importato niente di lui! Altrimenti avresti corso il rischio, gli avresti detto chi eri! Ti fai vivo solo adesso, ora che lui non c’è più? Ora che non può più giudicarti? Non meriti di sapere come è morto, non meriti neanche che io ci ripensi, per uno come te! Non hai mai meritato di essere suo figlio! C’era un motivo se lui voleva bene a me! –

Per un istante, mi parve di aver colto nel segno; mi sembrò che la sua facciata di indifferenza si sgretolasse; forse avevo esagerato, forse davvero avrebbe voluto che Sirius lo amasse come un figlio, ma non avevo la minima stima per lui; era solo un codardo.

-         É vero. Sono un codardo – ammise, quasi mi avesse letto nel pensiero – dev’essere uno dei motivi per cui non sono un Grifondoro. Non sarebbe mai stato fiero di me, vero? – fece un mesto sorriso -  Ma è capitato. Non ho chiesto io di nascere. Non ho mai avuto il coraggio di rivelarmi a lui, ma non per questo devi pensare che non lo desiderassi… ma adesso che è morto, io so che è tutta colpa mia. Hai ragione, io dov’ero, mentre lui si precipitava a salvarte te? –

-         Stai dicendo che è colpa mia se è morto? –

-         Non lo so. Ammetto di averlo pensato, prima di avere il coraggio di accettare la realtà; non è stata tutta colpa tua, ma soprattutto mia. Io non sono riuscito a impedirti di andare. Io non ho mosso un dito per aiutarti, anche se sapevo che era una trappola. Io ti odiavo così tanto, perché ti invidiavo. Avrei potuto impegnarmi di più per fermarti. Avrei potuto dirti che era una trappola. Inseguirti, in qualche modo fermarti. Ma ti odiavo abbastanza da lasciarti morire. –

Forse dovevo dire qualcosa, ma mi tremavano le labbra, e non ero sicuro della mia voce; aveva appena ammesso che mi odiava tanto da volermi morto.

-         E non hai… non hai pensato che Sirius sarebbe venuto a salvarmi? –

-         Ci ho pensato – ammise, a voce bassissima, funerea – Questa è la cosa peggiore. Di te non mi importava niente, ma lui era mio padre. Avrei dovuto fare qualcosa, lo so. Ma io ero… così dannatamente arrabbiato con te, che sei così stupido da correre alla cieca nel pericolo, e con lui perché so che avrebbe apprezzato proprio il tuo coraggio… Tu non puoi capire quanto ero amareggiato. Io sono l’esatto contrario di te, sai. Non sono coraggioso. Ho paura di osare, valuto sempre le conseguenze. E quella sera, ho pensato… Dio, non sai quanto mi sono tormentato per questo… ho pensato che se era tanto fiero del suo ragazzo d’oro, così eroico e coraggioso,… beh, che allora potevate andare al diavolo tutti e due, e vedere dove vi avrebbe portati il tuo grande coraggio. Che non erano affari miei. –

-         Hai sperato che morissimo entrambi? Se non potevi averlo tu, allora meglio che non lo avesse nessuno? – lo accusai

-         No! Cazzo, Potter, non ho mai voluto che morisse! Se avessi saputo come sarebbe andata a finire, io… -

-         Ma non hai fatto nulla. Hai lasciato che le cose prendessero il loro corso. –

-         Si – confermò. Un’ammissione di colpevolezza.

-         Eppure sapevi della trappola –

-         Si –

-         Pensi ancora che sia stato io ad ucciderlo? –

-         Penso che entrambi abbiamo causato la sua morte. La tua stupidità e il mio fottuto egoismo. –

 

Restammo entrambi in silenzio, per quelle che mi parvero ore. Alla fine, proposi

-         Ti racconterò com’è andata. –

 

Ma non per riguardo nei suoi confronti. Volevo che sapesse, nei minimi dettagli, com’era morto suo padre. Per colpa sua.

  
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