Yellow.
Seduto a gambe incrociate nel mezzo del salotto, Sherlock
pizzicava le corde del suo violino con oziosa noncuranza, troppo
immerso nei suoi pensieri per curarsi di qualsiasi cosa accadesse al di
fuori della sua mente.
Alzò appena lo sguardo sulla tappezzeria rovinata del muro davanti. La luce sbiadita della luna che entrava dalla finestra proiettava sul pavimento le ombre lunghe e rettangolari delle valige ammassate vicino alla porta. La sua ultima notte qui.
Sherlock appoggiò con cura il violino a terra e gattonò fino ad una cassa in pelle - sciolse la fibbia e aprì il coperchio. Dentro, stipati in ogni angolo possibile, tutti i taccuini in cui John aveva annotato minuziosamente i loro casi.
Ne afferrò uno piuttosto spesso, dalla copertina gialla e ruvida e iniziò a sfogliarlo lentamente, nella penombra della stanza. Ci sarebbe stato tempo, la notte era lunga e John avrebbe dormito almeno altre quattro ore.
Alzò appena lo sguardo sulla tappezzeria rovinata del muro davanti. La luce sbiadita della luna che entrava dalla finestra proiettava sul pavimento le ombre lunghe e rettangolari delle valige ammassate vicino alla porta. La sua ultima notte qui.
Sherlock appoggiò con cura il violino a terra e gattonò fino ad una cassa in pelle - sciolse la fibbia e aprì il coperchio. Dentro, stipati in ogni angolo possibile, tutti i taccuini in cui John aveva annotato minuziosamente i loro casi.
Ne afferrò uno piuttosto spesso, dalla copertina gialla e ruvida e iniziò a sfogliarlo lentamente, nella penombra della stanza. Ci sarebbe stato tempo, la notte era lunga e John avrebbe dormito almeno altre quattro ore.