*Ragazzi, so che non vi
sembra vero, ma vi presento un nuovo capitolo di questa storia, è da moltissimo
che non aggiorno ma ho avuto un periodo da paura, fra le vacanze col braccio
rotto di mia mamma, poi il lavoro con l’università…e teoricamente mi sta iniziando
la sessione invernale degli esami all’università, non so quanto arrivo ad
aggiornare, per cui ho deciso comunque, ormai, di portare avanti queste storie
a cap che ho iniziato, ma poi di farne poche per volta, anche se ne ho in testa
quarantamila! Oggi parla Akane, siamo al numero 9. Ho poco da dire se non buona
lettura! Baci Akane *
CAPITOLO XIII:
SI è COSTRUITA DAL
NIENTE
/Non è tempo per noi/
I primi risultati della
riabilitazione cominciano a farsi sentire e vedere, uso con più esperienza le
stampelle e la gamba mi fa sempre meno male, rispetto ai primi tempi, ma ogni
tanto ho delle fitte assurde…il medico ha detto che anche se guarisco mi
trascinerò sempre questa cosa dei dolori alla gamba, ma saranno sempre più
sopportabili, l’obiettivo mi pare d’aver capito che è il recupero quasi totale,
per il meglio che si può, delle funzioni interrotte. Io sono certo di riuscirci
poiché lo voglio e mi ci impegno e penso che questa sfida sia
interessante…anche se a volte vorrei mollare e tornare dove ero prima, dagli
altri…stare qui solo non mi fa bene, sono un animale da compagnia e questa
solitudine forzata mi angoscia. Mia mamma si è trasferita qua, ha trovato un
nuovo lavoro da queste parti e sta ricominciando una vita in funzione della mia
frattura e delle mie esigenze, detesto pesare sugli altri ma ora come ora peso
su tutti…forse solo sulla mia squadra di basket non peso poiché non sono più
fra loro…anche se ammetto che devo averli messi non poco alle strette, del
resto è dura giocare senza di me!
Giocare senza di me…una
volta l’ho provato e mi pareva d’impazzire, a dire il vero sono stato in
panchina solo per metà partita, il resto l’ho giocata.
Onestamente non pensavo
che alla fine mi mettesse, Yamazaki, ma deve aver ammesso la mia essenzialità
in campo, Hitonari stava schiattando, era così stanco…del resto doveva far
tutto da solo…quella è stata la prima volta che abbiamo giocato tutti insieme,
cioè è lì che la squadra Kouzu si è formata…prima era niente, c’eravamo io e
Hitonari ancora un po’ in contrasto l’uno con l’altro, poi è arrivato Yamzaki
che ha tirato su una banda di stupidi, ma stupidi molto affiatati ed uniti, una
vera squadra. Se ricordo come eravamo prima non ci credo poi che siamo giunti a
quel punto. Eppure ci siamo.
Ed ora si è sciolto.
Lui e Kanemoto se ne
sono andati, io anche…sono rimasti Hitonari e Harumoto…e nuovi che arriveranno,
cambieranno il Kouzu inevitabilmente ma non è detto in peggio. Sono sicuro però
che non sarà mai più, nulla, come prima. Mai.
Anche quando guarirò
sarà diverso perché ci sarà un’altra squadra al posto di quella che ho
lasciato, sarà giusto irrompere coi miei soliti modi e tornare quelli di un
tempo? Non sarà mai possibile. Io ormai sono fuori ma ho una promessa da
mantenere, un compagno da rincontrare sul campo.
Ce la metterò tutta se
non altro per quello.
La famosa partita dove
ho giocato solo metà tempo, è stata dopo i punti che mi sono beccato al
braccio, mi facevano discretamente male, ma li ho bellamente ignorati e il
famoso quintetto base del grande Kouzu è entrato in azione la prima volta.
Non avrei mai
rinunciato al mio posto, avrei dovuto cedere il passo almeno per
quell’occasione, ma non avrei mai potuto dormire, dopo. Non potevo non dare il
mio contributo.
Pensai chiaramente che
volevo rimanere lì e lì sono rimasto per tutti i minuti possibili, senza
mollare solo per qualche impedimento fisico, dolori vari e un medico che mi
dice: no, non giochi!
Nessuno mi da’ ordini,
nessuno può tenermi lontano dal basket.
Nessuno, lo pensavo
veramente, però ora ci sono fuori. E lì come va?
Andare va bene, ma a
volte serve un motivo, io l’ho sempre avuto eppure mi chiedo se sia tutto qui,
la risposta tuttavia è sempre si.
Penso che più che altro
sia il tempo: quella volta era il mio tempo, quello di Hitonari in coppia con
me e Yamazaki e Knemoto e Harumoto…e forse ora non è più tempo per noi insieme,
per me. Ho sogni troppo grandi, più grandi di me. Non sarà mai più tempo per me
in quella squadra, ho questa sensazione, quel giorno dei punti al braccio si,
finchè mi si è riaperta la ferita, sono andato avanti…ed ora ho mollato così.
Sono ormai fuori moda e
fuori posto, là con loro non è il mio, non mi dispero, troverò un altro posto e
dopo di quello ne troverò un altro riconquistando quello che desidero.
Del resto non lo era
nemmeno per noi insieme nel mondo…cioè il mondo è un postaccio e noi eravamo
fuori posto, tanto che ci siamo costruiti il nostro angolo lontano da tutto e
tutti, con la nostra realtà e verità, mi sta bene, ci è sempre stato bene, ma
ora è cambiato tutto, farò quanto posso per tornare ad essere felice con loro,
ma non è detto che sarà possibile.
Consiste in questo la
mia sfida!
Quelli erano tempi
diversi comunque, quando per rialzarmi mi è bastato una parola di Hitonari, una
sfida indiretta, un insulto ed io ho ripreso le forze urlandogli di consolarmi,
quando abbiamo rivisto in forze e salute l’allenatrice, incosciente, quando
anche se avevo il braccio pieno di sangue, andavo avanti lo stesso a giocare,
come un carro armato, quando nonostante avessimo perso, sembrava che avessimo
vinto; certo ora è diverso da allora e possiamo solo vivere, soddisfatti o no,
non rimborsano mai, eppure ci prendevamo abbastanza da ogni sciocchezza, erano
strade troppo strette o dritte, ma se qualcuno voleva cambiare rotta allora
come si faceva? Bastava stare insieme, affrontavamo i nostri problemi a modo
nostro, l’abbiamo fatto capire anche ai genitori di Hitonari, nonostante non ci
fosse mai stato un posto per noi, ce lo siamo preso in quella squadra e nessuno
ci avrebbe mai raggiunto se io non avessi perso le ali.
Le recupererò.
Ho molta tristezza ma
non rimpianti. Rifarei tutto.
/Credici un po’/
Quello che mi manca di
più. Oltre a Hitonari e al basket, sono quei momenti in cui me ne stavo proprio
con lui, su nel tetto della scuola, a mangiare e dormire, eravamo solo io e
lui, alla mattina venivamo e ci salutavamo, dopo poche chiacchiere decidevamo
di passare qualche ora su di sopra. Era divertente, lo facevamo spesso, lui
dormiva e parlava ogni tanto con me, io mangiavo e per lo più parlavo da solo.
Eravamo affiatati già
da allora, nonostante tutto.
Lui poi era un tipo che
non lo dava a vedere ma in realtà non si perdeva nulla dei suoi compagni di
squadra, ora è addirittura migliorato sotto questo aspetto: lo dimostra, questo
suo lato d’attenzione! A modo suo ma lo dimostra!
Sembra che non ascolti
e che non gliene importi di nessuno, ma poi si ricorda di tutto e finisce che
per lui conta anche quello che per me sembra irrilevante.
Anzi, il più delle
volte è così perché noi due abbiamo l’animo uguale, ma il resto è completamente
diverso.
Ora sono solo obbligato
a starmene in classe ad ascoltare questa lezione noiosa. Sbuffo senza
preoccuparmi di farmi sentire.
Non era un patto deciso
in precedenza, ma ci incontravamo alla mattina, ci salutavamo e chiedevamo:
‘Dì, hai voglia di seguire lezione?’ Ovviamente dicevamo di no e ce ne salivamo
insieme all’ultimo piano.
Era un piacere, lui non
scassava troppo e se dicevo che non mi andava di far qualcosa non insisteva.
È iniziata proprio così
quella mattina in cui la combina guai Sumire se ne uscì in lacrime dalla sua
pietosa partita. Non l’ho vista ma sapevo benissimo la figuraccia che aveva
fatto.
Lei non lo fa apposta,
si impegna e ci tiene, le piace il basket, ma ha i suoi limiti e deve capirlo.
Vederla nel basket è veramente da piangere!
Glielo dissi fuori dai
denti, come facevo sempre e lei puntualmente si è messa a piangere gridandomi
come al solito qualche insulto. Mah…uno è sincero e poi ci rimedia questi
ringraziamenti!
Ogni tanto si ci
ripenso ammetto che è difficile avere a che fare con le persone e lì per lì
anche con Lumiera, ma con lei è diverso. Glielo dissi anche dopo che se ne era
andata, la raggiunsi al campetto, stava giocando come suo solita da far schifo,
sbagliava tutto, non c’era nulla che facesse giusto e la cosa mi fece
arrabbiare. Perché doveva essere così?
Era proprio una scema.
Ci tiene alle cose ma non le sa trattare e se non ci arriva si limita a
disperarsi perdendo di vista la cosa più importante.
È questione di testa
quando affronti le tue passioni.
È tutto un gioco di
testa, certo, la tecnica c’è, ma quella la impari…se non lo fai con la
mentalità giusta è tutto inutile. E lei non l’ha mai avuta!
Non volevo tornarmene
indietro, quella volta, ma non ho resistito, mi prudevano le mani, così sono
scoppiato e le ho gridato parole poco delicate, a detta del suo giudizio
finale…mi ha insultato di nuovo ma poi a forza glielo ho fatto capire il suo
errore maggiore.
È rimasta male, non
pensava forse che potessi essere così intelligente!
Poi ho cercato di
correggere il ‘tiro’ che le avevo giocato e le ho insegnato il mio
trucco…ammetto che mi è costato perché era una cosa mia ed esclusiva, un
segreto…ma le serviva, altrimenti avrebbe continuato a piagnucolare fino alla
fine dei suoi giorni, ed io non l’avrei sopportata. Sto bene con lei proprio
perché sa tirarsi su veloce e senza complimenti, lei non mi tratta come un
alieno o chissà chi…sa trattarmi e basta…del resto dopo tutti questi anni, io e
lei siamo nati e cresciuti insieme, era presente anche quando è morto mio
padre, non mi ha mai mollato. È stato un sollievo, lo ammetto…ci tengo a modo
mio a lei. È strana e buffa ma
rilassante, so come prenderla e viceversa, lei non è mai cambiata e va bene
così perché normalmente crescendo si guasta sempre tutto invece fra noi non è
mai successo. Da piccoli giocavamo sempre insieme e lei mi sgridava per mille
cose ma non si staccava mai da me, ci chiamavamo sorella e fratello, quasi, e
il fatto che crescendo lei e nemmeno io siamo cambiati, dimostra che questo
rapporto è rimasto intatto ed è destinato a durare.
L’ho sempre vista come
mia sorella…dirglielo ha fatto bene, lei l’ha capito, non è scema. Dicendo che
è sempre tutto come quando eravamo bambini, sempre nell’occasione appena
ricordata, è stato giusto, ma del resto
non sbaglio mai!
/per essere alla sua altezza/
Mi distrae dai miei
pensieri la voce insistente che vorrebbe essere inudita dagli altri, della
scimmia rossa, volto la testa annoiato e lo vedo che parla proprio con me,
accanto al mio banco:
- Ehi, dopo andiamo a
vedere la squadra che gioca?-
Alzo un sopracciglio e
poi anche l’altro, infine corrugo la fronte e parlo ad alta voce senza
preoccuparmi degli altri che ascoltano:
- Ma sei proprio scemo,
eh? Cosa diavolo ci andiamo a fare in quel posto? Conciati come siamo?-
E dimmi se ho torno!
Non ci tengo a vedere quelle schiappe che giocano a basket…e ricordarmi così
che anche la mia squadra ci dà dentro mentre io sono qua a cercare di stare in
piedi da solo…da pietà!
Lui gonfia le guance e
fa l’aria da arrabbiato, che mi fa uscire ancora di più dai gangheri!
- Scemo, prima di
andarci dobbiamo riuscire a stare in piedi senza quegli stupidi bastoni!
Dovremo rafforzarci molto e solo dopo, con allenamenti personali, riusciremo a
ritrovare la forma di prima e a volare…-
Lui continua a
borbottare incazzoso, ma io non lo cago, mi annoia anche stare a litigare con
questo imbecille! La frase che ho appena avuto mi fa ricordare che ho avuto
altre volte pensieri simili.
C’è stato un periodo in
cui io e Hitonari andavamo d’accordo, cioè iniziavamo ad andarci, continuando
su quella strada saremmo diventati culo e camicia, ma io mi sentivo sempre
inferiore a lui, sul campo, mi bruciava. Così ho fatto il mio bel ragionamento:
se gli sto sempre accanto giocando poi finisce che vivo alla sua ombra e non
riesco a superarlo come voglio…devo darmi da fare per conto mio, da solo, in
segreto e tornare da lui quando lo avrò superato, lo sorprenderò e le cose
cambieranno. In un certo senso ho avuto fretta, ma volevo fargli una sorpresa,
per non perdere di vista il mio obiettivo, non volevo allontanarmi da lui o non
mantenere la mia promessa di migliorare con lui. Lui ha frainteso in pieno.
Forse io avrei dovuto
parlargliene, ma ancora ora sono convinto di non aver sbagliato, è lui
l’esagerato, lo scherzo che mi ha tirato è stato brutto.
Devo fare così anche
ora e non penso che se la prenderà, quando poi mi rivedrà in campo di fronte a
lui…non sarebbe affatto male, già mi immagino la sua faccia, diversa da quando
ci siamo separati per forza maggiore…farò di tutto per non trovarmi ad essere
suo compagno per accorgermi che non sono alla sua altezza, che non riesco a
raggiungerlo. Lui mi aspetta ed io arriverò, utilizzerò ogni mezzo possibile, ce
la farò. Sono convinto che questa sia l’unica strada e lui dovrà capirlo!
- TACHIBANA E COMPAGNO!
ALLORA, MICA SIETE A CASA VOSTRA!-
L’urlo isterico della
prof mi risveglia dai miei pensieri. Stavo già ricordando gli allenamenti con
Yamazaki che ho fatto in segreto per fare una sorpresa a quel somaro…ma che
palle, devo interrompermi!
Lanciò uno sguardo
stufo alla donna dagli occhiali triangolari e spessi, ha l’aria proprio
antipatica…sembra un imbuto gigante con quei capelli cotonati ed ossigenati!
Poi la fisso meglio…ma sembra che si sia fatta una lampada da tanto che è
rossa…e le spalle? Larghe come un uomo…non è che è un travestito? Mi alzo e
avvicino la testa stringendo gli occhi in sua direzione…quello che vedo è
proprio un imbuto gigante che urla e parla…con gli occhiali a triangolo!
Non riesco a trattenere
la risata e la piccola fitta alla gamba per essermi alzato, non mi fa tornare
in me, in pratica mi metto a sbaccanargli in faccia!
Del resto quella è
troppo buffa!
/Giunti a questo punto…/
Sulla strada per la
presidenza, da solo poiché quella scimmia rossa non ha riso, lo stronzo, posso
finire in santa pace il mio pensiero precedente!
Trovo tutt’ora Hitonari
un enorme e grosso pezzo d’idiota!
Ancora non mi aveva
capito bene, altrimenti non mi avrebbe detto, in palestra, quelle parole senza
senso. Io non potevo stare a dirgli come stavano le cose e disfare i miei
piani, ero convinto avrebbe capito alla prima sfida fra noi due, in campo. Ma
credevo male.
Mi chiesi cosa pensasse
mai di me quello scemo, mi reputava uno svogliato qualunque che pensava di più
a cose senza senso piuttosto che a quelle veramente importanti…pensava che
mancassi la mia parola…pensava che me ne andassi, che mi stessi
allontanando…uff, a ripensarci mi prudono le mani come quella volta…è stato lui
a picchiarmi per primo ma ho reagito, non potevo starmene buono mentre lui mi
diceva quelle cattiverie acide peggio di uno yogurt!
Mi merito tanti
insulti, ma non che non sono una persona di parola!
Se solo avesse saputo
fidarsi di me non sarebbe successo quello che poi è successo.
Io forse potevo
rispondergli diversamente, ma che altro potevo dirgli? Mi aveva fatto
arrabbiare anche lui, io ero nel giusto, sapevo di esserlo, non potevo
dirglielo e poi mi vergognavo! Già, proprio così, mi vergognavo di dirgli che
sto facendo di tutto per essere alla sua altezza il prima possibile!
Solo che io a
differenza sua, l’avevo capito già da allora…in alto, va bene…ma non dovevamo
andare sempre perfettamente d’accordo noi due…era oltre le nostre capacità!
Sbuffo.
Non voglio ricordare
oltre. Quando scoprii quello che mi aveva fatto…che mi aveva lasciato senza
dire niente…giuro che andrei là da lui solo per riprenderlo a pugni.
Non lo ammetto
facilmente, ma mi viene male come allora. È stato il colpo più duro che potesse
essermi stato giocato.
Ma questa volta devo
tornare del tutto alla realtà, cosa che odio di più, in questo periodo.
Fermo le stampelle,
sono arrivato davanti alla porta della presidenza.
Per la fine di tutta
questa sfida avrò dei muscoli mostruosi alle braccia…e la pazienza esaurita!
Qua Hitonari direbbe:
pazienza? Quando mai hai avuto pazienza, tu, Tachibana?
Scemo…vedrai che ti
faccio una bella sorpresa!
FINE CAPITOLO XIII