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Autore: Maatkara    11/04/2011    1 recensioni
Due donne arrabbiate e sole, e una terza, perduta;un giovane artista che ha trovato per caso l'ispirazione e una storia da scoprire, legata dal nodo di seta di un nastro per capelli.
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Questo capitolo è dedicato alla mia mamma, che quando ha saputo cosa stavo facendo, ha commentato che non dovrei perdere tempo a fare scempiaggini su Internet anzichè studiare. Fa sempre piacere sentirsi apprezzati!
 

UN'OCCASIONE


Si svegliò quando la lama di luce che penetrava tra le tende raggiunse il suo viso. Il quadro era sul cavalletto, coperto da un panno.  Si alzò indolenzito dal divano e aprì la finestra, passandosi una mano tra i capelli; restò qualche momento a guardare Montmartre che brulicava di attività, e si domandò che ore fossero.
«Sono quasi le undici, e non c’è bisogno che io ti dica quanto tu sia in ritardo.»
Pensare ad alta voce dev’essere diventato un vizio.
In piedi, appoggiato allo stipite della porta, dondolando il mazzo di chiavi simbolo della sua condizione, stava il padrone di casa. Era un uomo di mezza età, rubicondo e ben piazzato,  con i baffi brizzolati e pochi capelli. «Voi artisti, sempre infaticabilmente all’opera, eh?»  ridacchiò.
Il ragazzo indicò il cavalletto con il mento «Ma se ho lavorato tutta la notte...Ehi, in ritardo per cosa?»
Continuando a sogghignare, l’uomo rispose: «Ho una grande novità per te: un lavoro! Piantala di consumar pennelli e va’ a mettere in pratica quello per cui hai studiato.»
«Ma io ho studiato per questo!» protestò il giovane
«Ecco, appunto. La contessa D’Anvers ha bisogno di qualcuno che le dia un’occhiata ad un quadro, sai, una sistematina. Ti aspetta per mezzogiorno a Place du Châtelet, nel vecchio palazzo dei Cahen. Ti ho raccomandato io, quindi vedi di non farmi fare brutte figure!» Esclamò all’indirizzo del giovane, che aveva già smesso di ascoltare. Girava a grandi passi per la stanza, torcendosi le mani con aria confusa.
«Mezzogiorno? Ma… e il pranzo? E poi dov’è Place du Châtelet? Non ci sono mai stato! … la contessa D’Anvers, avete detto? Mon Dieu… Devo raccogliere i miei strumenti… ma cosa mi servirà, poi? Qui è un tale caos…»
Il padrone di casa squadrò stupito l’affittuario, domandandosi che tipo di problemi avesse. «Insomma, giovanotto, come mai tutta questa emozione? Non riesci a credere di stare per guadagnarti il pane col tuo proprio lavoro, o hai bevuto qualcosa di strano?» Ma l’artistello lo guardò stralunato ed esclamò: «Starete scherzando! Non sapete che varia, ampia, meravigliosa pinacoteca possiede la contessa? Quali splendide opere? Quali…»
L’uomo ritenne molto più prudente abbandonare il campo, prima che fosse troppo tardi. Lui non si rese nemmeno conto di essere rimasto solo, troppo preso a provare fra sé e sé i commenti da esperto che avrebbe sfoggiato davanti alla contessa D’Anvers.
 
Qualche minuto dopo, era per strada, cercando di ricordare le indicazioni che gli aveva dato la portinaia.
Svoltare a destra, in Rue Marcadet, poi a sinistra… pregando con fervore tutti i santi che conosceva di non perdersi e non far  tardi. Camminò spedito per un paio di minuti, poi, come suo solito, si distrasse e si rilassò, rallentando il passo. Col pensiero tornò alla sera precedente, sentendosi un po’ in colpa per aver mentito a monsieur Vendryes.
Non aveva affatto lavorato tutta la notte.
 
Il quadro era già praticamente finito, quando lui aveva trovato il nastro di Marcella; a quel punto lo aveva semplicemente coperto con un panno ed era uscito di corsa, senza sapere bene dove stesse dirigendosi.
Si era trovato a percorrere la strada lungo la quale l’aveva incontrata la prima volta, vicino ai baracconi dei circensi, e fin qui, nulla di originale; si era aspettato di arrivare lì. Ma si era accorto di stringere ancora in mano il nastro, e non sapendo bene cos’altro fare, gli aveva dato un’occhiata da vicino.
Osservandolo, si era meravigliato parecchio che un ornamento del genere appartenesse ad una povera prostituta. Si trattava infatti di un nastro di seta ricamato di azzurro, con un motivo a fiori ed un monogramma (che non era riuscito a leggere, illuminato solo dalla fioca luce del lampione); per quanto apparisse liso e sporco, era chiaro che fosse stato fatto a mano, e pagato parecchio.
Sempre più incuriosito, si era diretto verso i baracconi, ficcandosi il fiocco in tasca.
Di nuovo, non sapeva bene cosa stesse facendo, o chi stesse cercando. Non era affatto sicuro di voler rivedere Marcella, ora che il quadro era stato fatto, eppure si era trovato a chiedere di lei.
«A quest’ora? Sta lavorando» aveva risposto, con un ghigno beffardo, la vecchia sdentata e puzzolente a cui si era rivolto. Lui era rimasto imbambolato, incapace di articolare una frase.
Per dire cosa? Non aveva la minima idea di cosa stesse facendo!
Poi l’anziana l’aveva condotto in un posto “dove aspettarla”. Doveva averlo scambiato per un cliente.
La stanza era piccola, soffocante, piena di oggettini e stracci colorati. In un angolo c’era un lettino rifatto alla meglio, e dalla parte opposta un tavolino storto. Su di esso – unico mobile della stanza – bruciava la candela lasciata dalla vecchia. Si era guardato intorno, incuriosito; chiaramente doveva trattarsi della stanza di Marcella. Gli oggetti non erano poi molti, ma la confusione era terribile. Solo il piccolo tavolo aveva un aspetto immacolato: su di esso si trovano solo una fotografia incorniciata ed un vecchio libro, dall’aspetto molto consunto. La fotografia mostrava una bambina di circa undici anni, dai lunghi capelli scuri e l’espressione aristocratica. Di certo non trattava di Marcella; la ragazzina dell’immagine era molto più bella. Il viso aveva però la stessa forma triangolare, e tra i capelli lo stesso fiocco bianco. Aveva aperto la cornice,  curioso di conoscere la data, ma aveva potuto leggere soltanto la parola Maman, in una grafia incerta. Rimesso tutto a posto in fretta, sentendosi più che ma un intruso, aveva rivolto la sua attenzione al libro. L’aveva preso in mano, aprendolo alla prima pagina. Il titolo diceva Élégies, Maries et Romances, Marceline Desbordes-Valmore; sotto, vergato in una calligrafia elegante ma frivola, c’era il nome di Isabelle D’Anvers.


Spazio Autrice:
Ciao a tutti, e grazie mille, carissimi, eroici lettori che siete arrivati in fondo a qusta pagina!
Apprezzo molto il fatto che facciate finta che questa storia vi interessi.
Fatemi sapere se il capitolo è troppo lungo. Dovrebbero mancarne solo due.
Grazie ancore, e alla prossima!
Maatkara
  
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