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Autore: La Signora in Rosso    12/04/2011    8 recensioni
"...senza quel dannato pomeriggio non sarebbe incominciato nulla."
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte! Vogliate perdonarmi la lunga attesa, me ne rendo conto, ma avevo (e forse continuo ad avere, chissà) un piccolo blocco. Spero che mi passi presto.
Ciò nonostante ho cercato di darmi da fare come avevo promesso a qualcuno in particolare ;) ed eccomi qui. È corto-corto come capitolo, ma spero che mi perdoniate anche per questo: sto cercando di riprendere la mano. E chissà, magari nel prossimo inserirò anche qualcosa di più “interessante”, per così dire. Ma non voglio correre troppo, anche perché il blocco è sempre in agguato, pronto a raggiungermi nuovamente.
Detta tutta questa filippica, ringrazio nuovamente coloro che hanno lasciato qualche commento ed invito altre a farlo, altrimenti non posso capire se sto migliorando o meno. ;)
Clemenza è la parola d’ordine. ;)
Buona lettura ^^
Un bacio.
 
 
 
Quel momento durò un attimo.
Poi Frank riaprì di colpo gli occhi e si rese conto di star respirando il respiro dell’altro.
Gli era piaciuto e continuava a piacergli, avere Gerard così vicino a lui, che lo schermava dall’alto, ma il tutto era come un treno lanciato alla massima velocità verso di lui: era un sentimento destinato a travolgerlo e ad annientarlo, che sia stato positivo o meno.
E lui lo sapeva, sapeva di non avere più scampo a tutto ciò, che il tempo che gli era stato concesso per allontanarsi dai binari era scivolato rapido come scivola la sabbia di una clessidra, rapido come l’acqua di una cascata che brama di raggiungere al più presto il suolo. Frank aveva tentato di resistere alla forza che lo attirava, che lo attirava verso Gerard sin dall’inizio, ma aveva fallito, e ora si era schiantato con un tonfo, inesorabilmente.
Ancora si poteva sentire l’eco dello schianto che aveva provato il suo cuore, Gee lo poteva sentire nell’aria, dentro di sé, perché era esattamente lo stesso che aveva provato lui stesso.
 
Poi si staccarono l’uno dall’altro, colmi di imbarazzo.
 
- Scusa… io… non so cosa sia successo… è colpa mia… -
 
Frank non capì perché parlò di colpa in quel momento.
Forse perché aveva ripreso a ragionare con la testa e non col cuore, forse perché si ricordò che solitamente i ragazzi non si baciavano sulla bocca, a meno che non fossero… non fossero come quelli del locale; forse pensò che la gente non avrebbe capito, e che lui era uguale preciso identico a quella gente, e che di conseguenza non avrebbe dovuto capire quel gesto nemmeno lui.
 
- … colpa è una brutta parola, Frank. –
 
Gerard non aveva altro da dire, non pensava altro che questo. Colpa è una brutta parola. La loro non poteva essere una colpa. Le colpe originano del male, portano a conseguenze spiacevoli.
E Gerard si chiedeva come una cosa così bella come quella che avevano appena provato potesse portare a cose “cattive”. Poi si ricordò anche lui dei giudizi, dei pregiudizi della gente, delle parole sussurrate ad alta voce quando non vuoi, ma in realtà vuoi farti sentire. Le risatine di scherno, i pugni, i lividi, le scritte offensive, le lacrime.
Ma tutto questo non poteva essere colpa di Frank, di quel ragazzo che – lo notava solo ora – indossava la maglia giallo sole che gli aveva scombussolato i gusti, di quel ragazzo che lo guardava come nessun altro lo aveva mai fatto, che tremava al solo averlo vicino, che lo aveva baciato. Così teneramente.
No, il suo cervello si rifiutava di crederlo.
 
- Io non so perché sia successo, ma… va bene così. A me… ehm… a me non da fastidio, ecco. –
 
Aveva tirato fuori tutto il coraggio che aveva trovato nascosto nel suo corpo per dire una cosa del genere.
Sebbene pensasse di essere gay da un paio di anni, sebbene avesse frequentato Il Cowboy, sebbene avesse provato ad amare qualche ragazzo in quegli anni, lo aveva fatto unicamente col corpo, fisicamente, senza mai pronunciare una parola sulle sue relazioni. Mai. Il più delle volte durava una notte, forse due, il tempo di guardarsi, piacersi e di portarsi a casa uno dell’altro. Niente parole, niente presentazioni, qualche volta il nome e l’offerta di qualcosa da bere, e poi nient’altro.
Era per questo che aveva ancora dei dubbi, dubbi che Frank aveva prontamente spazzato via con forza.
Non poteva non capirlo, in quel momento di smarrimento, e non poteva non cercare di confortarlo. Era il minimo che potesse fare.
 
In tutta risposta ricevette un sorriso abbagliante che gli fece capire perché il giallo di quella maglietta stesse così bene sulla persona di Frank.
Era un sorriso genuino, che scaturiva dal profondo e che si irradiava in ogni angolo della sua figura, sulle labbra, le guance, gli occhi, la fronte, che lo investiva come dei raggi, che lo circondava di luce, di calore.
 
- Ehm, beh allora, se non ti dispiace, possiamo ancora andare a prendere qualcosa assieme per pranzo… no? –
 
Frank era diverso ora: era più distaccato e insieme sensibile, era più leggero e al contempo ancorato al terreno su cui poggiavano i suoi piedi. Era sciolto, sciolto dalle parole di Gerard e sciolto nei movimenti, nel respiro regolare; non tremava, ma era comunque preoccupato.
E se ne rendeva conto.
 
“Eh bello mio. Siamo andati per benino, eh? Vediamo, ti capita molto spesso di sentirti così tutto e il contrario di tutto? Scommetto di no.”
 
Eggià, non era mai capitato.
 
- Certo! Se sei pronto possiamo andare allora… -
 
Pronto? Ah, che domande!
 
- Sicuro, prendo il portafogli e arrivo… eccolo qui. Bene, sono pronto. –
 
E lo investì con un altro di quei suoi sorrisi, così naturali. Come un…come un bimbo.
 
“Quante volte hai pensato a Frank come ad un bambino, Gee??? Cioè, guarda che uomo che hai di fronte e lo pensi così infantile! Suvvia! “
 
In realtà ciò che gli veniva costantemente in testa era l’idea della naturalezza e garbata sfacciataggine dei bambini.
 
“Vabbè, sempre dell’infantile gli dai… cambia poco…”
 
E invece cambiava molto. Cambiava tutto.
Cambiava così tanto che si sporse nuovamente verso di lui e gli regalò un nuovo, delicato bacio.
Era appena vicino alle labbra, non perfettamente centrato per non rovinare quel sorriso ancora tirato sul viso dell’altro ragazzo. Che continuò a sorridere, beato.
Come Gerard del resto!
 
  
  
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