Cap.7:
Organizzazzioni segrete e altre piccole scaramucce
Per i primi mesi che
seguirono l’inizio delle lezioni, un cielo grigio e plumbeo
accompagnò la vita quotidiana dei ragazzi tra le mura del
castello.
Era un tempo lugubre e opprimente che ben si intonava con la piega
ripida e scoscesa che i recenti avvenimenti avevano preso.
Il Ministero della Magia aveva infatti reso chiari ed evidenti i suoi
fini: insinuarsi profondamente e controllare tutto ciò che
riguardava l’organizzazione, la struttura e
l’insegnamento alla scuola di Hogwarts.
Per fare questo,
Non solo gli studenti, quindi, ma anche gli insegnanti dovevano tenere
in seria considerazione la loro condotta.
C’era chi, come
Ben presto, poi, Harry
scoprì di non essere l’unico studente ad essere
stato sottoposto alle punizioni della nuova insegnante di Difesa contro
le Arti Oscure.
Come per gli altri, il
taglio sul dorso della mano di Harry* si
era fatto via, via sempre più nitido. Ogni seduta, come
Quando poi gli propose di rivolgersi a Silente, l’ostinazione
del ragazzo si rafforzò ulteriormente.
Non voleva chiedere aiuto a nessuno, altrimenti
Fin dall’inizio delle lezioni, il rapporto tra Harry e il
professor Silente era diventato quanto mai ambiguo.
La particolare attenzione, predilezione si potrebbe dire, che Silente
aveva dimostrato fino a prima dell’estate scorsa nei
confronti di Harry, era totalmente scomparsa per lasciare posto a
un’indifferenza mai vista prima.
Di rado il ragazzo si sentiva rivolgere la parola
dall’anziano professore né ricordava
l’ultima volta che Silente l’aveva guardato dritto
in volto.
Stava lì, con lo sguardo fisso nel vuoto, ascoltando,
annuendo, e di rado parlando.
Quell’innaturale ma profonda freddezza inquietava Harry e lo
innervosiva.
Senza l’appoggio e la vicinanza di Silente, il bambino che
è sopravvissuto si vedeva ancora una volta solo contro
Voldermort, e contro tutti coloro che lo ritenevano un bugiardo.
L’intensificarsi della vita scolastica, poi, e gli impegni
sul campo di Quidditch occupavano gran parte del suo tempo e
contribuivano a rendere più faticosa la sua giornata tanto
che riusciva
a malapena a stare al passo con i compiti… Ron era ancora
più indietro di lui perché, se entrambi avevano
gli allenamenti di Quidditch due volte alla settimana, Ron aveva anche
i suoi doveri di prefetto. Hermione, invece,**** che dal
punto di vista dello studio non aveva mai avuto problemi, trovava
anche il tempo di sferruzzare altri indumenti da elfo. Harry doveva
ammettere che stava migliorando: ormai si riusciva quasi sempre a
distinguere i berretti dai calzini.****
In tutto questo, poi, c’era anche Ella.
Le cose non andavano molto bene nemmeno per lei. Presa
dall’intensa mole di compiti e ricerche extra, la ragazza
doveva dedicare il poco tempo che le restava alle lezioni private con i
diversi professori, ciascuno dei quali pretendeva, e non a torto,
precisione nelle consegne dei compiti e puntualità ai
ricevimenti.
Nonostante tutto, però, Ella teneva duro. La sua nuova vita,
le nuove amicizie e la routine quotidiana, sebbene molto faticose, non
le dispiacevano affatto. Avere tante cose da fare le occupava la mente
e non le lasciava tempo da dedicare a ulteriori pensieri…
Era appena trascorsa la mezzanotte quando la ragazza alzò lo
sguardo dal libro degli incantesimi e posò la penna sul
tavolo della Sala Comune dei Grifondoro. Guardandosi intorno, vide Ron
ed Hermione seduti accanto al fuoco. Troppo stanchi per continuare a
giocare a sparachiocco o anche solo per litigare, si erano abbandonati
sulle comode poltrone vicine al caminetto.
Improvvisamente, Ella sentì un leggero fruscio a livello
delle caviglie.
Grattastichi cercava di farle le fusa, sperando di riuscire a farsi
prendere in braccio.
“Ehi, bel micione,” Disse piano. “Ron ed
Hermione non sono molto di compagnia sta sera, vero?”
Grattastichi le rispose miagolando piano e subito le balzò
sulle ginocchia.
“Sei l’unico qui che non sembra avere bisogno di
una buona dormita. Potrei essere invidiosa, anzi, dovrei già
esserlo, sai?” Continuò la ragazza, accarezzando
il gatto.
Ma essendo riuscito nel suo intento, Grattastichi sembrava non volerle
neanche dare ascolto.
Ella sospirò lievemente. Quella mattina, nell’ora
buca tra la prima e la seconda lezione, era andata dalla professoressa
Caporal per l’ultima volta. L’insegnante
si era dichiarata soddisfatta dei suoi progressi e non riteneva ormai
necessario continuare con le lezioni di recupero.
Improvvisamente, un rumore di passi iniziò a farsi sempre
più nitido. Il silenzio permeava così
profondamente il castello che Ella poteva sentire i passi avvicinarsi
sempre più al buco del ritratto.
“Parola
d’ordine?” Sentì dire
alla Signora Grassa.
“
Puzzalinfa.”
Risposero.
E naturalmente, Ella sentì il ritratto farsi da parte e vide
Harry fare capolino nella Sala Comune.
“Ciao!” Le disse, ma subito Ella gli fece segno di
parlare a bassa voce, indicando Ron ed Hermione.
“Da quanto dormono?” Sussurrò Harry,
avvicinandosi al tavolo e sedendosi.
“Non so di preciso ma credo da un bel
po’.” Gli rispose Ella e i due si scambiarono
un’occhiata divertita. Subito il suo sguardo notò
la mano di Harry. Sanguinava parecchio e la pelle era gonfia e
rossastra.
“Tieni.” Gli disse Ella, senza commentare,
porgendogli una
piccola ciotola piena di liquido giallo*. Era
una soluzione di tentacoli di Purvincoli filtrati in salamoia. Hermione
ne aveva preparata un bel po’ ben sapendo che sarebbe
certamente servita anche quella sera.
“Grazie.” Le rispose Harry, immergendo la mano
nella soluzione e accarezzando Grattastinchi che nel frattempo aveva
deciso di farsi coccolare da lui.
Harry guardava verso il caminetto, godendosi quel poco tepore che
ancora emanava. Era stanco ma soprattutto preoccupato. Ella ne
indovinava facilmente il motivo, sebbene sapesse che gran parte della
sua inquietudine era dovuta più a un insieme di circostanze
che a un singolo episodio come la punizione della Umbridge.
“Io penso che sarai un insegnante bravissimo,
Harry.” Disse tutto d’un fiato.
Harry si voltò a guardarla e in un attimo si vide davanti a
un gruppo di persone sedute intorno a lui alla Testa di Porco ed
Hermione che scriveva in alto e a lettere cubitali su di una pergamenaEsercito
di Silente.
“Sul serio?” Le chiese.
“Sì.” Disse Ella. “Oggi non ho
detto la mia davanti agli altri. Hanno parlato tutti così
bene di te che non sono riuscita a trovare nient’altro da
poter dire. Ma io credo davvero che ne sarai all’altezza,
Harry. Devi solo crederci un po’ di
più.” Continuò, sorridendo.
Le buone intenzioni della ragazza aiutarono a rasserenare
l’umore di Harry. Sentirsi sostenuto nell’impresa di resistere
alla Umbridge e al Ministero,** mentre lui
aveva un ruolo chiave nella rivolta, era per Harry motivo di immensa
soddisfazione.**
“Grazie.” Disse ad Ella, guardandola con grande
ammirazione.
Passarono alcuni minuti senza che nessuno dei due parlasse, istanti che
resero l’atmosfera intorno a loro quasi imbarazzante. Il
fuoco era ormai spento. Gli ultimi tizzoni ancora accesi illuminavano
la sala ormai immersa nella penombra. A malapena si potevano
distinguere i contorni degli oggetti e di mobili sparsi intorno alla
sala.
Eppure Ella ebbe la strana sensazione che Harry la stesse ancora
guardando.
Impacciata, si alzò silenziosamente ma al contempo
rapidamente. Raccolse i libri, infilò tutte le sue cose
nella borsa e si diresse verso le scale che portavano ai dormitori
delle ragazze.
“Buonanotte, Harry” Disse piano, piano.
Era già arrivata a metà scala quando
sentì il ragazzo risponderle.
“Buonanotte, Ella.”
Lo sbadiglio rumoroso di Ron mise fine al silenzio che aveva aleggiato
fino a quel momento nella Sala Comune.
Nelle settimane che
seguirono fu come se Harry portasse dentro il petto una sorta di
talismano, un segreto luminoso che lo sosteneva nel corso delle lezioni
della Umbridge e gli rendeva perfino possibile sorridere quando
guardava quegli orribili occhi sporgenti. Lui e l’ES la
combattevano sotto il suo stesso naso, facendo proprio quello che lei e
il Ministero temevano di più…***
Gli incontri
si articolavano in maniera casuale, visti i diversi impegni dei membri.
Ma questo non era un male.
Più imprevedibili erano i loro movimenti, minore era la
possibilità che qualcuno riuscisse a pedinarli.
La scoperta della Stanza delle Necessità, poi, era stata una
benedizione.
Potevano scomparire per un paio d’ore senza che nessuno,
insegnante o studente, nemmeno Gazza il custode, se ne accorgesse. Era
come lasciarsi alle spalle tutto quello che di opprimente
c’era nella loro realtà quotidiana per una, due
alle volte quasi tre ore. Era una via d’uscita dal tempo e
dal mondo.
Presto, nel frattempo, arrivò
dicembre e
portò con sé altra neve*****… e
freddo. Non
fosse stato per le lezioni dell’ES, Harry avrebbe toccato il
fondo dell’infelicità.****** Lui
e Ron erano stati espulsi dalla squadra di Quidditch a tempo
indeterminato. Ron aveva i suoi doveri di prefetto a cui tenere fede,
ma Harry non viveva, ora, che per le lezioni dell’ES. Aveva
l’impressione di vivere per le ore che passava nella Stanza
delle Necessità, a lavorare sodo ma anche a divertirsi, e
soprattutto a gonfiarsi d’orgoglio nel notare i miglioramenti
ottenuti dai suoi compagni. ******
“Molto bene. Ora siete tutti in grado di padroneggiare lo
Schiantesimo.” Aveva detto Harry durante l’ultimo
incontro. “So che vi sembra fin troppo semplice, ma vi posso
assicurare che mi è stato molto utile, in molte
occasioni.” Continuò il ragazzo.
Tutti gli altri restavano in silenzio, in attesa che continuasse ed
Harry, schiaritasi la voce, riprese.
“È ancora presto per parlare di incantesimi
più complessi. Abbiamo lavorato molto e avete fatto molti
progressi. Ho pensato, però, che sarebbe meglio approfondire
con gli incantesimi che ci permettono di proteggere noi stessi e magari
anche qualcun altro se necessario.” Disse Harry.
“Cercherò di spiegarvi oggi
cos’è un Sortilegio Scudo.”
Ancora una volta, nessuno parlò. Gli occhi erano tutti
puntati su di lui.
“È un incantesimo abbastanza complesso. Richiede
una maggiore concentrazione. Evoca uno scudo di energia magica che
respinge incantesimi e maledizioni. Non funziona però con le
maledizioni senza perdono. Ha l’effetto di far rimbalzare
l’incantesimo verso chi lo ha evocato.”
Spiegò Harry. Non che si sentisse a suo agio ad essere al
centro dell’attenzione, ma ci stava già facendo
l’abitudine.
“Dovete alzare la bacchetta e puntarla verso il vostro
avversario.” Disse cercando di assumere col corpo la
posizione giusta. “Tenete il braccio teso e poi pronunciate Protego.”
“Tutto qui?” Brontolò
Zacharias Smith, con un bisbiglio
che si udì benissimo*****.
“Se sei così bravo perché non vai a
spiegarlo tu?” Disse Ginny, usando un tono non proprio pacato
e che tutti poterono udire benissimo.
“Hai qualche problema, amico?” Chiese George a
Zacharias. “Perché se ce l’hai possiamo
benissimo risolverlo.” Concluse Fred per il fratello.
“Perché non ci calmiamo e iniziamo ad
esercitarci?” Propose Harry, raggiungendo Fred, George e
Zacharias. “Siamo qui per questo, no? Esercitiamoci
a coppie*****!”
Si
divisero tutti, obbedienti. Harry fece coppia con Neville, come al
solito.*****
“A
turno cercate di disarmare il vostro avversario che dovrà
rispondere con l’incanto Scudo. Lo scopo sarà
quello di far rimbalzare l’incantesimo di disarmo.
Avanti!” Concluse Harry.
La
stanza si riempì subito di grida intermittenti*****
“Protego”. Le
bacchette volarono in tutte le direzioni; incantesimi sbagliati
colpirono i libri sugli scaffali e li fecero cadere.*******
Neville stava facendo degli sforzi incredibili. Presto avrebbe ottenuto
grandi risultati.
Dopo un po’, Harry
lo mandò a lavorare con Ron e Hermione, in modo da fare il
giro della stanza e guardare gli altri.*****
“Molto bene Ginny. Devi tenere la bacchetta dritta, Seamus,
non puntata verso l’alto. Così, bene.”
Harry cercava di rimediare alle imperfezioni dei compagni, in modo che
potessero migliorare.
Harry
si spostò al centro della stanza…passò
accanto alle altre coppie, cercando di scorgere quelli che
sbagliavano.*******
“Non male, Justin” Disse
Harry, “ma si può senz’altro
migliorare.”*******
Pian
piano, il rendimento generale migliorò.*******
Continuando
per il suo giro, Harry si stava lentamente avvicinando al punto in cui
Cho Chang si stava esercitando insieme alla sua amica Marietta. Non si
avvicinò molto. Aveva notato come il nervosismo della
cercatrice di Corvonero aumentasse ogni volta che nei paraggi
c’era lui. Era una cosa a cui pensava spesso. Pensava spesso
anche al nervosismo che lui stesso provava quando vedeva Cho. Era
giunto alla conclusione che doveva essere una cosa reciproca e
proporzionale.
“Devi pronunciare meglio la formula.” Disse Harry,
rivoltò a Cho.
La ragazza era in uno stato di evidente imbarazzo, tanto che le sue
guance si tinsero di rosso non appena Harry le rivolse la parola.
“Sei tu che mi innervosisci, prima mi
riusciva!”******* Gli
disse la ragazza. Subito Harry provò quella strana
sensazione di vuoto allo stomaco che sentiva tutte le volte che Cho lo
guardava.
“Stavi andando bene.” Mentì Harry, ma la
sua piccola bugia sortì l’effetto sperato. Cho gli
sorrise e lo stomaco di Harry fece le capriole.
Più in là, Harry poteva scorgere Ella che cercava
di far rimbalzare, con successo, il tentativo di disarmo di Katie Bell.
Lei non si innervosiva minimamente quando lui si avvicinava anzi, era
sempre tranquilla.
Era così serena. A dire il vero era bravissima. Non
scolastica come Hermione ne secchiona, era solo…brava, non
c’era altro modo di spiegare la cosa.
Allontanatosi a malincuore da Cho, Harry riprese col suo giro di
perlustrazione. Vicino al fondo della stanza, era in atto
un’accesa discussione. Neville aveva quasi conficcato la sua
bacchetta nell’occhio di Padma Patìl nel tentativo
di disarmare Seamus e ora la ragazza lo stava canzonando proprio per
bene.
“Ma perché non stai un po’ attento?
Potevi accecarmi o sfregiarmi. Possibile che no ne fai una
giusta?” Urlava la ragazza che, seppur brusca, doveva essersi
presa un bello spavento.
“Mi, m-mi dispiace, ecco io,io non…” Il
povero Neville era tutto rosso dalla vergogna.
Si doveva senz’altro fare qualcosa, ma prima che Harry
potesse avvicinarsi, qualcuno si fece avanti prima di lui.
“Basta, Padma. Non vedi che Neville sta cercando di chiederti
scusa? Non c’è bisogno di aggredirlo. Gli
dispiace, non voleva farti male.” Disse Ella, interrompendo
l’impetuoso elenco di tutti i danni possibili che, secondo
Padma, Neville avrebbe potuto provocarle. Neville guardò con
estrema gratitudine Ella.
“Scusa, non l’ho fatto a posta.”
Biascicò Neville, ancora più rosso di prima visto
che tutti si erano messi intorno a lui e osservavano la scena
interessati.
“Ok, non fa niente. Io, ecco mi sono spaventata. Non sono
arrabbiata con te.” Gli disse Padma, dispiaciuta per avergli
urlato addosso.
“Sì però poteva farle male sul serio.
Va bene essere sbadati ma così rischiamo tutti di farci
ammazzare ogni volta.” Sussurrò
nell’orecchio, ma forse un po’ troppo forte Cho
alla sua amica Marietta e quest’ultima si mise a ridacchiare.
Ella, avendo sentito quello che le due amiche si erano dette si
voltò immediatamente verso di loro.
“Credi di essere più brava, forse? Ti senti
inarrivabile o anche solo meno impacciata di Neville?” Le
disse Ella, evidentemente infastidita da quel commento un po’
acido.
“Non sarò più brava ma almeno non ho
mai fatto male a nessuno.” Le rispose Cho prontamente,
sentendosi interpellata in maniera così diretta.
“Nemmeno Seamus, Fred, Luna, e neanche gli altri
s’è per questo. Ma se uno di noi sbaglia non
c’è bisogno che peggiori la situazione con i tuoi
commenti acidi.” Le disse Ella, non alzando la voce ma in
evidente stato di rabbia.
Anzi, guardò subito in direzione di Harry, come per
chiedergli tacitamente di intervenire in quanto insegnante.
Ella se ne accorse, ma non disse nulla.
“È meglio se ci calmiamo, tutti. Sono incidenti
che possono capitare. Non è successo niente di grave
.” Disse Harry, che in quel momento era preoccupato a cercare
qualcosa da dire. “Per oggi può
bastare.” Continuò, vedendo che ormai tutti
avevano abbassato le bacchette, presi dalla discussione. “Ci
vediamo domani.”
Un chiacchiericcio concitato si diffuse nella stanza, mentre tutti
raccoglievano le proprie cose.
Ella fu la più rapida di tutti. Aveva già
sistemato tutto e, presa la borsa, si stava per dirigere verso
l’uscita quando Ron la chiamò.
“Ehi, Ella, aspetta un momento. Stiamo arrivando.”
Le disse, ma lei gli rispose che aveva da consegnare sei compiti alla
professoressa Vector e, siccome era quasi ora di cena, doveva farlo
subito.
Non lasciò al cugino il tempo di dire altro e se ne
andò, senza neanche voltarsi indietro.
Hermione, da attenta osservatrice qual’era, notò
come Cho, che era proprio vicino a loro, stesse bisbigliando qualcosa
allo’orecchio dell’amica Marietta e come avesse
indicato con lo sguardo proprio Ella nel momento stesso in cui questa
era uscita. Per altro Hermione sapeva che Ella aveva preso ottimi voti
negli ultimi test ti Aritmanzia ed erano passate quasi due settimane
dall’ultima volta
che aveva dovuto fare compiti extra per quella materia.
a colzione.
Il pomeriggio
seguente, cioè qualche giorno prima della partenza degli
allievi per le vacanze di Natale, Harry aveva fissato
l’ultimo incontro dell’ES. Non avrebbe spiegato
novi incantesimi, ma credeva fosse meglio ripassare tutto quello che
avevano fatto fino a quel momento.
“Devi considerare Harry che ci sono pure gli allenamenti di
Quidditch.” Disse Ron quella mattina a colazione.
“Visto che fa buio prima, non si possono spostare. Deve
essere un orario sul tardi, tipo due ore prima di cena.”
“Noi prefetti dobbiamo anche aiutare a sistemare gli ultimi
addobbi di Natale all’ingresso. Cosa che ci
prenderà tutto il pomeriggio.” Disse poi Hermione,
che era impegnata nello sferruzzare dei calzini da elfo tra un boccone
e l’altro delle sue uova.
“Per me va bene.” Disse Harry. “Manda il
messaggio a tutti, Hermione.”
“Io non posso venire.” Disse una voce, piano.
A quelle parole, tutti e tre, Harry, Hermione e Ron con ancora la
forchetta in mano, si voltarono verso Ella sorpresi. La ragazza si vide
scrutare da tre paia di occhi indagatori. Quello che era successo la
sera prima, aveva contribuito a rendere tesi i rapporti tra Ella e
Harry, sebbene nessuno dei due ne avesse fatto alcuna menzione.
“Che significa non puoi venire?” Disse Ron,
dimenticando momentaneamente la salsiccia fumante nel suo piatto.
“Sta sera devo andare di nuovo a lezione da Piton. È
l’ultima volta prima delle vacanze.”
Spiegò la ragazza, abbassando lo sguardo.
Harry non disse niente. Avrebbe senz’altro peggiorato la
situazione.
Lui ed Ella non si erano rivolti la parola per tutto il giorno, se non
per lo stretto necessario.
Più che lei, in realtà era Harry a non riuscire a
trovare le parole giuste. Ma le parole giuste per cosa, poi?
Non aveva fatto fondamentalmente nulla di male, eppure non riusciva a
non pensare di avere sbagliato in qualche modo nei confronti di Ella.
“Miseriaccia! Mancano pochi giorni per le vacanze di Natale.
Quell’impostore di Piton potrebbe anche lasciarti
stare!” Sbottò Ron.
“Smettila di urlare, Ron!” Disse Hermione.
“Vuoi che ti sentano fino alla torre di astronomia?”
“Ma è ingiusto! Perché deve continuare
ad andarci? Io non lo capisco!” Continuò Ron.
“Forse Ella ha ancora bisogno di migliorare.” Disse
allora Hermione, cercando un’attenuante.
“Ha i voti più alti del nostro anno!”
Concluse Ron. “Insieme a te, certo, ma devi ammetterlo, non
c’è alcun motivo perché ci debba ancora
andare. Non è così, Harry?”
Il ragazzo, interpellato così subitaneamente, non sapeva
cosa rispondere, soprattutto per il fatto che la diretta interessata,
cioè Ella, era proprio davanti a lui.
“Non lo so.” Riuscì solo a dire,
cercando di sembrare meno impacciato di quanto non fosse.
“E diciamoci la verità.”
Continuò Ron, gettandosi nel mentre sui pancake.
“Non deve essere proprio piacevole stare ore e ore insieme a
Piton.”
E, tra un boccone e l’altro, continuava ad elencare i difetti
del pessimo carattere del professore, insieme a tutti quelli
più spregevoli e odiosi che gli venivano in mente, non per
forza realmente attribuibili a Piton.
“Non è così male, a essere
onesta.” Disse Ella a un certo punto, interrompendo il
monologo del cugino.
Per via di quel sorprendente commento, quasi Ron non si
strozzò con un muffin ai mirtilli.
“Che hai detto?” Disse con ancora la bocca piena.
“Dimmi che non l’hai detto? Non puoi averlo
detto.”
“Invece è proprio così.”
Ribatté Ella, un po’ infastidita
dall’atmosfera che si era venuta a creare.
Hermione sferruzzava in silenzio. Harry girava e rigirava i cornflakes
davanti a lui senza guardarla in faccia, e Ron parlava come se ci fosse
una folla di ascoltatori attenti e coinvolti totalmente nel suo
discorso.
“Non è male, quando ci fai
l’abitudine.” Disse, raccogliendo le sue cose.
“Vado in biblioteca. Devo finire la ricerca sugli ingredienti
della pozione corroborante prima di pranzo.”
“Quindi non vieni a lezione?” Disse Hermione, con
l’aria sorpresa. Ella, per finire la ricerca, avrebbe dovuto
saltare la lezione di antiche rune e poi anche quella di storia della
magia.
“No, non posso.” Disse Ella. “Scusami se
ti lascio sola questa volta.” Continuò.
Salutò i tre ragazzi, e si avviò da sola verso
l’uscita della biblioteca.
Camminava in fretta, tenendo lo sguardo basso per evitare di incontrare
gli sguardi di qualche curioso.
Sentiva caldo in viso. Molto probabilmente era arrossita. Le succedeva
sempre quando non diceva la verità.
Non era solita dire bugie a chicchessia. In realtà, non
aveva da finire nessuna ricerca.
Piton non le aveva assegnato ricerche in più
l’ultima volta.
Semplicemente, non voleva andare a lezione quella mattina.
Si sentiva a disagio per via di quello che era successo la sera prima.
Sapeva che era argomento scottante per chiacchiere e pettegolezzi
indiscreti. In più, come nuova arrivata e nelle sue
particolari circostanze, qualsiasi cosa facesse era sempre oggetto di
discussione per qualcuno.
E poi, cosa che contribuiva per la maggior parte al suo malumore, era
il fatto che Cho, nel momento della sfuriata di Ella, si fosse subito
rivolta a Harry per risparmiarsi la fatica di controbattere. Quello che
urtava di più la sua sensibilità non era il fatto
che l’amico fosse intervenuto per placare gli animi, ma che
non avesse esitato un momento a correre in aiuto della ragazza al
minimo cenno di quest’ultima.
Ella provava una rabbia indescrivibile. Un’occhiata
supplichevole e qualche moina erano bastate a Cho per schierare Harry
dalla sua parte come arma vincente, e lui glielo aveva lasciato fare
senza neanche pensarci.
Tutta presa da questi pensieri burrascosi, Ella aveva attraversato
rapidamente
La sua amica Marietta si era solo lasciata sfuggire con qualcuno che
tra le due c’era stata una discussione, abbastanza accesa, e
che Harry era intervenuto per riappacificarle.
Così tutti, prima ancora della fine della seconda ora,
avrebbero potuto divertirsi nel cercare di indovinare
qual’era il motivo che poteva spingere due brillanti
studentesse a farsi soccorrere dal grande Harry Potter, il Prescelto,
colui che era sopravvissuto, in un momento di particolare fervore.
Anche al tavolo dei Serpeverde era giunta notizia
dell’accaduto.
Risa e schiamazzi incorniciavano un racconto particolarmente
impreziosito dall’instancabile fonte di notizie
qual’era Pansy Parkinson:
“Ve lo giuro, l’ho sentito proprio con le mie
orecchie.” Diceva, facendo finta di guardarsi intorno
perché nessuno potesse sentirla, a parte l’intera
tavolata della sua casa. “Quella Cho Chang di Corvonero si
stava sfogando con la sua amica Marietta nel bagno delle ragazze al
secondo piano. Era così arrabbiata e furiosa, per la barba
di Merlino, e ce l’aveva a morte con una
Grifondoro!” Continuava a dire.
Tra una pausa e l’altra di quel suo racconto tanto
interessante, cercava speranzosa lo sguardo di Draco con la speranza
che lui la stesse ascoltando insieme agli altri. Tuttavia il ragazzo
era assorto nei suoi pensieri.
Pazienza, pensò la giovane serpeverde, riprendendo il
discorso.
“Avreste dovuto sentirla. Ha detto che quella grifondoro
l’aveva ripresa davanti a tutti. Chi fossero questi
“tutti” non sono riuscita a capirlo, ma quello che
so per certo è che Potter – sì, proprio
lui – si è messo in mezzo per
riappacificarle.” Diceva Pansy, quando a un certo punto,
qualcosa catturò la sua attenzione.
“È lei, ne sono sicura, è proprio la
nuova arrivata.” Disse, indicando Ella che, in quel momento,
stava per uscire dalla Sala Grande. Subito
tutti si voltarono a vedere di chi stesse parlando, ma solo pochi
riuscirono a vedere Ella, quasi sul punto di uscire dalla Sala Grande.
“Io vado in classe.” Disse Draco, quasi con aria
seccata. “Tiger, Goyle, smettetela di ingozzarvi e datevi una
mossa”. Povera
Pansy, avrebbe dovuto trovare un aneddoto molto più
interessante per catturare l’attenzione del suo caro Draco.
Aveva bisogno di stare
un po’ da sola, di non vedere nessuno. Si sentiva in
imbarazzo davanti agli altri.
Era stata impulsiva.
Aveva agito lasciandosi trascinare dall’istinto e ora,
ripensandoci, non aveva nemmeno voglia di rinchiudersi in biblioteca a
studiare.
Perciò,
cambiò molto rapidamente idea. Non sarebbe andata in
biblioteca, non subito per lo meno,
Pensò che
sarebbe stato meglio tornare prima nella Sala Comune dei Grifondoro. Li
avrebbe potuto innanzitutto alleggerire la sua borsa, carica di libri,
e, dopo essersi accertata che le condizioni del tempo lo permettessero,
Forse avrebbe fatto un salto da Hagrid. Era ritornato da poco e
sembrava più abbattuto che mai.
Avrebbe potuto
chiedergli consiglio o anche semplicemente stare con lui e rilassarsi
un momento.
Si, pensò,
era un’ottima idea.
Su due piedi, allora,
cambiò improvvisamente direzione. Aveva scelto un percorso
insolito per tornare alla Sala Comune, ma riflettendoci, aveva tutta la
mattinata per prendersela con calma.
Sennonché,
voltando l’angolo…
“Buongiorno,
signorina Davies.” Si sentì dire prima che, presa
dall’entusiasmo, finisse per arrivargli addosso.
Ella, dal canto suo,
si era inizialmente spaventata e poi imbarazzata.
“Buongiorno,
professore.” Rispose, ricambiando il saluto.
La sua euforia,
ahimè, era durata poche manciate di secondi.
Il suo bel progetto di
marinare le lezioni e andare a prendere una boccata di aria fresca era
fallito sul nascere.
“Potrei
anche sbagliarmi, signorina Davies, ma credo che ci sia una lezione in
corso al momento in cui risulti assente o quantomeno in
ritardo.” Disse Piton, puntando gli occhi neri su Ella.
La ragazza, tra lo
stupore di vederselo comparire davanti all’improvviso e
l’imbarazzo di essersi fatta pescare in flagrante mentre
marinava le lezioni, era diventata rossa fino alla punta delle orecchie.
“Ecco io, io
non…” Cercò di dire Ella, invano. Non
riusciva a pensare a niente che potesse aiutarla a uscire fuori da
quella situazione imbarazzante. Non era mai stata brava ad accaparrare
scuse, dote innata che aveva sempre invidiato a Fred e George. In
più Piton non cercava assolutamente di facilitarle la cosa.
Aspettava, tranquillo, con silenziosa pazienza, che lei dicesse
qualcosa.
“Mi
dispiace, professore.” Disse finalmente Ella, raccogliendo un
po’ di coraggio. “Dovrei essere a lezione ma oggi
volevo starmene un po’ per conto mio. “
Non poteva certo
raccontare ogni singolo particolare della situazione o quello che era
il suo effettivo stato d’animo, ma quanto meno si
sforzò di essere sincera almeno per quello che le era
possibile.
Non che disse molto,
in verità, se non quanto detto sopra, ma si sentì
ugualmente un po’ meno tesa.
Piton, come sempre,
non mostrava alcun segno di comprensione, rabbia, fastidio,
soddisfazione nell’avere pescato l’ennesimo
studente che saltava le lezioni. Il suo volto era una lastra di marmo
freddo e impassibile.
Ma non per questo Ella
ne era molto intimorita. Si era abituata ad accettare il modo di essere
dell’insegnante, senza farsi mettere troppo in soggezione,
durante le lezioni extra.
Se c’erano
professori maldestri come Vitious, o severi ma allo sesso tempo
corretti come la McGranitt, era ammissibile d’altronde che ci
fosse qualcuno rigido, sarcastico e indisposto verso gli studenti come
Piton.
Non era certa di
potersela cavare, anzi, conoscendolo, il professore avrebbe senza
dubbio trovato il modo di far rispettare le regole.
Eccolo,
pensò Ella, sta sicuramente per dire qualcosa, notando gli
zigomi del professore che si contraevano impercettibilmente. Ella era
pronta a ricevere il colpo.
“Per motivi
che non sto qui a spiegarti, signorina Davies, la lezione di questa
sera è rinviata a dopo le vacanze.” Disse Piton,
con estrema sorpresa di Ella che si era aspettata qualcosa del tipo
“La professoressa McGranitt saprà cosa fare per il
tuo castigo” o anche “lezioni extra fino a
Pasqua”.
“Vai a
gironzolare da un’altra parte.” Disse in fine con
tono intimidatorio, notando l’espressione meravigliata della
ragazza. Ella non se lo fece ripetere due volte e si
allontanò il più in fretta possibile dal raggio
d’azione di Piton. Non riusciva a crederci. L’aveva
scampata, e con che facilità.
Adesso, non aveva
più scuse per non andare alla riunione dell’ES di
quella sera, ma quanto meno se l’era cavata con un semplice,
secco e chiaro –Vai a gironzolare da
un’altra parte –
invece di sentirsi riempire di frecciatine come era capitato a Harry e
Ron l‘ultima volta che erano stati redarguiti da Piton.
Col cuore un
po’ più leggero, allora, Ella cercò un
altro posto per andare a gironzolare.
Chiedo venia,
perdonate e il ritardo, ma come sempre, sono presa da mille pensieri e
cose da fare. Comunque ce l’ho fatta e ho già
più o meno in mente cosa fare nel prossimo capitolo che,
penso, sarà più interesse di questo.
Citazioni:
*cap
15 l’inquisitore supremo di Howgarts
** cap 17 Decreto didattico numero ventiquattro
*** cap 19 il serpente e il leone
**** cap 16 alla testa di porco
*****cap 21 l’occhio del serpente
******cap 27
il centauro e la spia
*******cap 18 l’esercito di Silente.
Ringraziamenti
particolari a chi segue la storia:
1
- Charme
2 - Engels
3 - Hotaru_Tomoe
4 - Jaden96
5 - Ladyhawke25
6 - L a i l a
7- mapize
A chi ha inserito la
storia tra le preferite:
1 - Elasia
2 - giada2000
3 - Jaden96
4 - L a i l a
5 - lucre
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lover: