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Autore: Delirium Tremens    14/04/2011    4 recensioni
Raccolta a più mani tutta incentrata sul SasuSaku; vari punti di vista e rivisitazioni del concetto legato al famoso "Grazie", nominato sia nel manga che nell'anime.
Una sorta di sfida tra alcune autrici, di questo account condiviso, che si cimenteranno pur non provando molta simpatia per la coppia.
Genere: Comico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Fiori

Autore: Aya88
Genere: Malinconico, romantico
Rating: Verde


Fiori d’estate

 

Come era successo spesso in quei tre anni, anche quella volta, con lo scendere del buio e del silenzio, i ricordi l’avevano assalita con insolenza. Non ci aveva messo molto per capire che era stato l’impegno intenso di Naruto, occupato con l’allenamento del maestro Kakashi, a favorire il ripetersi di quello che costituiva quasi una routine, perché in un modo o nell’altro Sasuke era la molla che lo spingeva a migliorarsi. Si era ritrovata così nel posto in cui tutto era cominciato, lungo la strada alberata che si snodava verso il bosco all’esterno del villaggio, l’unico luogo che finiva per alleviare la pressione del passato, perché riviverlo le permetteva paradossalmente di liberarsene per un po’. Quella notte, il gioco della memoria fu accompagnato dallo spirare di un vento leggero, che come allora agitava i suoi capelli, riportando indietro le sensazioni che aveva provato negli istanti in cui Sasuke le aveva detto addio, sussurrando a pochi centimetri dal suo orecchio un conciso grazie, poco prima di tramortirla e abbandonare Konoha.
Quante volte, era ritornata su quel grazie cercando di attribuirgli il giusto significato; eppure definire i contorni di quella semplice parola non era mai stato così difficile come in quel caso. L’interpretazione che continuava ad apparirle più plausibile, le si era affacciata alla mente quasi per caso due anni prima, in un giorno in cui la pioggia aveva voluto offrire finalmente un po’ di refrigerio. Si era recata all’accademia per avvertire il maestro Iruka che l’Hokage voleva parlargli e aveva finito per attenderlo nel parco antistante all’edificio, costretta a fare i conti con i ricordi di quando frequentava le lezioni, ammirando sognante il taciturno e impenetrabile Uchiha. Adagiata contro il tronco di un albero, aveva chinato il capo per tentare di sfuggire a quelle immagini del passato e la sua attenzione si era soffermata su alcuni fiori, poco distanti dai suoi piedi. Aveva smesso di piovere da poco tempo e le loro corolle recavano ancora, perfettamente visibili, le tracce del temporale estivo: piccole gocce d’acqua che riposavano sui petali variopinti, prima di evaporare per effetto del sole.
Per uno strano meccanismo, la sua mente aveva finito per ricollegare quel frammento di natura alla notte in cui il genin se ne era andato; in qualche modo, aveva intravisto un filo che li univa. Incapaci di opporsi a una forza maggiore, quelle gocce sarebbero ben presto scomparse, sottraendo ai fiori il loro dolce conforto durante i caldi giorni di estate. Così era accaduto in fondo anche con Sasuke. Accecato dalla vendetta, nulla era stato in grado di fargli cambiare idea; né i legami del team 7, né la sua dichiarazione d’amore tra le lacrime gli avevano impedito di lasciarla sola, di far venir meno la sua presenza, così importante per lei. E quel grazie, forse, era stato un modo per chiederle scusa, consapevole di causare dolore ma incapace ugualmente di liberarsi dall’ossessione della sua vita.
Sospirò leggermente, fissando il vuoto. Quando, pochi mesi prima, si erano rincontrati nel covo di Orochimaru, l’Uchiha non aveva avuto remore a tentare di ucciderli e ciò aveva fatto innegabilmente vacillare quella conclusione a cui era giunta; tuttavia, sapeva perfettamente che qualcosa dentro di lei non aveva e non avrebbe mai smesso di credere in lui, così come i fiori nel parco dell’accademia avrebbero continuato ad aspettare, durante l’estate, il ritorno della pioggia.
Seduta sulla panchina che aveva una volta ospitato il suo corpo privo di sensi, scrutò per qualche altro istante il paesaggio che la circondava, apprezzando la serena quiete che la natura riusciva a creare, poi si alzò e s’incamminò verso casa, accantonato anche per quella notte il peso dei ricordi.

I personaggi non mi appartengono e non c'è scopo di lucro.

  
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