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Autore: Wendigo    15/04/2011    6 recensioni
Era notte. Tutti dormivano, eccetto una persona che, non riuscendo a prendere sonno, si alzò dal letto e si diresse verso la cucina. Durante il tragitto, notò però una debole luce provenire dallo studio: pensò che suo padre avesse nuovamente lasciato acceso il camino, ma, aperta la porta, notò un uomo seduto sulla poltrona. Che non era poi suo padre.
"Entra pure, non essere timido". Incoraggiò l'uomo seduto sulla poltrona. Teneva in mano un piccolo libro che, da come era stato posto il segnalibro, aveva appena iniziato a leggere. "Che ne dici se ti racconto una bella storia?".
La persona si guardò attorno, sospettoso. Si domandava chi fosse quell'individuo ma, dato l'aspetto innocuo, decise di assecondarlo e in pochi secondi era già seduto di fronte a lui. "Chi sei?". Domandò comunque alla fine...
"Chi sono? Se proprio ci tieni te lo dirò dopo averti raccontato qualcosa", si fermò un secondo, "Ti piacciono le storie dell'orrore?".
La persona si chiese perché fosse così ossessionato a raccontarle delle storie ma, non vedendoci niente di male, accennò un "sì" con la testa. L'uomo aprì allora il libro, da cui iniziarono ad uscire fumi neri e voci. "Bene iniziamo".
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutti si guardarono nuovamente fra loro. C’era una certa atmosfera di incertezza, che però non sembrava minimamente incombere sul nostro Gianni, l’unico ad essere ancora convinto di quello che stava facendo. - allora chi è il primo? - domandò.
Nessuno si proponeva. L’incertezza aumentò ancora di più e sembrava non volersene andare, quando il campanello suonò. Uno si alzò a vedere chi fosse e ad aprirgli; o per meglio dire ad aprirle: difatti era la sorella gemella dell’amico che gli stava ospitando, la quale si chiamava Angela.
Inutile a dire che il fratello, come al solito, sbuffò: non erano proprio armoniosi insieme, anzi, come potevano, si azzuffavano tra loro. Questa, ad ogni modo, fece finta di niente, avanzò nel salotto dove c’erano tutti e, dopo un saluto generale, notò la scatola sul tavolo. Chiesta cos’era e lette le regole, insistette per poter fare anche lei una partita a quel intrigante gioco.
Presero tutti il proprio biglietto. - Sarà per la prossima volta - rispose il fratello, Antonio - come vedi ce ne sono solo sette e noi, esclusa te, siamo proprio sette -. La ragazza sembrava cedere per una volta tanto il terreno, però - Qui c’è un altro biglietto! Antonio, mi volevi di nuovo fregarmi!? Quando capirai che non si può liberare facilmente di me? - disse, o forse è meglio dire urlò, la ragazza andando in direzione della scatola.
Nessuno rimase immutato davanti a quella rivelazione: tutti avevano visto bene che c’erano solo sette e non otto in quella scatola. Ma questa, messo la mano lì, lo prese e lo mostrò a tutti ma dove non c’era scritta la parola da indovinare.
Quest’ultima stranezza fece aumentare ancora di più la paura preesistente in quei ragazzi. Uno, in particolare, non ebbe più il fegato di andare avanti: buttò il suo biglietto a terra e, prendendo la giacca, aprì la porta.
Neppure un secondo passò che un ondata di sangue schizzasse sui muri. Non si capiva cosa fosse successo ma nessuno era ottimista. Andarono a vedere: il corpo del quello era disteso a terra, sporco di sangue. Questo però non fu niente in confronto, quando vennero a sapere da dove proveniva il sangue fuoriuscito: dalla testa, o per meglio dire da quello che ne rimaneva, perché sembrava come scoppiata dall’interno. La ragazza cacciò un urlo. Si scatenò il caos fra i ragazzi. Alcuni cominciarono a prendere anche loro la giacca per poter prendere il corpo dell’amico e condurlo, sebbene invano, all’ospedale.
Effetto: scoppio di altre due teste. Stesso procedimento, stessa fine. I rimanenti cinque chiusero la porta: ci si domandavano perché fossero morti i loro amici. La risposta arrivò subito dopo da Angela che, con in mano il foglio delle istruzione, lesse nel retro un’altra regola, la sesta - regola numero sei: chi tocca il biglietto del Tabù, gioca. Rinunciare vuol dire morire -.
- Cosa facciamo? - chiese uno, Stefano. - Giochiamo - gli venne risposto. Si misero in cerchio, ognuno lesse la propria parola segreta e quelle proibite. Vincenzo, l’ultimo di cui non era stato svelato il nome, gli venne in mente di far leggere agli altri le proprie, così che da poter concludere il gioco con cinque vittorie. La risposta arrivò come il fulmine segue il baleno - NO! -. La paura era di morire se l’avessero fatto, ma non ci fu nemmeno più questa opzione: le schede erano divenute bianche, non c’era scritto più niente.
All’improvviso si sentì il rintocco di un orologio; peccato che in casa di Antonio e Angela non ce ne fosse uno che rintoccava. Capirono che il tempo a disposizione aveva appena iniziato a scemare, quello del turno di Stefano, essendo lui il più grande fra i presenti.
La parola: Albero. Le proibite: foglia, radici, verde, prato, fotosintesi, tronco, legno, e poi? Non aveva avuto il tempo di leggerle tutte. Era in difficoltà, ricordandosi che se avesse detta anche solo una, sarebbe morto come i due amici. Pensò cosa dire: escluse altre parole che gli parvero delle possibili proibite. Ma ogni qual volta ne eliminava una, la speranza lo abbandonava assieme al tempo che gli restava a disposizione.
- In autunno - cominciò a dire  dopo venti minuti buoni - succede sempre un fatto -. Tutti dissero qualcosa, ma nessuno si avvicinò lontanamente a ciò che pensava l’amico. E come biasimarli: in autunno accadevano tante di quelle cose, che forse si faceva prima a dire cosa non avveniva in quel momento dell’anno.
- No. no. - ripeté Stefano dopo un altro po’ - perché fa freddo -. Altre parole spuntarono fuori: ma ancora niente e il tempo rimasto era di meno di 5 minuti. Stava per perdere la calma il povero amico. Gli mancava poco per impazzire. O per commettere uno sbaglio, - è verde e ha… -, che gli costò la vita. La sua testa esplose comunicando a tutti che il concorrente Stefano aveva appena perso la partita. Angela si mise a piangere e suo fratello le si mise vicino cercando di consolarla.
Gianni intanto raccolse il biglietto del amico. Era di nuovo pieno di parole e tra queste una era stata scritta in rosso: verde, una di quelle proibite. Risuonò l’orologio invisibile: era scattato il turno di un altro. Ma di chi? I più grandi ancora rimasti in vita dopo Stefano erano Angela e Antonio, i quali erano gemelli. Alla fine decisero di giocare insieme.
Le parole: Neve e Scuola. Le proibite di Angela: acqua, ghiaccio, freddo, inverno, gennaio, dicembre, natale, capodanno, sale, bianco, e così via.  Le proibite di Antonio: libro/i, insegnante, professore, esame, compiti in classe, matematica, ecc…
Ci pensarono entrambi su un po’. Ma Angela sembrava convinta di farcela e la ragione si capì dopo. Non perse che cinque minuti per trovare un modo che le parve buono per vincere. - Allora: è piccolo, è - all’improvviso non pronunciò più niente, sebbene le labbra di lei continuavano a muoversi. Sembrava assurdo ma era divenuta muta. Intuimmo subito che anche questa dovesse essere una condizione del gioco del Tabù.
Appariva agitata e stava già per gettare la spugna, quando venne in mente al fratello la soluzione: scrivere su un foglio ciò che voleva dire. Lo fece. Gli indizi parvero chiari. - Neve. È questa la parola? – rispose Antonio. Non ci volle la conferma da parte di Angela, perché la risposta arrivò dal suo biglietto che, non appena fu detta la parola nascosta, prese fuoco fino a scomparire.
Al fratello non andò tuttavia meglio. Provava e provava ma non riuscivano a capire la sua parola. All’improvviso però, la sua faccia mutò con un sorriso - Ma certo! Come non avevo fatto a pensarci? Sentite tutti la parola inizia con la - accadde la stessa cosa di prima: era divenuto muto. Gli prendemmo un foglio in fretta, stando il tempo a disposizione per scadere.
Lo stava per scrivere, quando messa la penna sul foglio si bloccò. Iniziò a guardare con curiosità la penna e il foglio che aveva in mano, come se non ricordasse cosa fossero, anzi come se no ne avesse mai visti in vita sua. L’orologio rintoccò e la testa del povero Antonio fece la fine delle altre prima di lui. - Noooooooooo - urlava Angela, in preda alle lacrime - stavamo per farcela -.
Per più di qualche secondo mise la sua testa sopra il ventre di quel cadavere, una volta suo fratello; poi la rialzò, sporca del suo sangue, guardando minacciosamente Gianni. - Tu! Sei stato tu a portarci quel dannato gioco qui, io ti uccido! - si alzò di scatto, afferrando il collo di questo. Lo stava realmente strozzando.
La vita lo stava lentamente abbandonando, quando questa gli ritornò tutta in una volta. Il motivo? La ragazza era stava colpita alla testa da Vincenzo e si era messa a dormire distesa a poca distanza da Giovanni. Per fortuna che almeno qualcun altro avesse mantenuto la calma oltre lui. Ma non la testa la quale scoppiò come le altre. Gianni non riusciva a capire il perché, ma poi, risentendo i rintocchi, ne venne a capo: quello era stato il turno di Vincenzo e, gli vennero i brividi, adesso era il suo. Ma l’unica che poteva salvarlo, indovinando la sua parola, era la svenuta Angela. Si arrese all’evidenza: lui sarebbe stato dunque il prossimo a morire; non rimuginò neppure un secondo su come avrebbe potuto vincere. Semplicemente si sedette su una poltrona, aspettando l’inevitabile.
La mattina seguente i genitori dei gemelli ritornarono. Come videro i cadaveri e la loro figlia sporca di sangue, chiamarono la polizia. Ciò portò una marea di folla davanti all’abitazione: nessuno sapeva che cosa fosse accaduto, eccetto uno, il proprietario dello Stige.
Sbuffò, - E io che pensavo che almeno quel ragazzo, a cui ho dato la scatola, avrebbe vinto -, per poi andarsene verso il suo amato negozio.
 
Scusate se è uscita lunga ma il progetto originale era ancora più grosso. Ho dovuto infatti togliere dei personaggi e dettagli ma credo di aver fatto comunque un buon lavoro.
   
 
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