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Autore: Eos BiancaLuna    17/04/2011    2 recensioni
“Lo sai che non si dovrebbe…” dissi interrompendo quel momento e maledicendomi per ciò. “Ti blocchi perché non vuoi o perché non puoi?” rispose fissandomi “adesso gradirei che non mi interrompessi più” aggiunse scherzando. Notò la mia espressione però e allentò la presa. Mi pentii subito per quello che avevo detto e lo guardai negli occhi, cosi maledettamente azzurri, “scusa” bisbigliai avvicinandomi di nuovo. Lui fece lo stesso e le sue braccia mi cinsero la vita poi le sue labbra furono sulle mie finalmente. Quando anche le nostre lingue si trovarono gli passai una mano fra i lunghi capelli dapprima lentamente poi mi ci aggrappai. Le mie ansie e le mie paure non c’erano più. Fu un bacio intenso come quello della mattina precedente nel suo letto solo che questa volta durò molto di più.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3

 

 

 

Entrai in cucina sconvolta.

Come accidenti era possibile che la mia band preferita in assoluto era li, nell’Hotel in cui lavoravo, l’Hotel di proprietà di mio padre?  Sharon non era presente, che strano, eppure il suo turno doveva già essere iniziato. Mi cambiai nel bagno ancora confusa e con mille pensieri per la testa. Cioè, i Bullet For My Valentine erano li con me, in Irlanda!

Tornai in cucina e mi pizzicai la mano, cosi, per testare ancora di più la realtà quando Antonio apparve alle mie spalle.

«Lizbeth…» disse senza tono di rimprovero, «Mi raccomando oggi abbiamo ospiti importanti dopo le 21:00 la sala è riservata esclusivamente a loro».

Mi voltai.

«E Sharon?» chiesi nervosamente, lui sorrise malvagiamente «Oh non devi preoccuparti è malata, oggi la sostituirai tu qui in cucina».

E meno male che non dovevo preoccuparmi!

«Cioè cucinerò io? Da sola?» sbottai facendolo diventare serio «Hai tempo un’ora e mezza per preparare i menu del giorno che ti ho lasciato sulla lista, non mi deludere!» bisbigliò arcigno e se ne andò.

In quel momento mi sentii davvero sola.

 Presi il mio Nokia e chiamai Sharon, ma rispose la segreteria telefonica. Lasciai un messaggio vocale dopo il beep «Hey bella complimenti ti sei ammalata proprio oggi! E io adesso come faccio? Mica solo una maga dei fornelli come te… Uffa! Dai richiamami appena puoi, un bacio”.

Decisi di mettermi al lavoro cercando di non perdere la cognizione del tempo. Ma sopportare i punzecchiamenti dei camerieri non era certo cosa facile….

Verso le 20 e 30 ebbi un momento di pausa, mi era anche arrivato un sms da Sharon “Lizzz stasera li con te ci sono i Bullet!! Mi raccomando eh le ricette speciali sono nel cassetto in alto vicino alle stoviglie a sinistra. Buona fortuna Liz!”.

Mi fece davvero tornare il buonumore per un attimo.

Poi ricominciai a preparare risotti alla crema di scampi, vitello in salsa tonnata e soufflé al cioccolato (le ultime ordinazioni della serata). Alle 20:55 decisi si dare un’occhiata alla sala da pranzo.

Al centro vi avevano messo un tavolo rotondo abbastanza grande con un grande centrotavola blu con tanto di candelabro e segnaposti con rose blu, io sfiorai quello con il nome “Matt” poi dalle porte a vetro li intravidi arrivare e sgattaiolai di nuovo in cucina, questa volta con il fiatone aprii il cassetto delle ricette speciali.

Lucy era rimasta l’unica cameriera di turno.

Mi si avvicinò acida «Allora hai visto anche tu che bei ragazzi che ci sono di là eh? Ma dimmi un po’, ho sentito dire che tu li conoscevi già non è cosi?».

Non risposi perché ero alle prese con un timballo di pasta e gnocchi. Ma vedendo che insisteva le dissi infine «Senti perché non vai a sbiancarti i guanti e a servire loro dello champagne?» lei non replicò e spari.

Quando Matt, Jay, Padge e Moose finirono di mangiare e io mi ero rimessa il mio abito troppo elegante ed avevo sciolto i capelli, Lucy tornò in cucina ridendo come al solito, «C’è quello più alto, quello bello con gli occhi celesti che dice di volerti vedere».

La guardai incredula, «A me?» chiesi confusa.

«Eh già» rispose picchiandomi una mano sulla spalla, «Io me ne vado ci vediamo!».

Non mi resi conto dell’ultima frase che disse e mi avvicinai all’oblò della porta che dava sulla sala e li vidi mentre bevevano lo champagne, Matt era in piedi cosi io aprii lentamente un’anta della porta e lo sentii dire allegramente «Dov’è? Fatemela conoscere!».

Indietreggiai…

«Ma questi qua sono già ubriachi» pensai fra me e me, ma era anche vero che certe occasioni capitano una sola volta nella vita, quindi non potevo certo starmene li in cucina tutta la sera. Addrizzai le spalle ed uscii dalla cucina coraggiosamente.

Jay, Padge e Moose mi sorrisero e si alzarono perché si erano accorti della mia presenza, lui invece era di spalle e stava dicendo «Devo assolutamente conoscere la cuoca».

Gli altri erano venuti a presentarsi dandomi la mano, baciandomi sulle guance e congratulandosi per il cibo. Io avevo ringraziato e ad ogni «Piacere io sono…» avevo risposto «Lo so lo so, vi seguo da un bel po’ ormai» e tutti avevano sorriso.

Poi mi avvicinai a Matt che in quell’istante si voltò.

Il suo sguardo mi incollò ferma dov’ero, cercai di non guardarlo troppo negli occhi; indossava una camicia nera a mezze maniche e jeans grigi strappati. Mi sorrise guardandomi fisso in viso.

Non so perché ma gli altri erano rimasti in silenzio.

Poi padge disse «Allora, un altro bicchiere ce lo facciamo?», «Ma si» aveva risposto Jay e insiema a Moose ricominciarono a fare baldoria. Matt decise finalmente di rompere il ghiaccio e mi si avvicinò, io istintivamente sussurrai «Sono io che ho cucinato stasera ma non sono lo chef».

«Non vedo dove sia il problema» rispose. Non smetteva di guardarmi negli occhi e sorridere, io mi ero fatta piccola piccola. «Qual è il tuo nome fanciulla?» mi chiese.

Scoppia in una timida risatina, «Lizbeth» risposi.

«Liz per gli amici, il nome completo per gli altri…» non finii la frase perché mi prese la mano destra e se la portò alla bocca «Incantato Liz…».

Perfetto, già si considerava un amico.

Mi baciò la mano e non la finiva di sostenere il mio sguardo finché Padge non diede un colpo di tosse.

Riuscii a distogliere lo sguardo dall’azzurro di quelle iridi e mi rivolsi ai ragazzi «Scusate se vi ho disturbato».

«Ma quale disturbo» mi disse Jay, si alzò e mi passò un braccio intorno al collo «Siediti e bevi qualcosa con noi dai, alla salute!».

Accettai volentieri e notai che Matt lo fulminò per un attimo con lo sguardo.

 

La serata durò a lungo finché i ragazzi non furono stanchi e decisero di andare a letto. Li salutai e ricordandomi che Lucy se ne era andata cominciai a mettere in ordine le sedie. Matt però non era andato con gli altri. Dopo qualche istante mi accorsi che era ancora li, cosi mi voltai verso di lui incuriosita.

«Che fai ancora qui?” gli chiesi allegra.

«Mi sono ricordato di non essermi presentato» sorrise,  c’era una luce particolare nei suoi occhi.

 «Non vedo dove sia il problema» risposi imitandolo,  «Io so chi sei tu», a quelle parole rise.

«Però da una parte hai ragione sai? Mi piacerebbe conoscere Matthew Tuck al di fuori dall’essere il cantante dei Bullet» questa frase l’avevo pensata ad alta voce e me la lasciai sfuggire distrattamente.

«Non vedo dove sia il problema» sibilò.

«Non vedi problemi da nessuna parte?» gli chiesi «La fai facile, io devo ancora finire di mettere apposto perché i camerieri mi hanno lasciata sola».

Lui si guardò intorno staccandosi dalla parete dove era appoggiato, poi rivolse di nuovo lo sguardo a me, cosi continuai «Adesso puoi andare a nanna, scusami non vorrei essere scortese rimarrei qui a parlare con te ma devo finire di lavorare».

«Non se ne parla proprio!» sbottò lui.

«Guardati; hai dei polsi cosi magri, la pelle cosi diafana che sembri di porcellana. Sicuramente sei molto delicata, perciò non posso farti stancare»  disse impilando i piatti sporchi dal tavolo rotondo, «Ti do una mano io, anche due» sorrise di nuovo.

Che bello che era quando mi sorrideva cosi.

Io rimasi a bocca aperta «Mah…» dissi, «Niente mah» M’interruppe appoggiandomi l’indice sulle labbra mentre mi passava accanto.

Cosa potevo fare?

In pochissimo tempo lavammo i piatti, il pavimento e mi aiutò a risistemare i tavoli e le sedie per il giorno seguente.

Era un angelo sicuramente mandatomi dal cielo.

«Ora mi chiederai il risarcimento, vero?» gli chiesi scherzando in ascensore, “Mmh… Per il momento no, per il futuro vedremo” rispose ridendo.

Lo accompagnai fino alla porta della suite in cui avrebbe dormito «Allora buonanotte» dissi piano mentre cercava la chiave.

 

Mi sorrise di nuovo «Anche a te… Hey ma tu come torni a casa a quest’ora?», quella domanda mi colse alla sprovvista anche perché era mezzanotte passata e non mi ero resa conto di quanto fosse trascorsa velocemente quella serata.

«Di solito, quando faccio il turno di sera posso prendere una stanza, questo albergo è di mio padre… Ma come mai ti interessa saperlo?» non potei fare a meno che chiederglielo.

«Non hai la patente?» chiese lui serio.

«Non ancora» risposi, sicuramente si aspettava che l’avessi già presa da un paio d’anni ma non mi andava di spiegargli che preferivo spostarmi con la mia bici.

 «Ok scusami se mi sono fatto gli affari tuoi» aveva aperto la porta. «Allora a domani» abbozzò.

«Figurati… Si a domani» dissi io. Come suonava bene.

Si voltò e abbracciandomi forte mi baciò sulla guancia.

«Grazie ancora per la cena e per la compagnia» disse sottovoce, io che stavo per avere un mancamento lo ringraziai cercando di restare in piedi «Ma grazie a te di avermi aiutata!».

Mi diressi cosi verso l’ascensore e prima che le porte mi si chiusero davanti lo vidi ancora sulla soglia della sua camera, a fissarmi.

   
 
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