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Autore: Cherry Berry    18/04/2011    3 recensioni
Margaret era cresciuta con la passione per la musica e il canto, per le strade afose di Huntington Beach, vivendo nella speranza di incontrare la sua band preferita. Eppure la fortuna nemmeno una volta aveva girato dalla sua parte, finché anche lei aveva intrapreso la carriera musicale. Ed era convinta che l'amore fosse inutile e passeggero, volatile come un soffio d'aria.
Quando nasci in California tutti i sogni possono diventare realtà, ma innamorarsi di una rockstar porta inevitabilmente a una serie infinita di guai.
-Dedicata a the Rev.-
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avengedz
2. I know it's hurting you, but it's killing me

 
Doveva trattarsi di un incubo, uno di quelli in cui pensi che il mondo stia per crollarti addosso e quando ti trovi a un passo dalla morte, finalmente, ti svegli. Si morse il labbro, ma nemmeno il dolore riusciva a destarlo da quel terribile scenario che appariva davanti ai suoi occhi. Non poteva essere reale, no, era qualcosa di così tremendo che se fosse stato realtà tutto il mondo gli sarebbe realmente crollato addosso, insieme a un’altra miriade di cose. Fissò il vuoto con aria sconvolta, mentre il telefono tornava a squillare per la centesima volta, quel giorno, ma era come se non lo sentisse. I suoi pensieri scorrevano troppo veloci, senza un filo logico a connetterli e impilarli l’uno dietro l’altro. Si spazientì, alzandosi per rispondere a quella dannata chiamata. Prese il cellulare in mano, rendendosi conto che non era quello a squillare, bensì il citofono. Aprì, senza nemmeno domandare chi fosse, sapeva benissimo chi si era presentato alla sua porta visto che da un paio d’ore a quella parte aveva tagliato i ponti con l’universo al di fuori. Zacky entrò in casa, guardandolo mentre sedeva sul divano, con la testa tra le mani. Brian notò come i suoi occhi fossero contornati da occhiaie scure e il suo colorito apparisse più smorto del solito. Valeva la pena concentrarsi anche sull’aspetto fisico di quell’idiota pur di non pensare, di tenere occupata la mente, lontana da certe riflessioni che l’avrebbero portato sull’orlo di un baratro dal quale non sarebbe mai più riuscito a risalire. L’amico si sedette al suo fianco, fissando con interesse lo stesso punto vuoto su cui lui ormai si stava concentrando da parecchie ore.

«Perché sei qui?»

«Non lo so. Se fossi stato qualche altro minuto in quella cazzo di casa sarei impazzito.»

Poteva capirlo, era seduto in quella posizione ormai da troppo tempo e sembrava che la sua testa volesse esplodere da un momento all’altro.

«Spero tanto di svegliarmi e scoprire che è stato un incubo terribile.»

«Tornare alla solita vita e riprendere a registrare il disco. Sì Zack, lo vorrei tanto anch’io.»

Gli sguardi dei due si incrociarono, quello così chiaro e brillante ma velato di tristezza sotto forma di lacrime ad appannargli la vista, e quello scuro e caldo, in quel momento distante anni luce, probabilmente perso nel ricordare i bei momenti passati col migliore amico che quella notte li aveva abbandonati.

 

*

 

La televisione passava un qualche programma che ormai andava avanti da ore, ma non ci stava prestando troppa attenzione. Stava svaccata sul divano, il volume della tv al minimo e l’mp3 nelle orecchie, un foglio bianco e una penna tra le mani, i capelli scompigliati e lo sguardo leggermente vacuo. Quella mattina era andata allo studio di registrazione, trovandosi davanti la porta sprangata. Dunque si era aggirata per la Warner con aria leggermente scocciata, mentre si domandava perché non ci fosse nessuno, dato che quel giorno doveva lavorare al suo nuovo singolo. Quando però le avevano spiegato la causa, il fatto non la irritava più, anzi era diventato un fattore insignificante. Era tornata a casa, sedendosi sul divano e non alzandosi che per recuperare il lettore musicale e il materiale per scrivere. Fissava la pagina vuota ormai da qualche tempo, in assoluta concentrazione. Doveva cercare quelle maledette parole, metterle tutte in fila, una di seguito all’altra, dare un senso ai suoi pensieri caotici.

Jimmy era morto.

Ecco cos’era quel fastidio che provava in fondo alla gola, quel sapore salato di leggere lacrime che le rigavano le guance. L’aveva visto per la prima e ultima volta una decina di giorni prima. Era stato così gentile con lei da averla colpita subito. Avrebbe voluto incontrarlo di nuovo, ora che lavoravano per la stessa casa discografica non sarebbe stato impossibile come vagare per Huntington sperando in un colpo di fortuna. E invece Rev se ne era andato, lasciandole l’amaro in bocca, ad ascoltare le sue canzoni con la sensazione che tutto, in quel momento, sarebbe potuto accadere. Una vita era brutalmente finita e Meg cercava le parole per esternare il suo dolore, la malinconia che la sua mancanza avrebbe portato. Perché quando sono i migliori ad andarsene ciò che resta è la sensazione che il mondo sia completamente sbagliato.

 

Cry alone, I've gone away
No more nights, no more pain
I've gone alone, took all my strength
But I've made the change,
I won't see you tonight

So far away, I'm gone.
Please don't follow me tonight
And while I'm gone everything will be alright

No more breath inside
Essence left my heart tonight

 

Nelle sue orecchie risuonavano queste parole, mentre cercava di non scoppiare in lacrime e ascoltava il testo con attenzione. Erano davvero dei poeti, un gruppo composto da persone meravigliose. Perché Jimmy li aveva lasciati? A questa domanda non avrebbe avuto risposta.

No, le parole per Jim non volevano nascere, non volevano sfociare dall’inchiostro di quella biro e Meg non capiva perché. Era sempre stata brava a scrivere testi, soprattutto quando aveva appena subito un’emozione forte. Eppure al momento fissava il vuoto con aria contrariata. Per la prima volta in vita sua, Margaret Johanna Kelsey era rimasta senza parole.

Si alzò dal divano, decidendo di uscire a prendere un caffè e schiarirsi le idee. Il cielo su Huntington era grigio e opaco, proprio come al momento si sentiva lei. Si diresse al bar più vicino, sedendosi al bancone e ordinando un cappuccino, poggiando i gomiti al ripiano e fissando il cameriere mentre si dava da fare per accontentarla. La porta del locale si aprì, lasciando entrare due figure a lei ben note. Due mori, uno dagli occhi chiari e uno dalle iridi color cioccolato, che camminavano con passo stanco, andandosi a sedere ad un tavolo ed ordinando due birre. Sembravano entrambi molto stanchi e provati. Meg li fissò per qualche attimo, per poi prendere la sua bevanda e decidere di lasciarli stare nel loro dolore. Non si sentiva in dovere di immischiarsi, quindi versò lo zucchero nella tazza e prese a mescolare lentamente, lanciando di tanto in tanto un’occhiata ai due uomini dall’aria cupa.

 

*

 

Era stata una buona idea uscire a bere qualcosa? Brian non lo sapeva. Poteva soltanto affermare che se fosse rimasto qualche altro attimo seduto sul divano del suo salotto oppure se avesse messo piede in qualche locale ben noto, probabilmente avrebbe tentato il suicidio. Non tanto per dire, l’avrebbe fatto davvero. Gli avevano strappato una delle sue ragioni di vita, il suo migliore amico, colui con il quale era cresciuto, si era ubriacato, aveva fumato, fatto risse e soprattutto, colui con il quale aveva amato la musica. Era quello che univa tutti loro, la passione per la musica, ciò che li aveva resi quasi fratelli, li aveva fatti diventare parte di una grande famiglia.

Zacky fissò l’amico, decidendo di ordinare due birre. Forse sarebbe stato meglio ordinare qualcosa di caldo, ma al momento un po’ di alcol non gli avrebbe sicuramente fatto male. Non riusciva a parlare, qualsiasi cosa provasse a dire si sentiva come se si stesse arrampicando senza alcuna protezione, come se mettendo un piede in fallo sarebbe presto scivolato di sotto.

«Non penso di essere completamente me stesso, preferisco non bere.», aveva asserito l’amico fissandolo con uno sguardo che significava: meglio se non bevi neppure tu. Zachary aveva annuito, dicendo al cameriere di portar loro due caffè.  Gates fu d’accordo, per poi restare in silenzio quando l’uomo si fu allontanato dal loro tavolo. Perché si trovavano lì? Ah, sì, stavano cercando di metabolizzare la morte di Jimmy. Pensarlo e dirlo non lo rendeva più reale, purtroppo lo era già. Fottutamente reale, così reale da stringergli la bocca dello stomaco. Forse non sarebbe riuscito a buttar giù nemmeno il caffè.

Gli occhi scuri di Brian vagavano per il locale, stava analizzando ogni cliente nel dettaglio per non doversi fermare a riflettere. Gli bastava essere rimasto chiuso in casa tutto il giorno, avendo cacciato Michelle, dicendole che necessitava di restare da solo. Aveva una donna magnifica al suo fianco, se ne era andata senza dire nulla, dandogli un bacio affettuoso tra le lacrime e andando a consolare la gemella, che a casa Sanders era in pessime condizioni. Non sapeva come stessero Matt e Johnny, sicuramente non bene, ma al momento era troppo scosso per raggiungerli. Se Baker non fosse andato a tirarlo fuori da casa sua, probabilmente sarebbe stato ancora a crogiolarsi nella disperazione fissando un punto vuoto. Con quale forza di volontà Zack l’avesse fatto, però, non lo sapeva nemmeno lui stesso. Continuò ad osservare la clientela, quando il suo sguardo fu attirato da una bella donna che sedeva composta al bancone, corti capelli castano ramato, un bel fisico e l’aria di chi… Bè, è appena andato a un funerale. Gates rabbrividì anche solo pensando alla parola, cercando di concentrarsi sulla figura che gli risultava familiare. Dove poteva aver visto quella ragazza? Sicuramente non era una groupie, o li avrebbe assaliti non appena avessero messo piede nel locale. Lavorava per loro? Ma li avrebbe salutati. Dunque, chi diavolo era? Quando lei si voltò verso di lui, incrociando il suo sguardo color caramello, il ragazzo ricordò. L’aveva vista qualche giorno prima alla Warner Records, ecco. Stava chiacchierando con Jim, mentre aspettavano che finisse la riunione sulle tracce dell’album che stavano iniziando a registrare.

Zack fissò l’amico mentre questi, a sua volta, osservava una bella donna che sorseggiava placidamente un cappuccino. Si domandò perché gli sembrasse di averla già vista. Come se gli avesse letto nel pensiero, Brian affermò:

«Quella tizia qualche giorno fa era alla casa discografica. Quando abbiamo fatto la riunione. Stava parlando con Jimmy.»

Zacky la osservò un attimo, per poi fissare l’amico.

«Jimmy non sbaglia mai.»

Brian tese le labbra in quello che doveva apparire un sorriso, un po’ troppo forzato per sembrare reale.

«Già, Jimmy non sbaglia mai.»


***


L'angolo della piccola folle:
Coff coff, eccomi col secondo capitolo. Come aveva intuito Josie 182, che ringrazio per la recensione, le date corrispondo alla realtà. Questo è il secondo capitolo introduttivo, quello che mi ha distrutto il cuore mentre lo scrivevo, ma che era doveroso ai fini della storia. Non ho ancora terminato di scrivere il terzo capitolo, ma essendo quasi alla fine ho pensato bene di pubblicare questo. Eeeeh, vi prometto che i prossimi saranno più lunghetti. Grazie ad Amor vincit omnia per l'altra recensione, sepro tanto che questo capitolo ti piaccia. Ringrazio anche chi ha messo la storia tra le preferite, le seguite ecc, e grazie anche a chi solo ha perso un po' del suo tempo per leggere. Un bacio, al prossimo capitolo.
Berrs

  
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