Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: chiaki89    18/04/2011    6 recensioni
Sono passati sei anni dall’arrivo dei Volturi. Leah, unica donna fra i licantropi, è sempre più insofferente verso tutto ciò che la circonda, nonostante ci siano stati piccoli miglioramenti.
Ma l’arrivo di un vampiro mai visto nella zona sconvolgerà di nuovo tutto.
Chi è Jeremy? Perché è arrivato a Forks?
Queste domande diventano superflue quando Leah si ritrova costretta con l’inganno a sorvegliarlo quotidianamente.
Ed è l’inizio di una nuova storia, nella quale incontrerete ancora tutti i personaggi che avete amato, e anche qualcuno in più.
“Quando il vampiro platinato si voltò ebbi la soddisfazione di vederlo stupito per un secondo buono. Presi fiato per dare libero sfogo alla mia volgarità ma lui mi precedette con una risata decisamente maleducata.
“E così, quel cosino è un lupo? Avete anche donne-lupo? Ridicolo! Inaudito!” continuò a sghignazzare.
“Ehm, lei è l’unica…” rispose cautamente Jacob, guardandomi.

[…]
Raccolsi un grosso masso di granito e lo scagliai con precisione. Gli staccai di netto un braccio. Mi permisi di rivolgergli un sorriso compiaciuto, consapevole che stavo giocando col fuoco.”
Tratto dal cap.3
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Harvest Moon'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questo capitolo lo voglio dedicare a  Jora Sana  e a  Mary_(sorpresa!), che sono state tra le recensitrici più frequenti. Grazie, ragazze, non potevo dimenticare il vostro sostegno.

Baci, chiaki

 

 

STRATEGIE

 

 

 

Le Amazzoni arrivarono una settimana dopo l’incontro con i succhiasangue giapponesi. A quanto pareva c’era stato qualche problema nel rintracciarle, nonostante il potere di Alice.

Le osservavo da lontano, stupendomi nel pensare che forse loro erano le succhiasangue che sopportavo con più facilità. Donne selvagge, indipendenti, forti. Libere.

Come avrei voluto essere io, molte volte.

Nonostante la puzza terrificante, non ero in grado di stare lontana da casa Cullen. Ogni giorno speravo in un cambiamento, in un improvviso attivarsi delle sanguisughe in vista della battaglia.

Invece tutto continuava come sempre, con una monotonia che faceva a pugni con il mio desiderio crescente di combattere e distruggere ciò che ci minacciava. Tutta la situazione era così sfiancante da darmi l’impressione di nuotare in un vasetto di miele: appiccicoso, denso, stucchevolmente dolce. E continuavo a sbattere contro le pareti del barattolo.

Perché nessuno si muoveva, accidenti?!

Come in risposta ai miei pensieri, vidi Jeremy dirigersi verso la porta. Si voltò verso di me, incrociando il mio sguardo accusatorio e vagamente curioso. Dove cavolo stava andando?

Fece un cenno con la testa, invitandomi a seguirlo. Restai ferma per un po’, a braccia incrociate, prima di dirigermi verso la porta: un infantile tentativo per rimarcare la mia indipendenza. Io non seguivo lui. Semplicemente, in alcuni momenti ed in modo del tutto accidentale, la mia strada correva parallela alla sua. 

“Finalmente, pensavo non arrivassi più!”, disse allegramente. Perfetto, anche lui si lasciava contagiare dal clima disteso -ed assurdo- presente. Sbuffai.

“Che vuoi, idiota?”, lo apostrofai.

“Pensavo di andare a caccia, preferisco tenermi in forze per ogni eventualità”. Annuii, rendendomi conto che lui non si era fatto contagiare da niente e da nessuno: stava soltanto mantenendo il suo solito atteggiamento spensierato, senza dimenticare, tuttavia, la situazione pressante in cui ci trovavamo.

“D’accordo”, gli risposi seccamente. Poi mi avviai verso gli alberi, all’ombra dei quali mi trasformai rapidamente. Era da un bel po’ che non correvo in forma lupesca. Rimasi stupita dal sollievo e dalla sensazione di benvenuto che il mio corpo stava dando al lupo che era in me.

Mi scrollai come un cane appena uscito dall’acqua, riprendendo confidenza con le mie zampe muscolose e scattanti. Feci un ghigno letale mentre trotterellavo tranquilla verso Jeremy, che lui prese come un invito a muoversi.

“Avevo davvero bisogno di allontanarmi da tutta quella confusione”, sospirò durante la corsa. Lo fissai dall’alto, stupita. Da quando lui aveva voglia di solitudine? Quella che aveva la prerogativa di tale atteggiamento ero io, in genere. Mi ricordai all’improvviso delle parole che mio padre mi rivolgeva quando, ostinata come ero sempre stata, mi impuntavo su una certa opinione e non ero in grado di cogliere nient’altro.

Il mondo non è tutto bianco o tutto nero, Leah. Sono le sfumature di grigio a dominare, sempre.

Non avevo mai capito se il colore del mio pelo fosse casuale oppure una cosmica presa in giro nei confronti della mia testardaggine.

“Lupacchiotta, tutto bene?”, chiese Jeremy, attento come sempre alle mie espressioni. D’altronde era il nostro unico modo di comunicare quando io mi trovavo in quella forma. Mossi su e giù il muso un paio di volte, poi lasciai che quell’imbecille mi superasse per raggiungere la sua preda che già avevo fiutato.

Per una volta, osservai davvero la sua caccia. Non era elegante nelle sue movenze, o almeno non quanto altri succhiasangue che avevo avuto la disgrazia di vedere. Ma neppure sgraziato. Era semplicemente…misurato. Mi sarei aspettata di tutto da lui, non di certo quello. Forse perché faceva a pugni con il suo carattere scanzonato, irriverente e sconsiderato; eppure possedeva il potere del controllo. Finalmente mi stavo rendendo conto che Jeremy era una contraddizione vivente. D’accordo, non-vivente, ma non era il caso di essere pignoli.

Forse, sotto la superficie, c’era molto di più da vedere. Un forse grande come una casa, ovviamente.

Distratta da questi sgraditi pensieri, non mi resi conto che l’imbecille aveva finito il pasto. In mancanza di passatempi normali, decise di assillarmi con uno dei suoi scherzetti. All’improvviso lo sentii usare il suo potere su di me: benché immersa nei miei pensieri fino ad un istante prima, riuscii a liberarmi velocemente dal suo controllo, saltando indietro di riflesso. Un sinistro straap raggiunse le mie orecchie.

Merda.

Mi girai verso le zampe posteriori, pregando di aver frainteso il rumore. Imprecai di nuovo. Senza dire un’altra parola –e senza guardare quell’idiota- mi nascosi dietro dei cespugli fitti e tornai nella mia forma umana. Presi tra le mani il mio vestito, valutando il danno. Perfetto. Mi aveva accompagnato per quasi sette anni e grazie a Jeremy era da buttare. Si era impigliato in un ramo nel momento in cui ero saltata indietro e si era rovinato irreparabilmente. Non mi interessava nulla della moda, ma quel vestito era davvero comodo. Lo indossai lo stesso, decisa a tornare a casa di volata per cambiarmi. E ovviamente non potevo presentarmi davanti alla porta munita di pelo e zanne.

“Torniamo indietro”, dissi caustica. Lui sgranò gli occhi, fissandomi. “La pianti?”, sbraitai arrossendo un pochino. Balbettò qualche scusa e, dopo un attimo di incertezza, mi precedette.

Accidenti a lui! Poteva almeno fingere di non aver notato il considerevole strappo che attraversava la parte inferiore del mio abito, scoprendomi fino a metà coscia. In fondo era sua responsabilità se ero in quelle condizioni.

***

Arrivata a casa mi stesi di malagrazia sul letto, gettando in un angolo quel pezzo di stoffa ormai inutile. Chiusi gli occhi e sospirai, decisa ad approfittare di quel momento per riposarmi. Non volevo pensare, non volevo paragonare quel vestito a me stessa e cadere in un baratro di sterili considerazioni che mi avrebbero solo portato ad un’inquietudine estremamente controproducente, visto lo stato delle cose. Sprofondai in un sonno agitato, dal quale venni svegliata alcune ore dopo da un raggio di sole che colpiva direttamente le mie palpebre serrate.

Una volta scesa in cucina, notai un pacco informe appoggiato sul tavolo. Lo scrutai, vagamente curiosa. Un biglietto faceva bella mostra di sé proprio lì accanto, recante la dicitura “per Leah”.

“Me l’ha fatto avere Jeremy”, disse mite Seth, che era appena entrato nella stanza. Lo guardai un po’ scettica, poi riportai la mia attenzione sul pacchetto. Potevo facilmente immaginare cosa contenesse, viste le scuse accorate scritte sull’altro lato del bigliettino.

Beh, in fondo un vestito mi serve. Potrebbe risparmiarmi un’odiosa seduta di shopping.

Lo scartai velocemente, fingendo di non percepire lo sguardo perforante di Seth fisso sulla mia nuca.

L’abito era semplice, molto simile a quello che avevo già. Quello che mi lasciò completamente basita fu il colore.

Vivace, allegro. Un giallo spento che non aggrediva gli occhi, ma che sicuramente era più appariscente di qualsiasi altro colore avessi mai indossato.

È così inadatto a me

Io ero anonima, cupa, fredda. Grigia. Quel giallo diceva tutt’altro. Perché Jeremy aveva scelto proprio quel colore? Non potei fare a meno di chiedermelo, era più forte di me.

Resta ancora il fatto che di un vestito ho bisogno, ed in fretta.

“Vado a cambiarmi”.

***

Stare in casa Cullen era diventato parte della quotidianità, ormai. Eppure il senso di irrequietezza si faceva ogni giorno più intenso, insopportabile. Ero muta testimone dell’evolversi dei rapporti tra le sanguisughe: il clan di Jeremy si era integrato perfettamente con la famiglia Cullen, e soprattutto Sabrina pareva aver stretto amicizia con Alice. Yumi ed il suo compagno, Shirou, erano estremamente benvoluti e la presenza tranquillizzante di Kiyoko era perennemente richiesta, persino con delle scuse patetiche. Tamaki e Ryuu erano sempre per i fatti propri, stretti come due fidanzati, eppure quella loro riservatezza non suscitava ostilità. I clan che già conoscevo e che si erano riuniti sei anni prima trovavano che il modo migliore di passare il proprio tempo fosse chiacchierare ed andare a caccia per nutrirsi. Come se tutto fosse stato una vacanza imprevista.

Queste costatazioni non facevano altro che premermi addosso, mi spingevano verso una solitudine che stavolta era sgradita. Una sensazione di formicolante timore si faceva strada alla bocca dello stomaco, unita –o forse direttamente conseguente?- alla consapevolezza che stavamo andando incontro ad un grande pericolo totalmente impreparati.

La tensione nei miei muscoli aumentava e mi faceva tremare di rabbia. Era per questa fiera delle vanità che io avevo accettato, insieme ai miei fratelli, la presenza dei succhiasangue?

No.

No.

Avvertii i miei pensieri esplodere, travolta dalla frustrazione e dalla paura. Vidi Edward barcollare leggermente, per poi puntare i suoi occhi verso di me in un’espressione sofferente e –per una volta- non ostile.

Se capisci quello che sto provando, perché non fai nulla?

Il mio urlo interiore parve riscuoterlo un istante, prima che si voltasse da un’altra parte, ignorandomi totalmente.

“Va tutto bene?”. La voce di Jeremy era stranamente di conforto, in quella casa in cui quello che provavo veniva così brutalmente calpestato.

“Certo”, risposi amara. “Va tutto benissimo”.

Non pensare che sia finita qui, leggipensieri.

***

Avevo riflettuto tutta la notte sul pessimo andamento della situazione ed ero giunta ad una conclusione. Se i succhiasangue non avevano intenzione di darsi una mossa l’avrebbe fatto il branco. Ero la beta di Jake, perciò la mia voce aveva un certo rilievo e stavolta non mi sarei fatta scrupoli. In mattinata convocai tutti i fratelli, quasi stupendomi del mio spirito d’iniziativa. Ma non ero mai stata una che si piangeva addosso: potevano essere cambiate tante cose, tuttavia non avrei mai permesso a nessuno di mettermi i piedi in testa o minacciare la mia famiglia.

Tremate, tremate, Leah Clearwater è tornata.

Ridacchiai da sola per quello sciocco ritornello che per un attimo era risuonato nella mia mente.

Si presentarono tutti, prevedibilmente perplessi. Tuttavia mi resi conto che la perplessità derivava soltanto dal fatto che ero stata io a convocare la riunione e non dalla riunione stessa.

Il branco scalpitava, voleva mettersi in moto. In quel momento seppi che avevo fatto la scelta migliore. Riportai le mie proteste a Jacob e Sam, sottomettendomi alla loro giusta autorità.

“Siamo troppo fermi, non è nella nostra natura. Il momento dello scontro si avvicina e tutto quello che stiamo facendo è guardarci negli occhi e lustrarci il pelo. Sono stufa. Stufa marcia. O ci diamo una smossa e ci organizziamo come si deve –possibilmente pressando anche quelle stupide e vanesie  sanguisughe- oppure contate pure un membro in meno nel branco. Non me ne andrò, ma mi muoverò da sola. A voi l’ardua sentenza”. Lasciai trasparire una vena canzonatoria solo alla fine del discorso: non volevo rischiare di suonare troppo dura ed acida, i due alfa avrebbero potuto sentirsi feriti nella loro virilità per quella mia ribellione. E non era quello che mi serviva.

L’intero branco parve trattenere il fiato mentre Jake e Sam si fissavano. Una sottospecie di conversazione mentale, totalmente fasulla e fatta apposta per innervosirci e tenerci sulla corda. Trattenni uno sbuffo.

“D’accordo”, disse infine Sam. “Leah ha ragione, dobbiamo metterci al lavoro. E dobbiamo parlare con i vampiri, ci servono le loro informazioni e il loro aiuto”.

Un eccitato mormorio di consenso fu la risposta alle sue parole. Anche io annuii, consapevole che quella era la strategia più corretta, per quanto non fosse di certo la più piacevole.

***

“Trovo che abbiate perfettamente ragione”. La voce sicura ed autoritaria di Jasper fu la prima che si levò dalla compagnia riunita nel prato di fronte a casa Cullen. C’eravamo tutti, vampiri e licantropi. Sam aveva appena fatto presente le nostre intenzioni, premendo soprattutto sulla necessità di organizzarsi.

“Ci servono tutte le informazioni possibili su quei vampiri italiani”, disse Jacob, serissimo.

“Penso di potervi aiutare, in questo”. Eleazar era una risorsa preziosa in quel frangente: tutti si misero in attento ascolto. “Conoscete già le capacità di Aro e della maggior parte della guardia. Posso aggiungere qualcosa su Afton e Corin, tuttavia ritengo che siano minacce decisamente inferiori rispetto agli altri. Il primo è in grado di creare l’illusione della decomposizione del corpo: sicuramente inquietante, ma è nulla in confronto al potere di Alec. Corin invece è la cosiddetta “dama di compagnia” delle mogli, il suo potere è identico a quello di Kiyoko, con la cruciale differenza che la sua presenza diventa pari ad una droga. Impossibile staccarsi da lei, ci vorrebbe un’enorme forza di volontà”.

“Quindi dobbiamo riflettere sui loro poteri e su come contrastarli, in sostanza”, interloquì Siobhan, ragionevole.

“Temo che non sia così semplice”, ribatté immediatamente Jasper. Parecchi sguardi si puntarono su di lui, apertamente interrogativi. Lui si passò una mano tra i capelli biondi, pensieroso. “I Volturi non sono stupidi. Sono perfettamente a conoscenza dei nostri poteri e sanno che con le armi che avevano a loro disposizione sei anni fa di certo non otterrebbero la vittoria. La spiegazione logica è una sola, sfortunatamente”.

“Hanno nuove risorse”, sentenziò cupo Garrett, accanto ad una preoccupata Kate. Una ventata di tensione si abbatté sulla compagnia: tutti si mossero, anche se di pochissimo, preda di un’agitazione insinuante e gelida. Persino io ebbi un tremito.

“Di cosa potrebbe trattarsi?”, chiese Carlisle, fissando il nulla. Jasper fece spallucce. “Qualsiasi cosa. Anche se un sospetto l’avrei”, aggiunse titubante.

“Ebbene?”, domandai caustica. Dio, quanto odiavo quelle scenette fatte per incrementare la suspense. Ne avevamo proprio bisogno.

“Renata. Il suo potere si è sempre propagato per contatto. Ma da quando Aro ha visto Bella e le sue capacità, come minimo avrà messo sotto pressione Renata affinché facesse lo stesso. Inoltre lei sono decenni che ha confidenza con il suo potere e ha avuto sei anni per perfezionarsi, nel caso”.

“Quindi che si fa?”. Il vocione di Paul sovrastò il nervoso chiacchiericcio che aveva iniziato a diffondersi.

“Posso bloccarla io, credo”, disse incerto Jeremy, pochi passi alla mia destra. I nostri sguardi si incontrarono giusto un istante, durante il quale vidi davvero la portata della sua determinazione. Non ci avrebbe abbandonati per nessun motivo. Lo compresi con la stessa sicurezza con cui sapevo che odiavo la marmellata di albicocche. E ne fui lieta, in qualche modo.

“Almeno questa volta dobbiamo essere preparati, e non spartirci gli avversari sul campo di battaglia. Soprattutto combattendo da soli”, s’intromise Garrett, tutto compreso nel suo ruolo di soldato di ventura.

“Esatto. Preferirei che stavolta combattessimo almeno in coppie. Sarebbe un’ottima idea combinare anche i poteri”, aggiunse Jasper.

“Noi ci organizzeremo in gruppi in base all’esperienza sul campo”, disse Sam, annuendo.

“Io posso accecare tutti per alcuni istanti, ci garantirebbero almeno un certo margine di vantaggio”, propose rapidamente Zafrina. Prevedibile.

Intervenne anche Yumi, disinvolta e propositiva come sempre. “Potrei far piovere delle lame di ghiaccio su di loro. Purtroppo non sono abbastanza violente da ferire, ma potrebbe distrarli o rallentarli”.

“Se tu le crei, io posso tenerle sospese. C’è qualcuno che può farle muovere velocemente?”. La voce svagata di Fredrick venne dapprima accolta con occhiate di palese scetticismo, finché non parlò anche Benjamin. “Un’energica folata di vento può fare al caso vostro?”. Sia Yumi che Fredrick annuirono sorridendo.

“Toccando un vampiro potrei creare delle illusioni, confondendoli e facendo credere che l’attacco venga da un’altra direzione”. Il ringhio di Jacob bastò a far capire perfettamente chi aveva lanciato quell’idea.

“Non se ne parla”, sentenziò fermamente. Nessie lo fulminò con lo sguardo.

“Ottimo. Volevo chiederti di affiancarmi, ma non importa, a questo punto. Me la caverò da sola”.

“Non te lo lascerò fare, Ness”. C’era una sfumatura di intensa preoccupazione nella voce dell’alfa, così forte da ripercuotersi persino su di noi, in una certa misura.

Lei si erse fieramente in tutta la sua –scarsa- statura. Inspirò a fondo, prima di ribattere: “Non ti basterà legarmi al letto, Jacob Black. Se non vuoi combattere con me, lo farò da sola. Non sto scherzando, Jake”. La sua determinazione sembrava incrollabile: stavolta il poveraccio non avrebbe avuto vita facile.

Beh, niente di diverso dal solito.

Jasper si schiarì la voce in modo del tutto artificioso. “Altre proposte?”, disse, tentando di ignorare i due fidanzati che si guardavano in cagnesco.

***

Il resto del pomeriggio passò così: si discuteva delle strategie, dei gruppi da organizzare, degli allenamenti che si sarebbero tenuti nelle settimane rimanenti.

Troppo poche.

Io sarei stata in gruppo con Alex e Sebastian, i due fratelli novellini. Non avevo trovato nulla da ridire: i due erano affiatati e, all’occorrenza, si sottomettevano alla mia autorità.

Al tramonto decisi di staccarmi da quella puzzolente riunione e andare a fare quattro passi. Ormai le linee generali erano state tracciate, il resto del lavoro ci attendeva nei giorni successivi. Non mi stupii nel vedermi seguita da Jeremy, che sembrava soffrire la mancanza dei nostri battibecchi.

Vallo a capire.

Mi appoggiai con un sospiro ad un tronco illuminato dai raggi del sole morente, felice di poter godere di quegli ultimi sprazzi di una rara giornata soleggiata. Chiusi gli occhi, totalmente rilassata. Lo sentii avvicinarsi a dove mi trovavo, per poi fermarsi a qualche passo di distanza.

“Sei soddisfatta, ora?”, chiese. Anche se non potevo vederlo, era facile immaginare il sorriso che aveva sicuramente dipinto in volto. Sorrisi a mia volta. “Già”, risposi lapidaria.

Scese il silenzio. Quel tipo di silenzio pacifico, per nulla imbarazzante, quasi confortevole. Un silenzio che prelude spesso le sentenze più sorprendenti. O le più sofferte.

Come nel mio caso.

“Grazie”, dissi, spezzando quegli attimi di quiete. Tenni gli occhi saldamente chiusi, mentre continuavo a parlare. “Per il vestito, intendo. Non mi capita spesso di ricevere regali, a parte quelli che arrivano da Seth o da mia madre. Quindi…sì, insomma…grazie”. Non avevo voglia di vedere i suoi occhi allargarsi dallo stupore, o la sua bocca spalancarsi come quella di un idiota. Già avevo fatto fatica ad esprimere dei ringraziamenti…

Lo sentii invece avvicinarsi di nuovo, passo dopo passo. Era vicino. Forse troppo. Voleva farmi un altro dispetto?

Il mio cuore sussultò violentemente quando percepii qualcosa di freddo e delicato sfiorarmi la guancia. Non erano le sue dita. Erano le sue labbra.

Spalancai gli occhi, respirando velocemente per l’ovvio sbalordimento.

Sbalordimento, come no.

Il suo viso era esattamente di fronte al mio, illuminato dalla luce del sole. Il tramonto faceva brillare la sua pelle in modo discreto, evidenziando il naso dritto e sottile, la fronte alta, le labbra piegate in un sorriso storto. L’ovale del volto era accarezzato da ciocche bionde sfuggite –come succedeva sempre- dal suo codino. Beh, non era male, tutto sommato.

La mia mente turbinò di fronte a quell’ammissione. L’avevo mai guardato davvero?

No.

Sempre troppo occupata ad ignorarlo, a picchiarlo o a litigarci per un nulla. Troppo occupata ad uscire dalla gabbia che mi ero costruita. Ma adesso ero libera di vedere. Anzi, di guardare.

Sentii una stretta allo stomaco mentre lui si chinava verso di me. Non riuscivo a muovermi.

Non volevo muovermi.

Quando avevo permesso a quella sanguisuga da strapazzo di oltrepassare tutte le mie difese, fino a raggiungermi? Perché stare con lui, nonostante i battibecchi e le frecciatine, riusciva a farmi sentire bene?

Stupido muscolo, piantala di fare casino.

Decisamente la mia autorità non si estendeva al cuore, che sembrava godersela un mondo nel battere come un forsennato.

E Jeremy continuava a guardarmi, come se fosse stato consapevole di tutti i miei pensieri fino a quel momento. Accarezzò leggermente il punto in cui mi aveva appena baciata –baciata, maledizione!- con un sorriso ancora più largo di prima. Poi si sporse ancora di più, finché il suo respiro gelido non colpì la mia pelle. Le sue dita si appoggiarono dapprima sul mio polso per poi scivolare verso il dorso della mia mano, lasciandosi dietro una scia di freddo bruciore.

Quando tentò di intrecciare le sue dita alle mie tutti i miei allarmi interiori suonarono in una volta sola. Mi scossi dall’annebbiamento e mi allontanai di botto.

Deglutii a vuoto mentre lui mi guardava palesemente deluso. Era nella stessa posizione di un istante prima, solo il suo volto era voltato verso di me.

Accidenti, Jeremy, non guardarmi così.

Strinsi i pugni. Il mio cuore non accennava a diminuire la sua frenetica attività, ma adesso i battiti facevano male. Non sapevo se era per colpa del suo sguardo –adesso tormentato- o della comprensione che ormai era filtrata nella mia mente.

Stupida! Stupida! Stupida!

Mi voltai e corsi via, senza aggiungere una sola parola.

Volevo trasformarmi durante la corsa e dare libero sfogo ai miei istinti lupeschi: mi avrebbe dato sollievo. Ma facendo così avrei fatto esplodere il vestito che Jeremy mi aveva appena regalato.

Imprecai.

Perché mi importava?

La risposta era così semplice…eppure così insensata. Inaccettabile. Impossibile.

Scossi la testa, portandomi poi una mano ai capelli e stringendoli forte.

Impossibile.

 

 

 

 

*Note dell’autrice*: eccomi qui, in imperdonabile ritardo! In realtà forse il ritardo è perdonabile, visto i ritmi che ho avuto in queste due settimane. Credetemi se vi dico che il mio cervello era in totale blackout, senza contare che il tempo per scrivere era decisamente esiguo. Non voglio trattenervi oltre, spero solo che il capitolo vi sia piaciuto. Soprattutto gli ultimi sviluppi.

Come sempre ringrazio di cuore tutti coloro che aggiungono la storia alle preferite, alle seguite o alle storie da ricordare. Un enorme grazie anche a chi legge la storia silenziosamente, è bello poter vedere che siete in tanti.

Un ringraziamento speciale va ovviamente a chi recensisce: per motivi di tempo non sono ancora riuscita a rispondervi, ma nei prossimi due giorni arriverà tutto. Non potrei mai ignorare i vostri meravigliosi commenti!

Come al solito, critiche e commenti sono più che ben accetti! Ci risentiamo sabato 7 maggio!

Baci, chiaki

 

 

 

 



   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: chiaki89