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Autore: Mary15389    19/04/2011    4 recensioni
Uno strano incontro può cambiare la vita di una giovane italiana appena sbarcata a Washington?
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My life has just begun CAP31 CAPITOLO 31

Il taxi si stava fermando dove gli avevo indicato per permettermi di percorrere a piedi la restante strada. Scesi con un po’ di paura in corpo. Mi indirizzai nel punto esatto in cui si sarebbero trovate le lapidi dei genitori di Thomas Duster. Un grande giardino con altre tombe intorno, molti alberi che mi ostacolavano la vista. E poi ecco la scena che apparve davanti ai miei occhi.
Erano tutti lì, erano già arrivati. Indossavano tutti il giubbotto antiproiettili e puntavano l’arma verso Thomas che teneva in mano un revolver. Non potevo sentire le loro parole, ero ancora troppo distante. Per fortuna loro non potevano vedermi.
Mi avvicinai ancora arrivando alle spalle dei miei colleghi, fin quando vidi gli occhi dell’uomo saettare verso di me.
“Agente Liardi...” disse con stupore.
I miei colleghi si voltarono cauti per guardarmi. Li ignorai e feci ancora qualche passo in avanti lasciando cadere a terra la sacca che avevo con me e alzando le mani.
“Thomas?” domandai per essere certa di rivolgermi alla persona giusta.
“Si...sono io...” rispose.
“Sono disarmata, vedi? Mi avvicino lentamente ma non voglio farti del male.” Lo avvisai cautamente.
“No Nicole!” sentii sussurrare a Morgan, ma continuai a non dare ascolto a quello che mi dicevano.
“Io credevo di averti ucciso...” riprese Duster.
“E invece sono qui e voglio aiutarti. Hai ucciso tutte quelle persone perché credevi che stessero scappando da qualcosa, come avevi fatto tu diventando Robert Finnigan.” Cercai di rompere la sua barriera difensiva.
“Robert aveva ragione, non serve a nulla scappare.”
“Ma tu sei Robert tanto quanto sei Thomas.” Lo interruppi.
“È per questo che devo farla finita ora.” Avvicinò ancora di più la pistola alla sua tempia. I miei colleghi si preparavano a sparare. Feci loro cenno di aspettare.
“No Thomas, non serve a nulla...ti ricordi cosa ti ho detto quando mi hai rapito?”
“No! Non voglio ascoltarti più...smettila!” aveva allontanato la pistola dalla sua tempia per indirizzarla verso di me, non avevo paura.
“Ti ho detto che le persone cambiano, imparano dalle esperienze che affrontano nella loro vita...” le mie mani tremavano anche se non volevo ammettere con me stessa di avere paura. L’uomo di fronte a me piangeva ma non abbassava l’arma dalla mia linea di tiro.
“Io non posso cambiare...” singhiozzò con qualche difficoltà.
“Si che puoi. Sei stato Robert Finnigan per tanto tempo, hai trovato un lavoro, hai ricominciato a vivere facendo anche amicizia con le persone della tua zona...”
“Ma io le ho uccise!” mi gridò contro e io serrai gli occhi automaticamente. “Ho fatto loro quello che mio padre faceva a me. Sono una persona orrenda...”
“Thomas, tuo padre ti ha tolto la tua infanzia. Ti ha reso colpevole di una cosa che non avevi commesso, ti ha torturato ripetutamente. Ti ha denunciato per incendio, ti ha distrutto la vita...” i miei colleghi continuavano a dirmi di smetterla, ma non avevo ancora finito. “Ma sei sempre tu che hai avuto la forza di prendere un aereo e cercare una nuova vita, un’esistenza senza problemi.”
Si era fermato a fissarmi, le sue lacrime avevano smesso di scorrere. Avevo ottenuto parte della reazione che desideravo.
“Ma sono sempre un debole...alla prima occasione ho agito come lui.” Strinse ancora di più la sua pistola e attendevo da un momento all’altro il colpo che avrebbe decretato la mia fine.
“Ma adesso è il tuo momento. Ora hai la possibilità di fare veramente la differenza...”
“Come?” sembrava interdetto, ma puntò nuovamente la pistola alla sua tempia.
“Abbassa la pistola. Non è questa la soluzione...”
“È la giusta conclusione.” Chiuse gli occhi pronto a tirare il grilletto. Io calmavo ancora i miei colleghi che volevano evitare che Duster si uccidesse.
“Thomas...guardami per favore.” Aprì gli occhi pieni di lacrime e aspettò che gli dicessi qualcosa. “Se premi quel grilletto, avrà vinto tuo padre. E tu non vuoi che vinca lui vero?”
“No...” disse con un filo di voce.
“E allora dimostra a tutti che puoi andare oltre, dimenticare questo e vivere...”
Il silenzio correva nell’ambiente che ci circondava. Nessuno parlava. Io guardavo il nostro S.I., i miei colleghi erano pronti a sparare e Duster non mollava la presa sulla sua pistola. I secondi si tramutavano in eternità.
Poi le lacrime bloccate negli occhi di Thomas ricominciarono a scorrere, la sua mano tremava, ma lentamente si aprì e lasciò cadere a terra la pistola. Mi avvicinai lentamente e la raccolsi, mentre Morgan lo afferrò e gli portò le braccia dietro la schiena.
Porsi la pistola a Rossi che nel frattempo mi si era avvicinato con gli altri.
“Morgan!” Hotch si stava avvicinando a Derek. “Aspetta...” gli ordinò. Poi si voltò verso di me. “Liardi, vuoi farlo tu?” mi chiese porgendomi un paio di manette.
“Con grande piacere, agente Hotchner!” mi avvicinai a lui afferrando le manette, poi mi diressi verso Derek che teneva le braccia dietro la schiena di Duster mentre io chiudevo quei bracciali metallici intorno ai suoi polsi.
Mi diressi verso i miei colleghi nuovamente, ma una forte fitta al petto accompagnata da un giramento di testa mi fece cedere le gambe. Prima che potessi toccare il suolo Emily corse verso di me e mi afferrò.
“Nicole...” gridò.
“Sto bene, sto bene. Non vi preoccupate, sono solo molto stanca.” Ritrovai le forze per rimettermi in piedi e sorridere a tutti.
“Non dovevi farlo...” mi sussurrò Spencer avvicinandosi.
“Dovevo esserci, dovevo essere con voi. Voglio rischiare insieme a voi, non guardarvi da lontano.” Dissi con voce tremante.
Ora ero felice, avevo aiutato i miei colleghi. Mi diressi con loro verso i SUV che ci avrebbero riportato alla centrale di polizia prima di prendere il jet per tornare a Washington. Avevamo appena risolto il mio primo caso.
  
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