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Autore: Human_    19/04/2011    4 recensioni
Idea semplicissima e forse già venuta a qualcun altro -in caso, fatemelo notare che cancello tutto-.
Una raccolta di shot che probabilmente non avranno niente in comune, tranne un incipit di frase ricorrente: “Ti amo perché”.
Saranno tutte piccole cose, principalmente, quindi non troverete mai un “Ti amo perché hai gli occhi azzurri”, che è una cosa troppo comune per la sottoscritta.
Nient'altro da dire.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Apple pies and tablecloths.




«Che hai combinato lì?».
Il tono sorpreso di Charles le strappò un sorriso.
Elizabeth sorrise, voltandosi lentamente verso la porta d'ingresso, come se non avesse smania di rivederlo, dopo una lunga giornata come quella. «Ho comprato un nuovo quadro» rispose, la voce dolce, come sempre era stata, capace di restituire a Charles il sorriso anche quando avevano scoperto d'aver perso tutti i loro soldi in banca – ma cosa gliene fregava a Charles, dei soldi, se Elizabeth gli sorrideva così?
«Beh, questo lo vedo» borbottò, sfilandosi il cappotto ed appendendolo accanto alla porta in legno con il suo cappello nero, il tutto con lo sguardo fisso sulla moglie che si allontanava dal suo nuovo quadro impressionista sul muro del corridoio.
Lei gli si avvicinò lentamente, trascinando i piedi, osservandolo con i suoi occhietti chiari e gli angoli della bocca all'insù, e gli accarezzò una guancia. «Com'è andata al lavoro, tesoro?».
Fece un gesto con la mano, come a scacciare una mosca. Il solito gesto di sempre, di ogni sera, quando avrebbe tanto voluto dirle Amore, sono stato fin'ora in ufficio, parliamo di noi, adesso, ché non ti vedo da ventiquattro ore e non so se nel frattempo il tuo fiore preferito è ancora l'orchidea, e invece muoveva solo un po' la mano destra, a cacciar via la domanda, prima ancora che arrivasse alle sue orecchie.
Elizabeth ridacchiò. Sapeva che non avrebbe risposto, non l'aveva mai fatto, e il bacio impetuoso dei primi tempi, che terminava sempre in sudore e lenzuola, era stato sostituito da quel semplice gesto che profumava d'abitudine. «Ho preparato una torta di mele, oggi. Ne vuoi un po'?».
Charles annuì e la seguì in salotto, dove il profumo dolce svegliò le sue papille gustative. «La tua torta di mele è sempre la più buona».
«Grazie».
Gliene servì una porzione col sorriso – sorrideva sempre, Elizabeth – ed il primo boccone fu una goccia di pioggia in un giorno di primavera in cui si tenevano la mano a vicenda, perché loro amavano la pioggia, entrambi, e correrci sotto, insieme, anche se di fatto non avrebbero più potuto farlo, solo assaggiando una fetta di torta, fu meraviglia.
«Charles?».
«Mh?».
Avrebbe voluto dirle Dimmi tutto, Beth., ma aveva la bocca piena, ed Elizabeth teneva molto all'educazione, tanto che ogni volta che lui dimenticava qualche assurda regola del Bon Ton lei gli lanciava contro la prima cosa che gli capitava tra le mani, ma con rigida fermezza e precisione, composta come solo Elizabeth poteva essere.
Caso volle che l'oggetto più vicino alla moglie quel giorno fosse un vaso di porcellana cinese che, oltre a costare un patrimonio, gli avrebbe fatto parecchio male, perciò Charles si limitò ad un chiarissimo Mh?, con le labbra rigorosamente serrate.
«Cosa ti spinge, dopo tutti questi anni, a tornare a casa da me?», gli chiese, senza far trasparire alcuna curiosità, le parole permeate di tenerezza e amore – amore.
Charles scaraventò la torta giù per l'esofago. «Non si può spiegare» replicò, semplicemente, tono burbero e dolce.
Lei corrugò la fronte, spazientita. «Perché non si può, Charles? Ho quasi ottant'anni e ancora lo devo capire. Tu ne hai ottantadue, dimostra che essere più grandi serve ad imparare qualcosa in più».
Appoggiò il piatto sul tavolo con un sospiro, premurandosi di metterlo lontano dal bordo, così che non cadesse – chi la sentiva, poi, Elizabeth? – ed intrecciò le dita delle mani, sorridendo appena sotto i baffi bianchi. «Non si può spiegare il perché, Beth. È una cosa troppo grande persino per le parole. Io per esempio potrei dirti che ti amo perché la mattina ti svegli sempre cinque minuti prima, da quasi quarant'anni, solo per prepararmi il the con un po' di limone prima che io vada al lavoro, ma non sarebbe abbastanza».
Elizabeth aprì leggermente di più i suoi grandi occhi nocciola, facendo vibrare le ciglia candide, ed aprendosi in un sorriso circondato da piccole rughe. Era bellissima. «Trovo sia più che sufficiente» rispose semplicemente, gli si avvicinò, accarezzandogli il braccio destro e depositando un bacio sulla sua fronte stempiata, e prese il piatto, portandolo in cucina.
Sì sentì poco dopo la sua voce un po' più alta del solito dall'altra parte della porta in noce. «La cena è quasi pronta, apparecchi tu?».
Charles rise, alzandosi e dando un'occhiata alla casa che nonostante gli anni ancora resisteva, e pensò che Joan Crawford forse aveva un po' sbagliato, ché l'amore la casa mica te la brucia, al massimo te la fonde come si fa col ferro e poi te la rimodella, ma non è una cosa brutta. Sorrise e tese il collo verso la cucina «Che tovaglia devo mettere?».







Ommiozzeus, è tipo una vita che non pubblico 'na cippa.
Il mio profilo EFP ha le ragnatele, ormai.
*passa la famosa balla di fieno*
Niente, non ho tanto da dire. Qui il “Ti amo perché...” è un po' fasullo, me ne rendo conto, però ci son tanti modi per dire le cose, no?
Bòn, fatemi sapere qualcosa, mi va bene anche un invito a darmi all'ippica, io nel frattempo mi eclisso e cercherò di far passare meno tempo – come se gliene fregasse qualcosa a qualcuno, tra l'altro.

Ah, una cosetta: a giorni pubblicherò la seconda raccolta di cui parlavo nella prima shot -sì, quella che doveva essere “a giorni qui su EFP” e che invece sta ancora marcendo in 'sto netbook mezzo scassato che prima o poi mi manderà a farla da Paolo-, questa volta sul serio. Non mi faccio più prendere dal “soon” di Jared Leto, ggggiùro.
Un abbraccio, splendori.
   
 
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