Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Jazz Hyaenidae    20/04/2011    1 recensioni
Aggiornata sino al quindicesimo capitolo. [Siamo arrivati al delirio della storia. Le città finalmente in fiamme; scontri, violenza, la calma riappacificatrice che contrassegna le ore prima di una guerriglia. La Linea Gotica vuol richiamare l'enfasi disperata del periodo Nazifascista che come sappiamo sprofondò in una disfatta drammatica per i tedeschi e anche per il popolo italiano che ne usciva sì liberato ma al contempo sconfitto. ] È la storia avvincente di due giovani amici Heléna e Ludovich nel bel mezzo di una rivoluzione sovietica ambientata nel XXI secolo. Partecipi come killers mercenari ingaggiati dalla Maskhadov, un'associazione di stampo terrorista, si troveranno a disertare la causa sovietica. Se vi piace il sangue, la collera spietata o l'amore senza vincoli di ogni sorta questo è il racconto che fa per voi.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO II 

" NEI DUE FUOCHI "
Berlino parte seconda










Nel pomeriggio Heléna Mullova  riposava sul letto della sua suite d'albergo con addosso solo dei pantaloncini e una canottiera, la Colt Commander sotto il cuscino. La stanza era completamente oscurata dalle serrande abbassate, portacenere, sigarette, calze e indumenti intimi sparsi ovunque. Qualche fascio di luce riusciva a penetrare debolmente la finestra, qualche munizione lasciata su un tavolino di noce veniva così illuminata. Bussarono.

 

-Chi è?- Chiese la ragazza dal letto
-Nil.- E la porta si aprì in un assoluto silenzio nell'oscurità del pomeriggio.
-Cosa sei venuto a dirmi Nil?

Il russo camminava tra gli angoli oscuri nel silenzio. Nella spaziosa suite c'era un odore di aria consumata così che si accesero immediatamente i condizionatori creando un brusio in sottofondo. La canottiera bianca di Heléna si muoveva all'altezza del piccolo seno. Nil aveva in mano una busta  sopra la quale era riportato il nome di una grossa firma di moda, poi si fermò difronte ad uno specchio. Heléna chiese:
-Sei stato a fare compere?
-Sì, ero venuto a darti questo.-
Heléna prese la busta e scartò la confezione regalo che avvolgeva il materiale. Un vestito, qualche indumento comprato nel miglior negozio del centro. Dettagli di poco conto, a lei non interessava ricevere qualcosa e non si aspettava che Nil fosse stato a fare spese per lei.
Infatti nervosamente cercava di capire cosa significasse quel gesto e scartava freneticamente l'involucro.
Poi la debole luce accarezzò la punta di una ciocca di capello sino ad arrivare ad un occhio.Un malinconico sguardo al vestito.
-Cosa sarebbe questo Nil?
-Guarda bene, c'è anche una parrucca...
-Appunto è un vestito da hostes.
-Stai capendo bene, è un travestimento.
-Temevo fosse un gioco perverso di quel coglione di Bota.
-... ci sono stati degli imprevisti. La famiglia del signor Vogt ha messo di mezzo un'agenzia investigativa che si è messa subito a fare delle indagini riguardo alla carneficina di ieri sera. A poco serviranno i poliziotti che abbiamo corrotto,dunque: o mandiamo in porto il nostro piano questa sera, oppure il Grande Capo farà saltare noi al posto della C.S.U.
-Qual'è il piano?
-Questa sera ti chiamerai Linda Lang, ti presenterai ad un convegno della C.S.U come hostes, accompagnerai i signori a sedere, farai la tua sporca figura dinanzi ad un vasto pubblico di democristiani. Dovrai solo sorridere e accompagnare, sarai una normale hostes. Dovresti essere contenta una volta ogni tanto che non ti si chieda di piantare pallottole nelle cervella della gente.-

Ecco che nella mente le tornarono strane immagini. Quella stessa mattina nella metrò: istanti passati ad osservare quella donna mite seduta nel suo spazio di un seggiolino da metropolitana. Un'immagine così innocente secondo il suo punto di vista. Stava succedendo qualcosa dentro di lei e lo avvertiva.
Era come se l'immagine di quella donna si stesse alzando intenta ad urlare contro:
perché continui ad uccidermi? Cosa ho fatto io oltre a non essere diventata una furia assassina come te?
Heléna provò a tornare in sé e riprendere il discorso.

-Una normale hostes eh? Non si era detto che il punto da colpire non doveva essere mai un edificio aperto al pubblico? Mi pare che un convegno di democristiani sia ugualmente tanta gente no?
-Ma appunto.. sono democristiani, in alternativa saremo noi a saltare, perché il Grande Capo non è un uomo che ha pazienza, dovrebbe esserti entrato in testa. Bota ha anche riferito i tuoi recenti comportamenti a qualche superiore; presto tutta la Maskhadov sarà pronta ad affidarci la colpa di un insuccesso inglorioso e traditore. Quindi mia cara...porterai con te uno zainetto che lascerai in uno dei camerini.
A dieci minuti dalla fine dell'intervento del Bundeskanzler ti converrà uscire in tutta tranquillità e senza dare nell'occhio, ti aspetteremo appostati in un furgoncino a cinquanta metri più avanti dal palazzetto.Tutto chiaro?
-Perché proprio io devo rischiarmela in questo modo, mentre voi sarete fuori ad aspettare?
Il ragazzo prese le munizioni che erano sparse sul tavolino, le fece scorrere come biglie tra la sua mano destra, poi si fermò come preso da un abbaglio.
-Chi pensi che terrà pulita la strada dal passaggio di volanti, o peggio ancora, dai civili che passeranno per le strade di Schoneberg? Questa sera oltre all'intero palazzetto morirà qualche poliziotto in più ma tu non devi preoccuparti di questo, devi solo comportarti bene e lavorare come hai sempre fatto, vedrai che tutto finirà presto.

Nil allora raggiunse l'uscita. La porta si chiuse e la ragazza si lasciò cadere nuovamente sul letto.Suonò il telefono. Le labbra che volevano poggiarsi sul morbido cuscino, andavano a mordersi.Quanto tempo ancora sarebbe passato? Lesse i suoi nuovi documenti, una nuova identità per passare le frontiere.
“Linda Lang” si ripeteva.
Linda Lang le si presentò allo specchio due ore più tardi, era lei stessa vestita in tailleur da lavoro, tacchi non eccessivamente alti, capelli lunghi e neri, lucentissimi.
Ecco chi era Linda Lang; una statunitense universitaria che di tanto in tanto faceva la hostes per uffici rispettabilissimi, in giro per il vecchio continente. Era bella, giovane e vogliosa di affermarsi nel mondo del lavoro. I suoi genitori sarebbero stati felici di saperla a Berlino a celebrare un convegno del più grande partito democristiano europeo. I grandi valori della famiglia, la gioia dell'ottica progressista dei partiti moderni; ne sarebbero stati fieri della loro bellissima figlia. Linda alzò le serrande della suite, era un fantastico tramonto, un sole gigantesco pareva voler atterrare su Berlino e una radiosveglia iniziò a suonare lievemente per la stanza. Musica classica per Linda che per qualche istante si senti orgogliosa tanto da riguardarsi ancora allo specchio. Il movimento della sua mano, ora si toccava il volto come una danza per poi accendersi una sigaretta e trovare il telefono per chiamare qualcuno. Così sfogliò di fretta un'agendina e ne rideva della sua fretta; una fretta estranea a lei come lo era quel tramonto, ma non riuscì a trovare il numero giusto perché qualcuno bussò alla porta nuovamente. Gli occhi le brillarono.

-Ludovich sei pregato di non importunare! Se sei così abile come tutti dicono puoi benissimo intrufolarti dal balcone, ma sappi che... sonooo nudaaa!!!
-Dai stupida apri, non ho tempo da perdere. E poi non hai un balcone in camera!!

 Ludovich oltre la porta rimase sorpreso così che fece un passo indietro e controllò il numero della stanza.
-Heléna?
-Heléna non c'è, io sono Linda... Linda Lang, entra pure.
-Heléna dovevi vestirti al palazzetto, non qui!
-Chi vuoi che noti una stupida statunitense prima che vada a lavoro?
-Forse la portineria?
-Quei cretini della portineria sono capaci solo di guardare il sedere. Stai tranquillo Ludo, andrà tutto come deve andare.
-Ma poi cos'è quest'aria di festa? Ti ha spiegato tutto Nil,sì?
-Mi ha spiegato tutto e sono contenta che questa sera finalmente ce ne possiamo andare.
-Quante volte ti ho detto di non lasciare le munizioni in giro?

Ludovich come sempre le ordinava la stanza ogni volta che entrava, piegava i suoi vestiti, si accertava che non mancasse nulla di ciò che dovesse esserci e che non vi fosse nulla di estraneo. Che questo fosse anche un bene per la ragazza passava sempre in secondo piano. Linda lo guardava con ammirazione come sempre, talvolta però lo riprendeva a suo modo.
-Oh Ludovich, faresti meglio a non brontolare e darti una calmata.
Ludovich continuava a gironzolare e aprire cassonetti e mobili, a piegarsi sotto il letto e il divano.
-Non so cosa tu abbia ragazza mia, ma è arrivata l'ora di andare. Ci stanno aspettando Peter e Frank di sotto.
Linda quindi si avvicinò fissandolo sul viso.
-Mi chiamo Linda- sussurrò.
Timidamente Ludovich si staccò da quello sguardo.
-Ok Linda, hai cinque minuti per raggiungermi.
Linda Lang scese le scale dell'albergo mentre la portineria era del tutto indifferente impegnata in operazioni da booking and reservation.Linda Lang uscì dall'albergo facendo una grossa scorpacciata d' aria, teneva chiuso con le mani un pesante giaccone viola che ad Heléna andava un po' grande e per cui non aveva messo mai.
Peter, che era un austriaco minuto ed un uomo all'antica, era al volante. Frank, suo fedelissimo compagno spilungone dal baffo molto retrò, fece un cenno con la testa. Peter ebbe subito da dire qualcosa.
-Io non ne posso più di voi giovani teste di cazzo, siete sempre in ritardo di dieci minuti, porca merda!-
Linda lo guardò dallo specchietto, accennò a deriderlo. Ludovich intervenne:
- Guarda che è Linda che deve arrivare puntuale a lavoro, mica tu, quindi pensa a guidare e vedi di fare in fretta,siamo in ritardo.-
Qui Linda lo derise palesemente.
Frank poi commentò:
-E  chi  è Linda??-
Ludovich scoppiò a ridere.
Peter sbandò quasi andando a invadere l'altra corsia per poi ritornare nella sua.


Era sera a 
Berlino.La macchina si fermò sgommando, non c'era ancora nessuno nelle vicinanze del palazzetto.
Linda entrò con il suo cappottone ed uno zainetto.
Ad accoglierla un ragazzo della sua età. Poco più alto di lei, bruno dai capelli a spina.
-
Ciao tu devi essere Lang vero?
-Sì piacere Linda.
-Mark, piacere di conoscerti.-

Linda strinse la mano destra mentre con la sinistra teneva il suo cappotto chiuso mancante di qualche bottone. Catturò il sorriso che le aveva appena fatto Mark, lo avrebbe usato per tutta la sera per chiunque avrebbe visto, con chiunque avrebbe parlato.
-Vieni con me Linda, ti accompagno nei camerini. Vedi la struttura è molto piccola, dovremo adattarci.
Ma come ti avrà detto l'agenzia non si tratta di nulla che possa essere complicato, al massimo ci improvviseremo degli ottimi camerieri!-
Mark, dal primo istante le sembrava entusiasta di quello che stava facendo, come in parte lo era anche Linda ma Linda lo era perché era nei panni di Linda e non in quelli del solito killer. Mark era solo un sorridente ragazzo che non sapeva di dover morire quella sera.Linda non doveva pensarci, se ci avesse pensato sarebbe caduta in una fossa di incubi che nulla c'entravano con la sua vita da hostes.
-Ho letto sul tuo curriculum che sei americana e studi a Yale, mi sono subito eccitato all'idea di lavorare con una mia coetanea proveniente dal Connecticut!
Linda Lang forse non sapeva neanche che l'università di Yale era una delle migliori al mondo, non le importava in quel pomeriggio, osservava piuttosto la struttura del palazzetto, le scritte come quelle delle uscite di sicurezza le passavano sotto gli occhi, contava gli estintori appesi ai muri. Ammirava i quadri posti nei corridoi, sapeva bene che erano tutti falsi e di poco valore.Mark le fece vedere proprio tutto dal back stage  della sala che avrebbe tenuto il discorso del cancelliere tedesco ad un piccolo balconcino dove poter fumare.
-Puoi darla a me la tua borsa.
-No, preferisco tenerla io, ho quel problema che noi donne ci portiamo dietro di mese in mese, vorrei andare in bagno a cambiarmi più tardi.
Così si separò da Mark per  andare nella parte retrostante dell'edificio. Lì c'erano alcuni amministratori pronti alla grande serata, e tra il gruppetto di gente, un po' separata, una bambina giocava con la sua bambola di pezza. Linda Lang stava fumando una sigaretta mentre osservò come quella bambina guardasse il proprio oggetto, cercando di darsi una spiegazione. Non trovandola, la bambina si avvicinò a lei chiedendole.
-Perché la mia bambola non parla?
Linda Lang stava pian pano prendendo confidenza con il sorriso di Mark così che rispose sorridendo alla bambina mentre si accorgeva che i genitori gettavano occhiate indiscrete.
-Vorrà dire che la tua bambola non ha voglia di parlare.
-Ma lei non può parlare.- rispose la bambina con poca convinzione.
- A no? E perché?-
Linda si era così avvicinata alla bambina che sempre più sgarbatamente maneggiava la bambola. Il sorriso stesso di Linda aveva fatto si che i genitori si fossero completamente immersi nei loro discorsi politici. La bimba dunque rispose stizzita:
- Perché lei non è reale, lei è uno stupido pupazzo!-
Queste parole per Linda suonarono lente come una corrente che veniva dall' impianto d'aria poco distante; ancora le smorfie di quella gente che parlava e parlava della politica tedesca.
I lampioni e tutte le luci lì presenti si accesero in fila ad indicare che da lì a poco sarebbe iniziata la serata.
-Lei è uno stupido pupazzo per questo non parla!
La bambina in una sequenza veloce di azioni mise a terra l'inerte e muto oggetto di pezza, lo calpestò prima, poi strappò la lana che faceva da capelli; la strappò tutta. Si accanì di colpo come un'isterica.
A Linda non sembrava vero quello che stava accadendo quindi cercò di distaccarsi mettendosi verso la porta in via di una fuga da quella bimba. Temeva allo stesso tempo che i genitori si accorgessero di cosa stesse accadendo e che ne avrebbero chiesto motivazioni a lei stessa. Quando motivazioni non vi erano. Era isteria pura di una bambina bionda che ora si stava tutta spettinando e stropicciando, china a terra ad uccidere la sua bambola.
-Smettila!Smettila!- Disse Linda.-Bambina fermati, non ha alcun senso! Smettila, fermati!-
Ma la bambina non stava a sentire, anzi era troppo intenta a imprecare contro l'oggetto. Inaudibile o no, stava accadendo che una così bella bambina sapesse cacciare parole così orrende.
Allora Linda si allontanò subito. Lasciò la borsa dietro ad un termoventilatore. Mark la stava cercando. Il cancelliere era già arrivato;la giovane statunitense prese quindi posizione davanti all'ingresso per dare il benvenuto.
Fu impressionata di colpo nel vedere tutta quella folla di gente avviarsi all'entrata.
Signori ben vestiti apparentemente simpatici o anche meno, tutti che salutavano e avevano omaggi da fare; c'era poi la stampa e numerosi flash in ogni direzione.
Linda era in piedi da mezz'ora a stringere mani, assieme a Mark che la presentava come raccomandata del signor D, che Le aveva proposto interessanti collaborazioni nei convegni del partito.
Tutti si dicevano entusiasti di questi giovani, così belli, così eleganti e garbati, stupende stelle, promesse per un'Europa diretta al futuro. Qualcuno strinse la sua mano dicendo:
-Mi congratulo con lei, un altro dirigente felice di questa Europa diretta al collasso!- Ma nessuno lo vide in faccia, neanche lei. Nessuno forse lo aveva sentito, a parte lei. Non sentiva più la sua mano.
Si accorse di stare male, sudava nuovamente freddo, ma aveva finito di accogliere gli ospiti nella sala.
Mark le disse qualcosa, non lo stette neanche a sentire, poi una donna le andò incontro, La spinse tirando fuori parole indecifrabili. Linda Lang a stento riusciva a stare in piedi. L'effetto di Linda Lang stava vacillando. Chi era quell'essere ora cosa gracile? Di certo non Heléna Mullova. Non poteva più riconoscersi e qualcosa di gravoso per la sua coscienza stava distruggendo corpo e mente. 
-Cos'ha la ragazza?
-Non si sente bene?
-Forse dovremmo chiamare qualcuno...un medico...c'è un medico?

Voci sconosciute, ombre che rimanevano ferme negli spazi dell'edificio, un pavimento danzante, probabili allucinazioni. Stava cercando la borsa ma non  ricordava più dove era posta. Ricomparve Mark con lo zaino e il suo cappotto, aveva uno sguardo severo.Capì che il ragazzo aveva smascherato il piano, ma cosa fare? Correre. Scappò via come un razzo, arrivò ad un corridoio e si intrufolò nella prima porta che vide.Si accasciò per terra. Si accorse di essere in un bagno. Con la mano tremolante prese della carta da un distributore. Si asciugò il volto: il trucco che sbavava sul viso.
"Heléna!": una voce dentro di sé. Allora si alzò facendo piano. Si trovò davanti ad un enorme specchio.
"Heléna..."

-Linda!!- Era Mark.
-
Sì Mark?
-
Va tutto bene Linda? Posso entrare?
-Ehm Mark non sto tanto bene scusami, penso che andrò direttamente in hotel!
-Ma non alloggi al dormitorio?

-
Sì intendevo quello...!
-Beh fatti restituire la tua borsa e il cappotto almeno.
La ragazza aprì la porta e prese al volo la sua roba.
-Scusami Mark...-
La richiuse mentre 
Mark rimase immobile fuori nel corridoio.Così rimase sola. Aprì la borsa e vide che era piena di tritolo proprio come Peter e Frank avevano consegnato. Mark dunque non era stato così impiccione come temeva. Notò che però il timer era guasto, o meglio, aveva la convinzione che la bomba fosse attiva ma che il timer non stesse segnando i minuti.

"Heléna non fare la stronza suvvia, infondo sono solo democristiani... sono più mafiosi loro dei guerriglieri. Con il loro perbenismo inquinano il mondo di falsità, per non parlare del loro mercato che va sempre a scapito della povera gente. Il loro mercato è qualcosa di più insulso della nostra rivoluzione. Sì Heléna che tu lo voglia o no, ne sei parte della rivoluzione!"
Così lasciò cadere la borsa dietro ad un cestino della spazzatura, non sapendo se sarebbe esplosa. Tolse la parrucca e dall'esterno si sentì il rumore del caricatore della Colt Commander, un rumore che in fondo... le aveva sempre dato una certa botta alle vene rendendole altamente pulsanti e vive. La eccitava più della droga, più del sesso. Odore metallico, odore di polvere da sparo. Heléna uscì poi dalla finestra liberandosi delle scarpe con il tacco,le buttò via. Si accese un'altra sigaretta camminando tra la gente che non doveva esserci per Schoneberg, ma non le interessava più. A quel punto potevano morire tutti. Ad Heléna proprio non importava più.
Trovò la prima cabina ed inserì una scheda.
-Pronto?
-Heléna da dove chiami?-Era la voce di Nil.
-Sono dentro l'edificio, volevo informati che procede come previsto.
-Benissimo bambina, assicurati che nessuno si accorga di niente, fai che rimanga dentro per almeno altri quindici minuti. 
-Certo.
Chiuse. Osservò ancora tutta la gente che nelle vicinanze passeggiava ora fermandosi nei ristoranti vicini, ora rimanendo ferma agli angoli a parlare. Se Berlino era veramente spaventata come i telegiornali dicevano Heléna non si spiegava come mai vedeva così tanta gente.  Forse non erano neanche tanti, forse pesavano ad uno ad uno sulla coscienza.
Qualcuno la notò senza scarpe con la sua aria seria come il giorno prima.
Stette ferma qualche altro minuto, poi imboccò la parallela e chiamò un taxi.
Qualche minuto più tardi ci fu un silenzio improvviso, il furgoncino che doveva esserci, non c'era.
Esplose il piano terra del palazzo e nel giro di pochi istanti si sentivano già le sirene pronte ad intervenire.Il cancelliere tedesco sarebbe morto solo qualche ora dopo in un ospedale vicino.
Non vi erano traccia di Nil, ne di Peter o di Frank, né di Ludovich.

-Dove vuole che la porti signorina?
-Aeroporto di Tegel per favore, faccia in fretta.

Mentre Berlino si illuminava di una nuova carneficina, una bambina bionda giocava sul ciglio della strada. Aveva in mano una pistola giocattolo e sparava ad una donna seduta sul sedile posteriore di un taxi.


   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Jazz Hyaenidae