-CAPITOLO 25-
-L’ULTIMO BALLO-
Kakyuu e Heles erano ancora a poca distanza
l’una dall’altra. Soddisfatta della sua capacità di persuasione, Heles si
scostò, ad evitare che Milena potesse dubitare ancora di più di lei. Kakyuu
l’afferrò prima che potesse allontanarsi troppo “Lo farò Heles, ma ad una
condizione…”. Heles si voltò per poterla guardare “Che condizione?”
“Glielo devi dire…”. Sgranò gli occhi, come
se ciò che le stava chiedendo fosse l’ultima cosa che mai si era immaginata di
fare “Non posso, non acconsentirebbe mai”
“Non deve acconsentire, anche se si opporrà
lo faremo lo stesso. Ma deve saperlo, deve sapere a cosa andrà incontro!A te la
scelta”. Kakyuu la sorpassò, lasciandola nel pieno dubbio di quella decisione,
conseguenza di un suo stesso atto.
“Va bene” la fermò Heles “glielo dirò…ma
domani dovrai fare ciò che ti ho chiesto”. Kakyuu annuì, senza indugiare oltre.
Nessuno aveva colto quella conversazione così
misteriosa. I loro occhi e le loro menti erano rivolti verso ciò che rimaneva
del rustico. Ciò che li si prospettava davanti non erano altro che pareti
perforate e travi penzolanti. Sassolini di cemento saltellavano tra le mura
sbriciolate mentre gocce d’acqua cadevano dai tubi dei lavandini, divisi a
metà.
Seiya, Taiki e Yaten osservavano ciò che
restava della loro casa. Non potevano far altro che pensare a come ripartire da
zero, sin dalle fondamenta. Kakyuu li raggiunse, ponendosi fra di loro, ancora
con lo sguardo piantato su quell’ammasso di rovine.
“Vi ospiterò nel mio palazzo, finché sarà
necessario” disse girando su se stessa, affinché capissero che l’invito era
rivolto a tutti “Prendetevi per mano”.
Fino a creare uno spazioso cerchio umano, si
strinsero le mani, in attesa che Kakyuu li teletrasportasse con il suo potere
all’interno del palazzo. Un raggio di luce porpora creò un varco specchiato che
li risucchiò, catapultandoli come nuvole in raffica, negli ampi giardini della
reggia stellare.
La dimora di Kakyuu era idilliaca. Quattro
altissime torri la circondavano, mentre un’imponente battente in legno d’acero
reggeva un’ampissima terrazza bianco perla situata al centro, da cui si poteva
scorgere l’intero regno, fino alle prime onde dell’oceano. Il tutto era
circondato da giardini di rose rosse e arancio, con quattro fontane rappresentanti
gli elementi della natura ed una al centro su cui era scolpita in rilievo la
nota cometa. Ma c’erano posti remoti ed isolati che la loro vista non riusciva a raggiungere, a
scovare. Luoghi segreti in cui si trovava pace e spensieratezza.
“E’ tutto così…così…irreale” farfugliò
Marta, rapita dalla bellezza di quegli spazi infiniti
“Il tuo palazzo è meraviglioso, principessa”
complimentarono le ragazze, estasiate da tanta grandezza “Vi ringrazio ragazze,
su venite dentro, sarete esauste”
“Non vedo l’ora di vedere com’è dentro!”
esultò Ottavia, correndo veloce all’entrata del palazzo. Si diressero verso
quell’immenso portone, di cui non s’intravedeva la fine. All’avvicinarsi di
Kakyuu, si spalancò, concretizzando tutte le fantasticherie che percorrevano le
loro menti. Il pavimento freddo era lucido, variegato da fantasie cremisi
intrecciate vaniglia mentre i sovrastanti finestroni filtravano la luce creando
fantasmi policromatici sulle pareti di spesso marmo levigato. Il soffitto
brillava di blu cobalto, arricchito da mosaiche stelle platinate. Ai lati, le
larghe scale cementate conducevano ai piani superiori ed alle torri più alte,
li dove tutto potevi vedersi, dove tutti potevano sentirsi più liberi, sospesi
nel vuoto del cielo.
Strabiliate ed incredule, Marta e Milena si
distesero a terra per poter studiare meglio i mosaici sopra le loro teste,
mentre Rea e Morea passavano attraverso le colorate luci che si riflettevano
sui muri. Amy si teneva stretta a Taiki, per condividere con lui tutta quella
serenità offertagli dal quel magico luogo, a differenza di Ottavia, che correva
su e giù per curiosare ogni singolo angolo di quella perfezione.
Ma non tutti condividevano quel momento a
dir poco giocoso. Bunny le sentiva ridere, fare domande su domande, per
conoscere ancora di più quel posto così principesco. Tuttavia i suoi pensieri
erano rivolti a Pearl. Non riusciva ancora a capacitarsi di quanto era
accaduto, l’aveva vista morire, davanti ai suoi occhi. Portandosi una mano sul
viso, si asciugò la fronte sudata.
Heles la osserva, sofferente. Sapeva che si
sarebbe incolpata per lungo tempo, sapeva che non se lo sarebbe mai scordato.
La notte precedente sarebbe rimasta scolpita per sempre nella sua mente. “Cosa
stai aspettando, Heles?” la voce di Kakyuu le scosse la testa “devi dirglielo,
non puoi più aspettare”
“Si ho capito” rispose Heles,
aggressivamente “allora fallo! O io non manterrò fede al patto”.
Heles s’incamminò, approfittando di quel
momento di distrazione, di svago. L’afferrò per la maglia, per avere la sua
attenzione “Seiya…ti devo parlare”. Seiya la seguì senza fare troppe domande.
Ormai aveva capito come comportarsi con Heles. Era presuntuosa, convinta di
avere sempre ragione quindi perché scomodarsi tanto per cercare di
comprenderla.
Si staccarono dal gruppo, beneficiando di
una zona d’ombra offerta da una vasta tenda. “Cosa vuoi, Heles?” aggredì,
ancora prima che iniziasse a parlare. Heles si appoggiò al muro, a braccia
consorte “ciò che ti dirò non ti piacerà affatto…ma sappi che non cambieremo
idea”
“di chi stai parlando?” “Kakyuu ha
acconsentito a fare una cosa che le avevo chiesto ma vuole che tu ne sia al
corrente”. Insospettito, Seiya la fulminò con lo sguardo “Avanti, parla”. Heles
si guardò intorno. Spaventata che qualcuno potesse sentirla, si avvicinò a
Seiya, sussurrando il tutto nell’orecchio. Ad ogni parola, crebbe la rabbia, la
delusione, la frustrazione. Non lasciandole il tempo di spiegare il perché di
quel gesto, Seiya la spinse via, facendole perdere l’equilibrio “Sei pazza!”
accusò “lo siete tutti! Non potete fare una cosa del genere, non ve lo
permetterò mai!”
“lo faremo, Seiya” rispose Heles, minacciosa
“a costo di legarti e rinchiuderti! La tua principessa è d’accordo, sarà lei
stessa a farlo e tu non puoi farci niente”
“Non me ne starò fermo senza impedirvelo, è
una promessa…io sono…”
“…egoista!!” anticipò Heles “sei solo
un’egoista! Da quando hai conosciuto Bunny hai sempre pensato a te stesso,
senza mai riflettere sulle conseguenze delle tue azioni! Non te ne è mai
importato niente di cosa sarebbe accaduto, di cosa avrebbe portato ed ora
guarda a che punto siamo arrivati”. Seiya abbassò lo guardo, sbattendo i pugni
addosso alla parete, con una tale forza da sfregiarsi lievemente le nocche “Non
è giusto” disse, abbassando sempre più il tono della voce. Heles appoggiò una
mano sulla sua spalla, gettando a terra l’arma di guerra “non puoi fare niente,
Seiya. Puoi accettarlo e vivertelo fin che puoi oppure puoi combattermi,
sprecando così minuti preziosi…in ogni caso quel che è giusto verrà fatto”.
Fece scivolare la mano lungo il braccio per poi distaccarsi “per quel che vale”
disse, prima di lasciarlo solo “mi dispiace…davvero”. Seiya non si voltò
nemmeno a guardarla. Sapeva che quella sarebbe stata l’ultima volta che le
avrebbe rivolto la parola. Ma sapeva anche che non rispondendole, aveva
accettato ciò che Heles gli aveva confidato poco prima. Aveva smesso di
combattere, non ne aveva più le forze, non riusciva più a stare in piedi…da
solo.
Si ricompose, sfregando le mani sulla giacca
per pulire le chiazze di sangue e raggiunse Taiki e Yaten ai piani superiori.
La camera da letto era spaziosa, come tutto del resto. Tre letti a baldacchino
erano posti obliquamente accanto ai lati delle pareti. Dalle finestre balconate
entrava una debole brezza temperata, che innalzava le leggere pagine dei libri
posti sulla scrivania di ciliegio. Scaraventando a terra la giacca, si tuffò
sopra al materasso, lasciandosi annegare tra le fresche lenzuola. Taiki e Yaten
lo guardarono sconcertati “Che ti succede?” chiese Yaten, spinto dalla
curiosità. Seiya non rispose, bloccando le labbra sul cuscino. Taiki si sedette
vicino, per forzarlo “Seiya…ci vuoi dire cosa c’è?”
“Niente” rispose contrariato “lasciatemi
stare” “Come sei noioso” sbuffò Yaten, distendendosi a letto “mi hai stufato”
“Yaten taci!” ribatté aggressivo “rubi
l’aria alla stanza” “Ehi, la vuoi smettere di prendertela con noi? Siamo gli
unici di cui ti puoi fidare qui dentro” “Yaten, smettila!” ordinò Taiki. Yaten
si girò a pancia in giù, per dar loro le spalle.
Eliminato l’elemento di contrasto, Taiki
cercò di iniziare una conversazione il più possibile civile “Seiya, per
favore…confidati con noi, sfogati! Siamo i tuoi fratelli!”. Seiya sospirò,
sedendosi sul letto a gambe incrociate “Heles…mi ha detto…”. Yaten si alzò di
scatto, guardando prontamente Taiki. Seiya si bloccò, senza concludere la frase
“…voi lo sapevate?” chiese, incattivito. Taiki si alzò, prendendo le distanze
“Seiya, calmati per favore. Sappiamo che ti fa soffrire ma anche per noi è la
cosa giusta da fare” “Non posso crederci…” disse avvilito “prima fai tanto la
paternale sull’essere fratelli e poi tu sei il primo a non rispettare questo
legame, ma non ti vergogni?” “Seiya!” “No!” urlò “lasciatemi stare, statemi lontano”
“E’ meglio che tu non stia solo, Seiya” cercò di consigliare Yaten. Seiya
raggiunse la porta “Io non sono solo” rispose “…lei è con me, più di quanto lo
siate mai stati voi!”. Uscì, sbattendo la porta.
Percorse il lunghissimo corridoio che lo
divideva dalle restanti camere da letto. La porta era chiusa, probabilmente
erano tutte crollate dalla stanchezza, immerse in un sonno profondo, unico
luogo in cui trovare un po’ di tranquillità. Appoggiò la schiena al muro,
scivolando su di esso, fino a sedersi a terra. Piegando le gambe vicino al
petto, posò la fronte sulle ginocchia, stringendo forte i pugni. Chiuse gli
occhi e si lasciò trasportare in quel lontanissimo mondo dei sogni, in cui
ognuno può rifugiarsi, nascondersi e perché no…ogni tanto viverci.
Il cigolio metallico della porta lo svegliò.
Sentì una mano calda e dolce sulla sua. Alzò lo sguardo, aprendo gli occhi
ancora appiccicati alle palpebre. Bunny lo guardava con tenerezza, come se
fosse un bambino indifeso in cerca di affetto. “Da quanto sei qui?” chiese,
sorridendogli come solo lei sapeva fare
“Non ne ho idea…non da molto”. Bunny rise,
divertita da quella sua inconsapevolezza “Seiya…è notte, lo sai?” “Cosa?”
“Già…fuori è buio, ormai viviamo le nostre giornate all’incontrario” “Credo
anch’io” rispose, alzandosi in piedi. La malinconia del suo cuore superava ogni
limite quella sera, soprattutto quella notte. L’abbracciò forte a se “Vieni con
me”. Bunny annuì, seguendolo fuori dal palazzo.
Seiya la condusse in uno di quei luoghi
desolati ai lati alle pendici del palazzo. L’erba cominciò a diventare alta, a
stento si riusciva a sentire il terreno sotto ai piedi. Bunny camminava dietro
di lui, stringendogli la giacca per seguire i suoi stessi passi. Le lontane
luci del castello si facevano sempre più fioche, oscurate da alti alberi dalle
lunghe foglie. Bunny osservava con attenzione i suoi piedi, spaventata dalla
sola idea di poter inciampare e dare così la possibilità a Seiya di prenderla
in giro per la sua solita e conosciuta sbadataggine. Seguendo perfettamente le
orme sull’erba, sbatté la testa addosso alla schiena di Seiya, fermatosi
all’improvviso. Dalla fessura del braccio, Bunny scorse un bellissimo salice
piangente che proteggeva con i suoi lunghi rami un piccolo stagno.
Seiya la prese per mano e, creando un varco
fra quelle foglie, l’accompagnò all’interno di quel sogno, all’interno del suo
sogno. L’acqua brillava di smeraldo, attorniata da esili canne su cui
poggiavano vibranti libellule dalle ali spaziose. Sul ciglio dello stagno, si
trovava una panchina di legno dai tronchi ondeggianti, da cui si poteva
ammirare la brillantezza di quello specchio d’acqua, in tutta la sua
solitudine.
Bunny ne rimase estasiata. C’era una pace
così amata e ricercata, un magia irriconoscibile a chi non ha un cuore puro ed
innamorato. E quella panchina, così bizzarra ma fatata, sembrava avere un unico
scopo. Non lasciandole per nemmeno un secondo la mano, Seiya si sedette,
portandosela accanto, sentendosela vicino come mai prima d’ora.
Bunny non pensava, liberò la sua mente da
tutte le preoccupazioni, tutti i rimorsi, da tutto. Voleva viverselo quel
momento anche se sapeva in cuor suo che prima o poi avrebbe dovuto affrontare
la realtà. Ma ora era li, con lui…punto.
Rimasero in silenzio, per assaporare i suoni
che la natura aveva da offrire loro. Come delicati tamburi, le canne si
sfioravano emettendo accordi bassi ed intermittenti, e mentre l’acqua
arpeggiava tre le sponde, coprendo i ciuffi d’erba inumiditi, il battito delle
ali di libellula raschiava l’aria, dando al vento la possibilità di intonare il
suo fruscio tra le falde. Sembrava quasi che gli elementi della terra e
dell’acqua stessero componendo una melodiosa poesia in loro onore, in onore
dell’amore.
Colto da quella sinfonia così unica ed irripetibile,
Seiya si alzò in piedi, allungando la mano verso Bunny “Balla con me…” chiese.
Dopo aver riflettuto per qualche secondo, Bunny appoggiò la mano alla sua,
lasciando che la portasse fra le sue braccia.
Con la testa appoggiata al suo petto, Bunny
muoveva piccoli passi, per non rovinare l’armonia che così semplicemente si era
venuta a creare. Una piccola goccia le cadde sul viso. Alzò lo sguardo verso il
cielo, che però era terso e cobalto. Rivolse lo sguardo verso Seiya, dopo che
un’altra goccia le cadde sulla mano. Non era pioggia…era una lacrima. Stava
piangendo e non ne capiva il motivo. Avvicinandogli la mano al viso, Bunny
asciugò con le dita quell’ulteriore lacrima che così puramente stava cadendo.
“Cosa ti succede? Perché piangi?” chiese
Bunny, meravigliata
“Non c’è niente, Bunny, scusa” rispose,
sorridendo. Ma da quel sorriso trapelava tutto tranne che felicità “Seiya”
insistette Bunny “c’è qualcosa che non va lo sento, è da prima che sei strano.
C’è qualcosa che non mi hai detto?”. A quella domanda Seiya si bloccò,
smettendo di ballare. La guardò intensamente, affogando nella sua apprensione.
“Ci sono così tante cose che non ti ho mai
detto, Bunny”. Seiya le lasciò le mani, voltandole le spalle. Non voleva che
vedesse la sua sofferenza, la sua devastazione.
“Seiya, cosa c’è? Ti prego guardami!”. Seiya
si voltò nuovamente “Io non ti guardo Bunny” “Cosa vuoi dire?” chiese, confusa.
Seiya l’afferrò per le braccia, avvicinandosi così tanto da poter inspirare il
suo profumo, da poterne sentire il tremito
“Io non ti guardo. Io ti vedo, vedo come
sei, vedo quello che sei, vedo cosa siamo insieme. C’è qualcosa nei tuoi occhi
che mi fa venir voglia di perdermici, voglio smarrirmi fra le tue braccia,
voglia sentirti ridere, voglio sentire la tua voce perché c’è qualcosa nel
suono delle tue parole che mi fa palpitare il cuore.
Ti vedo come se fossi l’unica cosa che
esista in questo modo, come se fossi la sola cosa che riesca a vedere! Tu sei
il mio paradiso, io con te sto vivendo una vita che mai avrei pensato di poter
avere...e la vita è così meravigliosa accanto a te!
Tu per me sei l’impossibile, sei un profumo
inimitabile, un fiore raro, un tramonto inaspettato…sei la meraviglia di cui il
mondo ha bisogno, la felicità che il mondo sogna…tu sei la vita che vive in me,
Bunny!”. Seiya la lasciò, sospirando profondamente “a volto vorrei poterti
dimenticare” continuò, asciugandosi il volto “ma come puoi dimenticare la
stessa aria che respiri, lo stesso sangue che fervido ti scorre nelle vene, la
stessa anima che ti appartiene? Vorrei dimenticarti, ma non posso”.
Bunny lo ascoltava, con il viso colmo di
lacrime. Lo ascoltava, e basta…non poteva fare altro. Seiya le mise una mano
sulla guancia, da cui scorse, come torrente in piena, il suo pianto “Sai Bunny,
a volte vorrei poter disegnare il tuo viso nel sole, perché so che sorgerà,
all’infinito, e così potrò vederti, per sempre. Io non ho dubbi, non ne ho mai
avuti…io sceglierò per sempre te. Ho solo bisogno di qualcosa in cui credere…”.
Bunny mise la mano sulla sua, mentre con
l’altra lo avvicinò ancora più alle sue labbra “Credi in questo” rispose, per
poi appoggiare la bocca alla sua e lasciarsi trasportare da un sentimento
impareggiabile, lasciando che quelle parole s’intagliassero nel suo cuore fino
a farla trasalire.
Stretti l’uno all’altra, non pensavano ad
altro che appartenersi, mentre scintillanti lucciole li circondavano, creando
così la loro perfetta ed incancellabile dimensione, creando così la loro stella
più bella.
Le luci rosa dell’alba accarezzarono l’acqua
stagnate, che riflesse gli sfumati raggi sui volti di Seiya e Bunny, addormentati
l’uno vicino all’altro, tra l’erba di quel, solo loro, piccolo eden.
Passi schiaccianti fecero vibrare la terra.
Seiya aprì gli occhi, alzando lo sguardo verso l’ombra che oscurava quel
tiepido benessere. Kakyuu li osservava, immersi in quella illusione. S’inginocchiò,
prendendogli la mano “Seiya…è arrivato il momento”.